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Autore: Stella cadente    13/11/2015    4 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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XXV.
Verso lo scontro
 
 
 
E quel mio cuore di Inverno è un fiore di Primavera,
che brucia dentro l’Inferno,
come se fosse di cera.
 
 
 
 
Claudie
 
 
Ero alla Corte dei Miracoli da due settimane; più passavano i giorni e più mi sentivo inerme e fuori posto. Stavo realizzando solo adesso che ero stata spodestata, ed era orribile.
Era come se una parte di me fosse stata portata via. Ma stranamente, Eymeric riusciva ad alleviare un po’ quel dolore. Continuavo ad ostentare odio nei suoi confronti, ma tutto quello che volevo era far sì che tutti quei sentimenti repressi si liberassero.
E quando mi aveva guardata in quel modo, poi…
Solo allora me ne resi conto; solo allora capii che quel gitano, ultimamente, si era fatto in quattro per me. Per che cosa, alla fine? Non gli avevo mai dato alcun motivo per un tale comportamento nei miei confronti. Era proprio questo che mi stupiva.
Lo guardai, e mi persi per l’ennesima volta in quegli occhi che, adesso, sembravano giade brillanti.
Mi fissavano con intensità.
«Che cosa c’è?» ruppi il silenzio. Ma ormai lo avevo capito: ero di nuovo succube di quello strano incantesimo che Eymeric mi aveva fatto già da molto tempo.
«Niente, è solo che… Voglio aiutarvi» disse, con una voce così sincera che mi fece paura.
«Ti ringrazio» risposi solo.
Lui sembrò inquieto, per un motivo a me sconosciuto. Sospirò, e sentii che stava lottando contro se stesso per un motivo che mi sfuggiva.
L’aria si caricò subito di elettricità. Elettricità che mi invase quando mi abbracciò con trasporto.
«Vorrei solo che voi stiate bene» disse, quando si fu staccato. «E questo non è il vostro posto.»
«Direi di no» feci. «Ma mi hai strappata via alle fiamme, e… in un certo senso, te ne sono grata.»
Quella frase era stata detta con un tono che non gli avevo mai rivolto. Gli avevo sempre parlato con accento freddo, di disprezzo, poi formale, arrabbiato, disperato, umiliato… E adesso?
Eymeric sorrise, e nel vederlo mi incantai. Poteva esistere una creatura più bella?
«Alla fine ce l’avete fatta, Ministro» scherzò, dolcemente ironico.
Una sensazione di pericolo si fece largo dentro di me.
Perché si sta comportando così?
Perché mi ha salvata?
Erano domande che mi ero posta più volte, nell’ultimo periodo. Che vantaggio gli avrebbe portato impedire che mi uccidessero? Nessuno – anzi. Eppure lo aveva comunque fatto.
Non so cosa ci sia di così diverso, rispetto a prima. Ma qualcosa c’è. Qualcosa è cambiato.
Lo aveva detto, due settimane prima, nelle prigioni. E, man mano che il tempo passava, mi rendevo conto che era vero.
Qualcosa stava cambiando, tra noi.
Lui stava cambiando.
Cercai di ricordarmi quanto fosse in realtà pericoloso, ma mi sentivo come se la mia testa fosse vuota.
Non ebbi il tempo per dire alcunché; Eymeric mi catturò subito in un bacio. Un bacio che portò via tutto. Mi strinse a sé quasi con prepotenza, facendo aderire i nostri corpi alla perfezione.
Io ero completamente annientata; mi venne spontaneo allontanarmi, ma non ci riuscii. Ero tra le sue mani, e non potevo far nulla per distogliermi.
Avvertii di nuovo quel fuoco divorarmi, lo stesso fuoco che aveva tenuto i miei occhi fissi sulla sua sagoma alla Festa dei Folli. Ad occhi chiusi, riuscii ad ascoltare tutte le sensazioni che mi stava regalando solo con un bacio: il mio corpo sembrava aver perso consistenza e ardevo nel sentire le sue braccia strette intorno a me. Fui quasi sicura di essere anche arrossita, perché sentii le mie guance bollire, come se avessi la febbre.
Non potevo più nascondermi, e lui, forse, lo sapeva.
«Vediamo se mi odierete ancora» sussurrò, beffardo.
«Cosa?»
Mi aspettavo di ricevere una risposta, ma non fu così. Eymeric si limitò a rivolgermi un altro sorriso, astuto, malizioso, come se avesse in mente qualcosa.
Si staccò dalle mie labbra e scese verso il collo, lasciando baci lenti, sensuali. Spargeva fuoco su di me, sempre di più.
Lui era il fuoco. Ed io rabbrividivo, inerme. Continuavo a chiedermi che cosa mai mi avesse fatto per indurmi a tutto ciò, ma non riuscivo a liberarmi. Non potevo. Non volevo.
Ero praticamente in apnea.
Eymeric mi dette un lieve morso sul collo, poi mi guardò e rise.
Rise.
Rise di quella risata che aveva fatto la prima volta che l’avevo incontrato, quando era sparito sotto ai miei occhi – una risata divertita, una risata snervante.
Una vampata di rabbia mi invase, arrivandomi fino al cervello.
«Mi chiedo che cosa ci sia da ridere, lurido tagliaborse» sputai con disprezzo.
«Oh, a quanto pare è davvero così: l’odio verso i gitani è infinito, per voi» mi stuzzicò lui. «Beh, in questo caso, credo che dovrei andarmene…»
Fece come per uscire dalla tenda, ma con una forza che stupì anche me lo trattenni per un braccio.
«No» dissi solo, autoritaria.
Lui mi guardò stupito. Non c’era da meravigliarsi che lo fosse, comunque: avevo sempre avuto un aspetto magro e diafano. Gli sarei sempre apparsa fragile, se non fosse stato per la voce imperiosa e la toga da Giudice.
Il cuore mi batteva a mille. Sembrava volermi fracassare le costole.
Tutto ad un tratto, lo tirai con un gesto secco verso di me e ripresi a baciarlo con passione. Mi aspettai di sentirmi sporca, peccaminosa, colpevole, e mi stupii quando mi resi conto che ero soltanto elettrizzata – e molto, anche.
Eymeric sorrise come per cantare vittoria. Allora capii: lo aveva fatto apposta.
Siamo astuti, gitano.
«Vedete che non mi odiate?» fece, con quel ghigno sbarazzino.
«Silenzio, zingaro» replicai, e nel sentirlo ridacchiare il mio cuore sembrò schizzarmi fuori dal petto.
Mi condusse verso il suo giaciglio e sentii gambe e braccia prendere a formicolare.
Ma non mi opposi.
In realtà, capii in quel momento, non avevo aspettato altro.
 
 
****
 
 
Non mi sembrava neanche vero. Era come se tutto ciò non fosse neanche reale. Me ne stavo nella mia bolla di beatitudine, accanto a lui, e riuscivo solo a percepire un vocio ovattato che proveniva da fuori della tenda.
Aprii gli occhi piano e guardai Eymeric, ma mi fermai un attimo prima di svegliarlo. Vidi in un flash l’immagine di lui che dormiva al Palazzo di Giustizia: quella volta lo avevo ammirato a lungo e mi era sembrato di una bellezza unica, con i capelli illuminati dai bagliori del fuoco. Ma adesso… adesso era la cosa più perfetta che fosse mai esistita.
Sul suo viso color caffellatte era dipinta un’espressione di serenità pura, quasi celestiale; i capelli ribelli come al solito andavano in tutte le direzioni. Ammirai la mascella pronunciata e le labbra un po’ socchiuse, piene e rosee, che spiccavano in modo delicato sulla sua carnagione ramata.
Poi mi riscossi.
Che cosa ho fatto?
Qualcosa sembrò attanagliarmi lo stomaco.
Come ho potuto cadere così in basso?
Avevo ridotto la mia vita ad una mera, materiale esistenza per lui.
Per Eymeric.
Quel gitano aveva tenuto piantati i suoi artigli nella mia anima troppo a lungo, e solo ora me ne rendevo davvero conto.
Dovevo tornare al potere e basta. Non potevo perdere tempo.
Come ho potuto?
Il vocio che sentivo fuori mi sembrava il mormorare di persone che dicevano quanto ero riprovevole.
Quando sentii “Virgile Grenonat” mi allarmai ancora di più.
Spostai lo sguardo sullo zingaro.
«Eymeric» lo chiamai. «Eymeric!»
Pian piano, quegli smeraldi ipnotici si aprirono.
Non devo guardarlo.
«Cosa c’è?»
«Sta succedendo qualcosa» dissi, senza mezzi termini.
Si tirò su immediatamente.
«Evidentemente è passata l’alba. Clopin sarà arrivato portando notizie con sé.»
La sua voce era determinata, come se sapesse perfettamente cosa fare. «Devo andare a vedere» affermò. «Voi aspettate qui.»
Si vestì velocemente e fece per uscire, ma lo richiamai.
«Ehm… senti, Eymeric.»
Lui si voltò.
«Sì?»  
Mi schiarii la voce per prendere tempo. Non era semplice dire quello che volevo fargli sapere.
Forza. Devi farlo, Claudie.
«Puoi darmi del tu, se vuoi. E chiamarmi per nome – anche se l’hai già fatto più di una volta. Non mi infastidisce più» snocciolai, fingendo disinvoltura.
Il ragazzo sfoderò un altro dei suoi bellissimi sorrisi, poi disse:
«D’accordo.»
 
 
 
«Signor… ehm, Claudie» mi sentii chiamare da una voce ben conosciuta.
«Dimmi.»
Eymeric era rientrato nella tenda e aveva uno sguardo preoccupato. Anzi, allarmato.
«C’è un problema. Grenonat ha incarcerato anche i Giudici» disse, tutto d’un fiato.
«Che cosa?»
L’inquietudine cadde su di noi. Un brivido mi attraversò la schiena: la situazione era anche peggio di quel che pensassi.
«Ha nominato Olympe de Chateaupers Giudice. È venuto a sapere che sei qui.»
Tutte quelle informazioni mi frastornarono. Olympe giudice? Grenonat che sapeva che io mi trovavo alla Corte dei Miracoli?
Che diavolo stava succedendo in città?
«Scusa, e come l’ha saputo?»
Guardai il volto di Eymeric con più attenzione. Solo allora mi accorsi che aveva un’aria distrutta. I suoi occhi erano rossi e stanchi. Era come se… come se avesse appena pianto.
«Ha preso mia sorella. L’ha torturata fino a che non gli ha detto tutto.»
Si passò una mano sul viso lasciando un sospiro che sapeva di lacrime.
Silenzio.
«Devo andare a prenderla» disse subito.
«No» lo fermai. «Devi restare qui.»
«E lasciare che mia sorella muoia
Quelle parole furono come una stilettata al cuore, ma decisi di non cedere.
«È quello che lui vuole, Eymeric. Non farlo.»
«Mi stai chiedendo l’impossibile!» esplose.
«E tu stai dimenticando che io ero un Giudice, e so come potrebbe pensarla Grenonat.»
Si zittì.
Poi mi guardò come se volesse incenerirmi, in un’espressione molto familiare a quella che mi rivolgeva tempo prima.
Uscì dalla tenda senza dire niente, e per tutto il giorno non lo rividi più.
 
 
 
****


Avevo lasciato in pace Eymeric nei giorni seguenti, ma saperlo triste mi straziava. Non lo avevo mai visto così, in più i sensi di colpa non facevano che attorcigliarsi dentro di me.
Adesso avevo capito che dovevo prendere la situazione in mano. Da troppo tempo me ne stavo a trastullarmi, e da troppo tempo a Parigi regnava il caos. Qualcuno doveva riportare l’ordine, ed ero perfettamente consapevole del fatto che quel qualcuno fossi io.
«Dunque, sappiamo che Grenonat ha incrementato le ricerche e le condanne verso gli zingari, dico bene? Ma se non erro, ha coinvolto anche i parigini. Sicuramente li ritiene tutti peccaminosi, una massa damnationis… altrimenti non mi spiego un simile comportamento» riflettei ad alta voce.
«Sai, ora capisco perché andavate così d’accordo» disse Eymeric, inarcando un sopracciglio.
«Silenzio! Non è il momento di scherzare, adesso.»
Lui si ammutolì.
«Dobbiamo fare qualcosa in fretta, Eymeric. Lo sai anche tu» dissi, decisa.
«Sì, ma non so come» fece lui, sospirando.
«Io sì. E non mi importa quanto sarà complicato. Riuscirò a riportare Parigi a com’era prima» ribattei.
«Dovresti parlare con Clopin. Io non posso fare nulla» disse, asciutto.
Quella rivelazione fu inaspettata.
«Cosa? Io devo parlarci?»
«Beh, sei tu quella che prende le decisioni importanti, dico bene Ministro?» replicò, quasi con dolcezza.
Sospirai.
«Molto bene. Dove si trova?»
 
 
Quando entrai nella tenda di Clopin Trouillefou mi aspettavo di vedere una stanza sciatta e disordinata; invece mi trovai in un ambiente colorato, ma in cui stranamente ogni cosa pareva avere una posizione precisa e meditata. Il Re dei gitani mi accolse con uno sguardo freddo, che io ricambiai. Non avevo paura di lui, né lui aveva paura di me: c’era soltanto diffidenza tra noi.
«Salve» esordii. «Sono qui per un colloquio con voi» dissi il più formalmente possibile, pronunciando di malavoglia il “voi”.
L’ultima cosa che mi sarei immaginata di fare nella vita era chiedere aiuto ad uno zingaro, ma la situazione mi aveva messa alle strette.
«Sì» fece lui, con l’ombra del sospetto ben marcata nella voce beffarda – da tagliaborse, mi venne da pensare. I suoi occhi scuri mi scrutavano attentamente, come a volermi leggere nel pensiero per vedere quale fosse il mio reale obbiettivo. Non si fidava di me, era chiaro.
«Che cosa volete?» aggiunse, inarcando un sopracciglio.
«Ho bisogno dell’attenzione del vostro popolo. Credo di sapere come riuscire a far sì che cessi questa follia» mi limitai a dire.
Ci fu un attimo di silenzio in cui Clopin continuò a guardarmi, poi disse:
«E chi mi garantisce che non ci userete solo per i vostri meschini scopi? Chi mi garantisce che, una volta tornata al potere, non ci perseguiterete come prima, se non peggio? Eymeric si fida di voi. Ma chi mi dice che anche tutti noi possiamo fidarci di voi, Giudice Frollo
Mi venne da ridere malignamente, ma mi trattenni e scelsi un approccio più diplomatico.
«Nessuno, Clopin Trouillefou» iniziai. «Ma non avete altra scelta. Siete perfettamente consapevoli che non basterete a fermare tutto ciò.»
«E voi invece sì?» ribatté prontamente lui, con l’astuzia tipica degli zingari. «Dimenticate forse che siete stata spodestata da Virgile Grenonat?» alzò un sopracciglio con aria canzonatoria, sorridendo sarcastico.
Venni assalita da un’improvvisa voglia di costringerlo ad ascoltarmi usando metodi ben diversi, ma mantenni il controllo ancora una volta.
«So benissimo quello che è successo» ammisi. «Tuttavia, adesso non ho alcun potere, e devo poter contare sul vostro aiuto. Ho un piano.»
L’espressione dello zingaro, in quel momento, cambiò.
«Che genere di piano?»
«Intendo dichiarare scontro aperto a Grenonat. Prima o poi il Re dovrà accorgersi che c’è qualcosa che non va in ciò che sta facendo. Finché si concentrava sugli zingari la situazione era normale» mi guadagnai un’occhiataccia, ma la ignorai «ma adesso il bersaglio della follia di Virgile è anche la stessa Corte di Giustizia. È questo che io vorrei, secondo voi?»
Silenzio.
«E secondo voi avrei il coraggio di tornare a massacrarvi, dopo che mi avete aiutata?»
Nel sentire quella frase il volto del Re dei gitani prese un’espressione stupita.
«Non posso fidarmi della nostra persecutrice» disse. Ma sapevo che le sue difese stavano crollando una per una. Glielo leggevo negli occhi.
«Dovete» ripetei con determinazione. «A meno che non vogliate lasciare la situazione così com’è.»
Silenzio.
«Ho saputo che Antea, la sorella di Eymeric, è stata deportata e torturata.»
Clopin digrignò i denti.
«Tutto ciò non vi riguarda, maledetta!» esplose.
«Vi ripeto: io posso far sì che tutto questo cessi» dissi, asciutta.
«E come?»
Adesso era solo disperato.
Feci un sorrisetto astuto.
«Beh… diciamo che ho delle conoscenze importanti, e grazie ad un piccolo aiuto potrei far sì che Parigi torni all’ordine.»
Ancora silenzio. Stava valutando quello che stavo dicendo, perché nei suoi occhi c’era curiosità. Voleva vedere dove sarei andata a parare.
«Allora? Qual è la vostra decisione?» chiesi, con un tono a metà tra il formale e l’ironico.
Sapevo di averlo in pugno.
Il Re dei gitani sospirò.
«D’accordo. Fate ciò che dovete. Ma solo un passo falso e vi uccideremo noi prima che vi uccida Grenonat. Rispettate le condizioni di quello che vi sto proponendo, o le conseguenze saranno queste.»
«Sarà fatto» risposi, senza esitare. «Siete stato sufficientemente chiaro.»
Sul viso di Clopin comparve un ghigno.
«Bene. E adesso sbrigatevi. Voglio vedere in cosa consiste il vostro piano.»
 
 
«Ascoltatemi tutti quanti!» dissi ad alta voce, davanti ad una folla di zingari che mi guardavano con tanto d’occhi. Stavo in piedi sulla loro pedana per le esecuzioni – l’unico punto da cui avrei potuto vederli tutti – con la schiena dritta e la determinazione che mi scorreva nelle vene.
Mi sembrava di esser tornata indietro nel tempo, e la sensazione del potere era inebriante.
«Ho ricevuto l’autorizzazione del vostro Re per parlarvi. Come tutti ormai sapranno, è stato detto al giudice Grenonat che io mi trovo qui. Presto o tardi egli arriverà per uccidermi, e con me anche tutti voi.»
Vidi qualcuno che rabbrividiva, ma proseguii.
«Io posso garantirvi che riporterò Parigi all’ordine, ma solo se voi siete con me. So perfettamente che questa alleanza sia innaturale per tutti. Sinceramente» aggiunsi, dando voce ai miei pensieri «non avrei mai immaginato che mi sarei trovata a collaborare con voi, ma dobbiamo farlo se vogliamo porre un rimedio.»
«E chi ci dice che voi non tornerete a perseguitarci, una volta ripreso il potere?» chiese un gitano.
Feci un sorriso divertito.
«Sapevo che qualcuno me lo avrebbe chiesto» replicai. «Ebbene, questa è la stessa domanda che mi ha posto il vostro sovrano, ed egli ha dimostrato di fidarsi di me. Abbiamo raggiunto un accordo. Mi aiuterete a riprendere la mia carica, ma io non vi darò più la caccia in seguito. Qualora le condizioni dell’accordo non venissero da me rispettate» feci una pausa «voi mi ucciderete.»
Gli zingari iniziarono a mormorare, poi ripresi parola e il silenzio calò di nuovo sulla folla.
«Conosco chi potrebbe incastrare Grenonat, ma sarà difficile arrivarci da sola, senza che l’esito sia negativo. Pertanto ho bisogno che qualcuno consegni questo messaggio» mostrai un rotolo di pergamena «ad Olympe de Chateaupers, attualmente un personaggio molto importante della Corte di Giustizia.»
Silenzio.
«Chi si offre volontario?» chiesi, riacquistando il tono inquisitore che avevo durante i processi.
«Io.»
Riconobbi subito quella voce. Repressi un sorriso spontaneo, ma sentii gli occhi accendersi di gratitudine prima che potessi accorgermene.
Mi irrigidii.
Eymeric era spuntato in mezzo alla folla, e sembrava non vedere l’ora di avviare lo scontro.
«Molto bene» mi limitai a dire. Lanciai, in un gesto elegante, la pergamena tra le sue mani. «Puoi andare» aggiunsi, con tono solenne.
Lui accennò un sorriso come per salutarmi, poi sparì.
 
 
 
 
****


 
Le ore seguenti mi sembrarono immense.
Arrivò portando sulle spalle una ragazza, che riconobbi come sua sorella Antea.
La fanciulla era messa davvero male: singhiozzava continuamente, e il suo corpo era talmente gracile che sembrava potersi frantumare ad ogni movimento.
«Ho consegnato il messaggio ad Olympe, come mi hai chiesto» disse, una volta che ebbe messo a letto Antea affidandola ad una guaritrice. «Adesso cosa succederà?»
«Se tutto va bene, recluterà uomini in nostro favore. Poi ci sarà scontro aperto con Grenonat e i suoi soldati» risposi in tono pratico.
«Come sarebbe a dire “se tutto va bene?” E se non fa quello che le hai chiesto?»
Indurii un po’ la voce.
«Lo avrai capito da come ti ha parlato, no? Lo farà. Sono pur sempre stata l’autorità a cui obbediva, fino a poco tempo fa. Le sarà del tutto impossibile rimanere indifferente ad una mia richiesta. E poi non credo proprio che preferisca la sua situazione attuale.»
Eymeric aveva un’aria pensierosa, ma annuì comunque.
«Mi fido» disse solo.
E in quel momento capii.
La battaglia stava cominciando.
Presto sarei tornata a Parigi.

 
 

Sono riuscita, finalmente, ad aggiornare in maniera puntuale.
Olé.
Allora, prima di cominciare, faccio un  avviso importantissimo: ho revisionato Paris. 
La storia doveva finire tra pochi capitoli, ma mi sono resa conto che non può farlo. Paris ha molto altro da dire, e senza dubbio mi impegnerà parecchio, pertanto se trovate qualcosa che non vi torna è per quello. In caso, se vi va, potete rileggerla dall'inizio - anche perché il primo capitolo l'ho proprio riscritto.
Bene, questo è quanto.

Venendo a noi, direi che, siccome il capitolo è abbastanza lungo, è meglio andare per punti.
La prima parte del capitolo è dedicata a Nami_san, che – se non erro –  voleva una scena d’amore tra Claudie ed Eymeric. Non voleva esserci una parte del genere, ma poi ho pensato che altrimenti la storia appariva troppo fredda, e così l’ho inserita. Spero ti sia piaciuta, Nami :)

Nella seconda parte, vediamo una Claudie tutta inebetita dalla notte passata con il suo zingaro  (è quasi dolce, dai), ma subito dopo l’atmosfera cambia. Qualcosa, in lei, non va.  Ma è comunque determinata a tornare al potere per ristabilire l'ordine, ed è questo l'importante. 

Nella terza parte – quella che è forse la mia preferita – la nostra “Giudicia” (cito di nuovo Frenz) prende in mano la situazione e, udite udite, convince gli zingari a stare dalla sua parte. Mi è piaciuto tantissimo scrivere la scena del colloquio con Clopin (e a proposito di questo, spero che il Re dei gitani rispecchi in qualche modo quello del film – anche se, inutile dirlo, per il suo personaggio ho attinto anche da quello del romanzo), e anche quella in cui parla pubblicamente a tutti i gitani. Mi sembrava di vederla, è stato incredibile.

La quarta parte – breve, ma che serviva a dare una conclusione al capitolo – è dedicata alle riflessioni di Claudie, e alla cura di Antea, che Eymeric è riuscito a liberare (prossimamente vedremo come).
 
Per i prossimi capitoli preparatevi: la battaglia sta cominciando, e questo è solo il preludio di quello che avverrà dopo. Se devo essere sincera non credevo che la storia avrebbe preso questa piega, ma sorprendentemente ho amato calarmi in questa atmosfera. Ho architettato un incastro assurdo per i prossimi avvenimenti, ma spero che comunque sarà di vostro gradimento :)
Grazie mille a tutti, alla prossima,
Stella cadente


 
  
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