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Autore: PsYkO_Me    28/10/2015    2 recensioni
-Speciale Halloween!-
Questa è la storia di Sora, un ragazzino che ha sempre vissuto nella semplicità della vita di un villaggio.
Una notte però, degli occhi gialli verranno a cercarlo e da allora la vita del giovane diverrà un incubo.
(Nota: i capitoli saranno brevi).
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Sora, Vanitas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Confuso.
 
 
Sora si risvegliò da un lungo sonno. Gli sembrava di aver dormito per giorni. Si stropicciò gli occhi e si mise seduto sul letto. Il contatto con le lenzuola morbide lo scosse. Passò le mani sulle coperte e si guardò intorno. Il letto era grande e con della biancheria degna di un re. Il tatto era estremamente piacevole e Sora resistette dal nuotare in esse. Scese invece da esso incontrando, con i piedi scalzi, un tappeto bordeaux con disegni geometrici neri. Era immenso e riempiva la maggior parte del pavimento. La stanza era in ordine e pulita, il che gli fece domandare se non fosse stato portato in un nuovo palazzo. Passò lo sguardo sui mobili di legno incisi di dettagli minuziosi e successivamente sul cestino di frutta che era adagiato sul comodino. Ebbe la tentazione di appropriarsi di un frutto, lo stomaco lo stava graffiando dall’interno ma ritrasse la mano che si stava già allungando senza comando. Ormai non si poteva fidare nemmeno del cibo. Decise invece di uscire dalla stanza, quindi aprì la pesante e robusta porta ad arco. Un breve corridoio si spalancò in una immensa stanza sfarzosa con cibo di ogni genere, bevande, tende che dal soffitto cadevano accarezzando il pavimento, quadri ampi e magnifici, poltrone dorate con velluto nero, lampadari che illuminavano con luce soffusa nonostante le numerose candele. Avanzando, Sora provò un brivido lungo la schiena nonostante la bellezza della sala da pranzo. Si strinse in un abbraccio come a ripararsi dal freddo e cercò di proseguire ma si trovò in trappola. L’unica porta esistente era quella della camera e viceversa. Di nuovo la paura, ormai nemica, si insinuò nelle sue ossa. Il ragazzo iniziò a prendere le tende e a staccarle. Una ad una, cercando una possibile porta nascosta. Il tessuto rosso cadde spargendosi sul marmo scuro e sovrastando la tavolata. Il respiro si era fatto pesante e all’ultima tenda strappata, il ragazzo cedette e piantò un pugno a terra.
«Perché sta succedendo tutto questo?» Il suo più grande dubbio sfociò dalle sue labbra. La risposta poteva non piacergli ma aveva il diritto di saperlo. «PERCHÉ MI FAI QUESTO?», gridò in un impeto di rabbia.
Il rumore degli stivali con il tacchetto lo fece voltare verso il fondo della stanza. Vanitas, raccolto da una veste nera che sfiorava il suolo, arrivò seguito da uno di quegli esseri che lo aveva ferito nel cortile. Questo saltellò sull’abito e raggiunse la spalla del demone. Alla vista di quella creatura, Sora si controllò le braccia ricordandosi dell’accaduto: non vi era nessuna ferita ma, ciò che più gli interessava, gli era stato rubato. L’unica luce calda che avrebbe potuto confortarlo era sparita. Il giovane tornò a fissare Vanitas subito dopo e si rialzò, non voleva fargli credere di star male.
«Se non sei soddisfatto dell’arredamento, basta chiedere. Non serve che tu metta a soqquadro la mia umile dimora.» Sorrise beffardo.
«Sai a cosa mi riferisco! Stavo bene, avevo la mia vita, i miei amici, una casa… ma poi sei arrivato tu e mi hai privato di tutto!»
«Io?» Domandò con un tono plateale di finta innocenza. «Se non sbaglio sono stati i tuoi stessi amici a dare fuoco alla tua casa, con te dentro.»
«Non mi avrebbero fatto nulla se non ti avessi incontrato!»
Il demone sfoggiò un mezzo sorriso e gli lanciò uno sguardo sottile. «Davvero li perdoni? Quelle persone ti avrebbero bruciato vivo e le reputi ancora brave persone?» A quel punto il ragazzo si zittì, rendendosi conto che quelle parole avevano effettivamente un senso. Vanitas si avvicinò a lui, con il passo inudibile di un’ombra e gli alzò il mento per guardarlo negli occhi. «Pensaci bene, Sora. Forse chi ti apprezza veramente non è un vecchio gentile ma un demone che ti strappa da una vita di falsità e marciume.»
Le due pozze blu si ingrandirono e la bocca si schiuse turbata. Vanitas si limitò a regalargli la visione della sua dentatura perfetta e svanì.

 
   
 
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