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Autore: vali_    18/11/2015    5 recensioni
Dean non si sente a suo agio negli ultimi tempi: beve senza trarne i benefici sperati, dorme poco e sta sempre da solo e questo non è un bene per uno come lui, che mal sopporta la solitudine, convinto che riesca solo a portare a galla i lati peggiori del suo carattere.
Il caso vuole che un vecchio amico di suo padre, tale James Davis, chieda aiuto al suo vecchio per una “questione delicata”, portando un po’ di scompiglio nelle loro abituali vite da cacciatori. E forse Dean potrà dire di aver trovato un po’ di compagnia, da quel giorno in poi.
(…) gli occhi gli cadono sui due letti rifatti con cura, entrambi vuoti. Solo due.
Sam è ormai lontano, non ha bisogno di un letto per sé. Dean non lo vede da un po’ ma soprattutto non gli parla da un po’ e il suono della sua voce, che era solito coprire tanti buchi nella sua misera esistenza, di tanto in tanto riecheggia lontano nella sua mente. A volte pensa di non ricordarsela neanche più, la sua voce. Chissà se è cambiata in questi mesi (…)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: Le settimane volano e siamo arrivati anche al penultimo capitolo di questa storia. Non avete idea quanto mi mancherà tutto questo, anche le mie note deficienti! ç_ç
Ho fatto il prima possibile anche stasera, ma il ritardo non è del tutto colpa mia: quei simpaticoni dell’Enel si sono divertiti a togliermi la corrente per metà pomeriggio proprio OGGI. -.-
Passando alle cose più serie, sono felice di constatare che il numero delle visite è tornato a pieno regime e che le mie erano solo paranoie. Perdonatemi, ma quando uno si abitua a certi numeri che poi calano si chiede sempre il perché *faccina imbarazzata con la gocciolina in testa* ora che ho capito che la storia non ha cominciato a farvi schifo, posso tornare a rilassarmi XD
Anyway, questo capitolo conclude un po’ di finestre ed io, come al solito, spero di averlo fatto in modo giusto. Ogni volta che lo rileggo – e l’ho fatto una marea di volte – mi dico che dovrei aggiustare qualcosa, che forse è tutto un po’ troppo veloce e potrei fare di meglio, ma poi non mi viene niente di effettivamente migliore e quindi lascio sempre più o meno tutto com’era. Sono paranoica, lo so XD spero che siano chiari tutti i passaggi come lo sono a me nella mia testa e, se c’è qualcosa che vi sfugge, non esitate a chiedere! ;)
Saluto con un’energica stretta di mano coloro che si sono aggiunti in settimana tra i preferenti e seguenti (si dice così?)… ogni volta che il numerino si alza io salto di gioia! A maggior ragione perché siamo quasi alla fine. Benvenuti tra le reclute, miei cari! :D
Vi invito a sfogarvi nei commenti che spero ci siano e vi abbraccio forte! A mercoledì! :*


Capitolo 27: Your stairway lies on the whispering wind
 
Dear lady, can you hear the wind blow?
And did you know
Your stairway lies on the whispering wind?
 
(Stairway to Heaven – Led Zeppelin)
 
 
Alza e abbassa le palpebre un paio di volte, scosso e intorpidito. La testa gli gira oltre a fargli male e c’è solo tanto silenzio intorno a lui, troppo.
 
Dean apre gli occhi completamente e inspira forte, cercando di tornare in sé e di mettere a fuoco i contorni del posto maleodorante e grigio in cui è rinchiuso: sembra un vecchio magazzino, apparentemente abbandonato da anni, di quelli solitamente situati nelle periferie delle città. C’è puzza di benzina, perciò probabilmente era un deposito di carburanti, ai tempi d’oro.
Davanti a lui, un vecchio tavolo di legno, su cui ci sono degli oggetti che non riesce a mettere bene a fuoco; ha la vista ancora troppo annebbiata.
 
Prende lentamente coscienza della sua condizione e si ritrova seduto su una sedia con il collo storto e dolorante – chissà per quanto tempo è rimasto in quella posizione –, mani e piedi legati rispettivamente ai braccioli e alle zampe di quella sedia sgangherata con delle corde troppo spesse per essere spezzate in qualche modo. Oltretutto non ha neanche un coltello con sé.
In fondo doveva solo tornare nella sua stanza, non difendersi da chissà quale pazzo che voleva rapirlo e legarlo come un dannato salame, ma ciò non toglie il fatto che si sia distratto troppo negli ultimi tempi. Probabilmente si sarebbe accorto di qualcosa, magari che qualcuno lo stava seguendo o cose del genere se ci avesse prestato più attenzione… in fondo è un maledetto cacciatore e queste cose sono all’ordine del giorno per lui.
Il problema è che ha troppi cazzi per la testa e non riesce a concentrarsi come dovrebbe, ormai ne è consapevole e si prefissa di ricordarsi dove l’ha portato tutta questa distrazione, se mai uscirà vivo da questo posto di merda.
 
Sospira appena, seguendo il filo dei suoi pensieri, e prova ad alzare un po’ i polsi per liberarsi, magari per allentare il nodo alla corda che lo tiene prigioniero, ma è tutto inutile. Non sa da quanto tempo sta così o da quanto è rinchiuso, ma deve assolutamente trovare un sistema per uscirne – possibilmente vivo.
 
Osserva con attenzione i cimeli posti sopra quel tavolo sbilenco e stringe gli occhi, constatando velocemente che il tutto sembra molto antico: una ciotola di legno, un po’ più larga ma simile ad un mezzo guscio di una noce di cocco, dei barattoli che contengono fiori rosa ed altre erbe che Dean non sa riconoscere – non è di certo un fan della stregoneria –, un mortaio [1] – sempre di legno, non sia mai che questa Strega dell’Ovest [2] abbia un arnese che non risalga al Paleolitico –, dei coltelli e un paio di candele, bianche e consumate, un paio di candelotti di cera rappresa colata lungo il fianco cilindrico. A Dean questo posto sembra il rifugio di una strega un po’ vecchio stile, una persona che pratica con devozione la magia nera e questo non sa se può essere nelle corde di una semplice ragazzina, forse un po’ esuberante ma comunque acerba, immatura. Forse c’è addirittura qualcos’altro dietro e tutto questo è molto di più di un “gioco” tra adolescenti annoiate.
 
Quando ha riconosciuto la voce di Jennifer Hamford al telefono, sperava che l’avesse chiamato per un motivo valido, non perché non sapeva come passare il tempo. Forse il suo era un pensiero cattivo, ma aveva l’impressione che lei e la sua amica avessero cercato di prenderlo in giro dal primo istante ed è qualcosa che non riesce a tollerare da un paio di sedicenni. Poi, però, Amelia era finita in ospedale vittima di quel brutto scherzo e forse Jennifer poteva essersi pentita, poteva cercare di fare ammenda e affidarsi alla persona che probabilmente avrebbe potuto risolverle il problema, visto che la polizia può fare tutto meno che mettere a tappeto una strega. Poi, però, invece di incontrare gli occhi da cucciola innocente – e anche un po’ finti – di quella, si è ritrovato con una botta in testa di quelle che buttano giù anche un cavallo, perciò dubita che la telefonata fosse quella di una che vuole confessare una qualche marachella.
 
Per un attimo aveva anche pensato di non avvertire Ellie di questa cosa. Fondamentalmente perché è un orgoglioso del cazzo, ma anche e soprattutto perché forse non aveva davvero bisogno del suo aiuto per mettere una pietra sopra a questa storia. Avrebbe ascoltato Jennifer ed avrebbe trovato una soluzione da solo, punto. Chissà che diavolo si era messo in testa quando le ha lasciato quel messaggio in segreteria; è stato così stupido da credere che Ellie fosse lì perché in fondo voleva perdonarlo, invece si è scontrato contro un muro insormontabile.
 
Ripensa ad uno degli insegnamenti di suo padre, una delle tante volte in cui l’ha portato in giro per un addestramento: “Se hai davanti una preda e sei sicuro di quello che stai facendo, sparale, perché non sai se avrai un’altra occasione di farla fuori. In questo lavoro, sei fortunato se arrivi vivo a vederla una seconda volta” e forse è così anche per queste questioni, chissà.
 
Di certo un po’ si è rassegnato. Ellie non sembra volerne sapere di lui e dovrà archiviare definitivamente questa storia, una volta per tutte. In fondo non aveva mai cercato una donna fissa per lui, non gliene era mai fregato niente di mettere la testa a posto e pensare ad una sola ragazza – o almeno, la sua parte da totale spirito libero ripudiava un simile pensiero, scacciandolo il più lontano possibile dalla mente – ma con Ellie… qualcosa gli diceva che sarebbe potuta durare, che si sarebbe impegnato per farla funzionare, ma lei non lo vuole perciò finirà col farsene una ragione, prima o poi.
 
Si muove ancora, rabbioso e incazzato, cercando almeno di allentare i nodi che lo tengono legato a quella sediaccia quando più in là, verso la sua destra, scorge un’altra corda, legata intorno ad una colonna di cemento. Non gli ci vuole molto a capire chi si trova intrappolato lì.
«Kevin?» la voce gli esce un po’ tremante dalla gola, ma non è per paura; sa che riuscirà a trovare un modo per cavarsela… o almeno, lo spera.
Riesce a scorgere la figura muoversi «Chi c’è?»
Dean sospira, un po’ più rilassato «Sono quello che è venuto a interrogarti per la storia della lotteria, quello… dell’FBI».
«Oh sì, ricordo… mi ricordo di te! Come hai fatto a finire in questo posto?»
«Credo di aver rotto le scatole a quella pazza della tua amichetta Jennifer, ma vedrai che ti tirerò fuori da qui».
Dean avverte Kevin muoversi ancora «Cosa? Cosa c’entra Jenny? Guarda che—»
«La mia adorata Jenny è a scuola in questo momento» alle spalle di Dean, una voce di donna – sconosciuta alle sue orecchie – lo coglie di sorpresa ed una mano si appoggia sulla sua spalla, costringendolo a voltarsi con la testa «Dov’è giusto che sia. Il corso di letteratura del pomeriggio è molto più interessante di questa storia».
 
La donna che gli compare davanti ha i capelli rossi e due occhi azzurri che incanterebbero chiunque e Dean ci avrebbe anche fatto un pensierino se fosse stata un po’ più giovane – avrà quaranta, massimo quarantacinque anni [3] – ed avesse avuto un sorriso meno malefico stampato sulla faccia – perché quella non è di certo l’espressione di una che vuole portarti fuori a cena – e Dean, malgrado l’abbia intravista da lontano e su una fotografia sbiadita, la riconosce immediatamente: è Kelly Hamford, la zia di Jennifer.
 
Stringe le spalle, un sorriso ironico sulle labbra «Allora ho beccato il ramo sbagliato della famiglia. Succede anche ai migliori».
Sul viso della donna si dipinge un ghigno poco rassicurante. Si muove ancora, andando dietro Dean e mette entrambe le sue mani sulle sue spalle per poi avvicinarsi al suo orecchio «E’ per questo che vivo in questo mondo… per eliminare i cosiddetti “migliori” che vogliono starmi tra i piedi. Quelli come te» annusa l’aria intorno a Dean e sospira disgustata «Dei luridi cacciatori».
«E allora perché hai rapito Kevin? Lui che ti ha fatto?»
La donna gira intorno al tavolo ed ora è davanti a lui; prende delle erbe maleodoranti da uno dei suoi vasi e comincia a sminuzzarle nella ciotola di legno. «Dovevo far capire a Jenny chi comanda, ma lei è andata prima a piangere dalla sua amichetta e poi da te, credendo tu fossi il suo salvatore. Ah, quali sciocchezze. Io li conosco quelli come te. Siete solo dei sacchi pieni di pulci che fingono di aiutare la gente, invece quello che fanno gli serve solo per sfogare la loro rabbia».
«Quante chiacchiere. Se avessi voluto mi avresti già spezzato l’osso del collo».
Kelly Hamford alza lo sguardo, sogghignando «E’ molto meglio vederti soffrire» riprende a tagliare le erbe e Dean tenta ancora di liberarsi, di allentare quelle maledette corde che gli impediscono qualsiasi tipo di movimento. «E’ quello che ti meriti».
«Per cosa? Per aver cercato di salvare tua nipote dalla tua follia?»
«Per averla quasi condannata!» ha gli occhi fuori dalle orbite e strilla, quella pazza sclerotica, e forse la cosa più giusta da fare sarebbe rinchiuderla in un manicomio «Lei ha bisogno di me, di tutto questo. E’ la magia che la fa essere quello che è».
«Non è vero!» la voce di Kevin rimbomba in tutto il magazzino, sembrando un po’ più lontana «Jenny non ha alcun bisogno di te. E’ questo che ti rode».
Dean non sa quanto provocarla sia un bene, ma non riesce a farne a meno «Già. Non le servivi prima e neanche adesso, vivrebbe sicuramente meglio senza di te» la donna assottiglia gli occhi, ignorando totalmente Kevin «Jennifer si è accorta di quanto sei viscida, per questo ha chiesto il mio aiuto. Perché ha capito che sei solo una puttana in cerca di attenzione, di qualcuno che ti dia un po’ di corda per fare i tuoi trucchetti di magia».
 
La donna scatta e torna alle sue spalle, gli afferra i capelli e lo fa sporgere all’indietro, scoprendo il suo collo. Dean deglutisce; deve averla fatta proprio arrabbiare, ma deve tirarla a chiacchierare il più possibile, altrimenti il prossimo che potrebbe lasciarci le penne sarà Kevin.
«Non sei il primo spavaldo sbruffone che mi capita davanti, sai» prende uno dei coltellacci da sopra il tavolo e glielo punta alla gola; la lama fredda contro la sua pelle manda a Dean dei brividi poco piacevoli. «Ed alcuni non potrebbero neanche raccontartelo visto come li ho conciati. Ah, bei tempi» sorride fredda e orgogliosa delle sue malefatte «Avevo rimesso la testa a posto, è vero, ma Jenny mi ha ricordato cosa significa avere tanto potere nelle proprie mani e giostrarlo a piacimento e sono disposta a fare di tutto pur di tenermelo stretto. Tu sei solo un impiccio che devo eliminare».
«Non credo proprio».
 
Una voce femminile – che Dean conosce bene – riecheggia poco lontano e Dean osserva la strega voltarsi verso la sua direzione. Si mette dietro di lui, la lama del coltello ben piazzata contro la sua gola e lo tiene in pugno mentre Ellie, in piedi con la pistola puntata contro di lei e lo sguardo fermo e deciso di chi sa esattamente cosa fare, osserva la scena e deglutisce.
 
«E tu chi diavolo sei? Sailor Moon? Da quando gli uomini si sono rammolliti a tal punto da farsi venire a salvare da giovani fanciulle?»
Ellie sorride sghemba «Non ho tempo per le chiacchiere, io. Lascialo andare».
«Non credo. Sai, stavamo giusto cominciando a fare amicizia».
«Fottiti» il ringhio basso di Dean non sfugge alle orecchie di Kelly Hamford che serra la presa un po’ più forte.
«Perché lui? E Kevin, e… ».
«Mi sembri abbastanza grande da capire il perché. Gli uomini sono una seccatura».
«Hai rapito due persone e tumefatto il corpo di una sedicenne. Il tutto per cosa? Per tenerti buona una ragazzina?»
«Il potere è più importante. E’ una sensazione troppo appagante, troppo soddisfacente». Ellie scuote la testa e fa un passo in avanti, ma Kelly Hamford rinsalda ancora la presa su Dean «Ah, ah. Un altro passo e il tuo amico avrà la metà delle corde vocali».
«Ho una buona mira, potrei spararti anche da quaggiù».
«Allora fallo. Che stai aspettando?»
«Me» dall’altro lato del magazzino, spunta Jennifer Hamford; sembra terribilmente intimidita, molto meno spavalda di come l’ha conosciuta Dean. «Perché stai facendo questo, zia? Io… io ti voglio bene, ma non voglio essere schiava della magia come te».
 
Kelly Hamford lascia cadere il coltello a terra e Dean tira solo mezzo respiro di sollievo perché ora è la ragazza ad essere sotto tiro; la donna si avvicina verso la nipote, con fare quasi supplichevole «Tesoro, io… » le prende il viso tra le mani e Jennifer la guarda con le lacrime agli occhi; Ellie non accenna ad abbassare la pistola neanche per un istante e Dean la osserva attento: in questo momento, è molto più concentrata di come se la ricordava, molto più determinata. Ricorda quant’era spaventata nell’ultima caccia che hanno affrontato insieme, quando tentava di tenere in pugno quell’infame giocattolaio. Cercava di essere forte ma era indecisa, insicura, mentre adesso non c’è ombra di incertezza sul suo viso mentre stringe la canna di quell’arma piccola tra le dita. La strega riprende a parlare «Io ho cercato solo di farti del bene».
«Non dirò niente a mamma e papà. Ascoltami, per favore, e lascia che torni tutto come prima, come… come quando vivevamo senza magia. Perché non riesci a farlo?»
 
La donna le accarezza ancora il viso con fare amorevole, tira le labbra in una linea sottile e poi sorride nel modo più malefico che Dean ricordi di aver visto qualcuno farlo da molto tempo «Perché è troppo tardi» Jennifer la guarda allucinata mentre la donna le afferra il collo e la stringe forte, provando a strozzarla, ma Ellie è più veloce e le spara, ferendola ad una gamba. Kelly Hamford grida e si tocca l’arto dolorante, abbassandosi un po’ e lasciando andare la nipote, mentre Ellie le si avvicina velocemente e la colpisce sullo stomaco con un poderoso calcio. Jennifer indietreggia, le mani sul viso e sua zia è a terra adesso, ai piedi di Ellie e la guarda mentre un rivolo di sangue le cola dalla bocca.
Ride ancora, sghignazzando «Cosa vuoi fare, eh? Ammazzarmi davanti a mia nipote?»
«Volevo darti la possibilità di tornare indietro, ma tu non vuoi coglierla».
Ellie si volta verso Jennifer che annuisce, alcune lacrime che le rigano le guance. Si avvicina a Kevin e scioglie la corda che lo tiene legato; lo aiuta ad alzarsi e a tenersi in piedi e si voltano solo un istante per guardare un’ultima volta quella scena prima di fuggire via.
 
Ellie tiene la pistola puntata contro la testa di Kelly Hamford, guardandola severa e impassibile; la pazza sorride, insolente «Non ne hai il coraggio, ragazzina, non—» tre colpi di pistola la freddano prima che possa concludere la frase e la donna rimane sdraiata a terra, gli occhi spalancati e vitrei ed il sangue che lento cola fuori dal suo corpo, espandendosi in una piccola pozza rossa lì accanto.
 
Dean sa che Ellie ha cercato di darle l’opportunità di riscattarsi, di provare a farla ragionare portando addirittura sua nipote qui a parlarci, ma non aveva altra scelta. Quella donna era ormai sull’orlo della pazzia; era evidente già dalla scia di “incidenti” che si è lasciata alle spalle, ma dopo aver tentato di uccidere la nipote ha certamente passato ogni limite di tolleranza.
 
Ellie osserva il cadavere per qualche istante – gli occhi spenti e disillusi, come se avesse fatto del suo meglio per provare a salvarla senza riuscirci –, poi si avvicina piano a Dean che non le dice niente – non saprebbe neanche da dove cominciare, in realtà – e si abbassa a sciogliere le corde che gli legano i piedi senza guardarlo, gli occhi bassi. Slega anche le mani e si ferma per un istante, in ginocchio lì davanti. Dean la guarda sospirare appena e finalmente lo guarda: è visibilmente frastornata, sorpresa, forse dal suo stesso atteggiamento. In fondo non ha esitato neanche un istante quando ha deciso di uccidere quella donna, Dean glielo ha letto negli occhi: era decisa e convinta, molto più di come l’aveva mai vista fare in una caccia.
 
Si alza in piedi e Dean fa lo stesso; sembra molto nervosa «Stai bene?»
Dean annuisce «Sono stato peggio. Tu?» lei annuisce a sua volta e Dean deve sforzarsi molto per resistere all’impulso di allungare una mano verso di lei per accarezzarla o stringerla forte al petto. Non tanto per lui – ormai ha smesso di preoccuparsi dell’effetto che gli fa Ellie –, ma per lei, che sicuramente lo scanserebbe o farebbe qualcosa per opporre resistenza e Dean decide di non rischiare, perché un altro rifiuto non riuscirebbe proprio a sopportarlo. Vorrebbe farlo perché gli sembra davvero sconvolta – forse per quello che ha appena fatto, per aver freddato una persona in quel modo – e per provare a darle il suo sostegno, come faceva quando lei glielo permetteva, ma forse è meglio lasciar stare.
«Devo… devo andare a vedere se Jennifer e Kevin stanno bene».
Dean annuisce «Grazie per—»
Ellie scuote la testa, senza farlo finire di parlare «Non ringraziarmi, tu… tu l’hai fatto un milione di volte».
Lui abbozza un sorriso e non è preparato quando Ellie, anziché voltarsi per andare fuori, di slancio lo abbraccia, alzandosi un po’ sulle punte e stringendogli le braccia intorno al collo.
 
Dean dapprima è leggermente titubante, ma poi la stringe a sua volta, nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla e rilasciando tutta la tensione accumulata nelle ultime ore; la presa di lei è forte e Dean chiude gli occhi lasciandosi cullare dal calore del corpo di Ellie, qualcosa che gli è mancato così tanto nell’ultimo anno.
 
Non sa se quell’abbraccio dura un po’ più di un misero istante, ma sicuramente gli sembra sia passato troppo poco tempo quando lei si scosta un poco, senza allontanarsi del tutto e lo guarda negli occhi. «Ho avuto… ho avuto paura che ti avesse fatto qualcosa».
Dean accenna un piccolo sorriso – Dio solo sa quanto gli siano mancate le sue premure – e scuote la testa «Sto bene» ed Ellie si scosta completamente, facendo qualche passo indietro.
 
Gli sorride appena «Vado… vado fuori a vedere come stanno quei due. Vieni?» lui annuisce; Ellie tira le labbra in una linea sottile e si incammina, dando un’altra occhiata al cadavere di Kelly Hamford quando le passa accanto.
 
Dean sospira appena; ogni tanto gli sembra di fare dei passi avanti – anche se quasi invisibili – con Ellie, altre volte no. Forse il problema vero è che lei ha paura a lasciarsi andare di nuovo, perché l'ha già fatto una volta e, a giudicare da com’è andata a finire, può darsi non abbia voglia di farlo di nuovo. E’ tutto comprensibile, ma… Dean si rende conto che quando ha pensato di essersi rassegnato con lei stava probabilmente delirando, perché non è affatto così e chissà che riesca a farle cambiare idea alla fine.
 
Infila le mani nelle tasche della giacca e ritrova il suo cellulare; lo estrae e lo apre, per fissare il display che sicuramente ritroverà vuoto com’è sempre stato nelle ultime settimane ma, inaspettatamente, c’è un messaggio nella segreteria che aspetta di essere ascoltato.
Si incammina verso l’uscita mentre porta il telefono all’orecchio e ritrova la voce grave e bassa che ha aspettato di sentire per settimane.
«Dean… sta succedendo qualcosa… credo che sia grave, devo cercare di scoprire di che si tratta. Dobbiamo stare… molto attenti, siamo tutti in pericolo». [4]
Sorride di sbieco, scuotendo appena la testa. Mai una buona notizia, eh pa’? Anche se almeno è vivo e Dean tira un sospiro di sollievo al solo pensiero.
 
Riascolta il messaggio con attenzione e non gli sfugge che sembra quasi ci sia un’interferenza, qualcosa che disturba la voce del suo vecchio. Si morde il labbro, pensieroso, e si appresta a raggiungere fuori Ellie; ci penserà non appena si saranno liberati di quel cadavere di strega ed avranno riportato quei due ragazzi a casa.
 
*
 
Questa giornata per Dean è stata breve ma incredibilmente intensa: quando è uscito dal magazzino, il sole era già tramontato e, facendo qualche conto, ha constatato che deve aver passato tutta la mattina svenuto in quel lurido posto.
 
La sera è quindi già arrivata e lui ed Ellie hanno riportato a casa Kevin e Jennifer – che, a parte averli ringraziati, sono stati terribilmente silenziosi per tutto il viaggio –e la madre del ragazzo sembra non poter credere ai suoi occhi quando riabbraccia suo figlio, tornato sano e salvo da una “gita” da incubo.
 
Ellie e Dean osservano la scena, mentre entrambi commossi si abbracciano e si guardano come se non si incontrassero da anni. La signora li osserva emozionata «Grazie, grazie per avermelo riportato indietro».
 
Ellie sorride ed entrambi li osservano rientrare in casa, ancora abbracciati. Dean sposta lo sguardo verso Jennifer che se ne sta accanto a loro con un sorriso appena accennato, un po’ abbattuta.
 
Non ha voluto guardare mentre Ellie e Dean sistemavano il cadavere di sua zia per disfarsene. Non ha voluto vedere nulla, è rimasta fuori con il suo amico per spiegargli tutto quello che è successo nell’ultimo periodo e perché proprio lui tra tutti i suoi amici sia stato designato come una delle vittime di quella pazza furiosa di Kelly Hamford.
 
«Stai bene?» è Ellie a domandarglielo e Jennifer alza lo sguardo verso di lei, le labbra strette.
«No. Speravo che andasse diversamente, che… »
Ellie la guarda mortificata «Ho fatto tutto il possibile per salvarla, io—»
«Lo so. Non è colpa tua se ha cercato di uccidermi» sospira appena, fissando un punto lontano «Non è colpa di nessuno» si stringe le braccia, come per cercare di ripararsi da qualcosa «Mi aveva raccontato che aveva smesso con la magia perché la persona che le aveva dato quei libri era morta ed il dolore era troppo grande per continuare senza di lei. Mi ha solo usata per ritrovare il coraggio di tornare ad essere la bastarda che probabilmente era, ma non è colpa di nessuno» sospira ancora e il suo sguardo passa da Dean a Ellie mentre accenna un debole sorriso «Grazie per aver salvato Kevin. Ora posso mettere le cose a posto».
 
Ellie sorride appena e a Dean non sembra affatto convinta mentre lo fa.
La madre di Kevin esce dalla porta richiamando Jennifer e lei li saluta con un cenno della mano, ringraziando ancora e poi avviandosi verso l’uscio.
Ellie osserva la scena «Rimarrà con loro finché Amelia sarà in ospedale. Poi credo che andrà a stare da lei» si passa la lingua sulle labbra e sospira appena «Finché non torneranno i suoi genitori, intendo» sospira appena, ancora un po’ scossa «E prima che Amelia esca dall’ospedale, vorrebbe trovare dei soldi per pagare la cauzione e far uscire Daniel Jackson, ma non so se ci riuscirà. Chissà».
Dean le si avvicina un po’, appoggiando una mano sulla sua spalla «Non sentirti in colpa per com’è andata, Ellie» lei si volta a guardarlo; è visibilmente dispiaciuta e Dean vuole rasserenarla, perché davvero non aveva altra scelta «Era la cosa giusta da fare. Quella donna era irrecuperabile, le avrebbe solo fatto del male».
«Lo so, ma avrei voluto farla rinsavire, tutto qui» rigira le dita tra di loro, inquieta «Avevo dimenticato quanto questo lavoro fosse… complicato» Dean annuisce, abbozzando un sorriso; probabilmente nessun’altra parola potrebbe descrivere meglio la caccia.
 
Ellie si avvicina alla sua Volvo rossa e sale sul posto di guida; Dean fa altrettanto, sedendosi sul sedile accanto e, come ha fatto nel viaggio di andata, non fatica a notare tutte le differenze che quest’auto ha con la sua bambina: è più stretta, ha i sedili di stoffa, l’abitacolo è più piccolo e gli accessori sono disposti in maniera un po’ diversa. Sembra fatta su misura per Ellie, però.
«Mi posso fidare?» Ellie, a quella battuta, lo guarda aggrottando la fronte, poi capisce e rotea gli occhi, scuotendo la testa e accennando un sorriso «Ti riporterò al motel sano e salvo, stai tranquillo».
«Speriamo» Ellie sorride ancora e mette in moto. Dean si morde il labbro, riflettendo nuovamente sulla telefonata di suo padre – un pensiero che non l’ha mai abbandonato, neanche mentre si occupavano del cadavere – e si volta ancora verso di lei «Per caso… hai un qualche software nel tuo computer che riesce a manipolare dei file audio?»
Ellie ci riflette un istante, poi annuisce «Sì. A che ti serve?»
«Te lo spiego strada facendo».
 
*
 
«Ecco fatto, ora farà tutto da solo» Ellie sorride appena nella direzione di Dean, seduto lì accanto con una bottiglia di birra appoggiata sulla tempia – il punto dove quella puttana l’ha colpito gli fa ancora male e vorrebbe evitare che gli ci venga anche il bernoccolo –, di fianco al tavolo della sua stanza di motel, quella di cui ormai sa anche quanti puntini neri sono disegnati sul muro visto tutto il tempo che ci ha passato – cosa piuttosto insolita per lui.
 
Durante il tragitto fino a qui, Dean le ha parlato del messaggio di suo padre e del suo sospetto che ci fosse qualcosa di strano, un brusio particolare, ed Ellie si è offerta di aiutarlo e di passare in un software audio quel file. [5]
Ora lei gli racconta tutto quello che è successo mentre lui era intrappolato da quella pazza psicotica: dopo aver trovato Jennifer Hamford fuori dalla sua porta, sono andate insieme a casa della pazza ed hanno sbirciato nell’archivio dove sua zia teneva tutto ciò che la riguardava, documenti di ogni tipo, e sono riuscite a trovare l’indirizzo esatto di quella catapecchia dove Kelly Hamford aveva rinchiuso Kevin e Dean. Jennifer ha insistito per aiutarla, così si sono divise i compiti: lei sarebbe entrata da un lato per liberare Kevin ed uscire con lui, Ellie l’avrebbe affrontata direttamente.
«Sapevo che era rischioso portarla con me, ma Jennifer ha insistito tanto per venire, così… » stringe le spalle e Dean sa dove vuole arrivare, anche se non conclude la frase «Non era poi così male. Sembrava antipatica all’inizio, ma in realtà voleva solo aiutare i suoi amici».
 
Dean annuisce pensieroso e la guarda mentre lei osserva lo schermo del suo pc, controllando a che punto è il programma che sta analizzando quell’audio.
Stasera gli sembra che sia tornata quella di sempre, la ragazza semplice e gentile che ha conosciuto quasi un paio d’anni fa. Non sa se è solo una sua idea o meno e forse non vuol dire niente, o può darsi che lo stia solo immaginando, ma questo non significa che debba lasciare tutto al caso o non farglielo notare.
 
«Mi sono perso qualcosa?» Ellie si volta ancora e punta gli occhi nella sua direzione, un po’ confusa «Sei stata sempre distante finora, mentre adesso sembri più… te stessa. Cosa c’è, hai improvvisamente smesso di odiarmi?»
Ellie abbassa lo sguardo e incrocia le gambe sulla sedia. «Andiamo, Dean, non ti ho mai odiato» lo guarda e abbozza un sorriso minuscolo «Ero venuta a cercarti per parlarti, quando sei sparito. Volevo chiederti scusa» storce la bocca, forse in cerca delle parole giuste e Dean decide di darle tutto il tempo che le serve per pensarci su; non ha più voglia di litigare, l’hanno fatto troppo e per troppo tempo «So di essere stata sempre sulla difensiva in questi giorni, però… » stringe un po’ le spalle e sospira appena «E’ stata dura. E’ stato un anno difficile, io… non so, credo che vivere tanto a lungo con una convinzione ti porti a rivedere tutto sotto una luce differente».
«Era un’idea sbagliata».
«Anche tu ne avevi una» Dean non ha bisogno di chiedere, sa perfettamente a cosa si riferisce «E se quando ti ho chiamato fossi stato un pochino più… accomodante, forse sarei riuscita a trovare il modo di spiegarti che ero solo dovuta partire e magari niente di tutto questo sarebbe mai successo».
«Certo, in un modo o nell’altro la colpa è sempre mia».
«Non ho detto questo» Ellie lo guarda negli occhi; i suoi sono incredibilmente sinceri «Abbiamo commesso entrambi degli errori in questa storia e mi dispiace, io… io non volevo che andasse così. Sai, mi… mi sarebbe piaciuto rimanere quella mattina e vedere come sarebbe potuta andare tra di noi. Dico… dico sul serio» abbozza un sorriso amaro, arrossendo leggermente «Però ecco, non volevo parlarne perché è qualcosa che mi ha fatto male per tanto tempo e… e non avevo voglia di rivangare. Ti chiedo scusa per questo».
 
Dean la guarda e sa che è sincera, glielo legge negli occhi e vorrebbe tanto chiederle di ricominciare, di riprovarci perché anche lui avrebbe tanto voluto scoprire come sarebbe andata e non è troppo tardi per farlo, c’è ancora tutto il tempo del mondo, ma un piccolo bip proveniente dal suo laptop la distrae ed Ellie si volta ancora ed è di nuovo lontana, presa da altro.
 
Il programma deve aver terminato il suo lavoro e Dean si avvicina un poco, prima che Ellie muova le dita sul mouse per premere play.
 
La voce che esce dalle casse è femminile, poco più alta di un sussurro «Io non posso mai… andare… a casa». [6]
Ellie si volta verso Dean, perplessa «Significa qualcosa per te?»
Lui scuote la testa «Credo sia legato al caso che papà sta seguendo a Jericho… o stava, non lo so» si passa una mano sulla bocca, sospirando appena «Forse è giunto il momento di andare a dare un’occhiata. Ho aspettato anche troppo».
Lei annuisce «Mi sembra giusto».
 
Dean appoggia la bottiglia sul tavolo e la guarda intensamente «Sei migliorata, sai» Ellie lo guarda un po’ confusa «A caccia. Sei più decisa, più sicura».
Lei fa spallucce «Prima che papà ed io litigassimo, mi ha mandato spesso a caccia da sola. Forse a forza di prendere botte sono diventata più brava» Dean la osserva attento «Ne ho prese tante e me la sono vista brutta certe volte. Però ero costretta a cavarmela da sola e, alla fine, un modo per far fuori il mostro ed uscirne viva, per fortuna, sono sempre riuscita a trovarlo. Altrimenti non credo sarei qui».

Dean annuisce pensieroso e non riesce ancora a capire come Ellie abbia potuto sopportare tutto questo, come fa a dispiacersi di essersi liberata di un uomo tanto bastardo perché Dean glielo legge negli occhi che le manca ancora e, conoscendola, sa che probabilmente vorrebbe addirittura ritrovarlo e non per staccargli il cuore – che probabilmente neanche possiede – dal centro del petto e darlo in pasto ai cani; vorrebbe parlarci, rimettere a posto le cose e Dean, davvero, non riesce a comprendere. E’ vero che è suo padre, che l’ha cercato per tutta la vita, ma a tutto c’è un limite. Lui non sa se sarebbe in grado di perdonare tanta cattiveria.
 
Ellie dà un’occhiata al suo laptop «Riparto domattina. Te lo lascio in caso ti serva, ok?» Dean annuisce, ma è distratto da qualcos’altro e la guarda alzarsi in piedi e infilarsi la giacca verde che prende da dietro la sedia su cui era seduta e poi dirigersi verso la porta.
Accenna un sorriso, il più finto e forzato che Dean le abbia mai visto fare. «Vado, ho bisogno di una bella dormita. Buonanotte».

Anche Dean ne avrebbe tanta voglia – sono settimane che non si riposa come si deve –, ma ha un’altra idea adesso, un’ultima faccenda da chiarire e non ha intenzione di aspettare domattina per farlo; si alza e non vuole farsi altre domande, sa solo che non vuole vederla uscire da quella porta.
 
Non riesce a togliersi dalla testa le parole di Ellie di poco fa, che sarebbe stata disposta a provarci se fosse rimasta quella mattina, che le sarebbe piaciuto vedere come sarebbero potute andare le cose se non ci fosse stato nessun malinteso a scombinargli i piani e Dean non ha nessuna intenzione di lasciarla andare ancora, di farsela sfuggire.
 
«Aspetta» la prende per il polso e lei si volta a guardarlo, gli occhi limpidi e sinceri di chi vorrebbe che le cose fossero andate in maniera diversa e quello sguardo dà a Dean un’ulteriore spinta, quella di cui aveva bisogno. La attira più a sé ed Ellie lo guarda appena confusa, ma lui non vuole più tirarsi indietro da quello che ha in mente di fare perché è giusto e si è pentito di non averlo fatto abbastanza quando ne ha avuto l’occasione, finendo per farsela scivolare via dalle dita e fare ancora lo stesso errore sarebbe troppo stupido. Allunga una mano verso di lei per accarezzarle il viso ed Ellie sembra un po’ insicura ma non si ritrae; resta immobile, appena tremante, gli occhi fissi nei suoi. «Rimani adesso» non ha bisogno di spiegare a cosa allude, Ellie lo sa già e lo guarda intensamente «Non andartene» è l’unica cosa che riesce ad aggiungere – quasi fosse una preghiera e lui non prega mai, ma stavolta Ellie deve restare – ed è un sussurro lieve ad un centimetro dalle labbra di lei.

Ellie lo guarda ancora e non è stupita quando Dean si allunga il tanto che basta, lasciando scivolare la mano sulla sua nuca e attirandola ancora più a sé, premendo poi le labbra sulle sue. Lei tentenna un po’, ma presto cede e si lascia baciare, si lascia avvolgere dalle sue braccia e dalla sua bocca e per un attimo le sembra di essere tornata indietro nel tempo, a quando le cose erano molto più semplici e bastava un pezzo di crostata e una sua battuta stupida per far sorridere quel ragazzo bello e silenzioso e distrutto dalla lontananza di suo fratello, il suo punto di riferimento più importante.
 
Vorrebbe fuggire e allontanarsi, perché non crede di avere più tempo per i ricordi né tantomeno per i rimpianti e appoggia entrambe le mani sul petto di Dean; l’idea è quella di scostarlo, ma si rende conto di non poterlo fare, perché stavolta è il suo cuore a vincere la partita e, anziché allontanarlo, afferra entrambi i lembi della sua camicia a quadri rossa e blu e lo attira più a sé, aggiungendo trasporto a quel bacio tanto meraviglioso quanto sbagliato.
 
Ha commesso questo errore – anche se non l’ha mai davvero considerato tale – già una volta ed ora sta ricadendo nella stessa trappola, si sta lasciando trasportare dai sentimenti e sebbene sa che è uno sbaglio, non fa nulla per evitarlo, perché qualcosa dentro di lei ha smesso di lottare per opporsi a tutto questo.
 
Sa che non durerà neanche stavolta, perché crede di aver imparato che nella vita dei cacciatori non c’è spazio per l’amore né per ogni sua forma affine, ma per una sola notte forse tutto può essere concesso, anche sognare.
 
Le mani di Dean scendono sul suo collo e la tiene ferma mentre con i pollici le accarezza i contorni del viso e la vuole, Ellie sente il suo desiderio e più che altro le sembra un bisogno viscerale a giudicare da come la bacia. Non è come l’altra volta, è diverso, ed è qualcosa che non riesce neanche a comprendere fino in fondo.
 
Cerca di staccarsi appena perché ha bisogno d’aria, di respirare, ma non ci riesce, ed è Dean a farlo dopo qualche istante, ma non accenna a lasciarla andare, le mani ancora sul suo collo e il respiro fuori controllo. La guarda così intensamente che Ellie ha paura di perdere l’equilibrio da un momento all’altro, tanto è il tremore alle gambe e l’emozione che sente. Si avvicina ancora ed è di nuovo ad un soffio dalle sue labbra quando chiude gli occhi «Io ti voglio. Non capisco fino in fondo quello che sento, so solo che ti voglio» ad Ellie pare stia facendo un immenso sforzo ad ammetterlo, ma le sembra la “dichiarazione” più bella e sentita del mondo e se c’era un piccolo barlume di ravvedimento in lei è crollato: ogni barriera, ogni muro, tutto svanisce e si allunga ancora un po’ per baciarlo e lo fa con la stessa foga e lo stesso bisogno che sente lui.
 
Le sue dita si insinuano sotto la sua giacca ed Ellie lascia che gliela sfili e che cada a terra accanto alla porta con un tonfo secco, insieme al suo desiderio di fuggire. Ha ben altri piani al momento.
 
La fa voltare ed Ellie lo asseconda e indietreggia, incontrando presto il bordo del letto e si siede, la testa inclinata verso l’alto mentre le labbra di Dean non hanno alcuna intenzione di abbandonare le sue.
 
Dean si abbassa un po’ con il busto, gli occhi fissi nei suoi – così belli e luminosi Ellie in questi giorni non li ha mai visti – e riconosce quella luce in fondo al suo sguardo, quel bagliore meraviglioso che non aveva mai scordato. Ellie gli prende il viso tra le mani e Dean la bacia ancora, sbottonandole la camicetta con pazienza studiata, lasciandole un brivido sulla pelle per ogni bottone aperto. Le bacia il collo con dolcezza e scende più giù, abbassandosi fino ad inginocchiarsi davanti a lei, una scia umida sulla pelle scoperta arrivando poi ai jeans, a cui apre il bottone e la zip.
 
Si alza su mentre Ellie si sdraia e si sporge per afferrarlo per la maglietta, portandolo sopra di lei, e Dean sorride di fronte a quella presa di posizione così decisa. Gattona quasi per raggiungere il suo viso – i palmi aperti sul materasso – e le dita di Ellie si intrecciano tra i suoi capelli corti quando la bacia ancora e la sua camicia finisce a terra, insieme al resto dei vestiti e presto è solo il rumore di baci e sospiri leggeri a riempire la stanza.
 
Ellie ha passato così tanto tempo a pensare a tutto quello che l’aveva fatta soffrire che quasi non ricordava più quanto fosse bello abbandonarsi con lui, quanto potesse essere caldo e perfetto e giusto ogni contatto, ogni carezza.
 
Stavolta è tutto più veloce, più frenetico, ma Ellie riconosce nei suoi gesti la sua dolcezza, quella che non ha voluto cercare in nessun altro nella piccola speranza – negli ultimi tempi sempre più recondita – che prima o poi si sarebbero ritrovati. In fondo al suo cuore, sapeva che non voleva che nessun altro la toccasse, che nessuno prendesse il posto di Dean perché nessuno poteva farla sentire viva come aveva fatto lui in tutto il tempo che avevano trascorso insieme.
 
L’eccitazione è così tanta che non prova dolore quando Dean scivola in lei, nonostante sia passato un anno dall’ultima volta e ritrova il suo desiderio nel modo in cui lui cerca le sue mani e la guarda negli occhi senza aver paura di lasciar trasparire quello che sente e lei abbandona ogni freno ancora una volta e si lascia andare alle sue carezze, donandosi completamente all’unica persona per cui ne vale la pena, l’unica che le fa battere il cuore così forte da temere che possa uscirle dal petto. E’ così anche adesso, Ellie lo sente correre impazzito ed appoggia una mano sopra quello di Dean, quasi potesse ascoltare se per lui è lo stesso, e questo gesto scatena qualcosa dentro di lui, come un istinto particolare, e la stringe più forte mentre Ellie si spinge su di lui per scoprirlo a sua volta.
 
Ascolta il suo respiro affannato mentre le sue mani – grandi e calde – scorrono ancora sulla sua pelle chiara e le sue labbra la baciano dappertutto, il suo sguardo così intenso da farla rabbrividire, mentre fa l’amore con lei – perché potrà anche dire il contrario o non riconoscerlo o averne paura, ma questo non è il sesso da bottega che ha consumato con altre, Ellie ne è sicura –, mentre conduce il gioco anche se è lei a stare sopra e lo guarda stringendogli il viso tra le mani e lui la abbraccia forte, come se la stesse attendendo impaziente e non aspettasse altro che ritrovarla.

Ad Ellie era mancato, sì, ma non pensava così tanto. Non se n’era resa conto fino a quando non l’ha visto legato su quella sedia, lo sguardo vuoto e quel lumicino di speranza e terrore al centro degli occhi; fin quando non l’ha stretto tra le braccia assicurandosi che stesse bene, fin quando non aveva avuto paura di perderlo di nuovo, stavolta per sempre. Forse è stato questo a fare la differenza: la certezza che se fosse morto non ci sarebbe stata più possibilità di ritorno. Vorrebbe tanto che questa fosse una garanzia per non farsi lasciare più, che bastasse come certezza per rimanere insieme.
 
Si abbassa a baciarlo ancora e nei suoi occhi legge lo stesso desiderio che sente lei, la stessa speranza e realizza che forse non sono mai stati tanto diversi: hanno sempre voluto le stesse cose, si sono sempre cercati senza saperlo.
Si muove più velocemente e scende con la bocca a morderlo sotto il mento e sul collo perché vuole sentirlo suo il più possibile, perché ha la sensazione che finirà anche stavolta, ma lo vuole così tanto, forse anche più di un anno fa.
 
La schiena nuovamente appoggiata sul materasso, Ellie gli stringe forte le spalle, sospirando piano, mentre lui si muove ancora; lo bacia sul collo e Dean avvicina la bocca al suo orecchio, sussurrando qualcosa che Ellie non avrebbe mai creduto di sentire dalla sua voce – adesso così bassa –, quattro parole che è sicura che non riuscirà più a togliersi dalla testa neanche uscita da quella stanza per quanto Dean le ha pronunciate in modo vero e sincero.
Si scosta un po’ e la guarda in silenzio, la fronte sudata e il respiro spezzato ed Ellie gli risponde con un bacio, perché non conosce un altro modo per dirgli che per lei è esattamente lo stesso e si ritrova a pensare che allora forse una speranza c’è, forse c’è la possibilità di uscire da quel buco dimenticato da Dio insieme, fianco a fianco, e non devono buttare tutto all’aria un’altra volta, ma è un pensiero confuso insieme a tanti altri e, quando Dean esce da lei e la guarda ancora negli occhi, ha di nuovo la sensazione di vivere un sogno e niente di più.
 
La osserva ancora, gli occhi limpidi e più intensi mentre si accascia su di lei baciandola nuovamente, senza darle il tempo di riprendere fiato. Ellie lo asseconda, le mani di lui tra i capelli; Dean non dice niente e si stringe più al suo fianco ed Ellie d’istinto lo abbraccia, posandogli un bacio su una guancia e non le era mai sembrato così fragile, stretto in quell’abbraccio caldo, confuso da un sentimento a cui non sa dare un nome ma che non riesce più a negare, che forse non vuole più nascondere. Ellie capisce tutto questo, perché, nonostante tutto, sente che per lei è esattamente lo stesso.
 
Poi Dean si mette di lato ed Ellie nasconde il viso sul suo petto, carezzandogli distrattamente la schiena. Lo studia silenziosa mentre lui sembra voler prendere nuovamente confidenza con lei, disegnando la linea del suo fianco con le dita in una lenta carezza.
 
Ellie ha tanti pensieri in testa e molti lo riguardano e, nonostante abbia la sensazione di essere finita in Paradiso o in un luogo molto simile – in fondo è sempre così che si è sentita con lui: a suo agio, adeguata, al posto giusto – c’è qualcosa che disturba questa quiete ritrovata, ma non se la sente di condividere queste cose, non adesso.
 
Dean la stringe sulla schiena, abbassando il capo per posarle un piccolo bacio su una spalla ed è solo allora che lei alza gli occhi incontrando il suo sguardo così dolce e comprensivo; Dean le accarezza il viso per poi avvicinarsi piano, con cautela, il pollice e l’indice della mano destra a catturarle il mento, quasi dovesse sfuggirgli da un momento all’altro ed Ellie si lascia baciare ancora, dolcemente, e questi piccoli gesti rafforzano ancora di più la convinzione che albergava in lei che poco prima era sincero. Forse lo è sempre stato, anche se a volte non ha saputo dimostrarglielo.
 
Lo guarda negli occhi adesso – le braccia intorno a lui e nessuna intenzione di lasciarlo andare –, senza aver paura.
 
Dean si sdraia sulla schiena ed Ellie appoggia la testa sul suo petto rimanendo in silenzio, cercando di rilassarsi completamente e lasciandosi accarezzare piano la schiena e le spalle; Dean posa qualche bacio sulla sua pelle o tra i suoi capelli ogni tanto e ad Ellie viene da pensare che forse è solo il suo modo per rompere il silenzio, ma non riesce a non sorridere.
 
Avvolge il lenzuolo attorno al seno e punta un gomito sul cuscino, un sorriso da presa in giro dipinto sulle labbra «Quanti baci».
Non sa dire se quello che esce dalla bocca di Dean è uno sbuffo o un sorriso, le labbra leggermente incurvate verso l’alto «Ti dispiace?»
Ellie lo osserva con attenzione e il verde dei suoi occhi luccica nella penombra; non è del tutto tranquillo – non come vorrebbe vederlo sempre – ma è senz’altro più sereno di qualche ora fa. «No, ma se sei così premuroso mi viene da pensare che hai qualcosa da nascondere… o che forse un po’ ti sono mancata».
 
Dean ride adesso e ad Ellie si scalda il cuore a guardarlo farlo in questo modo tanto sincero e si chiede perché mai non debbano vivere ogni giorno così. Non ci sarebbe niente di più giusto.
 
«Forse te ne saresti accorta un po’ prima se non avessi fatto la difficile per tutto il tempo».
Ellie allarga gli occhi, fingendosi offesa. «Non facevo la difficile!» ma lo sguardo da presa in giro di Dean la fa cedere presto. «Ero solo… arrabbiata. Lo sarebbe stato chiunque al mio posto».
«Beh, non proprio chiunque».
«Io non mi arrabbio mai e lo ero. Quindi sì».
 
Dean sorride scuotendo la testa e ad Ellie fa piacere riuscire a sdrammatizzare finalmente tutto quello che è successo. Sente di aver bisogno di un po’ di serenità.
Lo guarda ancora e la mano destra di Dean le accarezza il viso con dolcezza, spostandosi poi un po’ più in avanti per metterle i capelli dietro l’orecchio sinistro e scopre una cosa che non aveva mai notato prima: sulla parte superiore, dove la cartilagine si incurva per poi riscendere fino al lobo, c’è un piccolo orecchino. Dean rigira la farfallina [7] tra le dita, provocando un sorriso di Ellie.
«E questo?»
«Quella pazza di Janis. Lei ha tutte le orecchie bucate e una volta le ho detto che mi piaceva questo qui. Visto che conosce tutti i tipi che fanno piercing a Buckley e nei dintorni, ha deciso di prendermi l’appuntamento e regalarmi questa cosa per il mio compleanno» Ellie scuote appena la testa, muovendo appena le gambe e a Dean non sfugge il modo in cui i suoi occhi si sono illuminati non appena ha nominato quella ragazza. Si vede che le è molto affezionata.
«Mi fa piacere che ti sia stata vicina in questo periodo. Da come ne parli, questa Janis è—»
«Speciale. Non so come avrei fatto senza di lei».
«Le hai detto del nostro lavoro?»
Ellie abbassa lo sguardo e scuote la testa, decisa «No. Non voglio rovinarle la vita». Dean comprende il suo punto di vista, come non gli sfugge che non si è minimamente soffermata sul fatto che, comunque sia, l’uccidere mostri è qualcosa da tenere in segreto, all’oscuro dalle altre persone, ma lei ha posto l’attenzione su qualcosa di forse anche più prezioso. La stringe un po’ più forte, accarezzandola su un fianco.
 
Ellie allunga la mano verso il suo braccio destro e riconosce il braccialetto che gli aveva regalato per il suo compleanno, poco dopo essersi conosciuti. E’ un po’ più sbiadito, il marrone della pelle più spento di un tempo, ma è sempre lo stesso. Ellie lo fa ruotare sul polso di Dean, muovendolo con le dita. «Lo tieni ancora?»
Lui annuisce e lei sorride appena, realizzando che è vero che non l’ha mai dimenticata, un po’ come è successo a lei, e quel pensiero le provoca una gioia così grande da espandersi a macchia d’olio e scaldarle il petto così si sporge verso di lui per baciarlo ancora una volta sulle labbra.
Dean ricambia e le accarezza i capelli, spostando l’attenzione su di lei «Ecco cosa mi manca veramente: la tua chioma da Raperonzolo».
Ellie fa una smorfia «Oh, andiamo… a me piacciono».
Lui fa spallucce «Gusti. A me piacevano più prima».
 
Ellie gli fa la linguaccia e si rannicchia di più tra le sue braccia, facendosi più vicina e appoggiando la testa sulla sua spalla.
Vorrebbe non avere alcun pensiero negativo a disturbarla, vorrebbe semplicemente godersi questa sensazione di pace assoluta fino in fondo, guardarlo e rimanere così per sempre, ma c’è una domanda che le ronza in testa, in modo quasi fastidioso, e non riesce più a trattenerla per sé.
 
«Posso chiederti una cosa?» Dean annuisce e gira un po’ la testa verso sinistra per guardarla ancora: ha i capelli spettinati e le guance arrossate, gli occhi più grandi e lucidi dal piacere e forse non gli è mai sembrata bella come in questo momento, così stropicciata e accoccolata tra le sue braccia. «Perché hai chiamato me invece di tuo fratello?»
Dean increspa le labbra in un sorriso amaro; avrebbe dovuto immaginare che prima o poi questa domanda sarebbe venuta fuori, perché conosce Ellie e sa che non è una persona che tiene le sue curiosità per sé. «E’ l’unica cosa che ti viene in mente di chiedermi dopo essere venuta a letto con me?» Ellie ride piano ed annuisce e, per la prima volta da quando è tornata, finalmente Dean la riconosce veramente. Peccato, però, che lei non sta scherzando e pretende una risposta seria. «Io… beh, credo che sia giusto lasciargli vivere la vita che si è scelto ancora per un po’. Anche se non sarà per sempre».
«Questo non puoi saperlo».
«Oh andiamo… per quanto si sforzi a fuggire, Sammy è uno di noi. Solo che crede ancora di avere una possibilità diversa».
Ellie punta gli occhi nei suoi, il suo naso a un paio di centimetri da quello di Dean e l’espressione seria e concentrata «E tu vuoi farlo cullare sugli allori ancora a lungo, non è così?»
Dean stringe le spalle «Per quanto sarà necessario. Ha una ragazza, una vita normale… non voglio rompergli le palle».
«Anche se si tratta di John? E’ anche suo padre».
«Se lo ritrovo entro breve non ci sarà neanche bisogno di chiamarlo. E poi ci sarai tu con me, no?»

Dean la attira più a sé, cercando la sua mano sinistra e intrecciandone le dita per poi baciarla sulle labbra e chiudere gli occhi, stanco. Ellie sorride appena, stringendosi ancora un po’ tra le sue braccia mentre la terribile sensazione che anche questa notte sarà fine a se stessa le attanaglia lo stomaco.

Dean si addormenta presto, sfinito da tutte le emozioni e gli sforzi delle ultime settimane – soprattutto degli ultimi tre giorni –, ma Ellie non riesce a fare altrettanto. Quel pensiero la tormenta ed è divisa tra la voglia di restare – che dopo tutto quello che hanno passato e tutto il tempo che hanno trascorso separati, un po’ di pace è quello che si meritano – e quella di fare la cosa giusta. Forse dovrebbe lasciarlo tornare a riattaccare i pezzi della sua famiglia, perché solo lui può farlo e lei di certo non vuole essergli d’intralcio. Tanto ha capito che finché ci sarà lei al suo fianco questo non sarà possibile e non lo trova giusto.
 
E’ anche vero che dovrebbe andare a Buckley per mettere a posto tutte le sue cose, tornare a quello che è ormai il suo lavoro e riprendersi la vita che ha costruito lì, ma è altrettanto consapevole del fatto che, ormai, le cose non sono più com’erano un tempo, come quando c’era la mamma.
 
Buckley è sempre stato il suo rifugio: sa a memoria vie, vicoli, le scritte sulle panchine del parco e tutto il resto, eppure in quei mesi è stato tutto diverso. O meglio, era tutto uguale a come l’aveva lasciato, ma era lei a non essere più la stessa.
 
Col tempo si è resa conto di quanto tutto questo fosse inevitabile: aveva passato tanto tempo con dei cacciatori ed aveva cominciato inconsciamente a guardare il mondo con occhi differenti; le sfumature della gente comune, dei luoghi e dei paesaggi attorno a lei sono cambiate, si sono ingrigite, irrimediabilmente.
 
Nei mesi in cui è rimasta lì, ha lottato a lungo con tutto questo. Ha fatto tante di quelle passeggiate nelle strade poco affollate di quella che una volta era la sua casa per ritrovare quei sapori e quegli odori che la caratterizzavano, che la rendevano il posto che più le piaceva, ma non crede di esserci riuscita, capacitandosi del fatto che è impossibile tornare indietro dopo qualcosa che ti cambia tanto nel profondo.
 
Forse sapeva dall’inizio che questo viaggio – che le ha dato la consapevolezza che la caccia e tutto quello che la riguarda non l’hanno mai abbandonata davvero – non avrebbe avuto ritorno. O meglio, non uno definitivo, perché è quasi certa del fatto che, quando tornerà a Buckley, non lo farà per rimanere a lungo. 
 
Quello non è più il suo posto ormai. Ellie l’ha capito, ma ha cercato di non dirlo ad alta voce o di non pensarlo troppo spesso per non accettarlo, per non andarsene da quella che era ormai solamente lo specchio della sua vecchia e tranquilla vita assieme alla sua mamma.
 
Buckley è parte di lei e così sarà sempre, ma non come aveva creduto prima. Sa di essersi goduta il più a lungo possibile quell’oasi di tranquillità – l’unica cosa che la caccia non aveva mai intaccato – che nonostante tutti i cambiamenti e le scelte fatte e tutto il resto resterà per sempre la sua casa. La sua vera casa.
 
Resta il fatto che, comunque, non può andare neanche con Dean. La sua famiglia è più importante adesso, ha la priorità. Ellie sa che Dean farebbe tutto per loro, per suo padre e suo fratello, e sa anche che prima era sincero, che vuole veramente stare con lei – anche se non glielo ha detto espressamente, ma era questo il senso – ma che non sarebbe giusto, che non potrà esserci lei al posto di Sam se vorrà cercare suo padre. Ellie non è compresa nel pacchetto delle strane e complicate dinamiche della famiglia Winchester, ha un altro ruolo e vuole farlo valere, per il bene di Dean. Sa che la cosa che lui vorrebbe più al mondo è riabbracciare suo fratello e vuole dargli la possibilità di farlo. 
 
Lo osserva con attenzione mentre lui dorme – il viso nella sua direzione ed il respiro tranquillo, rilassato – e si avvicina un po’ di più al suo volto, sorridendo appena.
 
Sa che Dean non gradirebbe un’altra fuga, non questa volta, e neanche lei, per nessuna ragione al mondo, vuole che finisca di nuovo così, perciò aspetterà che si svegli per parlargliene.
Si stringe di più a lui e gli posa un bacio sul naso per poi chiudere gli occhi e lasciarsi andare alla stanchezza, prendendo finalmente sonno. 
 
[1] Arnese usato per pestare o ridurre in polvere sostanze solide. 
[2] Antagonista principale nel romanzo “Il meraviglioso mago di Oz”.
[3] Mi sono immaginata la zia come la versione un po’ più “invecchiata” di Rebecca Mader (che, tra le altre cose, ha interpretato proprio la Strega dell’Ovest in Once upon a time): l’attrice è nata nel 1977, ma in questa fan fiction avrebbe avuto solo trentadue anni dato che siamo nell’anno 2005.
[4] Le parole sono le stesse che John pronuncia nel “Pilot” nel messaggio che Dean fa ascoltare a suo fratello.
[5] Nel “Pilot”, Dean dice a Sam che, per ascoltare il messaggio “nascosto” in quello che suo padre gli ha lasciato in segreteria, ha passato il tutto in un software audio, ma Dean non ha mai avuto un computer personale nelle prime stagioni, perciò ho pensato che Ellie avesse potuto aiutarlo con il suo laptop.
[6] La frase trascritta è la stessa che viene pronunciata nel “Pilot”. Nella versione in lingua originale dell’episodio, la voce della donna in bianco è più bassa rispetto al doppiaggio italiano ed è meno decisa quando parla, più lenta, si prende delle pause nel recitare la frase “I can’t never go home”. In italiano, invece, è più veloce.
[7] So che è una cosa sciocca da puntualizzare, ma non si sa mai: per chi non lo sapesse (io pensavo che fosse tipo in dialetto, quindi mi metto nella lista xD), farfallina è il nome di un particolare tipo di chiusura degli orecchini. 
  
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