Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Elisa Ristori    03/11/2015    0 recensioni
E possa la fortuna essere sempre a vostro favore!
Nascere a Panem non è una fortuna. Lo sa bene Diana Castro 16 anni, Distretto 11. Chi nasce a Panem si trova a dover fare i conti con la fame, la povertà, i lavoro duro e le angherie dei Pacificatori. Ma la peggiore di tutte le sfortune per gli abitanti dei Distretti sono gli Hunger Games, i giochi della fame, un reality all'ultimo sangue. Compiuti i 12 anni la sua vita è stata condannata, la morte che alita sul collo come se fosse una vecchia amica. E prima o poi la vita torna a chiedere il conto e lo fa nel peggiore dei modi.
Tributo nella 75* edizione dei Giochi, Diana si trova a far i conti con la morte per la prima volta nella sua giovane vita, ma determinata e coraggiosa ce la metterà tutta pur di non soccombere e sopravvivere. Al suo fianco James, compagno di sventura, e due mentori speciali: Peeta Mellark e Katniss Everdeen.
Riusciranno ad uscire illesi dall'Arena mortale? O Panem l'avrà vinta ancora una volta? Beh non vi resta che leggerlo e scoprirlo da voi.
P.s Riposto con qualche modifica.
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cinna, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sobbalzo di nuovo alle parole di Glenda, ma questa volta ho sentito bene ed è la paura che si è impossessata di me, che mi sconquassa le membra facendomi tremare: ha detto il mio nome, i miei peggiori incubi si sono materializzati davanti ai miei occhi diventando la mia realtà. Ho tutti gli occhi puntati addosso e il silenzio intorno a me è assordante tanto che posso sentire incessanti i battiti del mio cuore: << Diana Castro dove sei cara? Oh…eccoti vieni, sali qui sul palco in modo che tutti possano vederti!>> mi invita con quella vocetta squillante e fastidiosa, allungando le mani ossute e smaltate verso di me e facendomi cenno di salire. Deglutisco rumorosamente, sento alcune mani sfiorarmi la spalla quasi in segno di compassione, i miei piedi si muovono da soli, avanzo tra la folla che ha aperto un varco per farmi passare, altre mani si allungano e mi sfiorano, occhi tristi mi osservano in quel lungo percorso fino alle scalette del palco, le salgo una alla volta tenendo sempre lo sguardo fisso davanti a me senza guardare la folla silenziosa che osserva il mio cammino verso la mia triste sorte. E poi le sento in quel silenzio assordante, le sento quelle urla disperate che mi bloccano sulle scale e mi raggelano l’anima, le urla di mia madre, urla di dolore: << No Diana nooo! La mia Diana nooooo!>> E devo ricorrere a tutto il coraggio del mondo per impedirmi di voltarmi e correre verso di lei ed anche al terrore che mi incutono i Pacificatori con il fucile imbracciato che, con poca delicatezza, mi spingono su per le scale costringendomi a salire. Quando nella piazza torna il silenzio capisco che deve esser stato mio padre a farla tacere prima che fosse troppo tardi per loro e per me anche se ormai il mio destino è segnato. Quando arrivo sul palco Glenda mi viene incontro e mi prende dalla spalle spingendomi accanto a lei, guidandomi quasi fossi una bambina mi posiziona in modo che tutti possano vedermi e con quella sua voce trillante di entusiasmo che ti verrebbe voglia di puntargli contro tu stessa uno di quei fucili bianchi, si rivolge alla folla: <> dice per pochi ticchettare verso la boccia posta questa volta all’estrema sinistra, con lo stesso rituale immerge la mano all’interno dei foglietti e ne pesca uno tornando al centro del palco e posizionandosi di fronte al microfono e srotolando il foglietto: << Il giovane uomo che rappresenterà il distretto 11 agli Hunger Games è James Reed!>>Appena sento il suo nome alzo lo sguardo e lo sposto sulla folla pronta a vedere chi sarà il mio compagno di sventura, alleato o potenziale assassino che sia, vedo dalla parte dei ragazzi la folla aprirsi e un ragazzo che dimostra la mia età sennò pochi in più, con lo sguardo smarrito e pieno di terrore si fa largo avanzando verso il palco scortato dallo stesso piccolo plotone di Pacificatori che ha scortato me. Lo seguo con gli occhi, cerco nel suo viso qualcosa di familiare, mi pare di averlo visto venire in bottega qualche volta in quei rari pomeriggi in cui scendevo ad aiutare i miei genitori. Mentre lo osservo salire e mettersi dall’altra parte di fronte all’intera piazza mi fa pensare che sarà solo uno dei 23 da cui dovrò guardarmi se voglio uscire da li dentro salva o almeno se voglio provarci.

 

Bum…bum…bum. Sento solo i battiti del mio cuore che rimbombano nel mio petto, batteva cosi forte che sembrava quasi stesse per esplodere e avevo seriamente paura che lo facesse, che mi esplodesse in petto e mi lasciasse senza forza li inerme sul palco. E forse sarebbe stato meglio, cosi all’improvviso e non avrebbe fatto differenza anche se questo significava condannare qualcun altro alla mia stessa fine. Di fortuna io non ne avevo davvero mai avuto, ma questo era anche troppo, sembrava accanimento puro. Eppure era inevitabile e lo sapevo benissimo, l'avevo scampata per 4 anni ed era stato un vero e proprio miracolo che non poteva durare a lungo. E infatti era venuto a chiedere il tornaconto nel modo più brutale che ci fosse. In piedi sul palco osservo la folla del mio distretto ora che ha i suoi due tributi, osservo le espressioni sollevate di alcuni, c’è chi riesce a nasconderle anche malamente, c’è chi invece proprio non ce la fa e gli si legge in volto e negli occhi, ma come biasimarli lo sarei stata anche io sollevata se fossi stata al loro posto, salvandomi da una disgrazia simile. E poi commetto l’errore di puntare lo sguardo sulla folla degli adulti, incontrando quello dei miei genitori, mia madre stretta a mio padre, la disperazione nei loro volti, la consapevolezza che non ci rivedremo mai più, che quello per noi sarà l'ultimo abbraccio e in quel momento credo di rendermi definitivamente conto di quello che è successo, ma soprattutto del fatto che quella è davvero l’ultima volta che li vedrò. Ad un certo punto mi sento toccare la spalla e sobbalzo colto alla sprovvista, voltandomi di scatto, per accorgermi che era solo Glenda che mi spinge delicatamente al centro del palco davanti a tutti. Benissimo già comincio a stare all'erta e a vedere nemici ovunque e ancora non sono entrata nell'Arena. Non durerò un minuto di più li dentro sento già la morte alitarmi sul collo, ma non ho alcuna intenzione di dargliela vinta, non diventerò una loro pedina, non starò al loro sporco gioco. La donna a quel punto ci esorta a stringerci la mano in segno di reciproca solidarietà, dopo averci presentati quali tributi di quest’anno “come se questo potesse risparmiarci dal doverci massacrare a vicenda” mi viene da pensare. Ma poi se ci rifletto penso anche quel ragazzo potrebbe diventare il mio alleato, infondo anche agli scorsi giochi i due ragazzi dello stesso distretto erano alleati e poi hanno vinto insieme. Osservo il ragazzo e vedo che anche lui mi guarda in maniera strana, scrutandomi attentamente,forse sta pensando le mie stesse cose, allora allungo meccanicamente la mano verso di lui che fa la stessa cosa gliela stringo giusto qualche secondo per poi toglierla via, probabilmente ho stretto la mano al mio assassino o al mio alleato. << Bene…benissimo…ecco i due tributi del distretto 11, questi due ragazzi porteranno gloria e splendore al vostro….distretto! Felici Hunger Games e…possa la fortuna sempre essere a vostro favore!>> ci presenta Glenda alla piazza della città con eccessivo entusiasmo, come se fossimo degli eroi e non due poveri ragazzi che stanno per andare a morire, come se questo dovesse essere motivo di lustro per il Distretto e non gli ennesimi due giovani innocenti morti. Nella piazza regna un silenzio di tomba nessuno applaude e nessun osa fiatare non c’è motivo per tutto questo, tutti sanno che questa è una disgrazia infinita a cui purtroppo non possiamo sottrarci o ribellarci. Detto ciò fa segno a noi due di seguirla all’interno del palazzo le immense porta sono spalancate alle nostre spalle, muovo qualche passo anche se incerto prima di entrare volgo di nuovo lo sguardo alla folla cercando gli occhi dei miei genitori che però ormai sono spariti. Già il rito del saluto, l’avevo quasi dimenticato, tra un po’ potrò vederli e abbracciarli anche se per pochi minuti appena. Un Pacificatore mi spinge dentro senza troppa delicatezza e chiude il pesante portone alle mie spalle, gli lancio un occhiataccia cavolo potrebbe essere la mia ultima volta a casa mia potrò avere il tempo di salutare la gente del mio distretto. Senza troppe cerimonie mi obbliga ad entrare in una delle stanzette del palazzo di giustizia chiudendo la porta con un sonoro tonfo alle mie spalle. Una volta rimasta sola il momento di shock iniziale passa e la realtà mi travolge di colpo, mi rendo conto di quello che è veramente successo: la Mietitura è appena terminata, il mio nome è uscito da quella boccia e sono un tributo del Distretto 11. Un altro scatto della porta mi fa sobbalzare spaventata, mi volto di scatto e vedo i miei genitori sulla soglia scortati da un Pacificatore: << Avete 3 minuti di tempo!>> dice in modo brusco chiudendo la porta alle spalle. Vedo i loro occhi lucidi, mia madre con l’aria distrutta e non posso permettere che l’ultimo ricordo loro sia questo, voglio che siano forti e che sappiano quanto gli ho voluto bene. Corro incontro e mi perdo nel loro abbraccio, entrambi mi stringono forte e rimaniamo qualche secondo in silenzio, concedendoci quest’ultimo momento solo per noi, mi abbandono alla loro stretta cercando di cacciare indietro quell’enorme groppo che ho in gola, non voglio che mi vedano piangere questa volta devo essere io forte per far forza a loro. <> mi dice mio padre guardandomi dritto negli occhi, io annuisco e cerco di lasciarmi persuadere dalle sue parole come faccio sempre, mio papà riesce ad infondermi coraggio, lui crede in me e non posso deluderlo. <> gli dico a bassa voce sulle ultime frase volutamente cosi che mi senta solo lui. Mia madre non è forte come noi e lo dimostra la reazione che ha avuto quando ha sentito il mio nome uscire da quella boccia, questa cosa la distruggerà, non vedermi più tornare a casa anche se ho promesso di farlo. Io e papà ci scambiamo uno sguardo complice e poi abbraccio anche lei forte, la mia mamma, mi mancheranno moltissimo i suoi abbracci, i suoi consigli, fino ad ora è sempre stata la mia unica migliore amica. Loro sono il mio tutto e pensare di non rivederli mai più mi fa salire le lacrime agli occhi. Ti odio Capital City, odio te e i tuoi maledetti Hunger Games. << Didi promettimi che tornerai, promettimelo amore….io senza di te non ce la faccio!>> le parole di mia madre con la voce rotta dal pianto sono un pugno nello stomaco e sento che sto davvero per cedere. Lo sa anche lei che li dentro non ho neanche una possibilità io non sono come loro, i Favoriti macchine da guerra addestrati per ammazzare, è vero so usare l’arco grazie a mio padre, ma io uccido animali per non morire di fame, non persone. E poi parliamoci chiaro: una ragazzina proveniente dall’11 di una magrezza spaventosa, che a stento riesce a tenere in piedi la famiglia, non ha nessuna possibilità dentro un’arena piena della peggior specie di bestie umane e non. << Te lo prometto mamma….te lo prometto…tornerò da voi! Non piangere ti prego….ti voglio bene mamma…ti voglio bene!>> le dico io cercando di assumere un tono convincente anche se all’ultimo mi si incrina leggermente la voce. No Diana non puoi piangere non adesso. In quel momento si apre la porta ed è lo stesso Pacificatore di prima che senza troppi preamboli dice che il tempo è finito, un ultimo abbraccio con i miei ma me li strappa letteralmente dalle braccia e nulla servono le urla disperate di mia madre, mentre io per lo sconcerto e la paura resto paralizzata con una mano tesa in avanti come a cercare di tenerli con me. La porta si richiude con un tonfo sonoro lasciandomi li inerme, senza sapere cosa fare o cosa dire, in quella stanza spoglia e deserta che sembra riflettere lo stato del mio cuore: è cosi che mi sento, completamente svuotata come se ogni emozione, sentimento mi fosse stato portato via. Non provo niente, non sento dolore, non sento rabbia nulla, sono come intrappolata in una sorta di limbo che mi tiene lontana da tutto. Ora non mi resta che aspettare, aspettare li che qualcuno guidi le redini del mio destino…

 

SPAZIO AUTRICE: Salvee :) allora ringrazio in primis tutti quelli che hanno letto la mia storia, con la speranza che sia piaciuta e vi abbia interessato. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi fa sempre piacere sia ricevere commenti che critiche, perchè aiutano tanto a migliorare. Mi scuso per l'enorme distanza di tempo con cui posto i capitoli, ma ho una connessione che fa abbastanza schifo quindi devo "sottostare" a quando decide lei di funzionare xD Questi primi capitoli sono un pò di passaggio o meglio introduttivi, dal prossimo vi prometto che saranno più interessanti e ci saranno succose sorprese :) Be non mi resta altro che salutarvi e lasciarvi alla lettura della mia storia.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Elisa Ristori