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Autore: Bloodred Ridin Hood    30/10/2015    2 recensioni
Commedia sperimentale sulle vicende di vita quotidiana della famiglia più disfunzionale della saga.
Immaginate la vita di tutti i giorni della famiglia Mishima in un universo parallelo in cui i suoi membri, pur non andando esattamente d’accordo, non cerchino di mandarsi all'altro mondo gli uni con gli altri.
[AU in contesto realistico] [POV alternato]
[Slow-burn XiaoJin, LarsxAlisa] [KazuyaxJun] [Accenni di altre ship]
[COMPLETA]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Asuka Kazama, Jin Kazama, Jun Kazama, Lars Alexandersson
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gossip Game pt.2 
(Jin)


 
Esco dal ripostiglio al seguito di Xiaoyu e mi ritrovo quasi faccia a faccia con Lee, che apparentemente passava per caso da quelle parti.
Sta trasportando una scatola di cartone che contiene un’altissima risma di fogli e fascicoli, che arrivano a coprirgli parzialmente il volto, ma riesco comunque a intravedere il sorrisetto scaltro che mi sta rivolgendo.
Xiaoyu è in fondo al corridoio ed è quasi arrivata alle scale. Noto che Lee la segue con lo sguardo per qualche istante, poi torna a guardare me con quell’aria di chi la sa lunga e si lascia sfuggire una risatina cattiva.
“Che cosa stavate facendo?”
Mi raggelo. Lee, che ha una mente assai perversa, quando vuole sa essere un subdolo, spietato bastardo al pari dei suoi odiati familiari e tutto questo mi preoccupa. Per quanto sia convinto che non possa mettermi nei guai sulla base di un sospetto infondato, non devo abbassare la guardia con lui.
“Parlavamo.” rispondo serio.
“Parlavate.” mi scruta diffidente “Dentro lo stanzino degli inservienti?”
“Sì.”
Rimaniamo in silenzio per un po’, poi mi guarda con un sorriso strano che non riesco a decifrare.
“Dammi una mano.” dice indicando i fascicoli con un rapido cenno del capo “Aiutami a portare queste scartoffie nel mio ufficio, così facciamo due chiacchiere.”
Adesso sono estremamente preoccupato. Di che diavolo vuole parlarmi?
Mi avvicino e prendo qualche fascicolo dalla colonna. Lui mi guarda ridacchiando e me ne aggiunge altri, in modo che io ne tenga almeno due terzi. Bastardo!
“Non farli cadere!” si raccomanda.
Lo seguo per tutta la lunghezza del corridoio e arriviamo davanti alla porta del suo studio. Non ci ero mai entrato dentro ma in effetti una stanza come quella poteva essere solamente il suo ufficio, è decorato come la sua casa, con mobili dal gusto eccentrico e colori assurdi.
“Appoggia pure tutto sulla scrivania.”
Faccio come mi dice.
Lui va oltre il tavolo e fruga qualcosa in quello che sembra una specie di mini frigo.
“Accomodati.”
Ancora di spalle, fa un cenno verso una delle due poltroncine imbottite dietro di me.
Si volta con un secchiello per il ghiaccio tipo quelli da champagne tra le mani e lo posa sulla scrivania.
“Ti va un drink?” mi chiede “Ovviamente analcolico, siamo in orario scolastico.”
Sono confuso e sempre più in allerta.
“No… no grazie.” mi affretto a rispondere.
“Peccato.” alza le spalle e si dirige verso una specie di armadio vetrina dal quale estrae un unico bicchiere di vetro.
Torna alla scrivania e si prepara il suo drink analcolico (?) davanti a me, che osservo la scena con sguardo disorientato, mentre ancora mi chiedo per quale motivo mi trovi lì.
Poi, improvvisamente, porta il bicchiere in avanti e lo posiziona esattamente all’altezza dei miei occhi.
“Che cos…” sto per chiedere.
“Il ghiaccio.” mi anticipa “Non trovi che sia una splendida metafora per descrivere ogni essere umano?”
È ufficiale, è completamente fuori.
Guardo i tre cubetti di ghiaccio che galleggiano nel liquido rossastro e non mi viene niente in mente che abbiano in comune con gli esseri umani.
“Come?”
Lee si riavvicina il bicchiere e lo contempla stringendo gli occhi a due fessure.
“Un cubetto di ghiaccio immerso in una soluzione acquosa è visibile all’esterno soltanto per circa un decimo del suo volume. Quella piccola parte è esattamente quella esposta all’aria, e agli effetti del deterioramento.” comincia a spiegare “Per quanto ad alcuni di noi piaccia ostentare il contrario, e si impongono e convincono di dover essere assolutamente trasparenti con le persone, quella che definiamo la nostra personalità, ovvero ciò che noi scegliamo di mostrare di noi stessi davanti al resto del mondo, non è altro che un’infinitesima parte della nostra vera, complessa, umana natura. È soltanto una piccola parte del nostro essere, che ci rappresenta davanti agli altri, quella parte di noi che però viene anche inevitabilmente plasmata, modellata, distrutta o corrotta in funzione delle regole e delle aspettative della società che ci circonda.”
Assaggia il suo drink, poi torna a guardare me.
“Ed è per questo che quella che esponiamo, oltre a non rappresentarci nella nostra complessità, è anche la nostra parte più fragile.”
Fa una piccola pausa in cui si perde a fissare un punto indefinito nella stanza.
Non capisco veramente la finalità di questo strano discorso.
Torna ad incrociare lo sguardo col mio e mi studia in silenzio per qualche secondo, poi prende uno dei fascicoli che l’ho aiutato a trasportare.
“Sai cosa sono questi?” mi chiede.
Faccio di no con la testa.
“Sono i documenti che devo catalogare per il mio nuovo incarico.” mi informa “La professoressa Miyura si è presa un periodo di permesso per problemi familiari, ragion per cui, d’ora in poi, sarò io ad occuparmi della gestione dei progetti relativi agli scambi culturali della scuola.”
Finisce con una sorta di sorriso sadico.
“Ho sentito che saresti interessato al progetto di scambio con l'università in Australia.” riprende dopo una piccola pausa.
Ottimo! Proprio quello che avevo bisogno di sentirmi dire. Ora che c’è lui ad occuparsene, è un progetto ancora meno realizzabile.
“Posso chiederti per quale motivo?” continua.
Lo guardo di sbieco.
“In che senso per quale motivo?” rispondo seccato “Per lo stesso motivo per cui vogliono farlo gli altri, no?”
Lee si sistema meglio nella sua poltrona e mi guarda con aria di superiorità.
“Dovrai sembrare più convincente se vuoi vincere il posto, perché sai… dato che sarò io a gestire il progetto d’ora in poi, ho intenzione di cambiare un po’ le regole.” sogghigna “Oltre all’assegnazione dei crediti sulla base della media dei voti, sarà richiesto agli studenti di scrivere una lettera di presentazione, attraverso la quale potranno esporre le ragioni per cui dovrei assegnare la borsa a loro piuttosto che a qualcun’altro. A questa lettera verrà assegnato un punteggio, che andrà a sommarsi ai crediti di rendimento. Tutto chiaro?”
Ho ascoltato con attenzione, ma non rispondo.
Una lettera.
Sarà una schifosissima lettera a rovinarmi.
Bella trovata di merda! Ottima idea aggiungere un criterio di giudizio assolutamente soggettivo per poter fare quello che gli pare!
“Perché mi hai fatto venire qui? E perché mi stai dicendo questo?” gli domando dopo.
Perché, nonostante tutto, me lo sto veramente ancora chiedendo. Non capisco se avesse intenzione di darmi questa specie di avvertimento, o qualsiasi altra cosa abbia voluto dirmi con quell’assurdo discorso sui cubetti di ghiaccio.
Ride.
“Come perché? Non è chiaro?” mi chiede “Mi ero stancato di trasportare quei fascicoli, e il bello di essere un insegnante è che gli studenti sono sempre disposti a fare tutto quello che gli chiedi. Adoro questa infima, guasta ipocrisia.”
Scoppia a ridere di nuovo, poi beve ancora il suo drink e torna a guardarmi. Il suo sorriso si trasforma in un’amara smorfia.
“È inutile che mi guardi così.” mi apostrofa “So di non esserti mai piaciuto, e il sentimento, fidati, è reciproco. Anche per questo motivo dovrai darti molto da fare quando scriverai quella lettera e… ah!” mi punta un indice contro come per darmi un avvertimento “Giusto perché tu lo sappia, situazioni familiari sconvenienti non saranno prese in considerazione come fattori di simpatia.”
Sorride malvagiamente.
“Tutto chiaro Jin-kun?”
“Chiarissimo.” rispondo acidissimo.
“Eccellente!” esclama con un gran sorriso, poi fa un cenno con la testa verso la porta “E ora via dalle scatole grazie.”
Mi alzo e mi dirigo velocemente verso la porta.
“Ah Jin!” mi richiama Lee.
Mi volto.
Che altro vuole?
“La prossima volta che vai a parlare dentro uno stanzino degli inservienti con una ragazza, assicurati di non farti beccare. Qualcuno potrebbe pensare male.”
Sbuffo ed esco dallo studio chiudendo la porta con un botto.
 

“Guarda chi si rivede!” mi chiede Kamiya come arrivo in terrazza.
La pausa pranzo è quasi finita e non sono ancora riuscito a toccare cibo.
“La chiacchierata è durata un bel pezzo!” osserva.
Julia è seduta affianco a lui che guarda un punto indefinito davanti a sé vagamente imbronciata.
Mi siedo e tiro fuori il portapranzo dallo zaino.
“Risparmiati le battute, perché non ne ho voglia!” taglio corto “Sono stato bloccato da Chaolan nel suo ufficio.”
“Chaolan? E cosa voleva?”
“Non l’ho capito bene, ma probabilmente era per farmi sapere che sarà lui ad occuparsi del progetto degli scambi con l’estero.” rispondo con un sussurro “Quindi, in altre parole, sono fottuto.”
“Hmm, capisco.” commenta “Questo spiega come mai il tuo umore sembra ancora peggio di quello di Chang.”
Solo a quel punto Julia sembra risvegliarsi dai suoi pensieri e ammonisce Kamiya con un’occhiataccia.
“Hai qualche problema?”
“Mmh sì, qualche problema in effetti ce l'ho!” risponde diventando serio “Sasaki ha iniziato a stalkerare me. Con questo credo veramente di aver toccato il fondo. Però almeno, io non sono come voi due e cerco di prendere la vita con filosofia.”
Non riesco a trattenere un sorriso crudele.
“Seriamente? Adesso ha preso di mira te?”
“Sì.” risponde di getto, visibilmente turbato.
Poi mi guarda contrariato come se fossi il diretto responsabile.
"Ti preferivo quando eri ancora disponibile."
Continuo a mangiare, divertito dalla situazione.
Vendetta finalmente! Adesso quello stronzo di Kamiya scoprirà cosa significa essere il bersaglio numero uno di una pazza come Sasaki.
“Quando eri ancora disponibile?” chiede Julia aggrottando le sopracciglia “Mi sto perdendo qualcosa?”
“Per la miseria, Chang! A volte mi chiedo se frequentiamo la stessa scuola!”
“Perché?”
“Come perché? Ne parlano tutti!” esclama Kamiya.
“Parlano tutti di cosa?”
“Fattelo spiegare dal diretto interessato, che è meglio.”
Alzo le spalle.
“Non rompete, io non ho niente da dire.” taglio corto continuando a mangiare.
“Ma di cosa state parlando?” insiste lei sempre più confusa.
Nessuno dei due risponde e la campanella che indica la fine della pausa pranzo suona.
“Oh, andate a quel paese tutti e due!” risponde Julia infastidita “Tanto sarà sicuramente una delle vostre stupidaggini! Non mi interessa, ho ben altro a cui pensare.”
Si alza e prende la sua roba.
“Sì, come farla pagare a Steve Fox per averti soffiato il titolo di migliore della scuola, per esempio?”
“Kamiya, non sei per niente simpatico.” lo fulmina con un'occhiataccia “Devo preparare una presentazione per il circolo sulle fonti di energia rinnovabili, se proprio ci tieni tanto a saperlo.”
“Comunque hai scoperto chi è questo ragazzo?” chiede Kamiya.
“È un ragazzo inglese che è arrivato quest’anno.” risponde Julia con un sorriso forzato “Non so altro, e non mi interessa.”
Detto questo, gira le spalle e se ne va.
 

La fine di questa lunghissima giornata finalmente arriva e sto per uscire dal cancello di scuola, quando noto un consistente numero di persone che si dirigono verso una certa ala del giardino.
Alcuni sembrano entusiasti, altri più che altro curiosi. Riesco a captare delle parole e qualcuno fa riferimenti ad una presunta rissa.
Normalmente mi farei gli affari miei, ma per qualche motivo sento l’esigenza di dover andare a controllare. Giusto per essere sicuro che non si tratti di nessuno di mia conoscenza. Mi avvicino verso la cerchia di persone che si è radunata proprio ai piedi dell’orribile statua di mio nonno che troneggia sul prato all’inglese e mi faccio strada in mezzo alla folla per riuscire a vedere cosa sta succedendo.
Non devo faticare poi molto per riuscire ad intravedere la sagoma di mia cugina Asuka intenta a lottare con una ragazza bionda che non conosco.
“Oh merda!” mormoro fra me e me, mentre scanso le persone di mezzo per riuscire a passare.
Normalmente, ancora una volta, sarei ben felice di farmi gli affari miei. Per qualche motivo però, mia madre si è convinta che sia anche una mia responsabilità dare delle dritte ad Asuka, in quanto cugino maggiore. E sono certo che, se Asuka dovesse prendersi una punizione per qualcosa che io ho visto e non ho provato a fermare, diventerebbe anche un mio problema.
“Asuka, che accidenti stai facendo?!” la richiamo quando finalmente riesco a raggiungerla.
La prendo per un braccio e la strattono all’indietro. Nel mentre, con uno spintone, allontano la ragazza bionda che stava per colpirla con un calcio.
Asuka mi guarda a metà fra lo sconcerto e il fastidio.
“Jin?”
“Che stai facendo?” le ripeto con rabbia.
Apre la bocca per rispondermi, ma si interrompe quando la ragazza bionda ci passa a fianco guardandola con aria di sfida.
“Non finisce qui.” sussurra ad Asuka con un forte accento straniero.
Vedo la bocca di Asuka contorcersi in una smorfia di rabbia.
“Calmati.” la strattono “Andiamo a casa.”
Gemiti di delusione e commenti di disappunto si alzano dalla folla, che lentamente si sfalda e riprendono tutti a muoversi verso i cancelli.
“Mi vuoi spiegare che vi è saltato in mente?” le chiedo quando varchiamo i cancelli.
Mi sorride.
“Così adesso mi parli di nuovo, eh?”
Le lancio uno sguardo di rimprovero.
“Sì, ma non pensare che ti abbia perdonato.”
Iniziamo a fare la strada insieme verso casa.
“Allora, in realtà non so molto di quella pazza. So solo che si chiama Lili, che viene da qualche parte in Europa, e che non l’è andato giù che abbiano scelto me per l’organizzazione artistica della festa di fine anno.” inizia a spiegare Asuka “Beh, so che a te sembrerà molto stupido, ma tutto è iniziato da quando ha visto la coreografia che stavamo preparando con il gruppo di danza. Durante le prove non ha fatto altro che criticarci e dire che è chiaro che non ho esperienza per questo genere di cose e che invece dovrebbe occuparsene lei, dato che nella sua vecchia scuola era il capo delle cheerleader! Insomma, hai capito che genere di persona è?”
Mi guarda con rabbia stringendo le mani a pugno.
Alzo gli occhi al cielo. Sto probabilmente per sentire una storia degna di un filmetto rosa di gelosie e rivalità adolescenziali.
“Al che io l’ho presa da parte e ho cercato di farla ragionare, dicendole che, anche se era convinta di poter essere un capo migliore di me, doveva comunque rassegnarsi dato che a me quel compito piace e non ho intenzione di farmi da parte.” continua “Da lì è cominciato l’inferno! Ha cercato di prendere il mio posto praticamente ovunque! Non solo nel gruppo di danza, ma anche nel mio gruppo di amiche, nella squadra di pallavolo e persino nel club anti-bullismo di cui sono capo-fondatrice!”
Si volta di nuovo a guardarmi con aria agitata.
“Ti rendi conto? Sto iniziando a pensare che... voglia essere me! È pazza!”
“Calmati, Asuka.” le suggerisco.
“Come può un personaggio del genere prendere la direzione del club anti-bullismo? Una forma di bullismo è esattamente quello che sta facendo nei miei confronti, non credi?”
Non rispondo, in ogni caso non ne avrei avuto neanche il tempo, dato che riprende a parlare quasi subito.
“Oggi poi, ha persino sostenuto che mi avrebbe potuto battere anche ad un incontro di arti marziali! Insomma, non so se mi spiego.” ridacchia “Può mettere in discussione tutto, ma non le mie capacità in fatto di arti marziali. Non sarò una ballerina, ma se voglio potrei farle rimpiangere di aver mai messo piede in questa scuola.”
"Asuka..."
"No! Ci sono dei confini che non si devono varcare." insiste con rabbia "E a quel punto non ci ho visto veramente più!"
Ascolto attentamente e la scruto serio.
“Non ci hai visto più è un altro modo per dire che sei stata tu a cominciare?”
Si volta a guardarmi stupefatta.
“Ma sei scemo?" mi chiede scocciata "Ti ho appena spiegato che è partito tutto da lei, no?”
“Intendo dire…” la interrompo acido “… sei stata tu ad iniziare la rissa di oggi?”
“Beh, tecnicamente sì. Però, come ti ho spiegato, è stata lei che mi ha provocato. È tutta colpa sua”
Sospiro.
“Asuka, sei un’idiota.” constato a voce alta “Sai benissimo che qualsiasi cosa succeda, chi comincia passa sempre dalla parte del torto. L’unico motivo per cui non sono stato sospeso ieri, è che ero innegabilmente dalla parte offesa.”
“So benissimo che non avrei dovuto farlo, grazie.” sbotta, poi abbassa la testa “Ma mi ha veramente portato all’esasperazione. Quando ho cominciato a frequentare questa scuola, ho pensato che mi ci sarei trovata bene. Ho avuto le mie piccole soddisfazioni e raggiunto i miei obiettivi, come la medaglia del club anti-bullismo che ci hanno dato in municipio. Non può una ragazzetta gelosa qualunque fare di tutto per portarti via tutti i tuoi meriti! Non lo accetto!”
La guardo e sembra veramente turbata. Sono stupidaggini da ragazzine, ma dopotutto Asuka è ancora in quell’età dove queste scemenze sembrano importanti. Forse è meglio non continuare a parlarne, tanto non riuscirei a convincerla facilmente.
Continuiamo a camminare in silenzio per qualche minuto, poi Asuka, che nel mentre si è calmata, decide di parlare di qualcos’altro.
“E quindi hai una ragazza.”
Oh per favore! Quasi quasi preferivo parlare delle rivalità tra ragazzine.
Ma d’altronde era ovvio che la voce fosse arrivata anche a lei, era solo questione di tempo prima che decidesse di interrogarmi al riguardo.
“No, non è vero.” rispondo semplicemente.
Asuka ride.
“Ovvio che non è vero, ma la gente lo crede.”
“E allora? Non è vero!” ripeto atono.
“Sì, ma perché lo credono? Cosa hanno visto? Cosa è successo veramente?”
“Non fa differenza, tanto non è vero niente.” rispondo stanco.
“Sì, ma non me lo racconti?”
Silenzio. Asuka mi guarda offesa.
“Chissà zia Jun cosa direbbe se lo scoprisse.” dice sperando di convincermi a parlare.
Non rispondo.
Se continuo ad ignorarla prima o poi si stancherà e smetterà di fare domande. Ormai è un metodo collaudato.
“Almeno, come si chiama? La conosco?”
Ancora silenzio.
“In che classe è?”
“…”
Mi dà uno spintone che mi costringe a fare un passo laterale.
“Perché devi fare lo stupido così?!” si arrabbia “Rispondimi!”
Almeno è tornata quella di sempre.
La guardo di sbieco e continuo a camminare in silenzio per la mia strada.
 

Adoro allenarmi. Per almeno un’ora tutti i giorni, mi dimentico di ciò che mi tormenta durante il giorno e finalmente mi sfogo.
Ma se c’è un’altra cosa in questo mondo che adoro infinitamente fare, è guidare la mia moto. La mia fantastica, adorata moto.
È incredibile pensare che cotanta perfezione sia contenuta in un oggetto.
Purtroppo mia madre, da paranoica cronica quale è, non mi ha mai concesso di poterne avere una. È convinta che per qualche motivo sia qualcosa di pericolosissimo.
In ogni caso, il giorno stesso del mio diciassettesimo compleanno, usando dei soldi che stavo mettendo da parte per anni, ne ho comprato una di nascosto.
Mia madre l’ha scoperto un anno e quattro mesi più tardi, quando si è quasi fatta venire un esaurimento nervoso.
Abbiamo avuto una delle peggiori liti di sempre e alla fine mi ha costretto a venderla.
Non ha mai scoperto che l’acquirente fosse in realtà il fratello maggiore di Kamiya, che io ho pagato profumatamente per convincerlo a comprare e subito dopo rivendermi la moto.
Insomma, la mia adorata moto non ha mai smesso di essere mia per più di ventiquattro ore. Non ho mai smesso di guidarla e tanto meno ho intenzione di smettere. Per questo devo fare estremamente attenzione alle mie mosse.
Sono le otto e si sta facendo tardi, riprendo la strada di ritorno verso il garage del fratello di Kamiya, dove sono costretto a tenere nascosta la moto.
Gli pago una quota ogni mese anche per questo, ma ne vale la pena. Il garage è poco distante dal dojo della Mishima Zaibatsu dove mi alleno, e quasi ogni sera mi concedo un’oretta di puro piacere personale, dimenticandomi momentaneamente della mia vita di merda.
Apro il garage, parcheggio la moto ed esco. Sto per abbassare la serranda e andare via quando noto una figura che mi osserva a qualche metro di distanza da me.
Mi volto e mi sento raggelare.
“Guarda chi si vede!” mi saluta Xiaoyu con un cenno della mano e un sorriso crudele stampato in faccia.
Rimango immobile in preda alla più totale confusione.
Cosa ci fa lei qui? Non dovrebbe essere qui e soprattutto non dovrebbe vedermi in questo momento.
Mi si avvicina e si sporge appena per guardare dentro il garage.
“Era una moto quella che hai appena parcheggiato lì dentro?”
Di impeto abbasso tutto di colpo la serranda che fa un boato tremendo.
“Cosa ci fai qui?” ringhio guardandola minacciosamente.
“Sì, credo proprio di aver visto una moto.” risponde alla sua stessa domanda continuando a sogghignare.
“È la moto di un mio amico…” spiego acidissimo “… abita qui. Il garage è suo.”
Devo pensare in fretta ad un modo per salvarmi, ma parlando in questo modo sembro tutt’altro che convincente.
“Hmm. Capisco.” annuisce con aria derisora “E allora perché la stavi guidando tu?”
Non rispondo.
La guardo severo cercando di mascherare la mia preoccupazione.
“Sai, se la memoria non mi inganna…” sorride malignamente “… e la mia memoria non mi inganna quasi mai, tua madre racconta che l’hai venduta.”
Sapevo benissimo dove voleva arrivare questa piccola peste.
Non devo lasciarmi prendere dal panico, non permetterò ad una ragazzina dispettosa di portarmi via l’oggetto al quale tengo di più al mondo.
“L’ho venduta infatti.”
“Fammi indovinare, al tuo amico che vive qui. Però tu continui a guidarla.”
“Avrai visto male, non la stavo guidando.” rispondo.
Dopotutto se non ha prove non può dimostrare niente.
“Ah no?” chiede lei “Eppure quello che si vede in queste foto sembri proprio tu! E sei pure senza casco!”
Toglie fuori un cellulare dalla tasca e mi mostra una foto che inevitabilmente mi ritrae a bordo della mia moto.
La guardo con rabbia, poi cerco di strapparle il telefono di mano. Lei, prontamente, se lo ficca di nuovo in tasca del giubbotto. Provo allora a prenderla per un braccio, ma lei si ritrae agilmente all’indietro.
Maledetta ragazzina!
“Non penserai che sia così stupida.” si mette a ridere quando finalmente riesco ad acchiapparla e le sto per rubare il telefono dalla tasca “Ho mandato una copia della foto ad almeno tre dei miei indirizzi email.”
Mi dà un calcio in uno stinco e si divincola guardandomi sprezzante mentre io mi faccio sfuggire un gemito di dolore.
“Se provi di nuovo a rubarmi il telefono mi metto ad urlare.” mi minaccia.
Maledetta ricattatrice…
Sembra tanto buona e innocente, pure un po’ imbranata la maggior parte delle volte, ma a quanto pare sa trasformarsi in un essere malvagio quando vuole.
“Perché mi stai facendo questo?” non vorrei mai ammetterlo, ma inizio a disperarmi un po’.
Tutto, ma non la mia moto, per favore.
“Secondo te perché?” sgrana gli occhi con ostilità.
“Non c’entro niente con quella stupidaggine che sta girando a scuola!” ribatto per l’ennesima volta quel giorno.
“Sei complice anche tu perché ti stai approfittando della situazione!” sbotta corrugando la fronte.
Sospiro e alzo gli occhi al cielo.
Anche questa giornata sembra non voler finire mai e io sto veramente perdendo la pazienza.
Perché deve essere così permalosa?! Perché se l’è presa tanto al punto di aver pianificato di rovinarmi la vita?
“Perché ti scaldi tanto?” le chiedo iniziando ad innervosirmi “Sei proprio una bambina! Sei davvero così immatura da dare tutta questa importanza a quello che gli altri pensano di te?!”
Lei non risponde subito e per un attimo sembra un po’ ferita.
“Come?” chiede un po’ in difficoltà.
“Dovresti imparare a non dare peso a queste stupidaggini.” rispondo tagliente “Sai, le cose importanti nella vita sono altre.”
“Non… non è quello infatti!” ribatte lei con tono sgarbato “È che non mi va di essere usata per risolvere i tuoi problemi da misantropo quale sei, te l’ho già spiegato.”
Sospiro esasperato. Meglio finirla lì, non ho voglia di continuare un discorso che potrebbe andare avanti all’infinito.
“D’accordo. Quindi che vorresti fare adesso?” taglio corto “Ricattarmi?”
“Io non userei quel termine.” risponde.
“Beh, è quello che stai facendo!”
Inclina la testa su un lato e mi scruta con un mezzo sorriso.
“È la prima volta che ti vedo così preoccupato per qualcosa.” commenta divertita.
Alzo gli occhi al cielo.
“Per favore, lasciamo perdere le considerazioni su di me. Vogliamo arrivare al dunque?”
“La prima volta che ci siamo incontrati…” inizia invece a raccontare tornando seria “… sei stato incredibilmente cattivo con me.”
Non so dove voglia arrivare, ma sono molto preoccupato. Se inizierà a pensare a tutti i motivi per cui dovrebbe odiarmi probabilmente finirà per decidere di farmela pagare più cara possibile.
“Heihachi-san mi aveva avvertito. Mi aveva detto che avevi un carattere terribile, ma…” trattiene una risatina nervosa “… seriamente, è stato peggio di quanto avessi mai potuto immaginare.”
Evita il mio sguardo e si mordicchia un labbro. Sembra un po’ nervosa e a disagio.
Non devo cascare nella sua trappola però, non mi lascerò impietosire da qualcuno che mi sta ricattando!
“Non conoscevo ancora nessuno qui.” riprende “Mi ero appena trasferita in un paese straniero in cui non avevo mai messo piede. Mi sentivo sola, nervosa e… un po’ spaventata a dirla tutta. Tutti in Cina avevano cercato di convincermi a non seguire Heihachi e beh… per quanto non lo dessi a vedere, dentro di me avevo mille dubbi e anch’io temevo di poter aver preso una decisione sbagliata.”
Solleva gli occhi e torna a puntarli su di me.
“Tu sei stato la prima persona che ho conosciuto qui.” dice con aria triste “E dopo aver passato meno di mezz’ora con te, ho seriamente pensato di lasciar perdere tutto e di tornarmene a casa.”
Ok, forse quel giorno sono stato un po’ scortese, ma non mi sembrava così triste e fragile mentre mi rincorreva per il dojo per prendermi a calci.
Comunque mi sento un po’ uno schifo, non avrei mai pensato che l’avesse potuta prendere così male.
“Sì, poi con il tempo mi sono abituata alla tua cattiveria e ho capito che non valeva la pena rimanerci male ogni volta che aprivi bocca.” continua alzando le spalle “Ma all’inizio è stato un po’ difficile, ecco.”
“D’accordo.” la interrompo “Non so dove tu voglia arrivare e non so quanto possa servire adesso, ma…”
Ho un momento di esitazione, non mi sento molto a mio agio in questo tipo di situazioni. Lei mi guarda ascoltando con attenzione.
Devo farlo.
“… ti chiedo scusa.” dico piano.
Mi guarda sogghignando.
“Sembri incredibilmente a disagio, Kazama.” sussurra con un sorriso crudele “Quindi voglio pensare che tu non lo stia dicendo solo per cercare di migliorare la tua situazione.”
Le mie scuse erano sincere. Non pensavo di averle causato tutti quei problemi e mi dispiace se l’ho ferita, ma non ho intenzione di aggiungere altro.
Evito il suo sguardo e aspetto che continui a parlare.
“Fortunatamente per te Kazama, al contrario di te io non sono perfida.” riprende poco più tardi “Non farò vedere a tua madre queste foto per ora.”
Torno a guardarla scrutandola con attenzione.
“Ma dato che sono ancora convinta che tu abbia ben più benefici di me da quella stupida voce che sta girando a scuola e che tu hai contribuito a diffondere…”
Alzo per l’ennesima volta gli occhi al cielo.
“Ma non è vero!” protesto.
“Fammi finire!” mi interrompe “Queste foto mi serviranno per ricordarti che... sei in debito con me.”
Finisce con un ghigno cattivo stampato in faccia.
La guardo di sbieco.
“E questo non sarebbe un ricatto?”
“Sai una cosa? A direi il vero non mi interessa, chiamalo pure come vuoi.” ribatte ridacchiando.
“Che cosa vuoi che faccia?” chiedo allora arrendendomi.
Lei si stringe nelle spalle con aria indecisa.
“Non lo so ancora.” risponde come se niente fosse “Ma tranquillo, troverò il modo di farmi ripagare prima o poi.”
“Meno male che sei convinta di non essere perfida.” commento con un sibilo.
Lei alza le spalle un’altra volta.
“Che vuoi farci?” chiede “Devo aver avuto un buon maestro!”
Ridacchia di nuovo, poi torna seria e mi guarda gelida.
“Non puoi vincere sempre tu, Kazama.” sussurra. 
Poi sorride.
“Comunque si è fatto tardi. Ti auguro una buona notte!” 
Si gira e mi saluta con un cenno della mano prima di andar via.















NOTE:
L'ultima volta ero molto di fretta e mi sono dimenticata di dire qualcosa per introdurre Steve. Una delle poche informazioni che abbiamo riguardo alla sua vita fuori dai tornei è che si è laureato a Oxford, così ho pensato di renderlo uno studente brillante anche qua. :D
Con la parte di oggi si conclude questo capitolo, che ho dovuto dividere in due perchè troppo lungo. Spero vi sia piaciuto, alla prossima!
  
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