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Autore: Elle Douglas    13/11/2015    1 recensioni
We don’t meet people by a c c i d e n t.
They are meant to cross our path for a r e a s o n
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‘Nell’istante stesso in cui ti ho incontrata, in un caso del tutto fortuito e inaspettato, ho sentito che in te c’era qualcosa di cui avevo bisogno. Ma non era un qualcosa. Eri tu. Sin dall’inizio ho capito che tu eri una parte di me, ed e’ per questo che non ho piu’ intenzione di lasciarti andare. Io senza te sono incompleto e non voglio più esserlo.’
La ragazza non poteva credere a simili parole, a un simile sentimento tutto per lei.
Lei a cui era stato tutto negato.
Sorrise con gli occhi lucidi e il cuore che dentro il petto sembrava avere finalmente vita. Sorrise e sprofondo’ il viso nel suo petto e si ritrovo’ a sentirsi completa, dopo lunghi, estenuanti secoli.
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Seconda parte di ‘I thought I’d lost you forever.’ | Gli avvenimenti narrati avvengono dopo la 4x11.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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CAPITOLO IX
 
 
DUE SETTIMANE DOPO.

 
Archie entrò tutto trafelato quel giorno, quasi avesse corso una maratona. Quando lo scampanellio della porta del locale di Granny lo annunció, tutti i presenti si voltarono a guardarlo per il troppo impeto con cui era entrato.
‘Se sei qui per i pancake, Archie, dovrai ancora aspettare!’ enunciò la nonna in modo burbero.
‘Non sono qui per quello, ora.’ Chiarii il rosso.
'Che è successo stavolta?' Chiese David voltando gli occhi al cielo e aspettandosi l'ennesima tragedia o rivelazione. Non si poteva mai star tranquilli, specie a Storybrooke. Nemmeno per un singolo attimo di solitudine in famiglia.
'Voi non sapete chi ho visto all'angolo. Quasi non ci credo.' annunciò e tirò un gran sospiro tutt'insieme per riprendere fiato una volta per tutte.
'Chi?' Aveva chiesto Mary Margaret più allarmata che curiosa. Chi mai aveva potuto incontrare Archie durante la sua passeggiata mattutina con Pongo?
La sua espressione non era per niente rassicurante.
'Esmeralda!' annunciò quasi in modo solenne.
‘Esmeralda?’ aveva chiesto l’uomo alle sue spalle. Nessuno l’aveva udito entrare.
Era Pierre.
Da giorni, per conto proprio aveva cercato spiegazioni, indizi a quella fuga o rapimento, come tutti avevano dedotto. Esmeralda non se n’era andata da sé. Che motivi avrebbe potuto avere per andarsene poi? Tranne l’ultimo evento, nella sua vita le cose stavano andando alla grande, ed era davvero felice.
Esmeralda era come scomparsa, inghiottita nell’oscurità di quella piccola cittadina sperduta.
Nessuno più l’aveva vista o sentita, e nonostante le continue ricerche che andavano avanti da due settimane di lei non vi era traccia alcuna. Era come se non fosse mai esistita.
A niente era servito andare dalla madre, una donna con cui non aveva alcun rapporto e che quando seppe della sua scomparsa si disperò come non mai. Un conto era saperla in città, viva e felice.
Da tempo la donna la osservava da lontano senza intromettersi, rispettando le volontà della figlia senza biasimarla. Più volte aveva desiderato avvicinarsi a lei ma non lo fece per paura di una sua reazione – un’altra era saperla scomparsa chissà dove per mano di un uomo che in passato l’aveva perseguitata.
Perché sì, l’unico responsabile di quella sua scomparsa era Frollo.
Nessuno l’aveva visto in città e nessuno aveva reagito alla sua descrizione. Solo Killian. Solo lui aveva inteso che qualcosa non andasse in quella rappresentazione, solo lui aveva inteso quel sentore per nulla rassicurante. Perché lui aveva sempre avuto quel rapporto con la sua Esmeralda e perché solo a lui era stato concesso quel privilegio di conoscerla a fondo fino ai suoi più reconditi segreti. Pierre si senti un po’ amareggiato in quella consapevolezza.
Il pirata ne sapeva sempre più di quanto in realtà avrebbe dovuto sapere. Era lui il suo ragazzo e non quel pirata che l’aveva abbandonata, tradita e delusa più volte! Pierre si trovò adirato nel pensare a quel rapporto sempre troppo intimo, sempre troppo confidente, sempre troppo… sotto ogni punto di vista.
Dopo quel giorno da Belle non l’aveva nemmeno più visto. Parlando con Emma aveva scoperto che il pirata aveva i suoi metodi di ricerca e che non faceva altro che cercarla in ogni dove senza darsi pace. Erano giorni che Killian non era più Killian. Sempre chiuso in sé stesso e concentrato su una possibile soluzione, su una possibile localizzazione. Esmeralda era diventata il suo obiettivo, e forse lo era sempre stato. Non si sarebbe dato pace fino a che non l'avrebbe rivista e avuta con sè.
Aveva chiesto anche un incantesimo di localizzazione attraverso un suo oggetto, ma era servito a ben poco. Esmeralda risultava sparita dai radar di Storybrooke e la cosa non fece altro che allarmare.
Di quel ministro del culto sapevano poco o nulla se non quello che Esmeralda aveva distillato a Killian, e Killian a loro. Non era sceso nei dettagli però, quelle erano cose che dovevano restare solo tra lui ed Esmeralda. Così aveva esordito facendo accrescere nel poeta un intensa gelosia.
Sì, era vero che se non fosse stato per lui a quest’ora non sarebbero arrivati a nulla - benché meno ad un nome - ma Pierre continuava ad odiarlo nel più profondo del suo essere.
Esmeralda in fondo era stata innamorata di lui, lo aveva amato e magari lo amava ancora in silenzio in un modo tutto suo mentre in lui? In lui era palese quel senso di proprietà che vigeva sulla ragazza. Quasi come se… fosse sua. E Pierre come poteva competere con quell’amore?
In fondo l’aveva visto mentre l’osservava in locanda e fuori. Aveva incrociato i suoi occhi in quegli istanti e si era sentito disorientato nel trovarsi davanti ad un simile sentimento così intenso e quel tipo d’amore.
Quel tipo d’amore che pareva solcare ogni avversità, dolore o distanza. Quel tipo d’amore che risultava essere qualcosa di indissolubile. Quel tipo di amore che aleggiava su di loro come una sorta di spettro. Perché quel tipo d’amore era difficile che perisse, o che svanisse, difficile che volasse via e se ne andasse per lui e per entrambi, perché quel tipo di amore non sarebbe mai morto.  
E Pierre poteva competere con un tale sentimento, con un tale vissuto e un tale legame? Ora, soprattutto in quella situazione, arrivò a chiederselo spesso.
'Dove?' Aveva chiesto quasi con fare minaccioso sbarrando gli occhi e ponendosi di fronte al grillo parlante.
Quello si spaurì un attimo nell’udire quel tono.
'L'ho intravista all'angolo. Avete presente quel nuovo fioraio che ha aperto da poco? Era lì.'
E Pierre non se lo fece ripetere due volte. Appena ebbe quell'indicazione si precipitò dalla porta senza sentire il resto. Senza aspettare gli altri, semmai l’avessero seguito.
Esmeralda era lì, era a pochi passi da lui e quell'irrefrenabile voglia di vederla, di abbracciarla era qualcosa che lo sovrastava.
Corse veloce per quei pochi metri che li separavano quando la vide.
Era oltre la strada, li nel l'angolo mentre perlustrava qualche fiore e ne contemplava un altro.
Il poeta era quasi incredulo in quella visione: Esmeralda era lì. Di fronte ai suoi occhi e apparentemente pareva non essere passato un solo giorno da quant’era scomparsa, cosa ancora più strana non sembrava né turbata né impaurita in quella visione. Esmeralda sembrava non avere nulla che non andasse: era sorridente e raggiante come due settimane prima.
Perché allora se era tornata non si era fatta vedere? Perché non era andata da lui, o dai suoi amici? Da Belle? Perché nessuno sembrava saperne nulla. Che Hook lo sapesse? Che fosse scomparsa per stare con lui ed erano d’accordo? … no, ora stava decisamente divagando.
Pierre si diresse a passo deciso verso di lei con l’intenzione di esaminarla, ora.
‘Esmeralda…?’ chiese titubante una volta di fronte a lei. La voce gli tremava.
Quella si apri in un sorriso che sembrava far dispetto persino al sole quel giorno. ‘Buongiorno!’ fece lei, dandogli attenzione. Poi parve pensarci un attimo.
‘Tu… sai il mio nome…’ constatò aggrottando le sopracciglia e creando una piccola ruga nel mezzo. ‘Ci conosciamo?’
Pierre restò disorientato da quella domanda. Cosa voleva dire? Era un gioco? Lo stava prendendo in giro per riderci su? Cos’era quella domanda?
‘Esmeralda…’ annaspò, cercando le parole giuste. ‘Esmeralda, sono io, Pierre.’
Un minuto di silenzio attraversò l’aria intorno mentre lei sembrava seriamente pensarci. Pierre riconosceva sempre quell’espressione sul suo viso: era come se stesse scandagliando tra i meandri della sua mente. Come quando cercava qualcosa di importante in mezzo a quegli scatoloni in biblioteca.
Poi si illuminò e Pierre, che nel frattempo era diventato viola, riprese a respirare regolarmente.
‘Ah già! Scusa se non ti ho conosciuto subito, ma ne passano tanti al giorno qui. Hai ordinato un mazzo o un vaso di fiori per qualcuno? Se mi fornisci il tuo cognome provvedo subito…’
Pierre fece fatica mentre attutiva quelle parole una ad una cercando di dare un senso a tutto.
Quali fiori, quale ordinazione? Pierre stava impazzendo. Di fronte aveva la donna che gli era stato accanto, la donna di cui era innamorato follemente, la donna che aveva conosciuto in carne ed ossa… ma non era lei. Era vuota. Era… nuova.
Di Esmeralda aveva solo l’aspetto meraviglioso e seducente, il sorriso e quegli occhi che erano da sempre qualcosa di incantevole ma… non era lei.
Pierre inghiottì il boccone amaro della realtà e non seppe cosa fare. Era vicino ad una crisi quasi.
‘Esmeralda, cosa stai dicendo? Tu lavori con me, nella biblioteca che ti ha affidato Belle. Cosa ci fai qui?’
La ragazza parve ancora più confusa da quel discorso.
‘Belle? Non conosco alcuna Belle e… insomma di cosa stai parlando?’
Pierre prese a strattonarla quasi, convinto che scuotendola sarebbe rinvenuta. ‘Io e te eravamo innamorati, come puoi averlo rimosso? E’ uno scherzo tutto questo?’
‘Scherzo? Quale scherzo? Io non ti conosco e per quanto mi riguarda devi essere un pazzo! Lasciami andare. ORA!’ Pierre mollò la presa sbarrando gli occhi. Niente. Di lei non c’era niente. Nei suoi occhi di lui, di quell’amore condiviso non vi era alcuna traccia.
‘Pierre, vieni. Andiamo.’ Era David, l’aveva preso per un braccio per trascinarlo fuori da quella situazione. Erano arrivati anche loro, ora, e avevano constatato la realtà dei fatti.
Si mise le mani in tasca, lo sguardo basso e s’incamminò.
Esmeralda era lì, ma non era lei. Qualcosa in lei era stato rimosso, e di lui non vi era più traccia.
‘Cercheremo di capire che è successo, Pierre. Risolveremo la situazione.’ Ma Pierre era troppo sconfortato per crederci. Aveva bisogno di tempo per pensare e assimilare quell’incontro, quell’esperienza. Giorni spesi a cercarla e a preoccuparsi, giorni senza né dormire né mangiare e ora questo. Magari non c’entrava nemmeno quel Frollo, magari era lei che aveva fatto tutto. E se avesse preso una pozione per dimenticare, per non soffrire quel distacco da Killian che le era stato imposto?
Aveva bisogno di allontanarsi per un po’, Pierre. Si divincolò dal braccio di David.
‘Ho bisogno di restare da solo, scusate.’ Fiatò prima di incamminarsi oltre il viale e girare l’angolo.
Mary Margaret e David si scambiarono un rapido sguardo. Impotenti.
 
‘Dovremmo chiamare Emma e Killian.’ Esordì più tardi Mary Margaret con il piccolo Neal tra le braccia.
Lei e David si erano recati alla stazione dopo l’accaduto.
‘Non potremmo risolvere o scoprire le cose da noi e poi farglielo sapere?’
‘Assolutamente no! Se Killian verrebbe a sapere che l’abbiamo saputo e glielo abbiamo tenuto nascosto come credi che reagirebbe? Ed Emma non sarebbe da meno.’ Ragionò la moglie. ‘E poi in che modo noi potremmo scoprire o anche solo fare qualcosa? Esmeralda non è lei ed è sicuro opera di un maleficio. Non possiamo tenerlo nascosto. Tu non preferiresti saperlo se in ballo ci fossi io?’
David si ritrovò a pensarci fissando la moglie dritta negli occhi: Assolutamente sì.
‘Dobbiamo dirglielo allora.’ Esordì il vice sceriffo sospirando pesantemente.
‘Dire cosa a chi?’ Emma era un raggio di sole quando mano nella mano entrò con il pirata. David fu un po’ titubante sulla sua ultima parola allora: vedere la figlia che dopo tanto tempo aveva trovato la serenità e la felicità in quell’uomo – che all’inizio non aveva accettato di buon grado. – e pensare che con Esmeralda tutto poteva svanire, era una dura prova da affrontare. David aveva paura che ogni passo verso Esmeralda l’allontanasse da Emma, ma non spettava a lui fare l’egoista e decidere della vita degli altri.
L’egoismo non era per gli eroi, pensò.
Poteva condannare una fanciulla innocente a quella vita? No. Poi Emma si fidava ciecamente del suo uomo e voleva fidarsi anche lui.
‘Che hai, papà? Che succede?’ ora Emma guardava entrambi con aria sospetta.
Uno scambio di sguardi con Mary Margaret per un consenso e il principe azzurro decise di parlare. Guardò prima Emma, poi Killian. ‘Abbiamo trovato Esmeralda. Un paio di ore fa.’
Tutti gli sguardi caddero su Killian.
‘Dov’è?’
‘Non qui, ancora.’ Emma li guardò incrociando le braccia.
‘Che significa?’
‘Pierre è stato il primo a recarsi da lei…’ Pierre! Quel dannato poeta l’aveva presa con sé e non l’avrebbe rivista tanto presto.
‘E…’ continuò Emma dando voce ai pensieri di Killian che assisteva al discorso impaziente.
‘A quanto pare lavora da quel nuovo fioraio all’angolo.’ Killian era già pronto a precipitarsi, senza domande, senza spiegazioni. Nessuna lucidità in quel momento gli dettava che c’era qualcosa che non andava già nel fatto che lavorasse altrove così, da un momento all’altro.
‘Killian, aspetta!’ lo chiamò David.
‘Non ho tempo e…’
‘Lei non è più lei.’ Esordì il vice sceriffo quasi urlando per farsi sentire con una nota amara nella voce. Egli ricordava com’era avere accanto qualcuno a cui tenevi senza riconoscerlo. Killian si fermò non capendo cosa intendesse. ‘Quando Pierre si è presentato a lei, lei… non lo ha riconosciuto. Ha detto, inoltre, di non conoscere alcuna Belle e di non aver mai lavorato in una biblioteca.’
‘La sua mente è una tabula rasa.’ Constatò Emma.
Killian guardò tutti e tre. ‘Che diavolo significa?’
‘Significa che gli è stato fatto qualcosa. Una sorta di maleficio uguale al nostro quando siamo arrivati qui: non ricorda la sua vita precedente. Non ha idea dei legami che ha instaurato durante quest’ultima. E’ una nuova persona ora.’ Spiegò Mary Margaret.
Killian non ci credeva. Poteva forse non riconoscere gli altri, gli ultimi rapporti instaurati, ma lui? No. Con lui era impossibile.
‘Riconoscerà me, ne sono certo.’ E s’incamminò con il cuore colmo di quella convinzione che continuava ad animarlo.
‘Cosa te lo fa pensare?’ chiese Mary Margaret, curiosa.
Killian si voltò un’ultima volta, stringendo i denti. ‘Non so, forse per cose che riguardano solo noi? Per cose che vanno oltre il tempo e lo spazio che abbiamo intorno? Io e lei abbiamo un rapporto speciale e questo di sicuro non può passarle inosservato!’
‘Killian, David era il mio principe azzurro. La persona che più di tutte mi apparteneva e prima che arrivasse Emma io non sentivo nulla di ciò che era stato. Ho avuto mia figlia accanto e non sentivo alcun tipo di legame speciale con lei che mi facesse rinvenire. Come pensi che per voi sia diverso? Anche a te è capitato con Emma quando l’hai recuperata a New York, ricordi?’
Killian guardò in basso, constatando tutte quelle verità.
‘Con noi sarà diverso.’ Attestò continuando in quella convinzione, in quella speranza. Doveva esserlo.
Sarebbe successo qualcosa o Killian avrebbe trovato di fronte a sé un muro difficile da abbattere? La sua presenza avrebbe smosso qualcosa in Esmeralda? Killian lo sperava, sperava davvero che quel legame valesse. Era impossibile che l’avesse dimenticato, lui e tutto ciò che era.
Era assolutamente impossibile.
A grandi passi Killian arrivò all’angolo designato. Prese fiato ed entrò nel negozio.
'Esmeralda...' Lo stupore nel rivederla era sempre pari all'impossibile.
La ragazza si voltò velocemente verso quella nuova chiamata, verso quella voce, quasi istintivamente.
Incrociò i suoi occhi. Cielo e mare che si incontrano di nuovo, senza discrepanze. Senza punti di confine.
'Ho aperto da qualche giorno ma a quanto pare sono già famosa!' Esordi la fanciulla sentendosi chiamare di nuovo per nome.
'Esmeralda, sono Killian.' Si presentò lui come se la cosa fosse facile, ovvia. La voce flebile di chi ha paura di sbattere forte contro una convinzione non esatta.
Esmeralda ci pensò un po'. Piegò la testa di lato come faceva sempre quando cercava di capire qualcosa. C'era qualcosa in quel ragazzo. Qualcosa di non ben definito che la spingeva ad arrovellarsi.
Non l’aveva fatto per altri che quel giorno erano venuti. Dove l'aveva già visto?
Il suo viso non era del tutto sconosciuto.
Poi sbattè le mani tra loro come segno di una ritrovata intuizione. Killian sorrise, riprendendo coraggio.
'Tu sei Killian Jones. Come ho fatto a non riconoscerti? Sei il fidanzato della salvatrice.'
Killian morì nell'istante stesso in cui pronunciò quelle parole. Lui non era solo quello. 'Sei venuto qui per un regalo alla tua ragazza! Dimmi l'occasione e ti saprò trovare il fiore adatto... Cosa vuoi dire alla donna che ami?'
'Che voglio che torni da me' rispose in un sussurro appena udibile. Quell’ennesima rottura lo portò nello sconforto.
‘Come scusa?’ lei era totalmente distaccata e professionale come ogni commessa gentile doveva essere, ma lei non era nulla di ciò. Lei era la sua Esmeralda con un muro enorme di menzogne davanti che non riusciva a solcare. Chissà cosa le aveva fatto, cosa le aveva detto per ridurla nel fantasma di sé.
Killian si guardò intorno con una rabbia improvvisa che lo montava, inesorabile.
Dov’era quel lurido bastardo? Perché era impossibile che dopo tanto ‘lavoro’ la lasciasse in giro in quel modo e quel negozio gli puzzava peggio di un incendio in atto. Era sorto da un momento all’altro e di punto in bianco lei era ricomparsa. Quello doveva essere il suo covo, ma lui non c’era, o almeno non era lì. Non era visibile.
Killian serrò la mascella e chiuse gli occhi per calmarsi.
‘Esmeralda.’ Il suo nome gli graffiava l’anima, ma si fece forza. ‘Da quando sei qui?’
‘Da sempre, che io sappia.’
‘E prima di lavorare qui, lavoravi altrove?’ continuò Killian sondando il terreno.
‘Ho lavorato anche altrove sì, ma in questo momento…’
‘Esmeralda, ti vogliono nel retro per smistare i nuovi addobbi.’ Un’altra donna, un po’ più in carne e paffuta, s’intromise esortandola in nuove mansioni. Qualcuno la desiderava sul retro.
‘Spero che tu voglia scusarmi.’ Si congedò la fanciulla andandosene per seguire gli ordini.
‘Se vuole posso aiutarla io…’
Killian era già sull’uscio della porta. ‘Non importa. Passerò di nuovo.’
 
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‘Desiderava vedermi, signore?’
‘Esmeralda cara, spero che vada tutto bene di là. Ho visto che oggi sei stata molto richiesta di là e non vorrei che la cosa ti stressasse o indebolisse in qualche modo.’ chiese l’uomo alto e spigoloso facendo cenno alle sue premure.
Esmeralda scosse la testa.
‘Non so perché abbiano cercato tutti me oggi, non ho la più pallida idea ma non c’è alcun problema.’ Il sorriso che sfoggiò per asserire ciò che diceva, colpì in pieno petto l’uomo che cercò di mantenere la più dovuta calma.
‘Conoscevi qualcuno di tutte le persone che sono venute oggi?’ e analizzò ogni sua microespressione nel mentre.
La fanciulla non capiva seriamente il senso di quelle domande.
‘No, non ho conosciuto nessuno.’ E un guizzo di soddisfazione riempì l’animo dell’uomo a quella constatazione. Il piano che le aveva indotto stava riuscendo alla grande. ‘… Anche se…’
‘Anche se…?
‘L’ultimo uomo che è arrivato. Quello con l’uncino… non mi è del tutto nuovo.’ Egli aveva l’espressione di chi aveva appena ricevuto un duro colpo.
Quel dannato pirata! Pensava di averlo rimosso, di averlo estrapolato dal suo animo finalmente, e invece eccolo che riemergeva. Dannazione! Lui era l’unica falla di un piano altrimenti perfetto.
‘Va bene allora. Se qualcuno t’infastidisce però, ti prego di informarmi.’
‘Si, signore.’ L’uomo la guardò con disapprovazione. Esmeralda rammentò.
‘Volevo dire Frollo. Mi scusi.’ Esmeralda abbassò lo sguardo, imbarazzata.
‘Ecco, così va bene. E mi raccomando ti voglio alle sei su da me.’
Esmeralda annuì, per poi sparire oltre la porta.
L’uomo, tuttavia, si crogiolò per tutto il tempo affinché il suo piano andasse a buon fine. Era convinto che presto sarebbe riuscito a imporsi totalmente sulla zingara e che avrebbe eliminato, in breve tempo, ciò che rimaneva di lei, tutti i suoi legami passati e di ciò che era stata. In breve tempo, si convinse, avrebbe ricevuto la fedeltà e l’amore più assoluto.
L’unico suo cruccio era che questi suoi progetti sarebbero potuti essere rovinati da quel suo legame con il pirata. L’unica falla di un piano altrimenti già collaudato e perfetto. Bastava un gesto, una certa ingenuità che permeava, un po’ di incontri – perché ci giurava che quel pirata non avrebbe mollato la presa – e tutto sarebbe svanito. Tutti i suoi piani ben ingegnati: doveva tenerla d’occhio e istruirla come si conveniva per evitare che venisse trascinata da qualche stupida e pericolosa fantasia che lui le avrebbe inculcato nel tempo.
Il cambiamento sarebbe stato più rigido, più doloroso, ma ne sarebbe valsa la pena perché stavolta nessuno si sarebbe messo in mezzo.

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