Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Layla_93    02/11/2015    5 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
[...] Si rigirò nel letto, infastidito.
Chi diavolo si metteva a bussare alla porta alle… Alle…
Allungò un braccio verso il comodino, recuperando la sveglia.
“Cristo Santo, sono solo le 6:30 del mattino!”
“John, ti sei svegliato finalmente.”
“Finalmente?” Chiese, spalancando la porta e ritrovandosi davanti al suo coinquilino.
“Ti rendi conto di quanto presto sia?!”
“Abbiamo un caso.” Fu la risposta che ricevette in cambio.
“Quando mai non ne abbiamo uno.” Mugugnò, tornando a buttarsi sul letto.
“Sembra piuttosto interessante. Vuoi venire?”
“Dammi cinque minuti...” [...]
Genere: Angst, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Buongiorno, John." Lo accolse Sarah, con un sorriso.
"Buongiorno." Rispose, nascondendo dietro la mano uno sbadiglio.
Raggiunse il suo studio e chiuse delicatamente la porta dietro di sé, accasciandosi subito dopo sulle varie carte che ricoprivano la scrivania.
La serata precedente, passata dietro a Sherlock e ai suoi ragionamenti, lo avevano lasciato con una pesante sensazione di spossatezza e il fatto che in quasi tre giorni non fosse riuscito a consumare un vero pasto non giocava a suo favore.
Con un pesante sospiro si portò composto sulla sedia, preparandosi alla giornata di lavoro che lo aspettava e cercando in tutti i modi di eliminare l'idea che, una volta tornato a casa, avrebbe sicuramente trovato Sherlock ancora davanti alla parete del salotto che aveva adibito a pannello per gli indizi.
O sarebbe stato fuori in cerca di piste?
Represse caparbiamente il nodo che gli si era formato in gola al pensiero del detective in una missione solitaria mentre per la città girava uno psicopatico che, forse, aveva preso di mira Sherlock stesso.
Prese un altro respiro, sistemandosi un sorriso benevolente sul viso e cercando di ignorare un accenno di mal di testa.
La giornata passò piuttosto velocemente e, prima di quanto pensasse, si ritrovò a sistemare le varie carte e gli strumenti che aveva tirato fuori durante le ore di lavoro.
Con un piccolo sorriso soddisfatto afferrò la giacca dall'attaccapanni vicino alla porta.
"John." Lo chiamò Sarah, facendolo sobbalzare appena per la sorpresa.
"Dimmi."
"C'è un signore che vorrebbe essere visitato. Vuoi che me ne occupi io?" Chiese la donna, adocchiando la giacca nelle sue mani.
Si lasciò sfuggire un piccolo sbuffo contrariato.
"Fallo entrare."
Abbandonò la giacca sulla sedia e riprese il camice.
Mentre sistemava il colletto la porta si aprì, rivelando la figura di un uomo un po' più alto di lui.
"Si accomodi pure." Lo accolse, indicando la sedia davanti alla scrivania.
Rivolse all’uomo le solite domande di routine e, dopo un veloce controllo alle prime vie aeree, scrisse una ricetta per un semplice sciroppo per il mal di gola.
Appena l’uomo fu fuori dallo studio si lasciò andare ad un sospiro di sollievo e recuperò nuovamente la giacca dalla sedia.
“Allora io vado.” Disse, mentre passava davanti alla scrivania di Sarah.
“Aspetta!”
Al richiamo della donna fermò i suoi passi e si volse verso di lei con espressione interrogativa.
“Quel signore che hai appena visitato mi ha lasciato un biglietto per te. Ha detto di leggerlo con attenzione…?” L’incertezza nella sua voce era palese.
“Grazie.”
La salutò con un cenno del capo e si portò sulla strada davanti alla clinica.
In attesa che passasse un taxi, tirò fuori il foglietto dalla tasca della giacca e lo lesse alla luce del lampione.
 
La prossima volta non alzi troppo la voce in un capanno di lamiera, l’effetto non è stato piacevole.
 
Per un attimo corrugò la fronte, confuso da quelle parole, poi un brivido gli percorse la schiena.
Infilò nuovamente il foglietto in tasca e, senza aspettare oltre l’arrivo di un taxi, iniziò a percorrere di corsa la strada che lo avrebbe riportato a casa.
Quando finalmente raggiunse il 221B aprì velocemente la porta, ritrovandosi a pochi passi da Mrs. Hudson.
“Oh, cielo! Tutto bene, John?”
"Sherlock è in casa?" Fu la sua replica affannata.
"Oh, si. Non si è mosso per tutto il giorno. Ho provato a portargli qualcosa da mangiare, ma non ha toccato nulla."
Annuì automaticamente, iniziando subito a salire gli scalini.
"Magari potreste uscire a cena." Arrivò la voce di Mrs. Hudson mentre apriva la porta.
"Hai il mal di testa." Constatò Sherlock non appena entrò nel salotto.
"Come diavolo…? No, aspetta. Non c’è tempo per questo, ora." Borbottò, togliendosi la giacca e frugando nelle tasche.
Osservò il detective adocchiare curioso il biglietto che ne estrasse e, appena lo allungò verso di lui, gli fu velocemente sfilato dalle dita.
“Dove lo hai trovato?” Chiese il detective, mentre continuava ad osservare quel piccolo pezzetto di carta da tutte le prospettive.
“Lo ha lasciato un paziente a Sarah, appositamente per me.”
Gli occhi del detective si spalancarono in un misto di sorpresa e timore.
"Qual è il suo nome?" Chiese, con una strana nota nella voce.
"Il nome?" Fu la replica confusa.
"Si, John, il nome. Come si chiama quell'uomo? Che nominativo ha dato?" Ad ogni parola la voce del detective si faceva sempre più pressante.
Il dottore rimase per qualche secondo in silenziosa concentrazione.
"Lance... Mendel? Mankell?" Ponderò, dubbioso.
Lo sguardo che Sherlock gli rivolse lo fece sbuffare per l'irritazione.
"Chiamo Sarah, ok? Dio! Non possiamo avere tutti la tua memoria mostruosa." Borbottò, mentre scorreva i nomi sulla rubrica del cellulare.
La donna rispose prima che Sherlock potesse aggiungere altro e, quando le chiese il nome dell'ultimo paziente della giornata, ricevette un commento incuriosito.
"È importante, Sarah. Per favore."
La donna sbuffò, ma finalmente ricevette la risposta desiderata.
"Lance Mankell? Ok, grazie."
Continuò a parlare con Sarah, osservando incuriosito il frenetico digitare di Sherlock sul cellulare.
Improvvisamente il detective afferrò il cappotto e la sciarpa e si precipitò fuori dall'appartamento.
"Sherlock, aspetta! Scusa Sarah, ci vediamo al lavoro."
Infilò il telefono nella tasca dei pantaloni e seguì velocemente il detective.
Lo individuò all'angolo di Baker Street, lanciato in una corsa folle verso chissà dove.
"Sherlock!" Lo richiamò nuovamente, iniziando a correre anch'esso per raggiungere l'amico.
"Dove diavolo stai andando?" Chiese ansante quando riuscì a riguadagnare un po' di terreno.
"Lexington Street." Rispose l'altro, svoltando a destra dopo Regent's Park.
"Per quale diavolo di motivo?"
Nessuna risposta gli giunse e per alcuni minuti tutto quello che poté fare fu seguire il detective, tentando di non rimanere troppo indietro.
Dopo cinque minuti di corsa, finalmente si fermarono davanti l'entrata di un piccolo palazzo.
"Perché siamo qui, Sherlock?" Chiese con il fiato corto.
"È dove abita Lance Mankell."
Lo sguardo del dottore saettò dalla porta di fronte a loro al detective.
Un cipiglio contrariato gli si dipinse sul volto.
"Vuoi dirmi ch sei corso senza pensarci un attimo verso la casa di un sospettato? Non ti è venuto in mente di chiamare prima Lestrade o, che ne so, avvertirmi di prendere la pistola?"
Le sue parole furono totalmente ignorate dal detective, che si inginocchiò davanti alla serratura con espressione concentrata.
“Cosa diavolo stai facendo, ora?” Chiese esasperato.
“Scassino la porta.”
“Voglio sapere dove hai imparato a farlo?” Chiese in un gorgoglio camuffato dalle mani che si era portato sul volto.
“A scuola mi annoiavo e l’aula di chimica era sempre chiusa a chiave.” Arrivò l’inaspettata risposta.
Per qualche secondo rimase immobile ad osservare Sherlock trafficare con la serratura, poi, quando non riuscì più a trattenersi, si lasciò andare ad una breve risata.
“Posso facilmente immaginarti fare una cosa del genere.” Commentò divertito, sbirciando dalla fessura della porta ora aperta.
“Non sembra esserci nessuno.”
Si tirò indietro, lasciando che anche il detective gettasse un’occhiata all’interno della casa.
Con cautela si introdussero all’interno, socchiudendo nuovamente la porta dietro di loro.
Il corridoio in cui si ritrovarono era al buio, ma un leggero alone di luce filtrava da una porta accostata.
Vi si avvicinarono con passo silenzioso, lanciandosi qualche occhiata d’intendimento.
Il detective allungò una mano verso la porta, aumentando di pochi centimetri lo spiraglio di luce.
Gettarono un’occhiata circospetta all’interno della stanza, ma non notarono nulla di fuori posto.
“Resta qui, vado a controllare le altre stanze.” Gli mormorò Sherlock, senza dargli il tempo di ribattere.
“Sherlock…” Provò in ogni caso.
“Controlla il bagno, John.” Fu la sua risposta sussurrata.
Si lasciò andare ad un sospiro rassegnato, ma si decise ad aprire ulteriormente la porta e a lanciare un’occhiata sommaria alla stanza.
Era un semplicissimo bagno con il lavandino di fronte alla porta, i sanitari sulla destra e una vasca sul lato sinistro.
Fu l’acqua ai piedi della vasca ad incuriosirlo.
Si avvicinò, attento a non calpestare le zone umide del pavimento, e lasciò che i suoi occhi percorressero la superficie in ceramica bianca.
“Oh, Dio…” Mormorò, gli occhi sgranati tra la sorpresa e l’orrore.
“Sherlock!” Gridò poi, girandosi verso la porta.
In pochi attimi il detective si materializzò al suo fianco, annotando il corpo sommerso nella vasca.
“Lance Mankell.”
“Cosa? No, l’uomo che è venuto in ambulatorio non era così!” Controbatté, osservando nuovamente il volto del corpo.
“Quello non era Mankell. Era il nostro serial killer.” Gli disse, lanciandogli un portafogli tra le mani.
Quando lo aprì, trovò ad aspettarlo la carta d’identità di Lance Mankell con la foto dell’uomo che giaceva sul fondo della vasca.
Quando riportò gli occhi sul detective lo trovò intento ad osservare da vicino il corpo, senza però toccarlo.
“A quanto pare si sente abbastanza sicuro da lanciarmi un sfida diretta. L’hai visto bene in volto, John?” Gli chiese, mentre esaminava con la sua piccola lente d’ingrandimento il bordo della vasca.
 “Io… Si. Si, l’ho visto bene.”
Per qualche attimo rimase in silenziosa riflessione, poi, riscuotendosi, estrasse il cellulare dalla tasca del pantalone.
“Greg, sono John.” Disse subito, appena l’ispettore alzò la cornetta.
“Non ti ho detto di chiamare Lestrade.” Lamentò il detective, ancora immerso nell’osservazione minuziosa dell’ambiente.
“C’è un uomo morto dentro quella vasca da bagno! Cosa credi che dovrei fare, andare a preparare il tea?”
Grugnì risentito per l’occhiata che gli lanciò Sherlock e si concentrò nello spiegare sommariamente la situazione a Lestrade.
“Arriveranno tra una ventina di minuti.” Informò, mentre estraeva dal taschino della camicia un piccolo taccuino ed una penna.
Iniziò a scrivere tutto quello che ricordava dell’uomo che aveva visto all’ambulatorio.
“Un metro e settantacinque circa; occhi marroni; capelli castani; setto nasale parzialmente deviato per trauma violento; cicatrice sotto la scapola sinistra.” Lesse il detective da sopra la sua spalla.
“È tutto quello che mi ricordo.”
“Occhi e capelli possono essere facilmente camuffati. Anche la cicatrice sulla schiena è inutile, la nudità non è contemplata nella società odierna.”
Il commento puntiglioso del detective stuzzicò i suoi nervi, ma riuscì a trattenersi dal controbattere.
Quando finalmente arrivò l’ispettore con i suoi uomini, Sherlock era intento a perlustrare gli effetti personali della vittima.
“Sherlock! Da quanto tempo sei qui ad inquinare le prove?!”
“Tre quarti d’ora, più o meno.”
La risposta sardonica del detective lo fece sospirare, esasperato.
“Non abbiamo toccato il corpo, né qualunque altra cosa in bagno. I tuoi uomini possono fare il loro lavoro senza preoccuparsi di nulla. Passerò domattina per rilasciare la mia dichiarazione.”
Detto ciò oltrepassò il detective e Lestrade, ignorando le loro espressioni sorprese.
Era troppo stanco per riuscire a sopportare l’ennesimo battibecco tra i due e la conseguente discussione che ne sarebbe nata tra lui e Sherlock.
Appena mise piede fuori fu investito da una ventata di pioggia fredda, che gli provocò un brivido lungo la schiena.
E la giacca era rimasta al 221B, ovviamente…
S’incamminò per la strada, senza aspettare di vedere se il detective lo stesse seguendo o meno.
“John.” Lo richiamò Sherlock alle sue spalle, ma lo ignorò caparbiamente.
Era stanco, affamato ed infreddolito, tutto quello che voleva era tornare a casa.
“Perché non hai la tua giacca?”
Una risata priva d’umorismo gli vibrò nel petto.
“Perché ho dovuto rincorrere qualcuno di mia conoscenza all’improvviso, ecco perché.”
“Sei indisponente.” Lo accusò il detective, spostando lo sguardo affilato lungo il suo volto.
Io sarei l’indisponente?” Disse, fermandosi in mezzo al marciapiede per fronteggiare l’altro.
“Sono tre giorni che t’inseguo per mezza città. Non mi hai quasi dato tempo di mangiare o riposare per più di cinque minuti. E quel tuo atteggiamento di prima? Quello era indisponente.”
Rimase ad osservare il volto del detective fino a quando un tuono non lo riscosse.
S’incamminò nuovamente lungo il marciapiede, stringendosi le braccia al petto nel tentativo di conservare un po’ di calore.
“John...”
Il tono del detective lo incuriosì, ma continuò caparbiamente lungo il suo tragitto.
Quando una mano si chiuse sul suo braccio, costringendolo a voltarsi, provò a protestare, ma la voce gli morì in gola.
Sherlock lo stava osservando con un’intensità tale da farlo sentire a disagio.
Seguì silenzioso i gesti dell’altro, notando come le lunghe dita sciogliessero con scioltezza acquisita il nodo della sciarpa.
“Scusa.” Mormorò mentre gli legava al collo la sua sciarpa,il tono così leggero da risultare difficile credere che appartenesse all’uomo davanti a lui.
Rimase per qualche istante a scrutare il volto stranamente ammorbidito del detective, mentre il profumo leggero della sciarpa gli rendeva leggera la testa.
“Andiamo a casa.” Disse semplicemente, incamminandosi per l’ennesima volta verso Baker Street.
Questa volta aspettò che il detective camminasse al suo fianco.

 
Spero sempre di pubblicare in tempi brevi, ma inizio a rendermi conto che lavorare, avere una parvenza di vita sociale e mantenere una casa decente tolgono molto tempo alla scrittura...
Problemi a parte, spero che le lunghe attese non vi scoraggino nella lettura di questa storia.
Ci tengo veramente molto e spero di non deludervi mai con i miei capitoli.
Una bacio a tutti =)
xoxo 
   
 
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