Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Florence    24/02/2009    8 recensioni
"Io, Carlisle Cullen, non avevo mai capito cosa significasse davvero cogliere un frutto proibito. Non fino a quando l'avevo incontrata di nuovo, dieci anni dopo e la dolcezza di quella mela mi aveva rapito. Quello che mi accadrà, sarà solo colpa mia, colpa dell'uomo che è sopravvissuto dentro al vampiro e di lei che, inaspettatamente, ha scaldato il mio cuore spezzato. Edward... perdonami..." E se a Volterra i Volturi si fossero comportati diversamente? Cosa è accaduto in dieci anni a Isabella Swan? E quale ruolo ha Carlisle in tutto questo? (What if... che prende l'avvio dalla fine di "New Moon" di S. Meyer)
Genere: Malinconico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Proibito' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Proibito-16

PROIBITO

 

Eccoci qua... questo capitolo sarà diviso in 3 parti, a loro volta suddivise in più parti, a seconda di chi parla.

Si va un po' più sul serio, tra i due... non voglio dirvi altro... leggete e... fatevi un'idea...

Circa gli altri vampiri sparsi nel mondo... abbiate fede e vedrete che presto si tornerà a parlare anche di loro.

Nel frattempo, beccatevi sti due dottorini che... giocano a fare i dottorini! ^__^

Ed ora... buona lettura! ^__^


 

16 – Je t’aime, moi non plus (part 1/3) - Carl & Bella [i]

 

***

Je t’aime - Carl

***

 

Bella… l’avevo trovata! Finalmente!

Finalmente…

Avrei voluto prenderla tra le mie braccia e correre via con lei, lontano dal caos di quel pub, lontano dalle nostre vite costruite a tavolino a Parigi, lontano da Forks, dai Volturi e dai ricordi. Lontano da Edward e da Esme.

Dovevo toccarla, assicurarmi che fosse realmente davanti a me. Provai a farle una carezza, ma mi allontanò da sé.

Non importa, non importa Bella se non mi vuoi. Basta che tu stia bene, che sia viva…

Si strinse a me e mi cinse il collo con i suoi polsi sottili; avvicinò il suo volto al mio ed io…

Un istante solo e il contatto era scomparso.

 

 

L’afferrai prima che potesse farsi male e la presi tra le mie braccia, come avevo fatto quella mattina, per portarla a lavoro, e tanti anni prima, quando James l’aveva morsa e la sua gamba era ferita.

La strinsi forte a me e corsi via. L’avrei portata a casa mia e non avrei permesso che le accadesse più niente.

 

 

 

Vomitò senza neanche rendersene conto, poi si accasciò tremante a me e la trasportai sul letto, mai usato.

Nelle tasche aveva ancora quasi tutti i farmaci che Bernard mi aveva detto che mancavano dal reparto. Fortunatamente non aveva preso tanta roba.

Lo chiamai quando si fu addormentata e lo pregai di tenere per noi la storia del furto. Sembrò onorato di coprire la ‘sua’ dottoressa e di avere qualcosa di segreto da condividere con lei.

 

Mi sedetti sul letto, accanto a lei, e la guardai dormire per ore.

Sembrava un angelo con un’ala spezzata. Giocherellai con i suoi capelli sparsi sul cuscino, drogandomi del suo odore. La vidi rigirarsi, agitata, sicuramente in preda agli incubi da cui cercava di fuggire, poi si calmò e iniziò a parlare nel sonno.

Mi tornarono alla mente le parole di Edward, che diceva che non c’era niente di più bello che osservarla mentre dormiva, perché solo allora apriva il suo cuore ed era davvero sincera, senza le paure che la attanagliavano ogni giorno.

Ascoltai frammenti di frasi senza senso, ma quello che ritornava, periodicamente, erano i nomi di persone che erano state importanti nella sua vita.

Chiamò suo padre, Jacob, mormorò altri nomi e infine evocò i fantasmi del suo passato che animavano i suoi incubi e che al risveglio non riusciva mai ad afferrare.

Sussurrò il nome di Alice e quello di Edward, come in una litania, a lungo, con voce tremante, stringendo convulsamente il lenzuolo.

 

Le presi una mano facendole allentare la stretta sul lenzuolo e la portai alla mia bocca. La baciai delicatamente e desiderai di morire in quell’istante, su quel letto, vicino a lei, perché non avrei resistito al peso di mentire ancora, né a quello che la verità comportava.

Ripresi a giocare con i suoi capelli, carezzandola piano, per non svegliarla.

 

Mi presi cura di lei, come se fosse un pulcino caduto dal nido, un oggetto di fragile cristallo che poteva rompersi tra le mie mani e mi parve la prima vera cosa buona che avessi fatto nella mia vita. Ma anche la più dolorosa.

Ma io volevo di più…

Non mi ero mai soffermato a guardarla così a lungo, indugiando sul suo corpo come stavo facendo allora: le sue curve sinuose, ammorbidite dagli anni che avevano fatto sbocciare la sua giovanile bellezza, si mostravano a me celate dalle coperte che la proteggevano. La linea dei fianchi si piegava sulla vita sottile, sull’addome delicatamente tornito e poi più su, sui seni sodi, costretti nel reggiseno che indossava dalla mattina precedente. La camicia sbottonata sul collo, scopriva la pelle chiarissima e liscia; l’ombra della clavicola terminava in corrispondenza di un piccolo neo, proprio al centro del suo petto.

Sfiorai con la mano tremante la linea del mento: un tocco impercettibile a lei, ma infuocato per i miei sensi confusi e riportati in vita dopo troppo tempo.

Lasciai le mie dita scendere verso il suo collo e poi più giù, seguendo la linea morbida del suo profilo, cercando un impalpabile contatto sotto le coperte, al caldo. Disegnavo il suo corpo rapito anch’io dal tormento e dall’estasi che aveva animato la mano che dipinse Dio[1]; il suo calore fluiva nelle mie vene, come sangue fresco, come la vita che non possedevo più e che non ricordavo di aver vissuto.

Era come se, lentamente, stessi tornando vivo, stessi morendo nella mia natura di mostro e stessi rinascendo grazie a quel contatto, destinato ad un’esistenza che avesse come unico scopo quello di starle accanto.

Mi sentivo avvampare dal desiderio, inebriato dal suo profumo così familiare e nuovo, che ogni volta riscoprivo e sentivo vibrare delle note di un fiore differente, uno per ogni giorno che le stavo accanto. Uno per ogni pensiero che mi riempiva la mente di lei.

Avrei voluto aprire la mano, posarla sulla sua coscia, dove era arrivato il mio tocco sottile, rubare tutto il calore e farla scorrere con più forza sulla sua pelle, tirandola verso di me.

Bella si mosse, voltandosi e mettendosi supina, tirò fuori un braccio dalle coperte, forse le faceva caldo. Dormiva profondamente e sembrava tranquilla.

Non dovresti essere tranquilla, Bella. Non quando il pericolo è così vicino a te e ti vuole... non quando la pietà è stata sommersa dal desiderio che brucia nel mio corpo.

Era impossibile resisterle...

La mia mano tornò su di lei, sempre leggera, ma più fremente per quello che stava lottando dentro di me.

Percorsi verso l’alto la sua gamba, fino al bacino, dove l’osso dell’anca creava un delicato pendio. Sotto la stoffa sentii il bordo dell’intimo che indossava e per un istante pensai di poter morire ancora, là, accanto a lei, perché sopportare quel fuoco, fermare la mia mano, era così difficile...

Respirai riempiendomi i polmoni del suo odore e la testa di mille farfalle variopinte e rumorose, che mi facevano ronzare le orecchie e appannare la vista.

Scivolai con il mio tocco sul ventre morbido e caldo, rubandole quel tepore che non potevo avere.

Il suo petto, scoperto per metà dalla coperta scivolata via, si alzava e si abbassava ritmicamente, lento, ipnotizzante. Sentivo la sua pelle bruciare via via che risalivo sfiorandola.

Ero curvo su di lei, disteso su un fianco, la testa appoggiata alla mia mano. L’altra che esplorava leggera come brezza posti che avrebbero reso il paradiso un luogo secco e inospitale. Sentivo il suo respiro caldo sul mio viso e trattenevo il mio per non raffreddarla. Quelle labbra morbide, quel collo pulsante e caldo... Mi avvicinai ancora: potevo quasi sfiorare le sue labbra con le mie e appagare almeno in parte quella sofferenza che mi dilaniava il cuore.

Inspirai il suo profumo e mi sentii morire.

Volevo baciarla, dovevo farlo!

Aprii la mia mano sulla sua pancia, all’altezza dello stomaco e la posai su di lei, delicatamente, come in un abbraccio.

L’avrei stretta forte a me e non l’avrei mai più lasciata da sola in balia dei suoi fantasmi, delle sue paure, dei rischi che ogni giorno incrociavano la sua strada e la ferivano, come rami acuminati di un viale alberato senza fine.

Deglutii, perché la tensione mi rodeva l’anima, mentre il mio corpo chiedeva solo di prenderla.

La strinsi appena: volevo sentirla mia mentre rubavo un bacio dalla sua bocca arrossata.

Ancora più vicino...

Bella si allontanò da me, appena, muovendo la testa, riprendendo a sognare.

Mormorò di nuovo alcune parole. Poi, per ultimo, disse il mio nome, quello vero, Carlisle e bisbigliò qualcosa che neanche il mio udito riuscì a comprendere.

 

Staccai la mia mano da lei e mi alzai piano dal letto, allontanandomi da quella stanza, da quell’odore denso che ottenebrava i miei sensi.

 

Andai in salotto e aprii le porte finestre, uscii sul terrazzo e inspirai profonde boccate di aria gelida ed umida, fino a che non mi fui ricomposto.

 

Poi rientrai in camera, piano, più calmo, e mi sedetti sulla poltrona accanto a lei, prendendole la mano. Reclinai la testa sullo schienale e mi illusi di dormire.

 

 

***

Moi non plus - Bella

***

 

Quandi aprii gli occhi, mi trovai in una stanza ariosa che mi sembrava di conoscere, ma nella quale non ero mai entrata, prima di allora. Dalle finestre, attraverso i rami degli alberi vicini, filtrava la luce della luna ed era sufficiente per illuminare i contorni delle cose che mi circondavano nel silenzio rotto solo dalle gocce di pioggia che cadevano dalle foglie, dove si erano depositate. Le nuvole si erano un po’ diradate e il vento sembrava essersi acquietato, come dopo una tempesta.

Mi mossi e una fitta lancinante mi strinse il cervello in una morsa, facendomi emettere un debole gemito di dolore. Inspirai lentamente e riprovai a sollevarmi: qualcosa di freddo e liscio bloccava la mia mano. Abbassai lo sguardo e vidi la mano di Carl, addormentato sulla poltrona accanto a me, che stringeva delicatamente la mia. Rimasi immobile, non sapevo cosa fare.

Capii subito che quella doveva essere la sua casa, la sua camera.

Il suo letto.

Lui stava immobile, vicino a me, esausto. Indossava ancora le scarpe e i pantaloni del completo, ma aveva la camicia sbottonata quasi per metà e le maniche arrotolate. Un ciuffo biondo era scivolato sulla sua fronte, fino agli occhi chiusi. La luce della luna lo illuminava tingendo di riflessi d’argento la sua pelle bianca, evidenziando con chiaroscuri ed ombre il suo volto rilassato, le labbra socchiuse, la linea del collo e poi più in basso, il petto scolpito che intravedevo tra i lembi della camicia.

Era meraviglioso, al punto da togliere il fiato.

Il mio invece, si fece affannato per la combinazione di dolore fisico e dolore morale, che vedere un uomo come lui distrutto a causa mia, mi procurava. Mi sentivo girare la testa, ma non avrei saputo dire perché.

Forse non stavo bene.

Sfilai piano la mia mano dalla sua e mi mossi, cercando di non fare rumore. Non volevo che si svegliasse, non dovevo sciupare quell’opera d’arte esposta solo per me.

Mi misi a sedere sul letto, silenziosamente, e mi portai una mano alla tempia che pulsava furiosamente.

Accidenti alle mie manie autolesioniste e alla debolezza che avevo dimostrato! Ripensai alla cazzata che stavo per fare la sera prima... se non ci fosse stato lui... me lo ricordavo appena, a metà tra il sogno e il ricordo, che era arrivato e mi aveva portato via, prendendomi tra le braccia forti e sicure.

Ripercorsi sprazzi di ricordi, la sua voce affannata, le sue mani, di nuovo, che mi sostenevano, mi costringevano a tenere gli occhi aperti, per non svenire, la sua voce che mi chiamava preoccupata.

Mi sentivo sporca sia dentro che fuori. Avrei voluto fare una doccia, ma forse non era il caso di approfittare della sua ospitalità e fare di testa mia, mentre lui dormiva... ma non volevo neanche svegliarlo... era così maledettamente bello.

Era Apollo... Apollo addormentato sul suo carretto dorato...

Allungai una mano verso il suo volto, mi fermai di scatto poco prima di toccarlo, quando il suo respiro fresco sfiorò la mia pelle: un brivido mi percorse mordendomi allo stomaco e scendendo giù, verso le gambe, mozzandomi il respiro, mentre il cuore nel petto galoppava furioso.

Deglutii e ricacciai un gemito che stava per sfuggirmi, ferita da quanto faceva male guardarlo indifeso davanti a me.

Solo poche ore prima mi sarei buttata sotto ad un treno del metrò e in quel momento ringraziavo Dio per esser viva e poter essere l’unica ad assistere alla infinita meraviglia di quello spettacolo.

Inspirai e allungai ancora la mano, fino alla ciocca di capelli sulla sua fronte, la scostai delicatamente, senza che se accorgesse.

Il mio corpo era percorso da brividi.

Scivolai col mio peso dal letto al bracciolo della poltrona dove stava lui, come un gatto. Per una volta il mio equilibrio non mi aveva tradita... forse perché stavo facendo la cosa giusta...?

Non seppi rispondermi, e non resistetti all’attrazione che mi spingeva sempre più vicina a lui.

La sua camicia blu sbottonata, scopriva cose che non dovevo vedere, che mi aggrovigliavano i pensieri e bloccavano il mio cuore e i miei respiri.

La mia mano si avvicinò lenta al suo cuore e vi si posò, un altro brivido mi percorse e mi stordì. Carl era gelido... si sarebbe preso un malanno a causa mia.

Chi ero io per meritarmelo?

Indugiai un istante e feci scorrere le dita sulla sua pelle liscia e compatta: non poteva essere vero. Stavo ammirando una statua di marmo di Carrara, non un uomo, ma la rappresentazione stessa della bellezza più pura e travolgente.

Se si fosse svegliato...? Rabbrividii al pensiero dell’imbarazzo che avrei dovuto soffrire, ma non fermai il mio tocco leggero e lasciai che le mie dita percorressero il suo collo scolpito fino al suo viso.

Non poteva essere vero... Sfiorai piano le sue labbra, sentendo il desiderio crescere dentro di me e attrarmi a lui... le mossi lentamente sul suo volto, le chiusi in una carezza e mi avvicinai ancora di più, fino a sentire il suo respiro fondersi col mio.

Ero come una falena attratta dalla fiamma di una candela e non desideravo altro che bruciare per lui.

 

Improvvisamente un violento pizzicore mi colpì alla base della gola e non riuscii a trattenere un rumoroso starnuto. Riuscii a voltare la testa prima di starnutire addosso a Carl: lui si mosse ed inspirò più forte, svegliandosi.

Con il cuore in gola, mi alzai di scatto dal bracciolo della poltrona, ma una fitta di dolore alla caviglia destra mi mozzò il respiro, strappandomi un lamento e annientando il mio equilibrio.

Due braccia salde mi impedirono di cadere: Carl mi aveva afferrata ancora una volta, prima che cadessi.

Quella statua meravigliosa, le sue braccia forti e rilassate che fino ad un istante prima pendevano molli accanto a me, mi tenevano stretta... non poteva essere vero... io ero morta e quello era il paradiso... ecco qual era la realtà.

Ma io non meritavo tutta quella grazia... sentii le lacrime prepotenti bagnare i miei occhi, perché era troppo, tutto quel darsi da fare per me, l’ultima arrivata, una donna che era stata abbandonata, che meritava solo di soffrire.

Strinsi i denti e lasciai che Carl, sostenendomi, mi facesse voltare verso di sé. Mi teneva stretta, come se mi stesse abbracciando. Troppo vicina a lui. Ad ogni respiro affannato il mio seno si alzava e si abbassava, strusciando sul suo petto scoperto. Sentivo che stavo per svenire.

Alzai lo sguardo verso di lui e vidi i suoi occhi che mi guardavano come se mi volesse mangiare. Occhi neri come il fondo di un pozzo senza fine.

Avrei potuto morire e sarei stata felice per quel contatto.

Chiusi i miei e mi abbandonai alla sua volontà, reclinando la testa all’indietro.

 



[1] “Il tormento e l’estasi”, film di Carol Reed, del 1965. Narra la storia di Michelangelo quando dipinse la Cappella Sistina.



[i] “Je t’aime, moi non plus”, di Serge Gainsbourg

Il titolo "Je t'aime, moi non plus" é un gioco di parole che nella cover in italiano é stato
ripreso in modo errato con "Ti amo, io di più". In un intervista Serge ha rivelato che
l'origine del pezzo è da ricercare in una nota battuta di Picasso e nel fatto
che si sentiva troppo timido per rispondere "anch'io" ad un "ti amo". (da http://www.dartagnan.ch) Lascio a voi capire il perché di questo titolo, in questo capitolo…

***

 ... to be continued...

 

***

Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.

***

Twilight, New Moon, Bella Swan, i Cullen, i Volturi, Stefan e Vlad, il Clan di Denali, il Wolf Pack dei Quileute sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.

La storia narrata di 'Proibito', le circostanze e quanto non appartiene a Stephenie Meyer è di invenzione dell'autrice della storia che è consapevole e concorde a che la fanfic venga pubblicata su questo sito. Prima di scaricare i files che la compongono, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli altrove, né la modifica integrale o di parti di essi, specialmente senza permesso! Ogni violazione sarà segnalata al sito che ospita il plagio e verrà fatta rimuovere.
© 'Proibito' Tutti i diritti riservati.
 

 

******************************************************************************************************************************************

 Ecco la parte delle risposte alle persone così dolci e gentili che hanno speso un minuto per commentare la mia storia: Grazie a tutte ed in particolare a:

meredhit89: Questo è l'inizio di quel che succede alla nostra povera disgraziata... il capitolo è in 3 parti e dopo si cambia un po' aria, ok? Spero, per ora, di averti accontentata! Grazie e a presto!!!
dreaming_eclipse: Ciao nuova lettrice! Che bello che bello!!! ^__^ Grazie per le tue parole...mi fa piacere se ti ho un pochino emozionata! Ehhh Bella con lo spinello... una caduta di stile della dottoressa, lo so... ma quanto è dolce naufragare nell'oblio che cancella il male...! Qualunque cosa, pur di non pensare, di non riflettere su quel che poteva essere e non è stato... Povera Bella!
Helen Cullen: Beh in questo caso non è una dipendenza,.. non credo che sia mai stata una dipendenza, ma una chiurgica ricerca di farsi del male che Bella ha messo in atto in passato, quando voleva scappare dalla sua vita e in questo frangente, quando di nuovo si sente impotente e vorrebbe solo sparire. Intanto, per ora, Carlisle è riuscito a riportare Bella a casa... che sia la retta via... ai posteri l'ardua sentenza! Edward lo rivedremo più avanti... per il momento... lascialo riposarsi a Volterra... so che ha comparto la Playstation e ogni sera sfida Felix ai videogames... Alice invece si è presa la Wii e zampetta allegra con  Jane ! @__@ (levate lo spinello alla scrittriceeee!!!)
Kia_do87: Carlisle non può non aiutare Bellina a riprendersi... sennò a che serve??? Ha fatto da Ambrogio avverto un leggero languorino per 10 anni e poi che fa, va agiocare a briscola al momento opportuno? No, è lì, pronto per lei... Ambrogio? Tu pensi proprio a tutto! ^__^ (sto spinello, lo levate o no??? 
Michelegiolo: Ciao Ari, grazie per la tua nuova recensione! Che piacere trovare nuovi adepti!!! Vuoi sapere se Edward e Bella si rincontreranno... che dire... svelo o no? Vabbè, dai, svelo... sia mai che qualcun altro si appassiona! Certo che si rincontreranno, ma dove, quando, come e per fare cosa... beh, quello aspetta e lo vedrai! Continua a seguirmi!
eka: Beh... ora, proprio MaLaTa, no, dai! Ti sto facendo impazzire, sì, ok... e ti terrò sulle spine per i prossimi 2 capitoli! D'altronde, sei a divertirti a Londra e io qua a lavorare... un pochino di sana perfidia, concedimela, eh! Grazie ancora per la recensione e a presto!!!

 Ed ora.... grazie anche ai miei nuovi 55 lettori che mi hanno messa tra i preferiti!!!

1 - acqua1879 2 - amimy 3 - bellemorte86 4 - chitary 5 - debblovers 6 - devo 7 - dreaming_eclipse 8 - eka 9 - enifpegasus 10 - Ether 11 - Fantasy_Mary88 12 - fedev82  13 - Felicity89 14 - Femke 15 - flavia93 16 - francef80 17 - gajta 18 - Gillyna 19 - Helen Cullen 20 - Honey Evans 21 - Kathys 22 - keli 23 - Kia_do87 24 - kikka_la cantante di edward 25 - kix 26 - Lady_Eowyn 27 - lilly3 28 - lupacchiotta_mannara 29 - malaussene 30 - maleka 31 - Malia85 32 - mavi5173 33 - meredhit89 35 - nene1964 36 - nerry 38 - NIKEHOPE90 39 - Nimune 40 - principessa leila 41 - Rain e Ren 42 - ranyare 43 - sarapastu 44 - Sea89 45 - Steffa 46 - strangeuniverse 47 - super vegetina 48 - Syberie 49 - Tom94 50 - twinings 51 - vale1484 52 - valemyni 53 - VivianaRossa 54 - Water Lily 55 - Wind 

 

 



Ciao a tutte e...
RECENSITE, RECENSITE, RECENSITEEE!!!
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Florence