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Autore: Atra    07/11/2015    5 recensioni
All'alba di ogni nuovo ciclo, Cosmos e Chaos sono pronti a darsi
nuovamente battaglia.
Prima di farlo, devono scegliere i Guerrieri che comporranno le loro
schiere.
Sarà un combattimento a deciderne le sorti: la vittoria decreta la scelta, la sconfitta chiama la morte.
L'unica scelta è farsi scegliere.
Farsi scegliere è vivere.
I Giochi di Dissidia cominciano.
L'unico modo per scegliere i Guerrieri è dargli un motivo per farlo.
Ma se in quest'edizione questo motivo mancasse, a un certo punto?
Sarebbe pazzo.
Sarebbe folle.
Eppure è successo.
Genere: Azione, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Il pugno di Zell calò inesorabilmente sull'avversario ancora disteso sul terreno bagnato.
Un colpo di reni, poi le nocche dell'altro scricchiolarono contro la stretta ferrea e salda di Snow, che gli aveva afferrato e fermato la mano a mezz'aria.
Il braccio di Zell tremò per il violento impatto, che aveva soffocato all'improvviso tutta la potenza di quello che aveva evidentemente creduto essere il colpo finale di quel duello. Le dita di Snow premettero più a fondo sulle sue nocche evitando accuratamente le borchie dei suoi guanti e Zell sentì le ossa gemere, il dolore che si diramava dal braccio destro fino alle punte dei capelli.
Mentre si puntellava sui piedi per riacquistare l'equilibrio, si rese conto che quell'istante sembrava così congelato da dargli l'impressione che, in qualche modo, dovesse averne paura.
Congelato.
Fu quando cominciò a pensarlo, che si rese conto di aver freddo.
La pioggia continuava a battere sferzante sui loro corpi ormai bagnati, ma non si era sollevato nessun alito di vento.
Le dita, ancora imprigionate nella morsa di ferro di Snow, cominciarono a intorpidirsi come se l'afflusso di sangue si fosse improvvisamente ridotto e uno strano formicolio sulla pelle lo costrinse istintivamente a ritrarre la mano, forzando per strapparla alle dita dell'altro.
Per strapparla.
Zell indietreggiò ansimando, impressionato dalla forza sovrumana del suo avversario: quasi non sentiva più la mano!
Il suo sguardo cercò velocemente la sua destra, come per assicurarsi che fosse ancora attaccata al suo polso.
Non lo era più.
Il dolore esplose come una bomba incendiaria in tutto il suo corpo e prese possesso di ogni suo angolo, rendendo il sangue fuoco vivo nelle sue vene e poi più su, fino al cervello.
Il polso terminava all'improvviso, senza sanguinare ma avvolto da una sottile polvere bianca e brillante alla luce dell'ennesimo lampo.
I suoi occhi guizzarono alla sua mano, ancora stretta in quella di Snow, e il fuoco si fece più avido. Più furioso. Disperatamente furioso.
Zell era destrimane. Lui salutava, beveva, mangiava, scriveva, apriva, chiudeva, afferrava principalmente con la destra. Lui combatteva con la destra.
Il ragazzo aprì e mosse le dita della sinistra, che era ancora al suo posto, così strana adesso che era sola e asimmetrica.
No, non sarebbe più stata la stessa cosa, dannazione.
Un tonfo gli fece suo malgrado sollevare gli occhi su Snow, che aveva appena lasciato cadere la sua mano, sul viso un'espressione disgustata; il moncone, completamente ghiacciato, giacque sotto la pioggia, divenuto ormai un elemento del paesaggio innaturale e inverosimile.
E inutile.
Zell non esitò a pensarlo, mentre i suoi occhi si stringevano per opporsi alle lacrime che stavano per traboccare dalle palpebre.
Le mani erano la sua materia prima e lui ne aveva appena persa una.
Il sangue bollente affluì in quantità maggiore all'altra mano, rispondendo alla furia che lentamente stava ottenebrando il sentimento di disperazione non più tradotto in lacrime.
Qualcosa pulsò dietro ai suoi occhi per poi trasmettere un impulso dritto alla sua mente, rimbalzando quasi come contro una membrana elastica lungo tutti i nervi.
Ifrid, il suo G.F. delle fiamme, si svegliò completamente e subito il fuoco non lasciò altro spazio nella sua mente, alimentando la sua rabbia così bisognosa di forza per metterla in pratica.
Per la prima volta Zell non strinse i pugni per dimostrare qualcosa agli altri o a se stesso. Non strinse i pugni per rispondere, per reagire, per essere secondo.
Quella volta li strinse per cercare di sostituire qualcosa che aveva perduto, non importava quanto fosse impossibile.
Quella volta li strinse perché lui, che trovava sempre il lato migliore delle cose, doveva ancora trovare il sapore giusto a quel momento.
Lui, che non si sentiva più se stesso. Ma d'altronde, senza una mano, lui non sarebbe più stato lo stesso.

Snow abbassò lo sguardo sul braccio in risposta al pizzicore che si stava lentamente diffondendo sotto la sua pelle, attraversandogli la carne fino a penetrargli nelle ossa come miriadi di spine terribilmente affilate e voraci.
La sua mente riuscì appena a realizzare che stava succedendo qualcosa di strano quando gli stessi aghi che credeva gli stessero trapassando internamente il braccio fuoriuscirono dalla carne, lacerandogli la pelle e strappando a brandelli la manica del cappotto.
Per una frazione di secondo il dolore lo rese cieco nei sensi e nella mente e non gli permise di formulare l'ovvio interrogativo che cercava disperatamente di venire a galla, mentre altre spine trasparenti come vetro, fredde come ghiaccio, dure come diamante spuntavano anche sulla sua spalla.
Il ragazzo si morse profondamente un labbro per trattenere un urlo disumano nello stesso momento in cui la crescita delle spine si arrestava con ultimo, micidiale spasmo; lentamente sentì la carne del braccio sinistro indurirsi e divenire più fredda, lenendo anche piuttosto velocemente il dolore.
Snow non ebbe bisogno di guardarsi il braccio una seconda volta per appurare che cosa stesse diventando: ne aveva abbattuti così tanti di quegli esseri maledetti che ne conosceva l'anatomia alla perfezione.
Sapeva dove, come, quando colpirli.
Sapeva dove, come, quando colpivano e conosceva la forza di cui erano dotati, così come ne conosceva gli ampi limiti.
Sapeva che la loro unica arma era il dolore che li trascinava avanti, il rimorso di aver esaurito il loro tempo e di aver firmato la loro condanna, volenti o nolenti.
I Cie'th erano stati uomini e donne una volta, ma non per questo lui aveva provato più o meno rimorso nello spezzare le loro vite, forse perché al posto loro avrebbe tanto voluto che qualcuno troncasse il suo tormento.
Anche lui in quel momento, con il braccio di un Cie'th innestato sul suo solito corpo da mortale, sentiva un rimorso diverso pulsare insieme al suo cuore. Non era ancora abbastanza per fargli perdere la ragione ma era sufficiente a farlo sentire diverso, come se potesse in qualche modo utilizzarlo a proprio vantaggio per affermarsi sul mondo, non solo per dimostrare di saper tradurre in azioni le sue parole ma anche per poter finalmente andare a capo e cominciare una nuova frase nella sua storia, anche se in quello stato era decisamente un paradosso.
Non si sentiva affatto finito nella condanna che pur gravava su di lui, la condanna dei pregiudizi altrui, dell'opinione di lui radicata negli altri; si sentiva invece potente, sentiva di essere in grado di rimediare a ogni tipo di errore commesso, a ogni promessa disattesa, diventando paladino di se stesso e degli altri.
Lo sguardo cadde sulla mano di Zell, che aveva così brutalmente strappato dal suo corpo dopo averla congelata. In un primo momento aveva creduto di aver abusato del potere di Nix e Stiria, le sue Esper gemelle del ghiaccio, quando la sua intenzione era solo di evocarle per sorprendere l'avversario; tuttavia, ora poteva dirsi quasi certo che anche quello avesse fatto parte della sua trasformazione.
Ci fu un bagliore, riflesso dalla pozzanghera ai suoi piedi, e gli occhi di Zell cominciarono a emettere una luce rossastra, come fossero le porte per l'Inferno che gli era scoppiato dentro.
Snow invece sentiva il sangue gelato nelle vene, ne sentiva i cristalli nel respiro, sotto la lingua, fra le ciglia. Era ghiaccio puro, trasparente, inscalfibile, solido, concreto e immobile, senza alcun tremore del corpo, del fiato o della voce. Era diamante pronto a sporcarsi di sangue e si sentiva più lucidamente arrabbiato, più consapevolmente in se stesso dell'altro.
Si sentiva più profondamente condannato, nonostante tutto.
Perché se alle porte dell'Inferno infuriavano le fiamme, nelle sue viscere, dove si trovavano i dannati più nefandi, più furiosi, più giustamente sofferenti, a bruciare era qualcos'altro.
A bruciare era il ghiaccio che li conquistava centimetro dopo centimetro, come la neve perenne d'inverno, come la marea divoratrice della sabbia, come la rabbia avida ma subdola.

Questa volta fu Zell ad attaccare per primo trascinando in aria il pugno sinistro, ora diventato un nucleo pulsante di fiamme. Snow si abbassò e rotolò in avanti per evitarlo, sollevando subito il braccio da Cie'th per afferrare la maglia dell'avversario e tirarlo verso di sé.
Zell assecondò il movimento ma fu svelto a cambiare la traiettoria del suo gancio, calandolo pesantemente sull'altro anche per effetto della forza di gravità.
Questa volta per Snow fu più difficile scansare il colpo, che si abbatté per metà sul terreno scavando una profonda voragine ma sfiorò anche la spalla destra dell'avversario. Le fiamme consumarono presto il tessuto del cappotto e poi cominciarono a divorare avidamente la carne; Snow lanciò un tremendo urlo di dolore, ma riuscì a mantenere la lucidità necessaria per guidare il braccio da Cie'th ad afferrare il collo di Zell e lanciarlo lontano, contro una torre parafulmini.
Lo schianto che seguì soffocò persino il tremendo rimbombo di un tuono, seguito dallo scricchiolio di vertebre e altre ossa. La torre ondeggiò un attimo nella pioggia battente ma resistette all'impatto così come il corpo di Zell, che si riprese appena in tempo per subire la nuova offensiva di Snow.
Il braccio da Cie'th penetrò nel muro della torre appena sopra l'incavo tra spalla e collo di Zell, il quale sgusciò via per assestare un calcio al fianco scoperto di Snow, prima di essere steso dal violento manrovescio che l'altro gli sferrò con la mano umana.
Il ragazzo vide il braccio ornato di spuntoni affilati avvicinarsi velocemente alla sua gola e sollevò la mano sinistra per difendersi; le fiamme avvolsero immediatamente le aguzze spine ghiacciate, che cominciarono a piegarsi sotto l'effetto del calore, e Snow si ritrasse urlando nuovamente. Prima che potesse allontanarsi del tutto, Zell chiuse le dita sul polso dell'altro in una stretta ferrea e i suoi occhi cominciarono a splendere di una luce sempre più rossa, così come crebbe il ruggito delle fiamme misto alle grida dell'altro, che tentava inutilmente di liberarsi.
Il suo polso cominciò a scricchiolare e improvvisamente Snow spalancò gli occhi, sicuramente rendendosi conto delle intenzioni dell'avversario.
Le sue labbra impallidirono vistosamente da tanto lui le strinse, mentre un nuovo urlo affiorava dalla sua bocca e il suo corpo cominciava a tremare tutto. Improvvisamente altri spuntoni di ghiaccio fendettero le fiamme che avvolgevano il suo braccio e si infilarono nelle fessure tra le dita di Zell, il quale riuscì a ritrarsi appena in tempo per non perdere anche l'altra mano ma approfittò della sua buona posizione per sferrare un violento calcio al petto dell'avversario, che volò a schiantarsi sulla stessa torre precedentemente colpita.
Mentre questa volta il parafulmini crollava su se stesso e si abbatteva a terra in una nuvola di pioggia e polvere, Zell si lanciò in avanti a incalzare il nemico, il quale lo stava già aspettando con i pugni levati. Il ragazzo allora cambiò velocemente traiettoria ancora in corsa, inclinandosi per colpire il fianco sinistro dell'avversario, ma Snow non si fece ingannare e si affrettò a coprire anche quel punto appena un secondo prima dell'impatto con Zell, che quindi scartò velocemente a sinistra e colpì più forte che poteva con la destra.
Con la destra.

Il dolore lancinante che provò lo fece piegare su se stesso e quasi non si rese conto degli enormi spuntoni ghiacciati che gli trapassavano il ventre e cozzavano contro le sue ossa. Zell ne afferrò l’estremità che sporgeva con la mano che ancora emanava fiamme, sollevando con gli occhi pieni di lacrime il moncone sanguinante fino a quando il liquido rosso non colò nel fuoco stesso con uno sfrigolio.
Snow strappò malamente la mano dal suo corpo, portandosi via anche alcuni brandelli di pelle già fusi con il ghiaccio per effetto del calore elevato, e Zell crollò in ginocchio con un buco enorme nello stomaco, la mano stavolta ben lontana dalla ferita. L'avversario lo afferrò per i capelli e gli sollevò la testa con uno strattone per guardarlo negli occhi, che Zell faticò a vedere a causa del fitto velo di incoscienza che stava calando su di lui.
Solo la Junction lo teneva ancora attaccato per i brandelli di qualche filo alla sua vita ma Ifrid non sembrava in grado di dargli la forza necessaria per lanciarsi un Energiga che avrebbe potuto rimetterlo in sesto.
Allora...era davvero finita.
Zell, ti stai arrendendo? Questo non sembri affatto tu.
Zell sollevò stranito il moncone che ancora stillava copiosamente sangue e poi riportò lo sguardo su Snow, che ora sembrava troppo occupato a constatare i danni sul suo braccio congelato per aver detto una cosa del genere.
Comunque no, non era più lui da quando il suo avversario gli aveva strappato una mano. Si sentiva inutile, ridotto a metà. Forse era solo la metà di se stesso, con una mano amputata.
E dimmi, cosa rimarrà a Cosmos di te, se muori ora?
Beh, con un buco enorme nello stomaco cosa avrebbe potuto fare?
Era assurdo che stesse pensando a quelle follie quando magari avrebbe dovuto pentirsi di tutti gli errori che aveva compiuto nell'arco della sua breve vita da diciassettenne. In fondo non era bene morire con ancora dei conti in sospeso con se stessi.
Forse hai un conto in sospeso con qualcun'altro, ci hai pensato?
Aveva giurato di combattere per Cosmos, quando lei l'aveva scelto. Lo aveva giurato perché era sicuro che fosse facile mantenere la promessa. Avventato e determinato com'era, si credeva invincibile.
Fino a quando qualcuno non gli aveva strappato una mano.
E allora, cosa avrebbe dovuto fare? Per lui era impossibile combattere senza uno dei suoi fedeli pugni, compagni di una vita, cresciuti e diventati forti come lui, capaci di uccidere un mostro e accarezzare un gattino abbandonato.
Zell sentì di nuovo le lacrime riempirgli gli occhi e scendere lungo le sue guance e questo lo fece arrabbiare ancora di più.
Era meglio morire che sopportare quel tormento psicologico un secondo di più.
Beh, allora dovrò prendere la drastica decisione.
Si sentì sollevato, suo malgrado: finalmente nessuno gli chiedeva più nulla o gli ricordava i suoi doveri.
Mentre attorno a lui l'aria si increspava e avvolgeva in mille spirali, Zell fu folgorato da un'ultima rivelazione mentre chiudeva gli occhi: quella era la voce di Cosmos o si sbagliava?!
Improvvisamente il suono di una risatina lo fece trasalire.
Quella risata. L'avrebbe riconosciuta fra mille anche solo per il brivido di irritazione che gli faceva ogni volta scivolare lungo la colonna vertebrale.
Era quella risata che spesso lo aveva fatto rinchiudere in camera a prendere a pugni il muro, il pavimento, l'armadio, il tavolo.
Era quella risata che lo aveva fatto sentire piccolo, sminuito, ridicolo, inutile.
Era quella risata che lo aveva reso quello che era ora: determinato a dimostrare la sua grandezza agli altri. A dimostrare di non essere da meno.
Ci sarebbe riuscito anche senza una mano e con un buco nella pancia?
Non era una domanda pertinente, dannazione, non aveva più valore ciò che si era detto appena dieci secondi prima. Almeno, non quando entrava in gioco lui.
Zell spalancò gli occhi e guardò fisso davanti a sé, già consapevole di chi si sarebbe trovato davanti.
Snow era scomparso e al posto suo su di lui troneggiava un’altra figura.
Zell digrignò i denti dietro le labbra serrate e sollevò il mento per incontrare un paio di occhi color ghiaccio.
Al contatto visivo, il sorriso di Seifer Almasy si allargò.




Salve a tutti, che bello tornare a pubblicare!
Chiedo perdono ma, oltre ai problemi con internet, queste sono state settimane molto impegnative per me e...non è ancora finita! Per questo chiedo anticipatamente scusa: non sono più in grado di mantenere l'appuntamento settimanale (almeno per ora) e quasi sicuramente non mi farò viva ogni settimana, ma saltuariamente.
Davvero, sto facendo del mio meglio ma ultimamente arrivo a sera che il mio cervellino mi abbandona e senza di lui non riesco a mettere in fila più di due parole che abbiano un senso.

Coooomunque, bando alle lagne e veniamo al capitolo!
Lo so, questa volta mi sono...ehm, fatta prendere un po' la mano (ok, dopo questa mi ritiro per almeno cinquant'anni), ma l'idea di amputarla a Zell ha un suo senso perché per lui è tutto, principalmente la sua arma. Zell sarebbe lo stesso senza i suoi pugni? Io sinceramente credo di no e già senza una mano è stato difficile ritrovare l'essenza del suo personaggio. Infatti avete visto che la sua immagine ha acquisito dei contorni diversi, anche più aggressivi se vogliamo, e da qui le sue diverse intenzioni nel combattimento.
La rabbia focosa di Zell (non a caso gli ho assegnato Ifrid) si contrappone al gelo di Snow (il riferimento alla zona più profonda dell'Inferno è liberamente ispirato a Dante) e alla freddezza con cui gli ha strappato la mano. Il braccio di Snow si trasforma in quello di Cie'th e in questo mi sono ispirata a "Lightning Returns", dove effettivamente il primo stadio della trasformazione in Cie'th interessa il braccio, anche se mi sono presa qualche libertà nella descrizione per farla meglio quadrare con il contesto.
Quanto alla fine del capitolo, la questione è da rimandare al prossimo, in cui sarà tutto spiegato!
Al termine di questa nota chilometrica ringrazio chi mi legge/recensisce e vi do appuntamento al primo sabato in cui riuscirò a pubblicare, promesso!
Ciaaaaao!

   
 
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