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Autore: Little_GirlMoon005    06/11/2015    3 recensioni
[AU Dark!Legolas] [ In Revisione/piccole modifiche ]
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Guardalo, distruggilo.
Guardalo, corrompi il suo cuore,
E fallo impazzire.
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Quando il male fa breccia nel cuore di uno dei membri della Compagnia dell'Anello, alcune cose prendono una piega diversa.
Dite addio a Legolas Thranduilion, Principe di Bosco Atro, l'affascinante elfo nobile dall'animo senza macchia e senza paura.
Date il benvenuto alla sua nuova esistenza.
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Lasciatemi na' recensione, fateme sta' pietà
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Gimli, Glorfindel, Legolas
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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The devil within (3)
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III
Un viaggio nell'oscurità









Stavano camminando da più di due giorni ormai, tra eterne scalinate e cunicoli bui.
Erano tutti desiosi di terminare al più presto il viaggio nell'oscurità, e disposti, stanchi com'erano, a continuare ad avanzare per molte altre ore. Gandalf camminava in testa come prima; nella mano sinistra teneva levato il suo bastone luminoso, che illuminava il terreno innanzi ai suoi piedi e nella destra teneva la sua spada. Lo seguiva Gimli, dietro di lui Frodo, con Pungolo sguainata. Egli era seguito da Sam, e questi a sua volta da Legolas, da Merry e Pipino e da Boromir. E Aragorn si trovava in retroguardia.

L'aria si fece calda e soffocante, ma non malsana. Al pallido raggio del bastone di Gandalf si intravedevano scale e archi, corridoi e tunnel, che salivano verso l'alto, o verso il basso, o si aprivano nel buio.
Erano alle prese con l'ennesima scalinata ripida e scivolosa. Moria era in rovina, e le rocce si sgretolavano sotto il loro peso. Alcuni membri della Compagnia misero un piede in fallo, rischiando di rovinare giù per la scalinata. Pipino stava quasi per cadere addosso a Merry, ma entrambi si alzarono facendo meno rumore possibile e proseguirono. L'unico che sembrava a suo agio era Gimli, ma le Miniere di Moria erano vaste e intricate più di quanto egli non potesse immaginare, pur essendo figlio di Gloin.

Stavano camminando da parecchie ore, fino a quando la scalinata terminò, e si ritrovarono davanti a tre porte perfettamente uguali che portavano in tre direzioni diverse. ''Non ho memoria di questo posto...'' disse Gandalf, esitando incerto sotto l'arco.
La Compagnia allora si lasciò cadere su alcune rocce che giacevano lì intorno, in attesa che Gandalf ricordasse la strada da seguire. Aragorn sedeva accanto a Legolas, che sembrava turbato; aveva il respiro veloce, e i suoi occhi guardavano verso l'alto alla ricerca di un cielo che non c'era. ''Odio questo posto, Estel...'' disse con voce sottile ma sicura. Aragorn si voltò verso di lui, ascoltandolo. ''E' così buio, stretto e chiuso.'' continuò l'elfo. ''Non posso vedere il cielo, non posso udire il canto degli alberi, e non posso sentire il profumo dei fiori...'' tremò leggermente. ''Come può una qualunque creatura vivente decidere di vivere per sempre lontano dalla luce del sole e dalla bellezza della natura?''

Ascoltare un elfo parlare era una delle più grande meraviglie della Terra di Mezzo. Le parole del Principe, sebbene ricche di tristezza mal celata, entravano nel cuore e lì restavano. Aragorn si meravigliò per tali parole. ''Non temere questo luogo, Legolas.'' disse, ''Esso è oscuro, questo è vero, ma dopo la notte nasce sempre un nuovo giorno. La luce tornerà presto a baciare i nostri visi.'' Quelle parole sembrarono rincuorare l'animo dell'elfo; sentì il proprio respiro tornare regolare, e i brividi abbandonare il suo corpo.

''Ah! Quella è la via!'' esclamò lo stregone, e tutti scattarono in piedi. ''Se l'è ricordata!'' esclamò Merry felice. ''No, ma laggiù l'aria non ha un odore così fetido.'' replicò Gandalf. ''Quando sei in dubbio, Meriadoc, segui sempre il tuo naso!'' disse con fare amichevole al giovane hobbit.
Per otto buie ore continuarono la marcia. Non incontrarono pericoli, non udirono nulla, e non videro altro che il pallido bagliore della luce dello stregone che scintillava innanzi a loro come fuoco fatuo. Il corridoio che avevano scelto serpeggiava deciso verso l'alto. Più andavano avanti, più lo spazio si allargava... e improvvisamente le pareti sulla destra e sulla sinistra scomparvero. ''Voglio osare un po' più di luce...''

Gandalf alzò il suo bastone, e per un breve istante vi fu una vampata simile a un lampo. Delle grandi ombre spiccarono il volo, e per un secondo essi scorsero un ampio soffitto sulle loro teste, sostenuto da molte possenti colonne di pietra. Avanti a loro e da ambedue le parti, si estendeva un immenso salone vuoto; le pareti nere, lucide e lisce come il vetro, scintillarono e lampeggiarono. Mai i loro occhi avevano visto tanta magnificenza nelle profondità della terra; le gigantesche colonne e le grandi volte che sorreggevano il soffitto non avevano l'eleganza e sinuosa grazia delle costruzioni elfiche, ma erano così immense che quel luogo... ''Ti fa spalancare gli occhi, è certo.'' commentò Sam.

Si incamminarono silenziosamente in quell'immensità, rovinata solo dall'odore di morte che ancora aleggiava nell'aria. Un odore che aumentava man mano che si avvicinavano ad una stanza laterale, dove la luce era più intensa. Gimli corse verso essa in preda alla disperazione, e nessuno riuscì a fermarlo. Raggiunsero il nano in quella piccola sala, e si guardarono attorno; era in rovina, e decine di corpi di nani e orchi giacevano a terra. Esattamente nel mezzo, sotto l'unico raggio di luce che entrava dall'esterno, c'era una tomba. Gimli era inginocchiato davanti a quel sarcofago, in preda al dolore, e gridava per cercare di alleviare la propria sofferenza. Gandalf si avvicinò alla tomba e ne lesse le incisioni.


BALIN FIGLIO DI FUNDIN
SIGNORE DI MORIA



''E' come temevo.'' sospirò Gandalf. Legolas si avvicinò ad Aragorn e gli sussurrò, ''Dobbiamo proseguire, non possiamo indugiare.'' disse.
Lo stregone raccolse un libro dalle braccia scheletriche di un nano, e lo aprì per leggerne le ultime righe. Iniziò a parlare ad alta voce, in modo che tutti potessero ascoltare;
''Hanno preso il ponte, e il secondo salone. Abbiamo sbarrato i cancelli, ma non possiamo restare a lungo. La terra trema. Tamburi. Tamburi negli abissi. Non possiamo più uscire. Un'ombra si muove nel buio. Non possiamo più uscire. Arrivano.''
Gandalf si sforzò di leggere mantenendo un tono di voce piatto, ma la disperazione che quelle poche frasi comunicavano penetrò nei cuori della Compagnia. Quei nani erano morti come topi in trappola, non avevano potuto difendersi, non avevano avuto alcuna possibilità di scampo.

Sobbalzarono tutti quando un improvviso rumore rimbombò per tutta Moria. Si voltarono velocemente verso Pipino, che aveva inavvertitamente fatto cadere lo scheletro di un nano, un secchio e una catena all'interno di un profondo pozzo. Il rumore tuonò per qualche istante, poi svanì. Tutti si guardarono intorno, nervosi... poi sospirarono quando tutto tornò alla tranquillità. Gandalf si voltò lentamente verso l'hobbit, con uno sguardo che non prometteva niente di buono, e con un colpo secco chiuse il libro. ''Idiota di un Tuc! Gettati tu la prossima volta e liberaci della tua stupidità!'' sbottò.

La sua reazione sembrava abbastanza esagerata, ma chi poteva biasimarlo; quell'incidente che sembrava banale, poteva portare gravi conseguenze alla Compagnia. E il povero hobbit ora aveva lo sguardo triste, e rivolto verso il basso.
Dum, dum...
L'elfo percepì un lieve suono, e si congelò sul posto quando capì di cosa si trattava. Presto anche il ramingo percepì ciò che aveva terrorizzato il suo amico. Tamburi.
Dum, dum, continuava a tuonare, come se immense mani avessero trasformato le caverne stesse di Moria in un gigantesco tamburo. D'un tratto echeggiò uno squillo: un grande corno suonò nel salone, mentre in lontananza si udivano rispondere altri corni, strilli acuti. Infine si udì il rumore frettoloso di molti piedi.

''Stanno venendo...'' sussurrò Legolas. Sam guardò l'elsa di Pungolo. ''Frodo!'' Quest'ultimo sguainò la spada velocemente; splendeva di un'intesa luce azzurra. Boromir non perse tempo e corse verso la porta di legno della stanza, alla ricerca dell'origine di quel suono. ''Boromir! Indietro!'' gridò Legolas al Gondoriano. Fortunatamente ascoltò il suo avvertimento. Un secondo dopo, due frecce si conficcarono nel punto in cui lui si trovava prima. ''Restate vicino a Gandalf!'' gridò Aragorn impugnando l'arco. Boromir chiuse le pesanti porte, aiutato da Aragorn e Legolas che gli lanciavano delle lunghe e robuste alabarde perché potessero bloccare l'entrata. ''E' un Troll di caverna!'' gridò Boromir.

Gimli salì sulla tomba di suo cugino per avere il favore dell'altezza, mentre Aragorn, Boromir e Legolas si posizionarono davanti. ''Che vengano pure! Troveranno che qui a Moria c'è ancora un nano che respira!'' sbottò.
Aspettarono.
Quando le prime asce degli Orchi crearono delle brecce nelle porte, Legolas e Aragorn scoccarono le loro frecce, cominciando a fare le prima vittime. Ben presto però le porte cedettero e Aragorn abbandonò l'arco per la spada. Legolas insistette ancora per qualche istante con le frecce, ma presto gli orchi furono così vicini che non potè evitare il corpo a corpo. Sfoderò le daghe elfiche che portava alla cintura.

Boromir, Aragorn e Gimli si stavano battendo come leoni, e anche Ganldaf e i giovani Hobbit si erano uniti al combattimento. Aragorn tagliò la testa di un Orco, e poi si girò verso la porta con gli occhi spalancati. L'elfo seguì il suo sguardo, e lo vide; un gigantesco, ripugnate e maleodorante Troll di caverna. Legolas riprese l'arco e lo colpì con una freccia, ma sembrò non risentirne minimamente. Alzò la sua pesante arma -un martello di guerra- su Sam, che colto dal panico saltò in avanti e passò sotto le gambe del Troll. Aragorn e Legolas lottarono per un po' schiena contro schiena. ''Aragorn!'' lo chiamò l'elfo. Lui annuì nella sua direazione, per fargli capire che lo stava ascoltando, senza distogliere l'attenzione dal combattimento. ''Voglio provare a salire sulla schiena del Troll, forse così riuscirò a metterlo fuori gioco.''

''Stai attento.''
''Stai attento anche tu, Estel.''

Il Troll calò la pesante arma sulla tomba di Balin con l'intento di colpire Gimli., ma egli saltò evitando il colpo. Non c'era grazia nei suoi movimenti e colpi, solo forza bruta, che era molto utile in questa situazione. Legolas scagliò due frecce contro il Troll cercando di distrarlo, poi sempre con l'arco tra le mani estrasse un pugnale eliminando tre orchi che gli impedivano di salire su una roccia abbastanza alta da saltare sulla bestia. I suoi occhi notarono un particolare; il Troll aveva una catena al collo, che usava come frusta. Una mezza idea gli balenò nella mente. La creatura cominciò ad attaccarlo con la catena. Evitò un paio di attacchi, e poi riuscì a bloccarla sotto il piede. Con un agile balzo, l'elfo gli fu sopra la schiena. Strinse le gambe attorno al collo taurino del Troll, e gli conficcò una freccia nella testa. Iniziò a dimenarsi per il dolore, e l'elfo perse l'equilibrio cadendo a terra.

Il suo piano però aveva ottenuto l'effetto contrario; ora il Troll era ancora più furioso. Decise di avventarsi contro il gruppo formato da Frodo, Pipino e Merry. Gli hobbit saltarono e Frodo si sitrovò separato dagli altri due. Aragorn e Legolas cercarono di raggiungerlo, ma degli orchi gli sbarrarono la strada. Una delle freccie dell'elfo trafisse la gola di quelle creature. ''Vai da Frodo, Aragorn! Qui ci penso io!'' gli gridò l'elfo, mentre il Portatore veniva afferrato per la caviglia, e trascinato contro una roccia.
''Aragorn!'' gridò Frodo.
Il ramingo si guardò attorno alla ricerca di qualcosa con cui colpire il Troll. ''Prendi!'' gridò Boromir lanciandogli una lunga lancia dalla punta acuminata. Aragorn non perse tempo e si lanciò davanti a Frodo per proteggerlo, trafiggendo la bestia con la lancia. Ma la pelle del mostro era troppo resistente. Scaraventò Aragorn contro il muro, che perse conoscenza.

Usò la lancia come nuova arma, puntando dritto su Frodo. La punta colpì il fianco destro dell'hobbit che lanciò un grido, prima di cadere stremato sul pavimento.
Con un urlo, Merry e Pipino saltarono sulla schiena del Troll e Legolas schioccò una freccia. Per sua grande fortuna, Pipino riuscì a far aprire la bocca della bestia e l'elfo colpì di nuovo, e la freccia si conficcò nel palato della bestia, che non fu più in grado di respirare. Non si fermò a qui; spinto da una forza che non riusciva a capire, Legolas continuò a tempestarlo di dardi, finchè non sentì una mano calda poggiarsi sul suo braccio. L'elfo sembrò sussultare, come appena risvegliato da un incubo. ''Smettila, Legolas. E' morto.'' Era Boromir: la sua voce era debole per via della stanchezza.

Legolas si calmò, avvicinandosi poi ad Aragorn che nel frattempo aveva ripreso conoscenza, mentre gli altri si assicuravano che Frodo stesse bene. ''Sto bene,'' balbettò quest'ultimo. ''Non sono ferito.'' Aragorn, quasi dalla sorpresa, esclamò. ''Credevo fossi morto. Quella lancia avrebbe ucciso un cinghiale.''
''In questo Hobbit c'è molto più di quanto l'occhio non possa vedere.'' commentò Gandalf, sollevato nel vedere il mezzuomo sano e salvo. Frodo si portò le mani sulla camicia, e ciò che tutti videro mandò un'esclamazione di stupore; sotto la logora camicia una cotta d'argento scintillava innanzi ai loro occhi come luce su di un mare increspato, le gemme in essa sfavillarono come stelle.

''Mithril... sei sempre pieno di sorprese, Frodo Baggins.'' esclamò il nano con stupore.

Il rumore degli Orchi interruppe quel momento.
''Al Ponte di Khazad-dum!'' disse Gandalf..




Corsero per interminabili minuti lungo l'immenso salone centrale. Lungo i muri di pietra e le colonne, gli orchi correvano per raggiungerli, aggrappandosi sia con i piedi che con le mani. E all'improvviso si pararono davanti alla Compagnia, circondandoli. In trappola, come topi. Sguainarono le loro armi. Se dovevano morire, sarebbero morti combattendo.
Poi un rumore spaventoso proveniente dalle profondità della terra fece sobbalzare tutti, persino gli orchi che si guardarono attorno, anche loro confusi e spaventati. E poi, tra i striduli acuti, si dispersero. I membri della Compagnia abbassarono le loro armi mentre li osservavano fuggire via. Poi in fondo al salone videro una galleria illuminarsi di vivo fuoco. Nessuno riuscì a staccare gli occhi da quelle oscure fiamme. ''Cos'è questa nuova diavoleria?'' balbettò Boromir avvicinandosi a Gandalf. ''Un Barlog.'' egli rispose, ''Un demone del mondo antico. E' un nemico al di là delle vostre forze. Fuggiamo!''

Legolas ne aveva sentito parlare; erano flagelli infuocati, chiamati anche Valaraukar, i demoni al servizio di Morgoth. Eppure credeva che ormai non ne esistessero più.

Ripresero a correre senza voltarsi indietro. Ormai gli hobbit sembravano sul punto di crollare, e anche Gimli non se la passava bene. Legolas era ancora in forze, respirava solo più velocemente, Boromir faceva fatica a portare il suo grande scudo circolare, Aragorn era tremendamente stanco, e Gandalf spaventato per il nuovo orrore che adesso li seguiva. Ma l'adrenalina nei loro corpi gli davano la forza di andare avanti.
Arrivarono nei pressi di un arco di pietra, che un tempo doveva essere stato una porta, e Gandalf si fermò aspettando che tutti lo attraversassero. Quando fu il turno di Aragorn, egli sentì la mano di Gandalf calare pesantemente sulla sua spalla. Si voltò verso lo stregone; non l'aveva mai visto tanto agitato e in preda al panico.

''Conducili fuori, Aragorn! Il ponte è vicino...''
Aragorn esitò; Gandalf stava affidando l'intera missione nelle sue mani, gli stava affidando la vita dei suoi Compagni. Provò a ribattere, ma l'altro lo interruppe spingendolo leggermente perché riprendesse la corsa. Il ramingo si voltò verso la grande caverna che gli stava davanti. Riusciva, sforzando lo sguardo, a vedere il ponte. ''Fà come ti dico! Ormai le spade non sono più utili!'' Scesero in fretta una stretta scala che portava dritta al ponte. Ai lati non c'era nessun tipo di protezione; un passo farlso e sarebbero precipitati nel vuoto. Boromir e Legolas, che aprivano la fila, si fermarono di colpo; la scala era rotta. Legolas saltò dall'altra parte. ''Gandalf!'' la sua voce musicale richiamò l'attenzione dello stregone, che saltò a sua volta finendo tra le braccia di Legolas.

Boromir prese Merry e Pipino per la vita sollenandoli di peso, lanciandosi con loro dall'altra parte. Nello stesso momento in cui i tre atterrarono, la roccia si sbriciolò, allungando il salto. La terra cominciò a tremare, segno che il Barlog era sempre più vicino, e gli orchi tornarono all'attacco, bombardandoli di frecce che, fortunatamente, non colpivano i propri bersagli. Andavano tutte a segno invece quelle scoccate da Legolas, non un dardo mancavano il suo bersaglio, e gli orchi cominciarono a cadere come mosche.

Aragorn afferrò Sam lanciandolo dall'altra parte, dove Boromir era già pronto a prenderlo. Si voltò per fare la stessa cosa con Gimli, ma egli lo fermò. ''No, nessuno può lanciare un nano!'' Prese lo slancio e si gettò in avanti. Il nano toccò con i piedi la roccia, ma si sbilanciò indietro rischiando di cadere. Legolas si accorse del pericolo e si voltò in tempo per afferrare la barba rossa di Gimli e trascinarlo in salvo. L'elfo non ascoltò la sua lamentera e lo tirò a sè, poi riprese a decimare i nemici con le sue frecce. Ora rimanevano solo Frodo ed Aragorn. Sotto i loro piedi sentirono la roccia cedere, e Aragorn spinse Frodo indietro per metterlo in salvo. Il ramingo si ritrovò appeso nel vuoto, con le mani che cercavano disperatamente un appiglio. Il mezzuomo gli afferrò un braccio e cominciò a tirare, permettendogli di risalire sulla scalinata. ''Grazie Frodo.'' annaspò in cerca d'aria, poi sussultò quando un gigantesco masso frantumò la scalinata poco dietro di loro.

Saltare era diventato impossibile. Il frammento di roccia si cui stavano Frodo ed Aragorn oscillava pericolosamente. Ma al ramingo venne in mente un piano che, per quanto folle, avrebbe anche potuto funzionare.

Gli altri si ritrovarono a fissare i due col fiato sospeso. Come un lampo, si resero conto che i movimenti di Aragorn erano calcolati. Legolas e Boromir si mise in posizione, intanto il ramingo aveva iniziato a dare disposizioni a Frodo. ''Chinati!'' fu l'ultima cosa che disse. L'hobbit eseguì, e presto il frammento di scalinata cominciò a oscillare in avanti. Frodo saltò e Boromir lo afferrò al volto. Aragorn fece lo stesso, e Legolas lo prese tra le braccia. Ripresero a correre mentre udivano il rumore della scalinata schiantarsi molti metri sotto di loro. Ormai le fiamme crepitavano senza controllo in tutta la caverna. Il Barlog era vicino.

Legolas si impietrì, voltandosi all'indietro quando sentì il tremendo ruggito del mostro di fiamma. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, quasi catturato dalla sua immagine letale. ''Legolas! Andiamo!'' Aragorn gli afferrò un braccio e cominciò a trascinarlo verso il ponte. L'elfo lo lasciò fare senza opporre resistenza, era completamente ammaliato da quel demone di brace. Nella sua testa sentiva le sue urla, era una sensazione strana ma... familiare.

L'Anello. Era la stessa sensazione della voce dell'Anello nella sua mente. Lo spirito dell'Unico e quello del Barlog era affini, perché entrambi traevano i propri poteri da un'entità comune. Sauron.

Si riprese dal suo stato di intontimento in tempo per rendersi conto che Aragorn era riuscito a portarlo con gli altri al di là del ponte.''Attraversate il ponte!'' gridò Gandalf, radunando le proprie forze. Lo stregone rimase da solo in mezzo al ponte, con la mano sinistra si appoggiava al bastone, mentre nella destra Glamdring scintillava, fredda e bianca. Il nemico si arrestò, fronteggiandolo, intorno a esso l'ombra allungò due grandi ali. Del fuoco si sprigionava dalle sue narici: ma Gandalf rimase immobile, mentre Frodo lo chiamava da lontano.

''Tu non puoi passare!'' gridò Gandalf. ''Sono un servitore del Fuoco Segreto, e reggo la fiamma di Anor. Il fuoco oscuro non ti servirà a nulla, fiamma di Udun!'' Dall'ombra una spada rossa si rizzò fiammeggiante. Glambring rispose col suo bagliore bianco, e la spada bel Barlog volò in mille frammenti.

''Ritorna nell'Ombra!'' Il Barlog scoccò la sua frusta di fuoco, e balzò in pieno sul ponte. ''Tu non puoi passare!'' in quel momento Gandalf rizzò il bastone, e gridando con voce possente colpì il ponte innanzi a sè. Questo scricchiolò; si ruppe immediatamente sotto i piedi del Barlog, e la pietra sulla quale egli si ergeva piombò nell'abisso, mentre il resto rimase immobile. Ma la frusta del Barlong si attorcigliò attorno alla caviglia di Gandalf, trascinandolo con sè nelle profondità di Khazad-Dum. Lo Stregone si aggrappò ai resti del ponte, ma non era in grado di risalire.

Aragorn scattò in avanti per accorrere in suo aiuto. In quel momento una voce esplose nella testa dell'elfo...

'' FERMALO ''

Spronato da una forza che nemmeno seppe spiegare, Legolas corse verso Aragorn afferrandolo per la vita e bloccandolo con un braccio sul petto, impedendogli di proseguire. Lui tentò di aggirarlo, addirittura spingerlo da parte, ma l'elfo non desistette e lo strinse in una morsa quasi violenta. Non ci stava capendo niente, nella sua testa continuava a sentire quella voce -la voce dell'Unico- echeggiare forte, sovrastando qualsiasi altro suono, qualsiasi voce, anche quella di Aragorn che supplicava all'amico di lasciarlo andare. L'elfo però la ignorava completamente.

E poi, la voce dell'Unico svanì, e ne riconobbre un'altra, quella di Mithrandir...
Si irrigidì improvvisamente; i suoi occhi caddero sulla figura dello Stregone, incrociando il suo sguardo. Legolas non si scordò mai le sue ultime parole.

''Fuggite, sciocchi!''

E si lasciò andare. Frodo lanciò un grido disperato, accorrendo verso il luogo in cui era caduto Gandalf, ma Boromir lo fermò sollevandolo di peso, portandolo verso l'uscita.
''Aragorn!'' gridò il Gondoriano. Il ramingo si liberò infine dalla presa dell'elfo, e si voltò per guardarlo in viso. Gli Orchi erano tornati all'attacco con le loro frecce, ma i due non li degnavano di uno sguardo. Una freccia passò a qualche centimetro dal viso dell'elfo, tracciandogli una linea vermiglia sulla guancia, ma non si mosse. Non c'era nient'altro in quel momento; solo loro due.

''E' colpa tua!''
Quelle tre parole, dette con rancore e rabbia, erano pari a un pugnale nel cuore.

''Avrei potuto salvarlo!''
In un attimo si rese conto di cosa aveva fatto. Le lacrime minacciarono di rigargli le guance, ma lui le ricacciò indietro... per difendere il proprio orgoglio.

''Se non mi avessi fermato, Gandalf sarebbe ancora vivo!''
C'era l'ira nella sua voce, così tanta che Legolas rabbrividì.

''Tu... l'hai ucciso.''

Una freccia si piantò vicino al piede di Aragorn, che voltò le spalle all'elfo e corse per raggiungere gli altri.
Legolas rimase immobile ancora per qualche attimo, e sperò che arrivasse qualcosa che portasse via il peso che sentiva nel suo cuore. Si voltò lentamente poggiandosi contro una parete rocciosa, setendosi mancare le forze.

Improvvisamente urlò; un urlo straziante, colmo di un dolore, angoscia e disperazione che lacerò l'improvviso silenzio. Le ginocchia cedettero e si accasciò sul pavimento. I singhiozzi a stento soffocati e le lacrime che scorrevano sul suo volto dai suoi occhi profondi sembravano del tutto inappropriati alla sua figura nobile. Gli sfuggì un gemito di dolore che poteva essere o non essere il nome dello Stregone. La sua bocca si dischiuse in un urlo silenzioso. Il dolore -qualcosa che credeva di non conoscere- esplose nel petto di Legolas con una violenza che minacciava di farlo impazzire.

Eppure si sentiva... così felice. E allo stesso tempo sentiva una strana disperazione dentro di lui.

Le sue labbra screpolate si piegarono in un ghigno mentre le lacrime continuavano a rigargli le guance. ''L'ho ucciso...'' allargò di più il suo sorriso, e cominciò a ridere, ridere, ridere a crepapelle. ''L'ho ucciso!'' gridò nel buio. Poi il silenzio.




La Compagnia giunse infine insperatamente sotto il cielo libero, e sentirono il vento sfiorar loro il viso. Sostarono soltando quando furono fuori portata di freccia dalle mura di Moria. La Valle dei Rivi Tenebrosi si estendeva ai loro piedi. Il sole brillava; le nubi  erano bianche e alte. Ma questo non rincuorò i cuori della Compagnia. Fu allora che sopraffatti dal dolore piansero; gli uni in piedi e silenziosi, gli altri prostrati. Sam era seduto su un masso col viso tra le mani, Frodo in piedi lontando da loro. Merry e Pipino, insieme come sempre, si consolavano a vicenda, stretti in un abbraccio disperato.

Aragorn era in piedi, stava ripulendo la spada; il volto impassibile. Boromir, che era accanto a Gimli, diede un'occhiata veloce a ogni membro della Compagnia.... ma non intravide la figura dell'elfo. Vide Gimli alzarsi in piedi e affrettarsi verso la caverna. Il Gondoriano lo fermò, afferrandogli il braccio, e sfuggendo al suo sguardo; non voleva che vedesse le lacrime sul suo volto.
''L'elfo non è uscito!'' esclamò Gimli preoccupato. Boromir ci mise qualche secondo a realizzare le sue parole. ''Aragorn!'' gridò, in preda al panico. ''Dobbiamo tornare indietro! Legolas è ancora dentro, probabilmente è ferito!''

L'erede di isildur lo guardò con aria spenta e tremendamente triste. Nei suoi occhi c'era il vuoto più totale. ''...forse morendo rimedierà al suo errore.'' mormorò, senza guardarlo. Il Gondoriano sussultò a quelle parole; qualcosa doveva essere successo tra i due...
Ricorse mentalmente le ultime vicende. Quando Gandalf stava per cadere, Aragorn si era lnciato per aiutarlo, ma Legolas l'aveva inspiegabilmente fermato. Doveva essere per quello. Eppure c'era una spiegazione per il comportamento di Legolas; l'elfo non aveva mai fatto avventatezze. Magari aveva sentito un pericolo iminente e aveva cercato di limitare le perdite.

Afferrò saldamente il grande scudo circolare e si precipitò all'interno di Moria. Scese la piccola scalinata e raggiunse il ponte. E lo vide; accovacciato a terra come una bambola di pezza, senza alcuna forza nei muscoli, senza alcuna luce nei splendidi occhi azzurri. Lo raggiunse velocemente e cercò di scuoterlo dal suo tupore. ''Legolas! Legolas, per l'amor del cielo, rispondi!'' lo sollevò facendogli poggiare la schiena contro il muro. E vide le palpebre dell'elfo tremare, come se si sforzassero di restare aperte.

''...cciso...'' Boromir percepì un lievissimo sussurro dalle labbra di Legolas. Non capì cosa disse. ''Legolas? Ti hanno colpito? Sei feri-''
''L'ho ucciso...'' sussurrò debolmente, ma quando Boromir capì cosa aveva detto gli si gelò il sangue. ''L'ho ucciso...'' sussurrò ancora, con lo sguardo perso nel vuoto, come se stesse parlando da solo. ''L'ho... ucciso...'' e lo disse ancora, la musica nella sua voce si era affievolita fino a sparire.

''Legolas!'' esclamò il Gondoriano alzando la voce e scuotendogli le spalle. Lui sussultò, e finalmente sembrò rendersi conto della sua presenza. Lo trapassò con lo sguardo. ''Boromir...'' disse con voce rotta, e fece qualche sospiro per poi continuare, ''Mi odia... perché sei venuto? Lasciami morire qui...'' e Boromir vide le lacrime pungergli gli occhi. In un attimo capì. Aragorn.

Stava parlando di lui, sicuramente. Il ramingo doveva averlo accusato della morte di Gandalf, visto e considerato che l'aveva bloccato quando aveva tentato di salvarlo.
Non sapeva cosa dirgli... ma sapeva che non poteva restare ancora lì dentro. Era pur sempre un membro della Compagnia, non doveva essere escluso. Non poteva lasciarlo lì, in quel luogo oscuro. Passò un braccio sotto alla sua vita e lo sollevò. Lui si aggrappò saldamente, ma non contribuì quando cominciarono ad avviarsi verso l'uscita. Quando finalmente uscirono da quell'inferno, Boromir poggiò delicatamente Legolas a terra, contro una roccia, e lo osservò attentamente. Sobbalzò quando vide i suoi occhi immobili, fissi in un punto imprecisato. Sembrava morto, eppure il suo cuore batteva e il suo petto si alzava e abbassava ad ogni respiro.

Guardò ancora i suoi occhi; non c'era più niente, solo... dolore. Sembravano perdere il loro colore naturale, come se si stessero consumando, come una luce che veniva inghiottita dalle tenebre. ''Che gli è successo?'' la voce di Pipino alle sue spalle lo fece sussultare, e vide l'hobbit avvicinarsi inginocchiandosi accanto a lui. Presto vennero anche Merry e Gimli. Sam faceva compagnia a Frodo, e Aragorn invece lì guardava da lontano.
''E' per Gandalf che sta... così male?'' chiese Pipino scioccato; gli sembrava di avere un morto davanti a sè, non lo splendido e valoroso Elfo che aveva conosciuto. ''Per i Valar...'' commentò Gimli sottovoce. Boromir accennò a un sorriso quando vide il giovane Peregrino prendere la grande mano dell'elfo con tanta gentilezza, come se fosse fragile. Le mani dell'hobbit era davvero piccole rispetto a quella di Legolas.

''In piedi, dobbiamo andare!'' la voce di Aragorn era quasi irosa e spiacevole. Quando Legolas sentì la sua voce rabbrividì. ''Concedi loro un momento, te ne prego!'' replicò Boromir voltandosi verso Aragorn. ''Stanotte queste colline brulicheranno di Orchi!'' gli rispose quest'ultimo. ''Dobbiamo raggiungere i boschi di Lothlorien. Andiamo!'' si avvicinò a Sam e lo tirò in piedi quasi con malgrazia, poi si guardò attorno alla ricerca di Frodo. Quando incrociò gli occhi del Portatore, una grande pena crebbe nel suo cuore. Gandalf era sempre stato un grande amico per lui, il suo punto di riferimento in quest'avventura terribile. E lui non c'era più.

Boromir tornò a guadare l'elfo. ''Ce la fai ad alzarti?'' gli chiese. Legolas annuì col capo, senza guardarlo in viso, e lentamente si mise in piedi. Non appena fece un passo le sue gambe non lo ressero, e barcollò pericolosamente. Il Gondoriano lo afferrò. ''Sto bene, sto bene...'' si affrettò a dire l'elfo, ritirandosi dalle braccia di Boromir. ''E' solo un capogiro.'' disse, con tono gelido. Racchiuse tutte le forze che aveva in corpo, alzò il capo fiero e questa volta riuscì ad avanzare senza guardare in faccia nessuno. Boromir incrociò il viso dell'elfo solo per pochi secondi, ma ciò che vide lo fece rabbrividire; aveva un espressione fredda come il ghiaccio, e gli occhi spenti, vuoti.


La Compagnia si lasciò le spalle l'oscurità di Moria, e avanzarono verso i boschi di Lorien...







  
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