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Autore: Stella cadente    06/11/2015    4 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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XXIV.
Il racconto di Claudie Frollo
 
 
 
Due settimane dopo – Eymeric
 
 
Avevo visto il viso della signora Frollo incupirsi, quando le avevo parlato della presa del suo posto da parte di Grenonat. Ma da una parte era ovvio: doveva aspettarselo. Avevo omesso il fatto che ora tutto il popolo era in fermento e che nessuno sarebbe mai stato dalla sua parte; sapevo che avrei rischiato, se così avessi fatto.
In compenso, dopo solo due settimane passate alla Corte, era diventata più gentile.
«Zingaro!»
Beh, quasi. Ma almeno non ce l’aveva più a morte con me.
«Sì?»
Lei roteò gli occhi.
«Perché hai sempre il vizio di distrarti quando parlo? Stavo dicendo che non accetto che tutto vada così… a catafascio. Non possiamo starcene qui con le mani in mano» disse, seccata.
Era calata la notte, e adesso, dopo essere andato in perlustrazione, mi trovavo nella sua tenda (che in realtà era la mia, ma purtroppo ero stato sfrattato) a discutere – per l’ennesima volta – di cosa avremmo potuto fare noi. Ovverosia niente, ma immaginai che lei non riuscisse ad accettare di non avere più un ruolo importante nella società parigina.
Sospirai.
«Sentite, signora» dissi – ancora non tollerava che la chiamassi per nome, nonostante tutto – «Parigi è… è un disastro. Non potete intervenire adesso. Ora come ora persino io non ne vedo uscita» conclusi, passandomi una mano tra i capelli.
Mi sentivo frustrato quanto lei; la consapevolezza di non poter fare nulla mi dava ai nervi.
Frollo – quasi come se fossimo stati coordinati – si passò una mano sulla fronte, con espressione abbattuta, e si lasciò cadere a terra – a terra!
È brutto non avere più alcun potere su nessuno, eh? È brutto quando a comandare su di te è un’altra persona, giusto?
Non sai quanto ti capisco. Chissà come mai.
Evitai saggiamente di dirglielo.
«Solo una cosa» esordii, mentre mi mettevo a gambe incrociate di fronte a lei. La guardai negli occhi: faceva strano avercela davanti, così a poca distanza, senza quel sorrisetto beffardo stampato in faccia e con un semplice vestito bianco al posto della toga da giudice.
Avvertii di nuovo la scossa che avevo sentito quella sera al Palazzo di Giustizia, quando lei si trovava nelle segrete. «Voi… voi avete idea del perché Grenonat abbia fatto così?»
Frollo mi guardò come se stessi dicendo un’idiozia.
«Ossia? Che intendi dire?»
«Intendo dire… c’era qualcosa dietro? Un complotto? Perché, ecco… è tutto troppo strano per essere avvenuto così, all’improvviso.»
Lei, inaspettatamente, sorrise, sollevando appena un angolo della bocca.
«Suona alquanto insolito detto da me, ma…» sollevò un sopracciglio. «Non saresti pessimo in politica, gitano» concluse.
Chinai leggermente il capo in segno di rispetto.
«Vi ringrazio, signora» dissi, a metà tra il gentile e lo scherzoso.
Lei mi guardò per un attimo in un modo che non seppi definire, e tra noi calò il silenzio. Ma era un silenzio denso; non imbarazzante, e nemmeno accusatorio. Solo intenso. Come se stesse per accadere qualcosa che ci avrebbe sorpresi entrambi.
Ancora non riesco a capire che cosa ci sia, tra noi due.
Poi si schiarì la voce, si alzò, mosse qualche passo lontano da me dandomi le spalle, e riacquistò il suo solito atteggiamento freddo.
«Dunque» riprese, spezzando il silenzio «sì. Devo convenire che qualcosa ci sia. Solo che» e qui la sua voce si inasprì «io sono stata troppo poco attenta per darci il giusto peso.»
«Claudie» la chiamai.
Aspetta. L’ho davvero chiamata per nome?
Fui subito tentato di coprirmi la bocca, ma ormai il danno era fatto.
Quando alzai gli occhi, vidi che si era voltata; mi guardava, come se fosse sorpresa. Ci fu un momento di silenzio, poi disse:
«Sì?»
Rimasi stupefatto.
«Ehm» cercai di riprendermi. «Vi dispiacerebbe raccontarmi quello che è successo? Così, vedo di capirci qualcosa… per quanto possa servire il mio aiuto.»
Si schiarì nuovamente la voce.
«Certamente» disse, formale.
Fece una pausa, poi sedette su una sedia lì vicino, e iniziò:
«Vedi» sembrava tesa, come se stesse per raccontarmi un qualcosa di profondamente personale «cominciai la mia carriera da giudice quando avevo circa la tua età. Vent’anni, precisamente. Ero molto giovane» aggiunse. «Ebbene, Grenonat, non appena ricevetti l’incarico, mi aiutò nel portare a termine un… un compito che mi ero posta personalmente. Non ce la feci comunque, ma ad ogni modo, egli mi aiutò fornendomi degli uomini.»
I suoi occhi si erano persi nel vuoto; capii che forse stava davvero raccontando qualcosa di personale.
«Qual era questo compito che vi eravate prefissata?»
Frollo spostò lentamente il suo sguardo su di me.
«Una sciocchezza» minimizzò. Ma la sua voce era triste, malinconica, come se stesse riportando in superficie vecchie ferite. «E ad ogni modo, ciò non è inerente a quello che mi hai chiesto, zingaro
Dalla sua voce aspra, così simile a come l’avevo sempre sentita, capii che senza volerlo avevo toccato un tasto dolente.
Silenzio. Attesi che proseguisse, ma non potei fare a meno di chiedermi cos’era che faceva stare così male Claudie Frollo.
«Dunque» riprese. «Da allora, io e Grenonat fummo sempre in ottimi rapporti. Mi aveva aiutata, ed io gli dovevo molto. Poco tempo dopo, cominciò la mia caccia agli zingari. Virgile mi appoggiò, in ogni caso. Per l’appunto, il Re riteneva che i gitani fossero troppi a Parigi e questo non gli era affatto gradito, quindi era il momento perfetto per…» sembrò che stesse per dire qualcos’altro, ma si riprese subito. «Per cominciare l’operazione.»
Pausa.
«Inizialmente Virgile mi aiutava, ma era sempre impegnato a svolgere mansioni più importanti, quindi non parlavamo chissà quanto, impegnati com’eravamo. Fino a che il Re non mi notò e mi fece nominare Inquisitore Supremo dal Papa. E da lì cominciò tutto quello che ha portato a questa situazione.»
Aggrottai le sopracciglia.
«Ovvero?» incalzai.
Si schiarì di nuovo la voce e si ravviò un po’ i capelli scuri.
«Virgile cominciò ad essere freddo, distante. Sempre di più. Per me, fino a quel momento  era quasi… un amico.»
Sentirle pronunciare quella parola mi destabilizzò. Claudie Frollo aveva avuto amici?
«Ma» riprese «ben presto divenne tutt’altro. Dapprima il nostro rapporto si fece strano. Cominciò a diventare oppressivo, e ad andare contro i principi morali che noi giudici eravamo tenuti a seguire.»
«Per esempio?» chiesi. Il suo modo di raccontare mi aveva letteralmente catturato.
«Voleva avere rapporti che andassero… oltre il campo professionale. Mi capisci?» chiese, inarcando un sopracciglio.
«Oh… sì. Capisco» mi limitai a dire io.
«Mi chiese diverse volte la mano; io rifiutai ogni volta.»
«Ma voi lo amavate?» le domandai, a  bruciapelo.
«Cosa?» replicò lei, tagliente.
«Lo amavate?»
«Che razza di domanda è?» continuò, stizzita.
«Rispondete» la stuzzicai.
Sospirò.
«Probabilmente era solo gratitudine, la mia. Ma non amore. Eppure mi illudevo che lo fosse» snocciolò infine. «Comunque» riprese, evitando abilmente la piega che aveva preso il racconto «da allora il legame tra di noi iniziò a spezzarsi giorno dopo giorno. Fino a quando non mi confessò che, al mio arrivo, doveva essere lui a venire nominato Inquisitore Supremo. Geloso, invidioso di me, che ero la fanciulla con meno esperienza che gli aveva rubato la carica, iniziò a fare di tutto pur di mettermi in cattiva luce. Credimi, Eymeric» il mio nome, pronunciato con quel tono di voce, mi fece un effetto strano. «La Corte di Giustizia è come la fossa dei serpenti. Se diventi importante, è la fine.»
Sgranai gli occhi. Quei discorsi non le si addicevano; eppure era lì, e non era un sogno.
«Detto ciò» concluse «questo è quanto. Adesso presumo che dovremmo ottenere delle prove contro di lui. Anche se dubito che riusciremo a farlo, data la natura dell’accusa che mi ha rivolto al processo» aggiunse, cupa.
In effetti…
«Quindi che cosa avete intenzione di fare, signora?» le chiesi.
Lei sembrò ponderare bene la risposta che stava per dare, perché ci rifletté un po’.
«Non lo so» ammise infine, con un tono di voce che mai mi sarei aspettato di sentire da parte sua. Sembrava smarrita, come se effettivamente non sapesse cosa fare.
Per un momento mi assalì la voglia irrefrenabile di abbracciarla, ma mi trattenni. Era ancora un pochino insolito, per me, parlare – più o meno – da pari a pari. Non avrei mai immaginato che la situazione potesse prendere quella piega.
«Temo che l’unica cosa che mi è rimasta sia sperare» aggiunse.
E, guardandola, capii che forse era vero.
Ma avrei fatto di tutto pur di fare in modo che Parigi tornasse all’ordine. Non mi importava se poi il nostro rapporto sarebbe tornato come prima.
Fu quello a stupirmi: il fatto che al momento mi importasse solo del fatto che lei stesse bene. Non mi interessava se dopo avrebbe continuato la sua vita da Giudice e se sarebbe tornata ad odiarmi.
Avrei fatto sì che, in una maniera o nell’altra, tornasse in carica, così come due settimane prima l’avevo salvata dalla morte.
 
 
SCUSATEMI PER IL MIO RITARDO OSCENO

Ehm, comunque...
Salve, zingari *Claudie Time parte 2*
In questo capitolo Claudie mi sembra fragile… non so perché.
Vi ha incuriositi la sua storia? Come avete visto, ci sono cose che il nostro Giudice (o “Giudicia”, citando Frenz) ha omesso, fatti del suo passato che non vuole riportare in superficie. L’avreste mai detto che anche il temibile Giudice Frollo avesse dei fantasmi? ;)
In questo capitolo mi piace molto Eymeric. Come Esmeralda, è molto coraggioso e determinato; è dolce il fatto che sia così deciso a far tornare Claudie in carica, ed è ancora più bello il rapporto che stanno instaurando, appena accennato quasi, ma molto intenso.
E dunque, come sempre, spero che anche a voi sia piaciuto ;)
Alla prossima,
Stella cadente
  
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