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Autore: PsYkO_Me    28/10/2015    2 recensioni
-Speciale Halloween!-
Questa è la storia di Sora, un ragazzino che ha sempre vissuto nella semplicità della vita di un villaggio.
Una notte però, degli occhi gialli verranno a cercarlo e da allora la vita del giovane diverrà un incubo.
(Nota: i capitoli saranno brevi).
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Sora, Vanitas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Luce.
 
 
Col passare dei giorni, Sora si era abituato a quelle mura. Non aveva più visto il demone da quando aveva avuto il suo primo risveglio su quel magnifico letto. Si rigirò tra le sue lenzuola e sbuffò. Sopportava a fatica la noia e laggiù non aveva modo di sfogarsi. Le prime giornate le aveva passate domandandosi se fosse diventato un pazzo. Non era normale tutto quello che aveva vissuto, mancava di logica. Un demone lo aveva avvicinato e da quell’istante la sua vita era cambiata completamente. Aveva rivissuto nei ricordi quella terribile notte in cui era quasi morto. Ricordava i volti di ognuno: il vicino, la fornaia, la sarta, il calzolaio, il macellaio, i figli dei contadini e tanti altri. Quelle persone che aveva amato con tutto se stesso… Non avrebbe mai immaginato di vedere le loro espressioni così vuote mentre pregavano per… forse, assolverlo? Sora sbuffò una seconda volta. Erano loro i pazzi, non lui. Abbassò la coperta e lasciò respirare la pelle nuda, sentendo nel petto il calore della rabbia. Alla fine di chi era stata la colpa? Del demone, dei paesani, di chi? Aveva riflettuto spesso sulle parole del demone. Si era dichiarato come suo salvatore? Allora perché lo aveva rinchiuso in un luogo del genere? Perché non lo lasciava libero di essere se stesso? Per quale motivo lo aveva toccato in quei modi lussuriosi?
Il ragazzo nascose il viso nel cuscino ripensando a quegli attimi fugaci. Il tocco delle sue mani lo poteva ancora sentire, così come la sua lingua nella sua bocca. Non poteva vedersi ma era consapevole di aver ora le guance paonazze. Odiava i suoi occhi, ne aveva il terrore, eppure bramava inconsciamente la loro presenza.
«Stupido demone, un po’ di compagnia non mi dispiacerebbe.» Sussurrò con la voce ovattata dal cuscino.
«Era ora che tu mi cercassi. Iniziavo a credere di non aver fatto colpo su di te.»
Il giovane umano alzò il viso. Il colore sulle gote continuava ad essere presente. Vanitas era sdraiato accanto a lui, con la nuca appoggiata su una mano e lo fissava con quei magnetici occhi diabolici. Sora finse di non esserne toccato ma sapeva di trovare assai attraente quell’essere ultraterreno. Ma era sbagliato, giusto?
«Vorrei sapere da te il motivo per cui sono qui.» Disse pacatamente. Provava ormai un senso di sicurezza in quel luogo nonostante fosse la sua prigione.
«Che cosa fanno i demoni, Sora?»
Il ragazzo ci pensò ma boccheggiò non trovando una vera risposta. «Immagino che facciano del male a noi umani.»
Vanitas rise e piegò leggermente la testa. «Più o meno. Ogni demone ha il suo scopo. C’è chi mangia i bambini, c’è chi ti prende le budella per farci una collana…» Spiegò con un sadico senso del divertimento. «Ma tranquillo, io sono un demone di classe.» Si avvicinò al viso di Sora e lui non si ritrasse. Vanitas poteva sentire il soffio soffice delle labbra del suo umano, poteva sussurrargli le parole invadendogli il respiro caldo. «Io mi nutro della luce.»
«Della luce?» Domandò il ragazzo in un debole bisbiglio.
Il demone gli accarezzò la pelle nuda e lo strinse a sé. «Mi avvicino alla preda», sussurrò, «la seduco», continuò accarezzandogli il collo, «e gli rubo la luce rendendolo un guscio vuoto.»
«Cosa?» Sora spalancò gli occhi e cercò di allontanarlo ma Vanitas riusciva a trattenerlo senza sforzo.
«Non puoi fare nulla, ormai ti ho già sedotto. Non è colpa tua, mio dolce Sora. Nessuno può resistere al fascino di un demone. Nemmeno l’anima più pura e questo, detto onestamente, è la mia specialità.» Sorrise malizioso.
«Per questo mi volevano bruciare vivo? Per non nutrire un demone come te?» Sora non smise di divincolarsi ma stavolta i suoi occhi erano due biglie furenti. «Quante vite hai rovinato, Vanitas?»
«Ogni fiore che hai incontrato, ogni bellissimo e luminoso fiore, era una luce che ho divorato.»
   
 
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