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Autore: Little_Lotte    08/11/2015    4 recensioni
" Non dimenticherò mai la prima volta che ho indossato un paio di scarpette da ballo.
E' stata una sensazione davvero strana e, al tempo stesso, talmente piacevole da non poter essere paragonata a nessun'altra gioia provata prima di allora: il mio gelato preferito, le gite in barca con i miei genitori, il primo goal segnato durante il torneo scolastico... Niente di tutto ciò si avvicinava minimamente a quel magico momento in cui, per la prima volta, sentì il calore di quelle minuscole calzature avvolgermi il piede."
[Il racconto di un primo ballerino e dalla sua lenta, emozionante scalata al successo.
Liberamente tratto dalle vicende narrate dal film "Billy Elliott."]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante io non sia una ballerina, ho voluto cimentarmi in questo piccolo esperimento e spero di essere riuscita, almeno in parte, ad entrare nello spirito giusto.
Dedico questo racconto a tutti i ballierini e le ballerine che leggeranno. 


 


Non dimenticherò mai la prima volta che ho indossato un paio di scarpette da ballo.

E' stata una sensazione davvero strana e, al tempo stesso, talmente piacevole da non poter essere paragonata a nessun'altra gioia provata prima di allora: il mio gelato preferito, le gite in barca con i miei genitori, il primo goal segnato durante il torneo scolastico... Niente di tutto ciò si avvicinava minimamente a quel magico momento in cui, per la prima volta, sentì il calore di quelle minuscole calzature avvolgermi il piede.

E dire che all'inizio si era trattato solamente di un gioco: “Perché non provi anche tu?”, aveva detto mia sorella, vedendomi così incuriosito di fronte alla sua lezione di danza “Alla maestra non dispiacerà, vedrai che sarà divertente!”

A me sembrava solo una ridicola perdita di tempo.

Avevo solamente dieci anni, certo, ma ero abbastanza grande da capire in che direzione andasse il mondo: Ai ragazzi non è permesso danzare, sarebbe una cosa del tutto sconveniente; i ragazzi giocano a calcio, vanno in bicicletta o fanno pugilato, non possono certo fare i ballerini!

E' roba da femminucce.” risposi io “Non fa per me, non sono mica un frocetto.”

Mia sorella, però, continuo ad insistere.

Lo vedo che ti caghi sotto dalla paura, temi di fare una pessima figura e di non essere abbastanza bravo! Lo so che cosa stai pensando, hai il terrore che io possa essere più brava di te in qualcosa.”

A quel punto, dopo aver fatto leva sul mio enorme spirito di competizione, non mi fu più possibile tirarmi indietro; mi presentai a lezione la settimana successiva, con indosso una vecchia tuta da ginnastica ed un sorriso beffardo e strafottente, che l'insegnante di danza sembrò non gradire particolarmente.

In ogni caso, non ebbe niente da ridire riguardo al mio desiderio di fare una lezione di prova.

La danza è una nobile arte alla quale chiunque può avvicinarsi, se dotato della giusta disposizione d'animo.” mi disse “Impossibile giudicare simile disposizione dal semplice modo in cui ti sei presentato al mio cospetto, dunque adesso fila alla sbarre assieme a tutte le altre e fammi vedere quel che sai fare.”

Non potei fare altro che eseguire i suoi ordini, ulteriormente stimolato nella mia vena competitiva.

Da bravo atleta quale ero, non ebbi molte difficoltà ad imitare tutti i passi ed i movimenti delle altre allieve: ero molto coordinato e dotato di un ottimo equilibrio, praticamente mi ritrovai a dare del filo da torcere a tutte quelle bambine che si trovavano attorno a me, suscitando – naturalmente – non poca invidia da parte loro.

Alla fine della lezione mia sorella rimase talmente sorpresa dalle mie doti inaspettate che non osò neppure prendersela con me per aver – come era ovviamente prevedibile – vinto la nostra scommessa; al contrario, non fece altro che riempirmi di complimenti ed elogi.

Sei un talento nato, dovresti continuare a prendere lezioni di danza!” mi disse.

E persino la sua maestra di danza sembrava essere della stessa idea.

Sarebbe un vero peccato se un talento come il tuo andasse sprecato. Mi auguro fortemente di rivederti qui, alla prossima lezione.”

Fare ritorno a lezione di danza... Non avevo minimamente pensato a questa eventualità! Per me si era trattato semplicemente di un gioco, di una ridicola scommessa fatta con mia sorella, per dimostrarle ancora una volta quanto fossi più bravo di lei in qualcosa.

Non era contemplato alcun ritorno eppure, quando mi ritrovai ad esaminare concretamente questa eventualità, non riuscii veramente a trovare una valida ragione per cui dover rifiutare.

In fin dei conti, era stato divertente.

Bizzarro, certo, ma decisamente piacevole e stimolante; mi era piaciuto partecipare a quella lezione, anche se si era trattato solamente di stupidi e noiosissimi esercizi ero stato felice di vedermi così determinato e sinceramente portato nel fare qualcosa.

E poi, quelle scarpette...

Non riuscivo più a togliermele di dosso, sembravano ormai diventate parte integrante della mia persona; come potevo accettare di porre per sempre fine a quell'avventura? E come potevo pensare che potesse essere una cosa tanto sbagliata, se mi aveva fatto sentire tanto bene?

Forse, tutto sommato, la danza non era davvero uno sport per ragazzine.

Forse tutto ciò che mi avevano sempre detto era sbagliato, forse non dovevo sentirmi meno “maschio” solamente perché desideravo ballare.

E se mia sorella e la sua insegnante non si fossero sbagliate nel vedere in me un grande talento?

Magari la danza era veramente la mia strada, anche se io non lo avevo ancora capito.

Così, decisi di andare avanti e di sfidare ancora una volta me stesso, per scoprire fino a che punto potessi effettivamente spingermi ed arrivare.

I primi tempi furono i più difficili: gli allenamenti erano duri e continui, e per quanto il mio fisico atletico e la mia preparazione mi aiutassero a sopportare lo sforzo, mi sembrava sempre di non riuscire mai a dare abbastanza.

Stavo diventando sempre più ambizioso, il che era decisamente un bene, almeno secondo la mia insegnante.

Significa che desideri veramente diventare un ballerino, più di qualunque altra cosa. La dedizione e la costanza sono i maggiori punti di forza di un vero ballerino e tu, ragazzo mio, possiedi entrambi; questo potrebbe significare molto, in futuro, non dimenticarlo.”

Inizialmente non capii il vero senso di quelle parole.

Non riuscivo a pensare a come potesse esserci un futuro, per me esisteva solo il presente ed il mio presente era sempre e soltanto quello: danzare.

Il resto non era poi così importante, se potevo ballare.

Certo, all'inizio tutto era nato come un gioco, ma alla fine era diventato qualcosa di più.

Era parte di me, ogni singola fibra del mio corpo viveva con il solo ed unico scopo di danzare, fino allo sfinimento. Non si trattava più di quanto fossi bravo o della competizione con mia sorella, col tempo smisi completamente di mettermi a paragone con gli altri ed imparai semplicemente a ballare per me stesso, senza domandarmi di ciò che avrebbero pensato di me le altre persone.

Ero libero e questo mi faceva sentire felice.

Al futuro neanche ci pensavo.

Eppure, un bel giorno, il futuro venne a bussare prepotentemente alla mia porta, nella maniera più impensata ed inattesa possibile: La Juilliard School of New York.

Un'audizione inaspettata, così come le parole che giunsero da parte della mia insegnante di danza.

E la tua grande occasione e non puoi permetterti di tirarti indietro: la danza è il tuo destino e questa potrebbe essere l'unica occasione che hai per realizzare pienamente i tuoi sogni.”

La mia unica occasione.

Certo, lo sapevo benissimo: mio padre, rimasto ormai vedovo, non guadagnava abbastanza da riuscire a pagare la scuola sia per me che per mia sorella e vista la mia scarsa inclinazione per lo studio, era piuttosto facile immaginare chi dei due avrebbe dovuto rinunciare al College; il paese dove abitavamo non era poi così grande ed io sapevo benissimo quale sarebbe stato il mio destino.

Se fossi stato abbastanza fortunato, mi sarei ritrovato a gestire l'officina meccanica di mio padre per il resto della mia vita.

La danza, invece, avrebbe potuto essere la mia salvezza.

Certo, non mi sarebbe mai stato possibile praticarla a livello professionale in quel buco di città nel quale vivevo, ma New York... Beh, quella era tutta un'altra storia! Trascorsi molto tempo a domandarmi se quello fosse veramente il mio sogno, se la danza potesse diventare davvero il mio futuro, la mia ancora di salvezza per garantirmi un destino migliore di quello che mi avrebbe atteso se fossi rimasto per sempre al mio posto.

Per cui decisi infine che, sì, valeva la pena di provare.

Forse non sarei neanche stato all'altezza di quella sfida, ma se non avessi tentato non lo avrei mai scoperto.

Sfortunatamente non fu facile, per me, riuscire a convincere mio padre a lasciarmi provare; a malapena era riuscito ad accettare la mia partecipazione alla classe di danza e l'idea di trasformarmi in un ballerino professionista era semplicemente fuori discussione.

Ricordo che non ci parlammo per settimane, lunghissime settimane durante le quali – in silenzio – continuai imperterrito ad allenarmi per la mia audizione; mio padre mi aveva proibito di presentarmi, ma io non riuscivo ad accettare l'idea di dover rinunciare ai miei sogni e così andai avanti per la mia strada, nella speranza che – prima o poi – sarebbe accaduto un qualche miracolo.

Ed il miracolo, alla fine, accadde davvero.

Era l'anniversario della morte di mia madre ed il destino volle che, proprio quel giorno, si svolgessero i saggi di metà anno nella mia scuola di danza; papà non sarebbe certo venuto a vedermi, ma mia sorella insistette talmente tanto affinché assistesse al suo spettacolo, che non poté certo tirarsi indietro.

Alla fine, suo malgrado, fu costretto a vedermi ballare.

Ed immagino che fu proprio in quel momento, quando per la prima volta mi vide esprimere tutto me stesso attraverso la danza, che comprese: comprese che nulla al mondo mi avrebbe mai reso tanto felice quanto la possibilità di esprimermi su di un palcoscenico e che avrebbe finito per maledirsi in eterno, se mai mi avesse impedito di partecipare a quell'audizione.

Col senno di poi, credo che sia stato il pensiero di mia madre – e di ciò che avrebbe detto in merito se fosse stata ancora viva – a fargli cambiare idea e darmi una possibilità.

In effetti, mi piace pensare che mia madre sia sempre stata al mio fianco durante questo lungo percorso, specialmente il giorno della mia audizione: ricordo che mi tremavano le gambe, le mani sudavano ed il mio cuore batteva all'impazzata, avevo il terrore che i miei muscoli mi avrebbero tradito e che mi sarei ritrovato a terra senza neanche accorgermene, facendo così una terribile figuraccia di fronte ai miei esaminatori.

Non andò così.

Ballai splendidamente per tutta la durata del provino, come se il mio corpo fosse semplicemente libero e sciolto da ogni vincolo; era lui a controllare me e non il contrario, come una marionetta nelle mani di Dio.

Sapevo di essere stato semplicemente perfetto eppure, quando ricevetti la mia lettera di ammissione, quasi faticai a credere che fosse tutto vero; era strano pensare di avercela finalmente fatta, di essere davvero sulla buona strana per realizzare i miei sogni.

Certo, non era ancora finito... Anzi, la parte più difficile doveva ancora arrivare!

Io però non ero spaventato e non mi sarei mai permesso di arrendermi, neppure di fronte alle più grandi difficoltà; avevo trovato la mia strada, ero pronto a tessere da solo i fili del mio destino e non avrei mai smesso di sognare, di lottare ed esercitarmi fino allo sfinimento.

Dedizione e costanza, come il primo giorno.

E adesso che per la prima volta mi accingo a spiccare il volo su questo palcoscenico come primo ballerino, tutti quegli anni di sacrifici, di muscoli doloranti e duro lavoro, non sembrano più così terribili come un tempo.

In fin dei conti, ne è valsa davvero la pena.

Non so perché mi ritrovo proprio adesso a ripensare a tutte queste cose; forse perché, una volta raggiunto il proprio obiettivo, diviene piuttosto inevitabile tornare a guardare indietro, al punto di partenza.

Non rimpiango niente di ciò che è stato.

Sono grato a mia sorella, per aver stuzzicato la mia vena competitiva ed avermi fatto avvicinare alla danza per la prima volta; sono grato alla mia prima insegnante e a tutti quelli che sono arrivati dopo di lei, per aver creduto in me ed avermi spronato a suon di lusinghe, rimproveri, consigli e silenzi di approvazione; sono grato a mio padre, per aver capito quanto fossero grandi i miei sogni e non aver permesso al proprio orgoglio di ostacolare la mia felicità.

Soprattutto, sono grato alla danza.

Per avermi scelto fra milioni di persone ed avermi donato tutto questo splendido, meraviglioso talento.


 

N.d.A: Ho deciso di scrivere questo racconto in seguito ad una piuttosto deludente visione del musical di "Billy Elliot"; essendo questo uno dei miei film preferiti, ho provato ad esorcizzare questa grande delusione buttando giù questo breve racconto, in parte - come avrete capito - ispirato alle vicende del giovane ballerino di cui sopra.
Per il titolo, invece, mi sono ispirata al film (sempre dedicato alla danza) "A Time For Dancing".
Grazie a tutti per l'attenzione.

 


 


 


 


 


 





 
  
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