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Autore: Edith Edison    30/10/2015    2 recensioni
Newtmas||Long||AU!HighSchool
« Newt! » Newt roteò gli occhi e sbuffò scocciato, osservando Thomas che correva nella sua direzione. [...]
Era un tipo solitario, lui: non gli piaceva stare in compagnia, specie dei suoi coetanei. [...]
Eppure Thomas non si era mai lasciato intimorire, sembrava voler diventare suo amico a tutti i costi.
***
Il fatto che avesse lasciato entrare quel ragazzo sempre troppo pimpante e curioso nella sua vita non significava che improvvisamente fosse diventato socievole. Continuavano a piacergli la solitudine e la tranquillità, però adesso parlava con qualche compagno a scuola, persino con qualche femmina.
Eppure l'unico a cui faceva vedere i suoi disegni era Tommy. L'unico che avesse mai invitato a casa sua era Tommy.
L'unico a cui avesse mai fatto un regalo era Tommy.
***
Quando Thomas se n'era ormai andato da venticinque minuti esatti, Newt si accorse di sentire ancora la sensazione delle sue braccia intorno al proprio esile corpo; ce l'aveva marchiato sulla pelle, quell'abbraccio.
***
« Speravo... » Intervenne Thomas e Newt riconobbe un leggero accento americano. « ...che potessi chiudere un occhio per un tuo vecchio amico. » Concluse posando lo sguardo sul biondo.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Minho, Newt, Teresa, Thomas, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Remember how we were, shuckface?



Capitolo 5: My inspiration burns like fire


Cinque giorni prima…

« Su, bimbi belli, alzate i vostri leggiadri culi dal mio tappeto! »
Newt fu sicuro di aver udito Thomas mugugnare infastidito dalla voce squillante dell’asiatico e Teresa masticare qualche insulto pesante rivolto senza alcun dubbio all’amico. Si sistemò meglio su quel cuscino che, dannazione, aveva davvero un profumo sublime. Vi strusciò il naso contro e sorrise quando un’ondata fresca e pungente lo avvolse in un caldo abbraccio. Doveva decisamente chiedere a Minho che ammorbidente utilizzasse sua madre, poi avrebbe chiesto alla sua di lavarci le proprie lenzuola perché avrebbe seriamente potuto drogarsi di quell’odore.
Newt si sentì toccare con un piede e l’idillio nel quale aveva creduto di vivere per una manciata di secondi scomparve in un battibaleno.
« Che. Cazzo. Vuoi. Minho. Lasciami. Dormire. » Sibilò torvo con le palpebre ancora calate sulle iridi, ma non con meno enfasi nella voce.
« Okay, Newtie, allora farò finta di non averti visto strusciarti su Thomas. »
« STRUSCIARMI SU CHI? » Urlò tirandosi a sedere con uno scatto ed un’espressione sconvolta stampata in viso. Ruotò leggermente il capo e verificò da sé che il cuscino sul quale credeva di aver dormito non era altri che il torace di Thomas. Quindi era il moro che aveva quel buon profumo appiccicato addosso, quello stesso ragazzo che stava continuando a ronfare indisturbato.
Newt sgranò gli occhi ed arrossì dalla punta dei piedi fino alla radice dei capelli, mentre Minho si era ormai lasciato andare ad una grossa e grassa risata da un po’ di tempo.
« Ma che merda di problemi avete voi due?! » Proruppe Teresa in tutta la sua finezza femminile di prima mattina, il mascara sbavato sotto gli occhi rossi e gonfi.
« Buongiorno, raggio di sole. Sei splendida, quest’oggi. » Scherzò Minho con teatralità e Newt non poté fare a meno di scoppiare a ridere. In ogni caso, ritornò subito serio, messo in riga da uno sguardo truce della ragazza.
« Ti ammazzo. Giuro che ti ammazzo. » Borbottò minacciosa mentre tentava goffamente di mettersi in piedi.
« Dai, Tess. » Minho prese posto – si stravaccò, in pratica – sul divano e sorrise birichino. « Se prometti di essere meno scontrosa, ti racconto un segreto. »
« Che segreto? » Domandarono lui e la ragazza dai capelli corvini incredibilmente disordinati all’unisono. Nonostante ciò, nell’istante in cui Newt saggiò l’espressione sorniona che Minho aveva rapidamente assunto, seppe precisamente cosa aveva intenzione di svelarle.
« Oh, no. » Si lamentò affondando la faccia in un cuscino – uno vero, stavolta.
« Oh, sì. » Ribattè l’asiatico estremamente divertito da quella situazione e dall’imbarazzo che l’amico stava dimostrando.
« Parla se non vuoi morire. » Lo avvertì Teresa per l’ennesima volta.
« Okay, bambolina. » Newt li stava osservando con un solo occhio e non riuscì a non guardarlo male nel momento in cui lo sentì appellarla con quel soprannome. Lo riprendeva sempre quando faceva il cascamorto con Teresa. « Poco fa sono tornato qua dentro per darvi fastidio e ho sorpreso Newt che tutto contento strusciava il nasino contro la maglietta del nostro Tommy. »
« CHE COOOSA? » Gridò la ragazza sbalordita, voltandosi in direzione del biondino e chiedendogli in silenzio delle spiegazioni.
« Pensavo fosse un cuscino. » Disse in sua discolpa. 
« Quindi ci hai dormito tutta la notte? »
« Tuuutta la notte. » Rispose per lui il castano. 
« E, per la cronaca, com'era questo cuscino? Ha gli addominali, per caso? »
« Teresa! » La rimproverò Newton sollevandosi leggermente da terra facendo leva sul braccio destro. Minho, dal canto suo, aveva ripreso a ridere come se non ci fosse un domani. 
« Che c'è? Sono curiosa! » Si morse il labbro inferiore. « Minho tu ti alleni con lui. Ce li ha questi addominali o no? »
« Secondo te, mi metto ad osservare Thomas negli spogliatoi? » Ribattè il ragazzo riprendendo fiato gradualmente. « Mica sono Newt. » Aggiunse.
Il biondino roteò gli occhi e sbuffò già esasperato da quell'assurdo discorso. « Di nuovo con questa storia?! »
« Quindi mi volete dire che nessuna di voi facce di caspio mi sa dire se Thomas è ben fornito o no?! »
« Definisci "ben fornito", dolcezza. » Si sporse in avanti con la schiena ed avvicinandosi a lei, passandosi in maniera provocatoria la lingua sulle labbra. Newt a volte non riusciva a capire se ci stesse realmente provando con la sua migliore amica. 
Teresa divenne di un colore molto più simile al bordeaux che al rosso fuoco e boccheggiò almeno tre volte prima di riuscire a formulare una frase di senso compiuto. 
« Vaffanculo, Min. » Lo insultò con in viso un sorriso talmente tanto dolce e zuccheroso che a chiunque altro, dall'esterno, sarebbe sembrato che gli stesse rivelando l'immenso amore che provava nei suoi confronti. « Comunque, visto che voi due siete più inutili di Matt Donovan in 'The Vampire Diaries', scoprirò io stessa ciò che voglio sapere. »
« Che significa? » Volle informarsi il biondino, timoroso.
« Chi diavolo è Matt Donovan? » Decise, invece, di voler sapere Minho, il quale doveva aver rivisto le sue priorità. 
Perché, andiamo, a chi non importava di Matt Donovan?!
Teresa li incenerì con una lunga occhiata assassina e gattonò lentamente vicino a Thomas. 
« ODDIO! » Esclamò l'asiatico portandosi entrambe le mani davanti alla bocca. « Vuole stuprare Thomas! »
« Sta' zitto, cretino. » L'amica gli fece cenno di abbassare il tono della voce. « Voglio solo vedere se ha gli addominali. »
Newt soffocò una risata. Non avrebbe mai ammesso quanto, in fondo, fosse curioso anche lui di conoscere quel piccolissimo particolare.
Thomas era magro e slanciato, ma aveva le spalle piuttosto larghe e le braccia muscolose, nonostante ciò non indossava magliette particolarmente aderenti, così era difficile indovinare se avesse realmente allenato i propri muscoli. Senza dimenticare che faceva parte della squadra di atletica ed appesantire eccessivamente il suo fisico non era di certo una mossa intelligente. 
« È violazione della privacy. » Decise di dire quando le dita di Teresa si trovavano ad un passo dalla maglietta nera del ragazzo. 
« Non rompere le palle, Newt. » Lo liquidò lo stesso Minho; persino lui sembrava curioso! « Teresa se non ti sbrighi qui facciamo notte. »
« Ho deciso: ti strangolo quando meno te lo aspetti. » Gli disse quella, vagamente infastidita dalla fretta che le stava mettendo. Avrebbe dovuto stare attenta, non voleva che Thomas si svegliasse e la vedesse intenta a sollevargli la maglietta: l'avrebbe presa per una maniaca e non le avrebbe rivolto più la parola.
« Ti amo, Tess. Lo giuro. » Teresa sorrise amorevolmente a quella improvvisa e scherzosa dichiarazione d'amore proveniente dal suo migliore amico e poggiò i polpastrelli sull'orlo del tessuto.
Ma...« Porca puttana, voi non avete un mal di testa allucinante? » Irruppe il moro nella discussione, con voce ancora impastata dal sonno e le dita che corsero alle palpebre per massaggiarsele cautamente. 
Inutile constatare che Teresa schizzò letteralmente indietro, come se fosse rimbalzata contro una molla, e finì con la schiena a contatto con il divano, sul quale era seduto un Minho sempre più sfinito dalle risate che quei due pive dei suoi amici gli stavano provocando.
Newt era rimasto immobile nell'osservare la scena, inaspettatamente i ricordi della giornata precedente e di pochi minuti prima lo travolsero, facendo radicare delle strane sensazioni lungo tutto il suo corpo. Che cosa gli stava succedendo?
« Bu-buongiorno, Tom! » Esclamò la ragazza scattando in piedi e sorridendo nervosamente. 
« 'Buongiorno' un cazzo. » Scandì bisbetico come non mai. Thomas era sempre gentile ed energico, non si sarebbe aspettato di vederlo in quello stato. Sbloccò il cellulare e poi grugnì con frustrazione. « Sono le nove di mattina, avete dieci secondi per spiegarmi perché non posso dormire. Uno... »
« Voi tre siete impossibili. » Bofonchiò Minho prima di sgambettare in cucina. 
« Tre, quattro... »
« Vi ho gentilmente preparato il mio rimedio post-sbronza, quindi, a meno che non volete assomigliare a degli zombie per almeno due giorni, vi conviene berne almeno un po'. » Teresa si gettò nuovamente sul divano, ignorando le parole dell'asiatico, e spiegò il pile verde petrolio che si trovava sul bracciolo per raggomitolarsi in un caldo bozzolo, chiaro segno che non voleva essere disturbata per minimo un'ora.
Newt - il quale era ancora scompostamente stravaccato sul tappeto, il cuscino contro l'orecchio ed una gamba piegata sotto l'altra, rotolò sulla pancia senza rifletterci molto.
Fatto sta che si trovò ad urtare contro il braccio di Thomas, che abbassò il viso per capire cosa fosse successo e, soprattutto, chi lo avesse disturbato ancora una volta - anche lui, infatti, aveva abbassato le palpebre, volendo palesemente ristorarsi con un'altra dormita. 
Rimase incantato nell'osservare lui e i suoi occhi stanchi; aveva delle leggere occhiaie ed un'aria assonnata che lo facevano sembrare più piccolo, le labbra disidratate ed i capelli sparati in ogni direzione. Quella forse fu la prima volta in cui Newt ammise finalmente a se stesso di trovare Thomas bello.
« Hai gli occhi color whiskey. » Bisbigliò come ipnotizzato e, seriamente, non esisteva cosa più stupida e da rincaspiato che potesse dirgli.
« E tu mi hai lasciato addosso il tuo odore di cannella. » Sentì il suo caldo respiro infrangersi sulla pelle del proprio naso. 
« Penso sia lo shampoo che ho usato ieri. Di solito prendo il primo flacone che capita. » Il moro gli sorrise e Newt stava per ricambiare quando con orrore si rese conto di una cosa. 
'Merdamerdamerda', continuò a ripetersi fra sé e sé. 'Non può essere. Nonono!'
Erano sdraiati sul tappeto di Minho, ad un battito di ciglia l'uno dall'altra, mentre parlavano del suo shampoo come se fosse totalmente normale e naturale e sarebbe anche potuto esserlo, se solo Thomas non avesse saputo che il biondino non si era fatto troppi scrupoli ad utilizzarlo in veste di cuscino quella notte. Diamine, lo sapeva!
E, se lo sapeva, significava che lo aveva lasciato fare perché, evidentemente, il gesto non lo aveva infastidito oppure temeva che Newt se la prendesse, così aveva deciso di patire una notte d'inferno solo per non essere sgarbato con lui.
Rotolò dal lato opposto a quello in cui si trovava il ragazzo suscitandone la risata ilare, visto che doveva sembrare ridicolo, poi prese un bel respirò e si alzò.
Aveva decisamente bisogno del rimedio post-sbronza del suo migliore amico.
Si trascinò in cucina e si abbandonò senza forze su uno degli sgabelli posti vicino alla larga penisola, poggiando il capo sulle braccia conserte. 
Solo in quel momento cominciò ad avvertire un tedioso mal di testa martellare all'altezza delle tempie. Quel 'Greenbean' che Minho aveva ideato la sera prima lo aveva messo K.O., era forse uno dei cocktail più alcolici che si fosse mai permesso il lusso di assaggiare.
« Ecco un 'Good That' per il mio migliore amico. Offre la casa. » Il ragazzo gli fece l'occhiolino e Newt scoppiò sinceramente a ridere, afferrando possessivamente il bicchiere colmo di uno strana bevanda densa color crema accompagnata da due cubetti di ghiaccio ed un baccello di vaniglia. Quelli erano concretamente gli unici due ingredienti che Newt sapeva Minho utilizzasse per ottenere il miscuglio giallognolo. Non gli aveva mai voluto rivelare la ricetta del 'Good That', lo preparava ogni qualvolta si sbronzavano, ma per quanto avesse insistito, gli aveva sempre rifilato la scusa del "è top secret, off limits. Non riuscirai ad estorcermi nulla, nada, nisba".
Così si era convinto del fatto che, in realtà, fosse un intruglio bello e buono, e che conoscere il modo in cui l'amico lo otteneva lo avrebbe disgustato talmente tanto da non poterne sopportare neanche la vista. Quindi si era arreso.
Inoltre, credeva che utilizzasse la vaniglia proprio per quello stesso motivo, sapeva bene che la dolce spezia era il punto debole del biondino. In ogni caso, finché le sue papille gustative trovavano il 'Good That' delizioso a tal punto, non aveva di che lamentarsi, perciò si limitò a berlo senza fare storie.
« Però che peccato che Thomas si sia svegliato. Avrei potuto ricattare Teresa per il resto della sua vita! » Si picchiettò il mento con l'indice e questo voleva dire solo una cosa: Minho stava pensando. E ciò non prometteva nulla di buono, il castano stava probabilmente escogitando uno dei suoi piani malefici.
Di fatti, ghignò in direzione di Newt e, dopo essersi illuminato come un albero di Natale, cadenzò: « Ho avuto un'idea. »

« Teresa ci ammazzerà. » Sussurrò Newt, mentre si accingeva a scendere le scale stando ben attento a non far cadere dell'acqua dal pesante secchio d'acqua.
« È per questo che bagneremo solo Thomas. Lei dovrà solamente fare una doccia per pulirsi dalla schiuma da barba. » Gli rispose sicuro dello scherzo che aveva architettato poco prima. « Quei due pive rimpiangeranno di essere rimasti a dormire. » Si lasciò andare ad una bassa e rauca risata ad effetto, simile a quella dei cattivi nei cartoni animati. Newt si limitò a scuotere la testa; Minho avrebbe puntato anche lui se solo si fosse azzardato a rifiutare di prendere parte alla beffa e, a dirla tutta, adorava aiutare l'amico nei suoi folli piani suicidi.
Si diressero in punta di piedi nel salone e, dopo aver scosso la bomboletta di schiuma da barba, l'asiatico si avvicinò alla ragazza e cominciò a disegnarle ghirigori sul viso e sul collo, insieme ad un immancabile paio di baffi. Nel frattempo, il biondino aveva poggiato il secchio poco lontano da Thomas visto che di lì a poco avrebbe gettato la quantità spropositata di acqua congelata completamente addosso al suo corpo addormentato. Adesso che osservava quell'espressione angelica, i tratti del viso e i muscoli di tutto il corpo rilassati, il respiro basso e regolare quasi gli dispiaceva prendersi gioco di lui in quella maniera. In ogni caso, fu distratto dal rumore di una fotocamera, segno che il suo migliore amico non si era lasciato scappare l'occasione di immortalare quel ridicolo momento.
« Sei una testapuzzona. » Sghignazzò Newt; Minho gli dedicò un sorriso sornione. 
« Così dicono. » Fece spallucce, indifferente. « Adesso è il suo turno. » Aggiunse indicando il moro con un'alzata del mento. 
Newt prese il secchio e - consapevole che, se avesse aspettato ulteriormente, se ne sarebbe pentito - lo svuotò del tutto su Thomas. Prontamente Minho fece partire il suono di una trombetta a tutto volume, svegliando anche Teresa.
« Ma che diavolo…? » Farfugliò il ragazzo con un leggero accento americano, mentre l'amica lo seguiva a ruota dimostrando con un solo unico insulto tutta la femminilità che possedeva.
Quando poi si accorse di essere sporca di schiuma da barba e Thomas fu consapevole di essere fradicio dalla testa ai piedi ed entrambi compresero il motivo per il quale Minho e Newt stavano ridendo così tanto, i due amici si scambiarono uno sguardo intimorito e seppero che era arrivato il momento di dileguarsi.
Non avrebbero avuto vita lunga con una Teresa incazzata sul serio alle calcagna. 
« Newton Randall ti conviene nasconderti bene perché al mio ritorno la pagherai per esserti alleato con quel cerebroleso del tuo amico! » Strillò la ragazza stringendo i pugni e sbattendo violentemente la porta del piccolo bagno a piano terra.
Il biondino sogghignò e si ripromise di tenere gli occhi aperti da allora in poi: ci avrebbe messo la mano sul fuoco che la ragazza si sarebbe vendicata crudelmente.

« Beh… » Bisbigliò più tardi Minho all’orecchio di Teresa, comunque abbastanza forte perché anche Newt potesse ascoltare. « Almeno abbiamo scoperto che, sì, Thomas ha gli addominali. »
Inutile precisare che la ragazza gli mollò un pugno sul braccio.

***

Presente

« Jack quante volte te lo devo dire che quel dannato striscione è storto?! » Urlò in preda all’ennesima crisi di nervi Harriet.
Dal canto loro, Newton e Alby non poterono fare a meno di scoppiare a ridere per la centesima volta quel giorno. « E voi due smettetela di ridere! » Li riprese la ragazza, non facendo altro che intensificare le risate di entrambi. Sospirò rassegnata e si sbracciò nervosamente, dando altre istruzioni a Jack per sistemare bene lo striscione che recitava solennemente: “Trick or Treat?”.
« Secondo te, arriverà viva alla festa di domani? » Gli domandò Alby, mentre intagliava gli occhi della sua zucca.
Newt rispose facendo spallucce. « Penso che non riuscirà comunque a godersi la festa. Si preoccupa di troppe cose, fa una tragedia anche per la più piccola stupidaggine. » Ghignò. « Immagina il putiferio che scatenerà domani quando scoprirà che qualcuno ha corretto il punch. »
« Sai già chi sarà, non è vero? »
Gettò una manciata di polpa arancione nel cestino e poi alzò le mani coperte da un paio di guanti in lattice in segno di resa. « ‘Si dice il peccato, ma non il peccatore.’ » Liquidò la faccenda con quella espressione idiomatica.
Alby scosse la testa rassegnato; probabilmente aveva già compreso chi il biondino stesse coprendo, ma dopotutto non poteva certo smascherare il suo migliore amico.
Minho fremeva letteralmente all’idea di lasciarsi andare a quelle bravate da cattivo ragazzo, nulla lo avrebbe fermato dal versare dell’alcool nel punch.
« Come va la gamba? »
Si fermò dallo scavare l’ortaggio con il coltello e rimase immobile per qualche secondo; Alby era suo amico, sapeva tutto ciò che era accaduto – glielo aveva raccontato per filo e per segno ed aveva fatto un male cane - e spesse volte aveva trovato conforto nel silenzio confortevole che si instaurava tra di loro dopo che si era sfogato con lui. Lo ascoltava; tentava di capirlo; non lo giudicava: a Newt bastava.
Eppure non poteva fare a meno di sentirsi a disagio quando tirava fuori l’argomento.
« Bene. La cura che mi ha prescritto il medico ha funzionato. » Oramai l’aveva terminata, visto e considerato che lo avesse visitato esattamente una settimana prima – lo stesso giorno in cui si erano sbronzati e avevano dormito da Minho, quello in cui non era andato a scuola, ma aveva raggiunto lui, Teresa e Thomas in mensa.
« Stavo pensando…che forse non dovresti aiutare il coach ad allenare i nuovi giocatori. Potresti darmi una mano con altre questioni del comitato studentesco, ti assicuro che un altro paio di maniche mi farebbero comodo. »
Newt inarcò un sopracciglio, adesso vagamente infastidito. « Perché dovrei? »
« Perché non devi sforzare la gamba. E forse per il tuo corpo guidare l’allenamento dei pivelli è troppo. » Il ragazzo lo stava guardando con il volto contratto in un’espressione mortalmente seria, aspetto che non fece che aumentare il malessere del biondo.
La realtà era che quelle parole lo avevano ferito più del dovuto; ci aveva pensato - diamine se ci aveva riflettuto – a quella possibilità, nonostante ciò l’aveva volutamente ignorata, di conseguenza sentire quell’ipotesi tanto scomoda per se stesso divenire vera e consistente, sentirla fuoriuscire dalla bocca di un’altra persona e osservarla acquistare un senso compiuto, fu straziante.
Così fece quello che aveva sempre fatto: nascose la propria sofferenza con la rabbia.
« Anche se fosse – e ti assicuro che non lo è -, non sono affari che ti riguardano. » Svuotò definitivamente la zucca ed abbassò lo sguardo, facendo bene attenzione a non incrociare quello rattristato di Alby.
Era stato ingiusto ed acido e ne era consapevole, però c’erano dei limiti che sentiva gli altri non avrebbero dovuto superare in sua compagnia; aveva un carattere difficile, Newt era tutto da prendere o da lasciare, non c’erano mezzi termini con lui.
In ogni caso, la sua gamba era una questione di cui non riusciva a discutere decentemente con nessuno o quasi.
Con Minho finiva inevitabilmente per litigare (“Non sopporto quando fingi di non provare alcun tipo di emozione. Ѐ chiaro che ci stai male.”, “Ed ecco a voi ‘l’apatico Newt’, signore e signori.”, “Fottiti, testapuzzona.”), sua madre non la sopportava proprio visto che cominciava a psicoanalizzarlo credendo – sperando – che lui non ci facesse caso, suo padre non ne parlava e basta.
L’unica con cui riusciva ad avere una conversazione civile era Teresa: spesso e volentieri – a parte nei giorni scolastici, come l’ultima volta – lo accompagnava alle visite; gli teneva la mano e regalava sorrisi incoraggianti per tutta la loro durata e Newt si sentiva a tal punto confortato dalla presenza della ragazza che, anche se non glielo aveva mai confessato, desiderava potesse fargli compagnia in circostanze del genere.
« Mi dispiace, Newt. »
« Sì. » Sospirò. « Lo so. » Disse prima di sistemare meglio la sua zucca sul tavolo, sfilarsi i guanti in lattice ed allontanarsi dalla postazione, lasciando che fosse Alby a terminare di intagliarla.

Uscì rapidamente dalla vasta palestra con l’intento di dirigersi nei bagni per lavarsi le mani, ma notò due ragazze guardarsi intorno con aria smarrita e decise di raggiungerle per chiedere se avessero bisogno di informazioni.
Solo quando si avvicinò ulteriormente le riconobbe: si trattava di Brenda e Sonya.
« Oh, grazie al cielo…Link! » Esclamò Brenda, la quale dall’anno precedente non aveva fatto altro che riservargli quel buffo soprannome.
« Cosa ci fate qui? » Sonya lo abbracciò affettuosamente e prima di separarsi da lui, gli lasciò un lungo bacio sulla guancia. Newt sorrise e le circondò i fianchi con un braccio, lei per tutta risposta rimase vicina al corpo del biondino.
« Siete disgustosi. » Sputò l’altra ragazza con una smorfia schifata sul viso. Scosse la testa, come a far scomparire quella visuale dalla sua mente, e riprese la parola. « Eravamo passate per vedere se quell’idiota del tuo amico era qui. Ma, a quanto pare, ci sei solo tu. »
« Minho? » Quella annuì. « Dovevi dirgli qualcosa di importante? »
« No. Solo dargli questa. » Brenda ghignò beffarda, mentre tirava fuori dalla borsa una parrucca verde, gli occhi animati da un luccichio malefico. « Gli servirà per domani. »
Newton scoppiò a ridere rumorosamente. « Che scommessa ha perso, stavolta? »
« Abbiamo scommesso su voi due, a dire la verità. »
Newt e Sonya si scambiarono uno sguardo confuso, ricco di domande.
« Che cosa? » Sibilò l’amica. « Brenda, non puoi averlo fatto davvero. »
« Non è con me che devi prendertela. » Sollevò le braccia, mostrando loro i palmi delle mani, come a dichiararsi innocente. « Io ero convinta che Link ti invitasse al ballo di Halloween. Minho pensava che non ti saresti dato una mossa, invece. »
« Ah, sì? » Il biondino inarcò un sopracciglio. « Dannato bastardo. Dammi questa parrucca. Preparati a ricevere una montagna di foto. »
« Sonya, amica mia, ti ho già detto quanto adoro questo ragazzo? » Lei sorrise imbarazzata ed arrossì leggermente; gli angoli della bocca di Newt si piegarono istantaneamente verso l’alto, intenerito dalla situazione. Fu del tutto naturale ruotare il capo e poggiare le labbra sulla sua tempia.
Brenda aprì la bocca e ne indicò l’interno con l’indice, ad indicargli quanto le facessero venire voglia di vomitare, tanto erano ‘da diabete’. Poi gli passò la parrucca ed insieme si incamminarono in direzione dell’armadietto del ragazzo, dove avrebbe potuto riporla nel frattempo, visto e considerato che sarebbe rimasto a scuola ad aiutare per almeno un’altra ora e mezza. Gli fece anche promettere di trascrivere testualmente le parole che Minho avrebbe pronunciato nel momento in cui gliel’avrebbe consegnata e di inviargliele perché amava davvero rendere miserabile la vita dell’asiatico.
Dopo qualche minuto, si allontanò per rispondere ad una chiamata e lui e Sonya rimasero da soli, ancora stretti in quel mezzo abbraccio. Sin da quando l’aveva conosciuta, qualche mese prima, quella ragazza gli era piaciuta tantissimo: nonostante il suo aspetto dolce e delicato, era dotata di una forza straordinaria che lo aveva subito incuriosito ed interessato. Sonya era bella, intelligente e gentile.
Agli occhi di Newt brillava di luce propria e sarebbe stato da veri stupidi lasciarsi scappare una ragazza del genere.
« Come va? » Gli chiese, premurosa. « Sembri nervoso. »
Fu probabilmente allora che il biondo si rese conto del leggero tremolio delle sue gambe, probabilmente dovuto alla discussione che aveva avuto poco prima con Alby. Ma, a braccetto con quel ricordo, lo investì la consapevolezza di quanto Sonya fosse riuscita a tranquillizzarlo senza neanche accorgersene, cullandolo col suo tenue profumo di zucchero a velo. Le accarezzò il braccio con i polpastrelli delle dita, camminando ritmicamente su e giù sulla sua pelle fasciata da un maglioncino bianco panna.
« Ѐ tutto okay. » La guardò negli occhi, dritto nelle iridi verdi e si sporse gradualmente in avanti, saggiando la sua espressione per scorgere qualsiasi eventuale segno di disturbo.
L’avrebbe baciata sul serio, se solo Brenda non fosse tornata indietro, armeggiando col cellulare ancora rigorosamente stretto tra le mani, inconsapevole del momento che aveva appena interrotto.
Newt e Sonya si allontanarono l’uno dall’altra in un battibaleno, quasi negando l’intima vicinanza che stavano condividendo fino ad un secondo prima.
« Il lavoro mi reclama. Sonya tu che fai? Vieni con me? » Le domandò.
« S-sì! » Il ragazzo si lasciò andare ad un sospirò di sollievo; sarebbe stato oltremodo imbarazzante starle accanto dopo il oro quasi-bacio, perciò si scoprì a ringraziarla mentalmente per la decisione presa. « Ci vediamo domani, Newt! »
Lo salutò con un cenno della mano, poi afferrò il polso di Brenda – la quale non poteva are a meno di fissarli sconcertata – e la trascinò lungo il corridoio.
Newt le seguì con gli occhi finché non scomparvero dietro l’angolo.

***

Newt, nonostante la musica ad alto volume che proveniva dalle casse collegate al portatile - le aveva comprate al mercatino dell'usato e messe totalmente a nuovo, funzionavano perfettamente ed i bassi erano potenti ed evidenti proprio come piaceva a lui -, udì la porta di camera sua cigolare.
« Mamma, non dipingerò quel cacchio di prato fiorito. Puoi scordartelo. » Quando sua madre aveva scoperto che il figlio aveva nuovamente cominciato a dedicarsi al suo astro artistico, non aveva perso tempo ad avanzare richieste su quadri con cui le avrebbe desiderato abbellire la casa. Peccato che le sue idee non avessero allettato il biondino per nulla, portandolo a contrarre il volto in smorfie contrariate più di una volta, mentre la donna si perdeva nell’elenco delle gradazioni di colore che l’allettavano maggiormente o che si intonavano al divano del salone.
Così adesso, quando tornava a casa e lo scopriva intento a dipingere o disegnare, non perdeva l'occasione per insistere su quanto le sarebbe piaciuta una replica del 'Bacio' di Klimt in camera da letto o del 'Prato in fiore' di Adelio Bonacina - che, tra l'altro, aveva trovato con Google Immagini. 
« Da quando TU dipingi? »
Newt si congelò sul posto, il pennello a mezz'aria, le sopracciglia corrugate.
Quella decisamente non era sua madre.
Teresa lo stava fissando palesemente scioccata, la bocca rosa spalancata e gli occhi azzurri sgranati. Dietro di lei un Minho altrettanto confuso alternava lo sguardo da lei al biondino, tutto sotto gli occhi ambrati di Thomas. Occhi in cui Newt non poté fare a meno di perdersi, perché alla fine era tutto merito suo se aveva ricominciato a fare ciò che più amava.
Poi il fatto che i suoi migliori amici non ne fossero a conoscenza era un altro discorso, un discorso che avrebbe preferito non trattare, in particolare in presenza del bruno.
La ragazza e l'asiatico passarono in rassegna tutti i lavori che la sua mente improvvisamente carica di ispirazione aveva partorito nel corso di quella settimana.
Era stato molto impegnato sia con gli allenamenti dei pivelli che con l'organizzazione della festa di Halloween in compagnia dei membri del comitato studentesco, così si era dovuto arrangiare, arrivando a dipingere e disegnare ad orari improponibili, come l'una e mezza di notte o le cinque di mattina. Il problema era che sentiva letteralmente le mani prudere dalla voglia di stringere una matita o un pennello o un carboncino. O semplicemente una penna a sfera. 
Non poteva farne a meno.
Era come se quel giorno, nella sua stanza, mentre il petto di Tommy aderiva perfettamente alla sua schiena, fosse andata in mille pezzi una diga. La violenza del fiume di emozioni che lo travolgevano di minuto in minuto e la sua abbondante portata non potevano di certo essere ignorati. 
Così la sua stanza era diventata un incredibile ed assoluto casino. 
Fotografie, fogli e quadri erano sparsi dappertutto - sulla moquette, sulla scrivania, appesi al muro con il generoso aiuto di un’abbondante quantità di scotch di carta -, bottiglie di colori a tempera e ad olio erano impilate sulla libreria, già vuote per metà seppur le avesse comprate qualche giorno prima, insieme ad un nuovo album da disegno ed uno spropositato numero di tele di ogni grandezza.
« Sei bravissimo. » Sussurrò Teresa, ancora incredula. 
Poi si voltò verso di lui rapidamente, una mano sul fianco destro e l'altra a stringere un paio di depliant. « Quindi, non solo non ci hai detto che sei un artista, ma ci hai anche nascosto di voler frequentare il college?! » Lesse di nuovo i nomi delle due università. « Yale e Oxford. Wow. »
« Amico, sei uscito fuori di testa? » Sbottò stralunato Minho. « Yale fa parte della Ivy League, hai presente? Roba per secchioni. »
Si pulì le mani utilizzando un vecchio straccio che aveva trovato tra le sue vecchie cianfrusaglie. « Ha uno dei migliori programmi di arti figurative. »
« E da quando ti importa? »
« Da sempre. » Newt stesso avrebbe creduto che quelle due parole fossero uscite dalla propria bocca, se solo Thomas non si fosse spostato al suo fianco, le spalle dritte, il petto in fuori. « Mentre io giocavo con i lego, Newt cercava di disegnare un cesto di frutta. »
Grugnì, infastidito. « Odio le nature morte. »
« Sei un pessimo bugiardo. » Rise Thomas, rivolgendogli un breve sguardo, compiaciuto dal falso broncio del ragazzo, il labbro inferiore che sporgeva leggermente rispetto a quello superiore.
« Non ti sopporto, Tommy. » E quel dialogo era così simile alle discussioni che erano abituati ad avere da piccoli che entrambe le loro memorie furono stuzzicate; furono catapultati a parecchi anni prima, quando Newton era ancora un bambino basso e mingherlino che roteava gli occhi ogni qualvolta Thomas gli saltellava intorno, dispensando felicità a destra e a manca, un ottimismo che non era stato capace di trarre dall’instancabile amico.
« Quindi… » Cominciò Teresa, l’indice e il pollice a massaggiare il mento, in una posa riflessiva. « …vediamo se ho capito bene. Tu dipingi sin da quanto eri piccolo. Ma ti conosco da – quanto? Cinque anni? – e questa è la prima volta che ti vedo con un pennello in mano. »
Il biondo si schiarì la gola. « Diciamo che…non ho dipinto per un bel po’ di tempo. » Sentenziò sperando che i suoi migliori amici avrebbero lasciato perdere l’argomento, sorridendogli e magari dandogli una mano nella scelta del college.
Perché non è che Newt non volesse frequentarlo: era per la maggiore una decisione votata ad infastidire suo padre, ma anche dettata dal fatto che le sue due più grandi passioni – la corsa e l’arte – gli erano state strappate via in circostanze differenti.
Ma adesso che pareva essersi ripreso, non aspettava altro che imparare e testare nuove tecniche di pittura, di rappresentare nuovi soggetti e migliorare il suo tratto.
« Per quanto? »
« Nove anni. » E fu inevitabile guardare Thomas, il quale si girò di scatto nella sua direzione, osservandolo con i suoi intensi occhi ambrati sgranati, colmi dello sconvolgimento che quella notizia gli aveva provocato.
Perché Tommy aveva capito, lui capiva sempre. Aveva compreso che Newt aveva smarrito il suo lato artistico dopo che aveva perso il suo migliore amico, la sua ispirazione. E adesso era tornato e tutto sembrava stare finalmente andando per il verso giusto, la sua ispirazione era nuovamente lì accanto a lui ed ogni cosa pareva aver trovato il suo posto, ogni pezzo aveva percorso la via giusta per incastrarsi con il suo corrispondente.
Newt sapeva che con ogni probabilità c’era qualcosa di strano, di destabilizzante nei sentimenti che Thomas riaccendeva con una semplicità disarmante in lui, in fondo sentiva che quello che provava nei suoi confronti era diverso, in un angolo recondito del suo cervello una lenta e ripetuta litania gli supplicava di lasciarlo andare perché ne era spaventata.
Eppure reprimeva quei sussurri, nascondeva tali sensazioni con la scusa che la propria fantasia a volte viaggiasse eccessivamente, che l’amicizia che condivideva con Tommy era a tal punto profonda solo perché si conoscevano sin da quando avevano sei anni ciascuno. Che aveva smesso di dipingere e disegnare alla sua partenza perché distrutto dalla partenza di suo fratello, l’unico amico di un bambino troppo solo.
Relegava l’intensità dei loro sguardi, dei loro tocchi, delle loro parole a superflui motivi di secondo piano, innocue ragioni facili da gestire, le quali non sarebbero potute in alcun caso sfuggire al proprio controllo.
« Bene, allora deve essere un segno del destino. » Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dal tono di voce entusiasta della ragazza dai grandi occhi azzurri, la quale stava stringendo un tubetto di colore nero in una mano ed un pennello nell’altra.
Newton inclinò il capo a sinistra, domandandole tacitamente cosa intendesse.
« Domani è Halloween, no? » Annuì. « Volevo imparare il face painting- »
« Ovviamente la sera prima della festa. Che sarà mai? Un gioco da ragazzi! »
« Sta’ zitto, Minho. » Lo apostrofò la ragazza, rifilandogli una gomitata nello stomaco alla quale Thomas scoppiò a ridere di gusto. « Ma visto che sei così bravo, che ne dici di provare tu? »

Sostanzialmente, Teresa aveva deciso di travestirsi da scheletro.
Di conseguenza, il trucco che la ragazza gli aveva mostrato si era rivelato il più semplice del previsto da realizzare.
Così, in quel momento, si ritrovava ad ascoltare le lodi della sua migliore amica, la quale, nel frattempo, stava ammirando il viso di Thomas con gli occhi scintillanti.
Già, il viso di Thomas. Adducendo come motivo la scusa che utilizzasse prodotti anallergici e che, nonostante le avessero assicurato più di una volta che i colori non le avrebbero provocato alcun tipo di irritazione alla pelle, preferiva provarne quella stessa notte una piccola quantità sulla mano, onde evitare una terribile reazione allergica; ammaliando entrambi Thomas e Newt con la sua espressione da cucciolo bastonato; ripetendo al moretto che, in quanto suo accompagnatore alla festa che si sarebbe svolta l’indomani, aveva il dovere di concederle quel genere di favori al fine di renderla felice; dicendo che volesse imparare come il biondino procedesse nel dipingere la pelle del ragazzo…insomma, alla fine si erano dovuti arrendere al suo volere.
In ogni caso, sembrava abbastanza soddisfatta del risultato, talmente tanto che permise a Thomas di rifugiarsi in bagno per pulirsi il viso da quel miscuglio di bianco e nero.
« Minho, a proposito di Halloween! » Si ricordò Newt aprendosi in un sorriso birichino, fremendo letteralmente dalla voglia di vedere che faccia avrebbe fatto il suo migliore amico. « Ѐ passata Brenda e mi ha detto di darti questa. » Frugò nel suo zaino e ne tirò fuori la parrucca verde, alla cui vista Teresa scoppiò a ridere.
« Quella traditrice! Le avevo detto di lasciarla nella cassetta della posta di casa mia! »
Rise anche lui, prima di uscire dalla propria stanza ed andare a controllare se Tommy avesse bisogno di un asciugamano, lasciando l’asiatico e la ragazza dai capelli corvini a litigare scherzosamente come usualmente.
Però ciò che vide lo fece bloccare sulla soglia della porta del bagno e sorridere intenerito: davanti al lavello, non vi era altri che Thomas, il quale, adorabilmente imbronciato, stava invano tentando di smacchiare la pelle con un po’ di carta igienica inumidita d’acqua.
« Non verrà mai via in questa maniera. » Lo informò facendosi avanti e dirigendosi verso l’armadietto in cui sapeva avrebbe trovato dei prodotti struccanti appartenenti a sua madre e dei batuffoli di cotone.
« Grazie per l’informazione. » Borbottò scorbutico il ragazzo, appallottolando la carta e gettandola sulla superficie in ceramica.
Newt afferrò tutto l’occorrente e imbevette il cotone di uno strano liquido celestino, poi incitò l’amico a voltarsi con un cenno del capo e posò una mano sulla sua mascella, per tenerne fermo il capo, mentre cominciava a pulire il suo volto.
Thomas sembrò inizialmente sul punto di dire qualcosa, forse di opporsi, ma dovette ripensarci visto che sospirò sommessamente e rilassò le spalle, lasciandosi andare alle cure del biondino.
Passò delicatamente il cotone sulla fronte, intorno agli occhi – quegli occhi ambrati sempre così dannatamente vivi -  e sulle guance, passando poi al naso e successivamente alle labbra. Quelle labbra così piene e carnose che fu costretto a sfiorare più e più volte, tentando di ostentare noncuranza, ma finendo per sentire affluire il sangue all’altezza delle gote.
Si rese effettivamente conto di quanto fossero vicini nell’istante in cui le punte dei loro nasi si toccarono e la consapevolezza che i loro respiri fossero divenuti uno solo si scontrò brutalmente contro il suo corpo, facendolo riflettere su quanto quella situazione stesse diventando bizzarra.
Anche quando gli aveva dipinto la faccia erano stati a quella distanza, il ragazzo non l’aveva quasi notata tanto era concentrato in ciò che stava facendo, impegnato a dipingerne i tratti con clinica attenzione.
Eppure allora pareva così diverso, con il battito del suo cuore che gli rimbombava nelle orecchie e lo sguardo di Thomas su di sé che pareva ardere.


E poi lo baciò.








Mi dispiace, mi dispiace tantissimo per l'enorme ritardo con 
cui ho pubblicato questo capitolo - il quale, tra l'altro non 
mi fa nemmeno impazzire. 
Una serie di motivi, tra i quali anche il fatto che le parole
sembravano proprio non voler uscire e questo capitolo
prendere forma, mi hanno portata a non poterlo
postare. 
In ogni caso, spero di postare il prossimo capitolo tra qualche
giorno, l'idea sarebbe quella di scriverlo prima di una settimana,
ma non prometto nulla!
Ringrazio immensamente tutti coloro che hanno speso parte
del loro tempo a leggere questa storia, le meravigliose persone
che l'hanno recensita ed inserita tra le seguite/preferite/ricordate. 
Grazie!
Ah e...si sono baciati!
Ihihihihi
A presto :)

 
   
 
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