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Autore: Iwuvyoubearymuch    12/11/2015    1 recensioni
Alcuni missing moments dell'amicizia tra Johanna e Finnick
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Primo Incontro
J O H A N N A / F I N N I C K 
I piedi di Johanna Mason avevano iniziato a pulsare immediatamente dopo aver fatto dieci passi in quelle dannate scarpe. Una martellata sui denti, un coltello ben assestato giusto in mezzo agli occhi, una lancia che trapassa il corpo da parte a parte erano solo alcuni degli scenari di morte che avevano intrattenuto la sua mente - e che avrebbe preferito - durante gli ultimi quaranta minuti per distrarsi dal dolore che quei maledetti tacchi a spillo le stavano provocando. E il vestito faceva cagare. A parte il colore vomitevole, era fastidioso; le spalline continuavano a scendere e dopo la quarta volta si era rassegnata a tenerle com'erano. Tanto ci avrebbero pensato quegli idioti dei suoi stilisti appena individuata tra la folla.
Il Tour della Vittoria era giunto alla tappa di Capitol City, il che voleva dire che entro un paio di giorni sarebbe ritornata a casa sua, nel Distretto Sette dove l'avrebbe aspettata soltanto un'ultima festa idiota e totalmente inutile prima di potersi levare di torno tutta quella gente. Almeno per qualche mese, perché non era così ingenua da credere che non avrebbe dovuto fare da mentore per la prossima edizione: carne fresca! Doveva soltanto resistere ancora un'ora, due al massimo, e poi tutto sarebbe finito. Confortata da questo pensiero, si era comportata stranamente bene. Non aveva gridato contro nessuno, aveva acconsentito a qualsiasi merdata avevano voluto buttarle addosso - non solo vestiti, ma anche trucco tipico - e aveva perfino accettato di ripetere come un uccellino tutte quelle cretinate per la gente dei distretti, anche se non pensava di possedere delle soddisfacenti doti recitative. E sapeva che molti non l'avrebbero messa in questo modo - d'altronde era la macchina assassina che aveva finto di essere una buonannulla, per poi uccidere come se stesse mangiando un pezzo di torta senza mostrare alcun segno di quella seconda natura. Problemi loro.
Comunque, il punto era che si era comportata bene. Da buona vincitrice qual era aveva tentato soltanto due volte di disertare la festa senza riuscirci perché c'era sempre qualcuno che la trascinava indietro: stilisti, fans adoranti in vena di chiacchiere. Alla terza volta era andata meglio. Aveva colto al volo l'occasione più confacente - un vecchio idiota aveva scovato tra la gente un pezzo grosso di Capitol attirando l'attenzione di tutti - e se l'era svignata, girando attorno alla villa del Presidente Snow senza sapere davvero dove andare o dove sarebbe finita svoltando a destra invece che a sinistra. Si era ritrovata davanti a una serra - era andata a destra - piena di rose e per un attimo era stata tentata di entrarci, ma rimase dov'era, onestamente troppo disgustata e stanca per fregarsene qualcosa di fiori in quel momento. Forse, prima di tornare di là avrebbe dato un'occhiata.
Si sedette a sull'erba - al diavolo il vestito! - e tirò via le scarpe così velocemente da graffiarsi un polso con il tacco. Ebbe la sensazione di sentire il sangue riprendere a scorrere nelle dita dei piedi e anche le caviglie ne trassero qualche beneficio. Incredibile come un'ascia possa provocarle meno danni di un paio di scarpe. Ma forse, era il caso di domandarlo ai tributi morti nell'arena.
Si massaggiò la pianta per minuti, costringendosi a non pensare a nulla. Più facile a dirsi che a farsi. Era provato: nel momento stesso in cui rimaneva da sola non poteva fare a meno di pensare a quello che era successo, a quello che aveva dovuto fare, ciò a cui avrebbe dovuto assistere da quel momento in poi ogni anno fino a un nuovo vincitore interessante per il suo Distretto e anche in quel caso erano le poche possibilità che il mentore scartato fosse lei con Blight così vecchio e inutile secondo gli standard di Capitol City. Anche adesso, sebbene fosse uscita dall'arena da qualche mese, aveva la sensazione di non esserne uscita affatto e tutto le suggeriva che si sarebbe sentita in questo modo per molto tempo ancora. Era frustrante il modo in cui Snow poteva controllare la sua vita - la vita di tutti i Vincitori - anche a distanza di anni e...
Scattò in piedi in fretta, ma non abbastanza velocemente da avere il tempo di nascondersi. Aveva avvertito un fruscio particolare, il rumore di passi e ciò era bastato per metterla in allarme. Ma era solo il Ragazzo Pesce che aveva visto tante di quelle volte in tv e che ogni volta non smetteva di starle sulle palle. E non solo perché sembrava godere realmente di quei privilegi che Capitol City metteva a disposizione di ogni Vincitore - una casa nuova nella parte migliore del proprio distretto, soldi a palate con i relativi lussi e la fama - ma soprattutto perché era un pallone gonfiato, uno sbruffone montato perfettamente consapevole dell'effetto che aveva sulla gente e che non faceva mistero di usare a proprio vantaggio. Un tipico idiota, di quelli che Johanna poteva incontrare anche nel suo distretto - senza tutte le conseguenze dell'essere un Vincitore, ovviamente - che normalmente avrebbe trovato sexy da paura e che, non era restia nel nasconderlo, avrebbe anche stuzzicato il suo interesse a livelli tutt'altro che platonici. Magari, se non avesse dovuto trucidare quel ragazzino dell'Otto e letteralmente sgozzato nel sonno il bestione del Due, ed essendo ancora la Johanna Mason - sarcastica, maschiaccio, serenamente egoista in alcuni momenti, lievemente imbarazzata nell'interagire con persone dell'altro sesso che le interessavano - avrebbe anche potuto ammettere che Finnick Odair possedeva un certo fascino e che cedervi poteva essere una reale possibilità. Ma non era più la Johanna di prima. Quella se n'era andata in un momento indeterminato tra la consapevolezza di dover morire e l'intenzione di sopravvivere a spese di tutti gli altri. Non era sicura di quanto le piacesse la nuova Johanna. 
"Johanna Mason" disse lui, e la sorprese. Non che l'avesse riconosciuta perché oramai tutta Panem conosceva la sua faccia, il suo nome, la sua storia prima e dopo gli Hunger Games. Ciò che la sorprese, e che sarebbe costato a Finnick Odair un dannato pugno sul naso se non avesse tolto quell'espressione dalla faccia, era il modo disgustato in cui aveva pronunciato il suo nome. Quasi come se la stesse giudicando in qualche maniera, le sue azioni, le sue decisioni dal momento in cui aveva messo piede nell'arena. Sapeva che non se lo stava immaginando, perché tutti l'avevano giudicata e anche lei l'aveva fatto a un certo punto dopo essere tornata a casa. La cosa che non si spiegava era perché diamine se ne interessava. Insomma, per come la vedeva lei gli Hunger Games si riducevano a una sola decisione: io o loro? La differenza stava nell'avere o meno il coraggio di fare tutto quello che era necessario per vincere. Lei aveva dovuto trovarlo per tornare a casa da sua madre, suo padre e i suoi amici. Perché gliene facevano una colpa? 
"Finnick Odair" replicò usando lo stesso tono che aveva usato lui. Perché in due potevano giocare a giudica-l-altro. Forse, il Ragazzo Pesce aveva passato troppi anni con la testa fuori dall'acqua e aveva dimenticato cosa lui aveva fatto per arrivare al punto dove si trovava. A soli quattordici anni. In quel senso, non era molto diverso da Johanna. D'altronde quale vincitore poteva dirsi davvero diverso? Quale brava persona che aveva vinto i Giochi della Fame poteva davvero ammettere di esserlo? "Ti staranno cercando, forse dovresti tornare di là" aggiunse, perché era più che decisa a voler trascorrere quelle ultime ore in pace. Prima di tutto perché se lo meritava, dopo lo scarrozzamento in tutti i distretti a farsi trattare come quelle bambole a cui piaceva cambiare i vestiti da piccola; e poi perché non voleva avere nessuno tra i piedi e non le interessava che in quel modo avrebbe ricominciato a chiedersi il motivo di tutto quello che era successo per l'ennesima volta. 
Ma ovviamente Finnick Odair doveva soffrire di un qualche genere di problema cerebrale. Invece di fermarsi e fare marcia indietro, continuava ad avvicinarsi, entrambe le mani nelle tasche del completo blu scuro. Alzo le spalle velocemente e anche più in fretta le riabbassò. "Non sono io l'ospite d'onore" disse e sfoderò uno di quei sorrisi che gli venivano così naturali e che Johanna non faceva fatica a identificare come la causa di molti atti di isterismo da parte delle ragazze di Capitol City. E non solo. Una delle sue amiche, nel Sette, era follemente invaghita di lui e non ne parlava costantemente solo perché Johanna gliel'aveva categoricamente proibito. Soprattutto dopo essere diventata un Vincitore, eccetto che per un'unica domanda - è anche più bello di persona? - che le aveva concesso perché era troppo felice di rivederla. 
Johanna sbuffò e fece segno di no con la testa. "In una settimana ho fatto il pieno di feste e cene da bastarmi per una vita intera" ammise, senza sentirsi neanche per un attimo colpevole. I telespettatori più appassionati degli Hunger Games avrebbero rabbrividito a quelle parole: nessuno di loro sarebbe arrivato a pensare che tutto sommato non c'era niente di entusiasmante o di cui andar fieri nell'uccidere ventitré ragazzini dopo averli messi l'uno contro l'altro con la promessa di ricchezze e prestigio. Dopo tutto quello che aveva passato, rimpinzarsi di cibo e giocare alla modella non sembrava così insostenibile ma alla lunga era arrivata a stufarsi, a desiderare un po' di tranquillità in un mondo che iniziava quotidianamente con le grida dei tributi che aveva ucciso nell'arena. Li risentiva uno a uno, e mentre da un lato si diceva che presto sarebbero scomparse, dall'altro nutriva il profondo timore che le avrebbero fatto compagnia fino alla fine dei suoi giorni. 
"Potrebbe andare peggio" commentò Finnick. Il viso fu attraversato da un lampo di emozione, ma così veloce che Johanna non era sicura di averlo visto davvero, figurarsi di decifrarlo. Non si diede pensiero più di tanto, l'ultima cosa che voleva fare quella sera era cercare di capire come funzionava la testa del Ragazzo Pesce. 
Però il senso della frase la interessava. Forse perché non aveva capito cosa voleva intendere. In che modo poteva andare peggio? Non riusciva nemmeno a immaginare un destino peggiore di quello che stava vivendo e non era che l'inizio di ciò che avrebbe dovuto sopportare. Doveva dirsi che era fortunata solo perché non era morta in quell'arena? Si, magari, gli altri avevano avuto la parte davvero brutta ma non credeva neanche che la sua fosse così divertente. Eppure, c'era qualcosa nel modo in cui l'aveva detto - abbinata all'espressione fuggente che Johanna non era stata in grado di cogliere - che suggeriva dell'altro. "Se scaldare i letti di povere disperate non ti soddisfa più, puoi sempre passare a diverse occupazioni" ribatté, e godette fino all'ultimo istante la faccia da cane bastonato di Odair - perché quella reazione era riuscita a coglierla piuttosto facilmente sebbene fosse durata così poco. E continuava a dirsi che se ne era accorta soltanto perché aveva cercato avidamente quel tipo di reazione, che l'aveva provocata di proposito, ma non di meno gustava il sapore della vittoria. 
"Mi commuove il tuo interessamento, penso che ricambierò il favore" disse, cogliendo di sorpresa Johanna per il modo gioviale e rilassato. In contrapposizione netta con il tono duro e freddo che usò per le parole successive: "Lascia perdere quella porta."
Johanna distolse lo sguardo da lui, rendendosi conto solo in quel momento che non gli aveva staccato gli occhi di dosso neanche per un secondo, e si ritrovò molto più vicina alla serra che aveva snobbato pochi minuti prima. Di preciso, stava armeggiando con la maniglia. Sollevò la mano alla svelta, quasi fosse stata attraversata da una scarica di corrente elettrica. Poi la rimise dov'era perché non aveva intenzione di fare niente che venisse fuori dalla bocca del ragazzo che le stava davanti. Anzi, non voleva nemmeno starlo a sentire. Era già tanto che ci avesse scambiato quelle due parole e lui poteva dirsi fortunato perché aveva liquidato chiunque le si avvicinasse quella sera. Che non si dicesse in giro che Johanna Mason non era una persona disponibile. "Hai fatto il tuo dovere, adesso puoi andartene."
Fu solo pronunciando quelle parole che le venne qualcosa in mente. Perché Finnick Odair stava parlando con lei? E per la prima volta non si stava riferendo in termini di superiorità, lei nei confronti di lui e viceversa. No. Qualcosa le diceva che aveva cercato apposta quell'occasione. Non c'era alcuna spiegazione logica altrimenti. Si era allontanata da quella follia per cinque minuti appena quando l'aveva sentito arrivare  e aveva avuto tutta la serata se voleva solo fare due chiacchiere, non aveva bisogno di aspettare che lei si allontanasse per sguinzagliare perle di saggezza. Anche perché gli invitati, i cameraman non aspettavano altro che due Vincitori si conoscessero. Se poi, una era la Vincitrice Spietata in carica e l'altro era il favoloso Finnick Odair... Forse, lui aveva visto il modo in cui aveva rifiutato qualsiasi tipo di conversazione e non voleva sentirsi ferito nell'orgoglio davanti a tutte le persone più in voga di Capitol City. O forse, anche lui aveva cercato un po' di privacy ed erano finiti casualmente nello stesso posto nello stesso momento. Sbuffò: non sapeva se trovare più raccapricciante il fatto che Finnick Odair desiderasse privacy o che condividessero certi pensieri istintivi. "Che vuoi?" chiese alla fine, perché sapeva che non sarebbe arrivata a niente se avesse continuato a rintanarsi nella sua testa. 
Finnick abbassò lo sguardo solo per qualche istante e fece pochi passi in avanti nella direzione di Johanna. Sfilò una mano dalla tasca dei pantaloni per farla scomparire all'interno della giacca. Il movimento era stato veloce eppure Johanna trovava che fosse durato per minuti interminabili e che in qualche modo lui lo facesse di proposito. Si accorse anche di aver trattenuto il respiro in qualche modo perché lei aveva vinto gli Hunger Games, perché stava per concludere il Tour della Vittoria e perché si trovava in casa di Snow con Finnick Odair - proprio lui tra tanti! - che doveva evidentemente riferirle qualcosa di importante. Dalla giacca vide uscire una lettera e le viscere tremarono e si contorsero e si annodarono e lei sprofondò nuovamente in quella dimensione oscura in cui aveva vissuto subito dopo essere uscita dall'arena. 
Le braccia molli ricaddero lungo i fianchi, trovando appena la forza di alzare quelle dannate spalline. Improvvisamente si ritrovò a rimpiangere quella stola orrenda che aveva abbandonato di proposito sul primo attaccapanni che aveva intravisto. Rabbrividì quando sentì lui pronunciare: "Snow mi ha chiesto di dartela" 
Però ritrovò anche un po' di forza. Perché Snow non era venuto di persona a scambiarsi bigliettini? Perché mandare qualcun altro a fare il lavoro sporco? Nel suo immaginario doveva essere tremendamente ilare e profetico far recapitare quel tipo di messaggio - perché non c'era alcun pericolo che Johanna avesse frainteso il contenuto - dal playboy più famoso e acclamato di Capitol City. Quasi riusciva a vederlo: seduto nel suo ufficio a sorseggiare svogliatamente uno di quei drink dai colori pazzi che servivano lì mentre se la rideva di gran gusto al pensiero della conversazione tanto allegra tra i suoi due Vincitori. Lo odiava. E quasi desiderava di essere ancora nell'arena, con lui e mostrargli quanto era affascinante la lama della sua ascia vista da vicino. 
"Sei anche il galoppino di Snow, adesso?" disse, maledicendosi internamente per la voce tremolante. Perfino il sorriso che aveva cercato di mettere su doveva essere sembrato più una smorfia. Ma non ce la faceva a vedere la faccia di Odair in quel momento. Johanna Mason poteva sopportare parecchie cose e ne aveva dato dimostrazione durante i Giochi, però ce n'era una che proprio non riusciva a mandare giù, dinanzi alla quale proprio non poteva abbassare la testa come un cucciolo indifeso. Ed era la compassione. Non avrebbe permesso a nessuno di compatirla, perché la pietà, la compassione le aveva sempre viste come robe da deboli. Lei non lo era; di tutti i difetti che poteva possedere, la debolezza non era uno di quelli. E non avrebbe permesso a nessuno di pensarlo, non più dopo la breve parentesi all'inizio di quell'incubo. 
Comunque, non allungò la mano per prendere la busta. Sembrava un gesto troppo difficile e le braccia erano così pesanti. 
"Puoi anche riportargliela e ficcargliela nel..." iniziò, ma Finnick la interruppe proprio sul più bello. Tirandole la lettera in faccia. 
"Sei impazzita?" sibilò lui tra i denti, scattando in avanti per afferrarle le braccia probabilmente. Ma al sussulto di Johanna si bloccò. Gli Hunger Games, signore signori: paura costante di tutto e tutti. Lui meglio di chiunque altro dovrebbe capire che puntare un Vincitore è dannoso. "Ci sono microfoni e telecamere e Pacificatori ovunque" 
Da qualche parte nel cervello di Johanna si fece avanti l'idea azzardata che Finnick Odair fosse... non sapeva dire esattamente cosa fosse. O almeno, non sapeva spiegarsi perché improvvisamente averlo lì con lei non era più così rivoltante come lo era circa venti secondi prima. Ma non aveva il tempo e la voglia di pensarci in quel momento. Ci avrebbe riflettuto dopo, sul treno. 
"Me ne frego! Che mi sentano pure!" esclamò, facendo l'esatto opposto di quello che Finnick stava forse cercando di farle capire: non dare nell'occhio, non urlare, non insultare il loro presidente. Ormai, Johanna era al di là di ogni tentativo di comprensione e sottomissione e qualsiasi altra cosa le impedisse di fare e dire quello che voleva e quando voleva. Si erano presi già così tanto di lei; la dignità non era in vendita. "Non sarò la bambolina di Snow!"
"Hai la minima idea di cosa significa quello che stai dicendo?" le domandò lui, gli occhi verdi di una sfumatura più scura. Preoccupati. Allarmati. 
Johanna rise. "Fidati, lo so" rispose. Dopotutto era passato soltanto un mese e mezzo da quando Snow aveva minacciato di uccidere qualsiasi persona che avesse mai amato. Il modo in cui l'aveva detto gridava serietà da ogni parola e pausa a effetto. Ma Johanna non riusciva a crederci. Che poteva fare? Mettere tutta la sua famiglia nell'arena? E per quanto l'idea di rimanere sola la spaventasse, si diceva che quella era solo una tattica del presidente. Non avrebbe ucciso nessuno, in realtà. E come, poi? Come poteva sperare che una cosa del genere passasse inosservata di fronte agli abitati di un intero distretto?
*
Una settimana dopo, Johanna Mason era al funerale della sua migliore amica. Punture d'api. 
  
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