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Autore: Bolide Everdeen    29/10/2015    0 recensioni
[Storia ispirata alla fan fiction interattiva "500".
Distretto 6, Emanuelle Hepburn.]
Aveva corso. E si era stancata. Estenuata, fino a rantolare su un terreno eterno.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Altri tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '500 - Behind the scenes'
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Run

Era la quinta mietitura che frequentava. Sedici anni. Ancora altre due occasioni oltre a quella, e tutte le maledizioni avrebbero smesso di soffiare sul collo. Su di lei e sulla ragazza che risiedeva accanto a lei, rivolgendole parole concitate nel tentativo di smorzare la concentrazione del panico che quell'evento sembrava generare con una tale efferata naturalezza. Lexie, che continuava a sorridere ed a lisciarsi il vestito, sostituendo azioni abituali a quelle di devastazione che avrebbe voluto donare al mondo, donandole fugaci occhiate le quali precipitavano dopo pochi secondi al terreno, velocemente, nervosamente. Elle sorrideva nell'osservarla, nell'accorgersi di quanto fosse tenera la sua timidezza. Però, la situazione rimaneva. Erano in un recinto, pronte al macello; separate dai loro compagni maschili da un'altra rete, sovrastate da un palco. Di nuovo. C'era così tanta gente, però. Era probabile che l'attenzione dell'annunciatrice si rivolgesse verso chiunque che non corrispondesse a lei o, peggio, a Lexie. Così tanti nomi. Era improbabile. Fissava questa credenza all'interno della sua mente, mentre Lexie incedeva nei suoi discorsi insensati, e lei fingeva di ascoltare. Chissà se Lexie era consapevole che non le stava prestando attenzione. Forse, era concentrata a lisciarsi il vestito e dondolare una ciocca dei suoi capelli. Glielo concesse. Attese.

Qualche secondo dopo, sul palco apparve una figura di donna, dai capelli variopinti, dal vestito variopinto, dall'aria decisamente contrastante rispetto al resto del mondo. La presentatrice, una persona che si illudeva di incidere il suo nome negli annali della storia di quel distretto, il distretto 6, ed invece sporcava di inchiostro un angolo per renderlo più oscuro. Depredare la vita a delle figlie, a delle future lavoratrici, a delle compagnie; alcune erano addirittura madri. Elle aveva perso la madre, sapeva cosa significava, in parte. Rimanere straziati fra la morsa dei ricordi e la sola presenza di aria che si riscontrava dall'altro lato. Però, era cosciente di non poter sospettare neanche cosa potesse avvenire in quella situazione. Nel suo intimo, sperò che il mondo graziasse tutte le madri. Però, non poteva succedere lo stesso con tutte le figlie. Che salvasse lei e Lexie, nonostante non sarebbero mai potute diventare madri, per la deformazione così precisa e perfetta del loro cuore che le legava indissolubilmente, le legava oltre ogni vincolo corrispondente all'amicizia. Ad un cappio della vita, in fondo, uno spesso cappio che avrebbe impiccato entrambe, in caso...

Elle era convinta di non avere l'occasione di sopravvivere, se solo Lexie fosse stata chiamata. Non aveva una casa, ma se quella fosse esistita, i mobili più diffusi sarebbero state le statue del silenzio e l'immaginazione di sagome, della pazzia che si spostava sulle pareti. Sua madre era morta. E questa era colpa di suo padre e di suo fratello, i quali avevano abbandonato il distretto quando lei aveva appena tre anni. Si era suicidata, sua madre, per due figure che Elle neanche rammentava però, l'impressione le aveva riempite di traboccante veleno, di sangue oscuro e granuloso che non circolava per il cuore, ma solo per le vene, poiché esso era un apparecchio senza alcun utilizzo. Non potevano esserci alternative.

Sua madre. Non sapeva cosa potesse aver potuto trovare sua madre nel momento in cui lei si era suicidata. Forse, una sensazione immediata di gelo, la presenza di un furto, poi più niente. Poteva essere una visione comune a quello che sarebbe avvenuto all'interno di quell'arena. E che avrebbe potuto vedere lei stessa, se solo le sue predizioni si fossero avverate. No. Non doveva succedere. Allungò una mano in direzione di quella di Lexie, ammutolita dalla presenza dell'ora giunta. Lei l'avvolse. Meno male che lei esisteva. Meno male che lei la separava dall'intero mondo.

Provò a distrarsi ascoltando le parole dell'annunciatrice, però parevano verbi disgiunti, senza alcuna logica fluente al loro interno, che si disperdeva nel tentativo di elevarsi al di sopra di ogni altro discorso. Tutto ciò che ne trasse fu la consapevolezza. Tutte le persone qui presenti stanno avvolgendo la prossima preda, la prossima persona senza alcuna speranza. Non si poteva uscire da un'arena, non un tributo del distretto 6 la cui vita non era stata altro che povertà, tranne alcuni casi sensazionali. Lexie, che l'aveva ospitata. Elle aveva conosciuto un numero talmente importante di fasi nella sua vita, che talvolta si confondevano all'interno della sua morte, scomparivano a favore della confusione. Lei ascoltava. Lei non ascoltava veramente. Desiderava solo che quella breve vita di qualche minuto si sarebbe dissipata, in un attimo di distrazione, quando una qualunque presenza avrebbe camminato in direzione del palco. Un fantoccio non più umano. Ad Elle non importava, realmente. Bastava che quella stretta si conservasse.

«Passiamo all'estrazione, con le nostre bellissime ragazze!» La figura patetica che si spostava sul palco deragliò le sue mossette in direzione di una boccia, di milioni di fogliettini sovrapposti fra cui si trovava il suo nome. Quello di Lexie, anche. Quello di Lexie si sarebbe potuto localizzare fra le dita affusolate ed allungate della donna, essere pressato, diventare una maledizione. No, non sarebbe avvenuto. Cosa sarebbe accaduto, dopo? Lexie sarebbe stata costretta a lasciare quella presa, a donarla al gelo, a trasferirsi in una nuova città, a passare in un nuovo stato mentre lei assisteva semplicemente da un televisore. Il suo sangue scorrere, i suoi battiti sostituiti da un colpo di cannone. Quel cuore che aveva avvertito pulsare tante volte, tramutarsi nella più piena delle morti. Ovvero, la più vuota. La donna tornò indietro. Quello non è il nome di Lexie. La sua bocca si avvicinò al microfono ed adottò strani gesti per essere valorizzata, per conquistare gli occhi oltre alle orecchie delle persone riunite nelle più fervide preghiere, o nell'elaborazione di complesse maledizioni. Muoviti. Quello non è il mio nome, tanto, ma voglio che tu ti muova. Le sue dita danzarono fino ad aprire il cartoncino, trascinando il suo sguardo sulle fitte e sottili scritte. Qualcosa di talmente infinitesimale, per qualcosa di talmente esorbitante. Quello non è un nome. È solo un'icona, per portare qualcuno sul palco, ucciderlo prima di ucciderlo veramente, o forse qualcuno di già morto... ci sarà qualcuno di già morto, qui... Lei, anche lei, l'annunciatrice, sarebbe perfetta... ma non può. Un vero peccato. Muoviti.

«E la fortunata di quest'anno è...» Elle non si concentrò a disdegnare la definizione “fortunata”, fissò solo con insistenza il punto in cui tutto si racchiudeva, come per interpretare quelle scritte, nella speranza di non avere perso la sua abilità nel leggere. Qualunque cosa sarebbe potuta succedere inconsapevolmente, lei non era cosciente. Lei non sentiva. Lei estrometteva sensazioni di preghiera mentre tutto riaffiorava. Sua madre. Suo padre. Suo fratello, se quegli esseri meschini si potevano definire in quel modo. Lexie, tacita accanto a lei, con la mano nella sua. La mano nella sua, così per sempre. Sarebbero rimaste così per sempre, non sarebbero evacuate da quella posa. Così, per sempre. Non avrebbe smesso di stringere la sua mano.

«Signore e signori, fate un bell'applauso a Alexandra Keeper!» Elle analizzò un attimo il nome e non riscontrò le lettere che componevano “Lexie”; i suo cuore si adagiò per un momento sul suo respiro, le concesse un'apertura di polmoni reale. Erano salve, almeno per quel tempo. Erano salve, forse eternamente.

«Alexandra Keeper, dove sei?» Una seconda chiamata, una seconda lettura. Alexandra Keeper. Quella definizione non le giungeva inedita. Poi, si accorse che la mano di Lexie nella sua stava conquistando tinte gelide, pallide, come il suo volto. Come il suo braccio che scappava. E si ricordò si ricordò che Lexie era il diminutivo di Alexandra, che quella figura che stava scappando da lei portava un cognome. Ed era Keeper. E tutto stava sfuggendo, la sua intera vita, le sue ultime memorie svanivano in quei passi. Nella testa bionda di Lexie, o Alexandra Keeper, che avanzava verso il suo definitivo tragitto.

La sua vista tentennò, si ottenebrò, le sovrappose altre immagini. Una bambina che giocava in un giardino, spensierata. Il suo viso che si pietrificava con la crescita, diveniva più concreto, tendeva a comprendere che la spensieratezza non aveva ragione di essere. Persone, miriadi di persone, fra cui appariva anche lei, Elle. Era la vita di Lexie che passava davanti ai suoi occhi, nel tentativo di impostare una comprensione di quella situazione. E lei capì. Quel filmato si sarebbe spezzato da un momento all'altro, se nessuno avesse chiuso quel cerchio. Qualcuno senza passato. Senza sensazioni. Forse, questi requisiti non erano necessari. Il desiderio era sufficiente. Il desiderio di non far rimanere e di non rimanere sola. Ora.

Elle corse; se non avesse compiuto quel moto in quel momento, sarebbe rimasta condannata all'inerzia. Lo sentiva. Corse davanti a Lexie, si parò davanti e lei, e spiegò la motivazione di quella furia, gridandola, liberandola con tutta la vigorosità necessaria per attirare le scelte su di lei, le lame.«Mi offro volontaria! Mi offro volontaria come tributo al posto di Alexandra Keeper!» Di Lexie, aggiunse la sua mente. Però, quel nome le fu naturale. Non si accorse di gridare. Sentì solo delle mani cingerle le braccia, mani di Pacificatori, asportarle la sua vita in direzione di qualcos'altro, del suo destino.

Cosa aveva fatto? Si chiese questo salendo i gradini, dopo aver confermato con un cenno la sua volontà alla presentatrice. C'erano così tante persone che la stavano osservando. L'importante era Lexie. L'importante erano gli occhi di Lexie; la cinepresa di quel film. Sarebbe potuta crollare, lo avvertiva, se solo si fosse svegliata.

Cosa aveva fatto?

Aveva corso. E si era stancata. Estenuata, fino a rantolare su un terreno eterno.

 

Spazio autrice

Ho scritto questa storia un poco in fretta, perciò sospetto sia terrificante. Però, era curioso tornare a trattare di una mietitura, dopo tutto questo tempo. Ne avevo voglia. E così è stato.

Emanuelle Hepburn detta Elle è la protagonista di questa storia ispirata alla fan fiction interattiva “500” ed ai suoi tributi, che non sono stati creati da me, ma da differenti autori che cordialmente hanno aderito al progetto. Sono giunta a più di metà della serie riguardante loro, nominata “500 – Behind the scenes”. Volevo precisarlo. Ma scommetto che nessun arriverà qui, già, già.

Detto questo, buon Halloween, se lo festeggiate; altrimenti, buon Halloween lo stesso.

Evaporo.

Bolide

 
  
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