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Autore: Bellamy    07/11/2015    1 recensioni
La battaglia tra i Cullen e i Volturi termina in maniera inaspettata: i Cullen perdono, Edward e Bella si uniscono alla Guardia di Aro e Renesmee perde la memoria. I pochi mesi di vita vissuta da Nessie vengono spazzati via.
Dopo quasi un secolo, Aro invita Renesmee a Volterra.
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Breaking Dawn
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No, non mi sono dimenticata di aggiornare! Scusate il ritardo!
Buona lettura!
Bellamy.
 
 
 
 
Ero seduta nel letto disfatto, le gambe incrociate. La mia attenzione era tutta per un antico libro molto misterioso: non vi era scritto nessun titolo o nome dell’autore, le pagine erano quasi sbiadite per via del passare del tempo e la lingua era quasi indecifrabile ma ero quasi sicura che era latino, forse greco.
Nella pagine sbiadite, quasi umidicce, vi erano disegnate delle figure raccapriccianti con i canini e peluria in tutto il corpo. Sembravano dei personaggi allegorici di carnevale ma era ovvio che rappresentavano i vampiri.
Non masticando bene le lingue classiche, rimasi a fissare il libro per un po’ di tempo. Sarebbe stato interessante per Carlisle.
La cicatrice bruciava ancora, come lava che scorreva nel mio stomaco. Trattenevo il respiro per sostenere il dolore e le fitte che mi procurava, ero in un totale stato di apnea.
Era ormai pomeriggio e stava piovendo forte, le gocce pesanti picchiettavano contro il vetro della finestra appannata. Il cielo era grigio scuro illuminato però dai fari bronzei della piazza, il vento sferzava i grandi abeti attorno.
Lasciai il libro nel letto e mi avvicinai alla finestra a dare un’occhiata: il temporale era minaccioso e in piazza ovviamente non c’era nessuno, le case vicine erano illuminate, gli abitanti erano tutti riuniti davanti alla televisione con una bevanda calda e qualche dolce.
In un piccolo palazzo al primo piano c’erano un bambino che stava giocando con dei camion giocattolo proprio davanti alla finestra di fronte alla mia. Il maschietto stava facendo vorticare in aria il camion giallo facendo con le mani delle grandi giravolte. Facendo quel gesto i suoi occhi si scontrarono con i miei. Verdi contro castano.
Gli sorrisi.
In teoria dovevo coprirmi e far credere a quel bambino che ciò che aveva visto l’aveva immaginato. In pratica mi fece piacere che quel maschietto con i capelli biondo oro posò gli occhi su di me. Mi diede quella sensazione di ordinario che tutti gli umani vivevano che io non avevo mai vissuto veramente.
Il bambino ricambiò il mio sorriso e si voltò verso qualcuno indicandomi con una mano. Era il momento giusto per allontanarsi dalla finestra.
Sospirai e mi strinsi con le mie braccia. Sentivo freddo e il camino era spento ed irradiava ancora più freddo.
Mi sedetti in una poltrona e presi il violino lucido tra le mani. Ero annoiata, potevo sgranchirmi le mani. Iniziai a suonare. Una sinfonia tranquilla e armoniosa di qualche antico compositore di cui non ricordavo il nome.
Sembrava che le note fossero l’unica cosa che potevano dare vita a Volterra, addormentata tra la nebbia e la pioggia.
La musica riecheggiava tra la mia stanza, la piazza, nei lunghi corridoi del castello, forse anche nelle case degli abitanti.
La musica occupava il vuoto che quella cittadina irradiava interminabile. Il vuoto che avevo dentro di me.
La melodia prese un’altra svolta: pian piano divenne più triste, più nostalgica, adatta proprio al mio corrente stato umorale e al tempo fuori la finestra.
Toc toc.
Presa dalla frenesia provocata dalla musica che stavo suonando, il violino mi cadde tra le gambe appena fui interrotta dal richiamo alla porta.
Toc toc.
Frettolosamente rimisi a posto il violino accanto al camino e corsi alla porta.
Trattenni un verso di lamento. Era ancora lei.
La poco gradita visita clandestina che mi fece la sera precedente la dimenticai subito ritornando con la stessa velocità con cui se n’era andata.
Mi sentii cattiva a pensarlo, ma non la volevo accanto me. Mi sentivo più che a disagio.
Malgrado tutto, dovevo ammettere che nessuno era più bella e perfetta quanto Bella stessa. Era una dea scesa in terra. Indossava un vestito di seta e veli lunghi che ricordava tanto un macabro vestito da sposa color nero anziché bianco o color avorio. Mi chiedevo ancora se era quello il codice di abbigliamento per i Volturi o erano solamente gusti della vampira.
“Dobbiamo andare?” le domandai prima che lei potesse dire qualcosa, senza aria nei polmoni.
Lei si destò dai suoi pensieri: “No.”
La guardai, confusa, senza capire. E allora?
“Posso entrare?” mi chiese lei, le braccia dietro la schiena.
Potevo dirle di no? Si sarebbe offesa? Era una qualche prova di Aro? Cosa voleva?
“C-certo.” Feci facendomi da parte per farla entrare.
“Grazie.” Mormorò lei sbattendo le lunghe ciglia nere. Padrona della situazione, come se fosse a casa sua (in effetti lo era), si mise a sedere in una poltrona davanti al camino, muovendosi con grazia tra la stanza.
I veli lunghi del vestito parevano galleggiare nell’aria presi da vita propria come tanti demoni che le roteavano attorno. Scossi la testa per rimuovere il pensiero.
Io rimasi un attimo davanti alla porta, sconcertata per la sua sfacciataggine. Volevo pizzicarmi il braccio per vedere se stavo sognando o meno.
“Il camino è spento.” Disse Bella corrucciata “Non senti freddo? Nessuno è venuto ad accendertelo?”
Sbuffai e mi misi comoda nella poltrona accanto: “Non mi sembra tanto strano che qualcuno non si prenda la briga di accendere un fuoco per riscaldarsi quando si è in un castello infestato di vampiri.”
Bella mi guardò, gli occhi sgranati, non disse nulla.
Continuai “Tranquilla, non ho quarantadue gradi corporei per niente.” Era tutta questione di genetica ibrida.
Scosse la testa, contrita “Non è giusto che la tua stanza rimanga al freddo però, sei comunque nostra ospite.”
Mi abbracciai le gambe e feci spallucce “Sei molto carina ma non cambia molto.”
“Provvederò.” Affermò sicura Bella toccandosi nervosamente le mani. “Stai bene?”
Feci una risata sarcastica “Mai stata meglio!”
“Sei sicura che non ti sei fatta male ieri?” chiese apprensiva.
In quel momento la cicatrice brucio “Non mi sono fatta nulla.” Tutte quelle attenzioni non mi piaceva, mi mettevano in allerta. Non era convincente. O ero troppo scettica io?
Annuì velocemente, nervosa, continuando a torturarsi le mani.
La guardai per un attimo “Invece lei? Sta bene?’”
Iniziò a giocherellare con il suo anello con tanti diamanti incastonati in un ovale. Si afflosciò pesantemente nella poltrona e guardò in alto verso il tetto.
Era… giovane. A quanti anni poteva essere stata trasformata?
“No.” Sussurrò alla fine, come sfinita.
La guardai, incuriosita, “Perché?”
Si voltò verso di me, il grigio del cielo che filtrava dentro la camera la rendeva ancora più pallida, i suoi occhi rossi erano diventati neri. Il suo volto era stanco, sfinito.
“Per quello che sta succedendo. Non dovresti essere qui, Renesmee.”
Scattai in piedi “Finalmente qualcuno che l’ha capito! Ti prego, parli con Aro. Dica di mandarmi via.”
Iniziai a tremare e a sentire freddo, mi rimisi seduta nella poltrona mentre le mie lacrime minacciavano di straripare dai miei occhi.
Bella si sporse verso di me, gli occhi tristi. “Ho provato. Me lo impediscono.”
Ma lei era Bella! Era il fantasma di Aro! Sempre dietro le sue spalle! Si muoveva lui, si muoveva lei. Possibile che non lo influenzasse nemmeno un po’?
Mi sentii cadere da un pozzo infinito, senza fondo. Una porta chiusa a chiave. Una faccenda chiusa. Un discorso dimenticato.
Questa volta fui io ad accasciarmi nella poltrona.
Non hai provato abbastanza. Le volevo dire. Non glielo potevo dire: non la conoscevo e non potevo pretendere nulla da lei. Anche se fosse, era sempre tra le mani di Aro.
Tutta quella sincerità non mi andava bene. Perché sedersi in una poltrona della mia momentanea camera ed esporre un certo argomento? Perché si preoccupava di me? Perché? A quale scopo? Potevo crederle? Veramente non voleva che io stessi a Volterra?
Volevo crederle ma fallii.
Rimanemmo zitte. Non sapevo per quanto tempo ma il silenzio era l’unica cosa di cui avessi bisogno in quel momento.
“Perché è qui?” le sussurrai.
“Non voglio che tu soffra, Renesmee. Non te lo meriti.”
Il mio cuore perse un battito e il mio stomaco si chiuse. Sentii un calore strano dentro di me, mai provato.
“Non dovrebbe. Non ne ha motivo.”
“Non mi conosce.” Continuai fissando il tappeto rosso porpora sotto di me.
Una sua mano fredda come il ghiaccio prese la mia “Quanto ti vorrei conoscere.”
Guardai le nostre mani intrecciate e le slacciai immediatamente. La mano bruciava e bramava di nuovo il suo tocco. Mi sentii a disagio, volevo che se ne andasse. Ti prego, va’ via!
“Quanto vorrei sapere perché sono qui.” Dissi di rimando.
Bella si alzò dalla poltrona e abbracciandosi iniziò a camminare avanti e indietro davanti al camino.
“Io ho provato. E continuo a provare!” si fermò per guardare fuori la finestra, verso la parte interna del castello. Dopo si voltò verso di me.
“Renesmee, credimi. Io mi oppongo a ciò che ti fa Aro.”
Mi alzai e andai verso di lei, eravamo quasi la stessa altezza.
“Perché questo? A quale scopo?”
Bella mi guardò, affranta e sofferente. “Credo proprio per conoscere meglio la tua razza, Renesmee.”
“Solo? Non sembra.”
“Cercherò di evitare ciò che mi è possibile. Promesso.”
Mi allontanai di qualche centimetro “Perché lo fa? Perché vuole conoscermi?” E’ una trappola!
Fece un gesto veloce con la mano “Dammi del tu.”
“Rispondi alle mie domande.”
“Perché voglio una amica.”
Ricadde il silenzio in stanza, di nuovo, più pesante. Non ero pronta a questo. Una vampira, del clan più potente al mondo, chiedeva ad una improbabile mezza vampira di diventare amiche.
Tutto questo era assurdo ma qualcosa dentro di me aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno, di parlare, di dar voce ai propri pensieri.
“Hai bisogno di un’amica.” Mormorai.
“Tutti ne hanno bisogno.” Rispose.
Mi ritornò in mente Nina, non la sentivo da tempo e mi mancava davvero tanto. Avevo davvero bisogno di parlare con Nina. Non mi ero fatta sentire. Era offesa? Era una reazione normale e comprensibile. L’avrei più rivista? Speravo ardentemente di si.
Fissai gli occhi rossi scuro di Bella e vedevo in lei una donna immortale sola, nostalgica, triste.
“E’ vero.” Concordai io.
Iniziò a mordersi il labbro inferiore come se si fosse accorta di dire una parola di troppo. Si mosse verso la porta “Ti lascio sola. Spero di non doverti disturbare più.”
Con lo sguardo puntata al pavimento sotto ai nostri piedi, sparì dietro la porta che si chiuse senza far rumore.
Arrivederci. Pensai e mi gettai nel letto.
Con tanti pensieri angoscianti in testa.
 
 
“Svegliati.”
Aprii gli occhi e seduta accanto a me si trovava di nuovo Bella con uno sguardo tranquillo in volto.
Balzai nel letto e mi misi seduta, mettendomi a debita distanza dalla vampira. Cosa voleva ancora? E perché non aveva bussato?
“Scusa.” Disse con un piccolo sorriso “Ho bussato ma non hai sentito. Dormivi sodo.”
“Che succede?” domandai stropicciandomi gli occhi.
Bella fece un sospiro, il suo umore cambiò. “Dobbiamo andare.”
“Okay.” Dissi e scesi dal letto.
Ci dirigemmo verso la sala delle Udienze a detta di Bella che non mi disse nient’altro ed io non chiesi altro.
Era calata la sera ed aveva smesso di piovere e nell’aria c’era quell’odore di pioggia di cui ero tanto abituata a sentire, per un attimo mi sentii a casa.
Alessandra era ritornata a sedersi dietro la sua scrivania. Si stava rifacendo il trucco che ripose immediatamente nel cassetto quando ci vide arrivare..
“Ciao.” La salutai sussurrando facendole un gesto della mano. Mi misi a ridere perché era buffa.
“Renesmee!” disse lei sorridendomi.
Sentii gli occhi di Bella fissi su di me, non dissi nulla. Si aprirono le porte.
Di sera, la sala diventava molto sinistra, molto più fredda e poco confortevole.
C’erano tutti, tranne le mogli. Al centro c’era un ragazzo, umano, il volto terrorizzato. Si guardava intorno senza sosta. Appena mi vide notai che fece un respiro di sollievo. Negli occhi vedevo il terrore ma cercava di nasconderlo cercando di avere un atteggiamento tranquillo e sicuro.
Mi misi accanto al ragazzo: ero molto più alto di me, poteva avere sedici o diciassette anni. Era magro, portava i capelli castano scuro, abbastanza lunghi e spettinati, aveva gli occhi azzurri.
Mi guardò negli occhi ma non disse nulla. Era spaventato, attraverso un mio sguardo cercava una rassicurazione. Si avvicinò a me, il suo braccio toccava la mia spalla.
Bella si mise accanto ad Edward. Lui le strinse la mano e lei si mise dietro di lui. Edward fissava a terra, come se stesse ascoltando qualcosa molto attentamente. La mascella rigida.
“Buonasera.” Dissi a denti stretti mentre i miei occhi passavano dal ragazzo, totalmente e normalmente umano, al totalmente e anormalmente vampiro Aro.
“Mia cara Renesmee! Sono felice di vederti sempre splendente! Anche quando il giorno prima hai battuto un vampiro molto più grande di te! Sono ancora stupefatto e ammirato!”
Il ragazzo accanto a me mi guardo a bocca aperta. I suoi occhi vagavano nel mio corpo.
Al contrario, Aro lo guardava ancora perplesso “Ancora non credi che sei circondato da vampiri?”
Il ragazzo non disse nulla.
Aro continuò subito “Bè, Renesmee è mezza vampira.” Lo disse come se fosse qualcosa di così ovvio.
Guardai il ragazzo sconosciuto davanti a me “Mi dispiace.” Gli dissi con gli occhi sperando che capisse. Lui mi guardava e scosse la testa.
Aro ritornò a sedersi nel suo solito trono “Renesmee, giorni fa hai rifiutato il nostro invito a… nutrirti.”
La fame si fece risentire, dando colpi violenti nel mio stomaco. Avevo completamente dimenticato che stavo morendo di fame.
Strinsi i denti “Si.”
Aro fece un’espressione strana, non seppi decifrarla. Pose avanti le mani e continuò “Sei una mia ospite. Una parente di un mio grandissimo amico. Non voglio che tu sia assetata.”
Sgranai gli occhi. La mia gola si chiuse all’instante. La presenza del ragazza accanto a me si fece più grande.
“Nutriti Renesmee.”
Feci un passo indietro, allontanandomi da quella figura slanciata che avevo accanto “No.”
Aro fece una espressione addolorata, offesa. “Renesmee, per favore.” Disse indicando con un elegante gesto della mano il ragazzo.
I miei occhi puntarono verso la sua giugulare pallida, il mio naso captò il suo odore dolce. Avevo fame e già pregustavo il dolce calore del sangue che scendeva attraverso la mia gola.
Lui si girò verso di me, i suoi occhi azzurri imploravano pietà. “Ti prego, non farlo. Non uccidermi.”
“Renesmee.” Riprese Aro con voce dura.
“Non ucciderò nessuno!” urlai e vidi Bella che scuoteva la testa, dietro Edward.
“Va bene.” Sussurrò Aro sorridendo. “Alec, vorresti tu?”
“No!” urlai.
Il vampiro si mosse come una nube nera sopra il ragazzo che era caduto a terra. Urlò e si contorse per un paio di secondi per poi smettere.
Alec, impeccabile, si mise in posizione eretta. “Grazie, signore. Credo che lo stia rendendo immortale.”
Aro guardò il ragazzo a terra, aveva gli occhi chiusi e non faceva nessun rumore. Era pallido in viso. Impossibile, era morto.
“Non preoccuparti, mio caro. Penso proprio che questo giovane ci riserverà tante sorprese.” 
  
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