Blue Complex
«Guardate questa
pietra! Non vi sembra abbia una forma un po’ strana?»
«Sì, ha la forma di un pisello!»
Ami scoppiò a ridere per l’affermazione di Yuu, così come fecero i loro amici
Masaru e Komatsu piegati in due dalle risate. Jun, la sorella gemella di Masaru
e quella più tranquilla e timida del gruppo, scosse la testa con fare
contrariato, sospirando e controllando se qualcuno li avesse sentiti, non
volendo passare nei guai per colpa loro.
«Non potete fare i seri per un momento? Finiremo per passare il pomeriggio in
punizione se continuate a fare casino.» li ammonì la ragazza a voce bassa,
fulminando il gruppo di amici con lo sguardo.
«Jun-chan, stai tranquilla. E poi non abbiamo fatto niente di male, giusto?»
esordì Masaru, dando qualche pacca alla spalla della sorella per calmarla un
po’. Gli amici annuirono in sincrono per sostenere Masaru.
«E poi questo sasso ha davvero la forma di un pisello, scusa. Tu dovresti
saperlo, chissà quante volte hai visto quello di tuo fratello.» ritornò
sull’argomento Ami con malizia, scoccando la lingua contro il palato.
A quelle parole, sia Jun che Masaru avvamparono violentemente e cominciarono a
inveire in sincrono contro l’amica mentre quest’ultima aveva le lacrime agli
occhi dalle risate, trattenendosi nell’alzare la voce per non disturbare gli
altri visitatori del museo, oltre a non attirare l’attenzione del professore
troppo impegnato a osservare quei sassi dalla dubbia forma per dare retta al
gruppo di ragazzi.
Il Museo di scienze naturali era immenso, con decine di stanze colme di reperti
che andavano da pietre e rocce del territorio fino a specie di animali
imbalsamati, tutto racchiuso in teche di vetro. Yuu non era mai stato in un
posto simile e, appena mise piede dentro, rimase abbagliato dalla collezione
che il museo presentava, osservando con interesse ogni angolo della stanza
dedicato agli animali primitivi. Finalmente la scuola aveva organizzato una
gita degna di tale nome e non le solite cavolate per bambini delle elementari
come andare ad analizzare le piante del territorio e classificarne la specie.
Però, come previsto, il livello di interesse di Yuu calò rapidamente,
soprattutto dopo essersi spostati nella sala dedicata alle pietre. La sua noia
toccò un livello talmente critico che non riuscì più a stare tranquillo e
cominciò a commentare ironicamente su alcuni di quei minerali, facendo qualche
battutina e raccontando qualche aneddoto per intrattenere gli amici che ogni
volta se la ridevano di gusto. Soprattutto Ami si mostrò partecipe agli scherzi
di Yuu e diventò la sua compagna di battute, ispirandogli cose idiote da dire
con una semplice frase.
Una volta terminato il giro, i ragazzi seguirono il resto della classe nella
stanza successiva, quella dedicata alla fauna del paese. In mostra c’erano
numerose specie di animali imbalsamati divisi per famiglia e habitat, tutte in
posizione diverse e in perfetto stato, come se fossero ancora in vita. A Yuu
non piaceva per niente quell’ala del museo; gli animali morti gli trasmettevano
parecchia ansia, per non parlare dei loro grandi occhi lucidi che sembravano
fissare tutti i visitatori che passavano loro davanti. Si sentiva a disagio
insieme a tutte quelle creature senza vita e si guardò intorno nella speranza
di trovare qualche via di fuga per scapare dalla sala. Distaccandosi dal gruppo
di studenti e mettendosi in un angolo poco visibile, Yuu notò un’arcata barrata
che conduceva ad un’altra ala del museo al momento in restauro e quindi
inaccessibile al pubblico. Chissà cosa si nascondeva dietro quell’arcata e in
fondo al corridoio, non gli sarebbe per niente dispiaciuto scoprirlo…
Colto da un’idea improvvisa, Yuu tornò dal gruppo e si mise vicino ad Ami come
se nulla fosse, facendo finta di guardare interessato l’esemplare di cervo
dietro la lastra di vetro.
«Seguimi e fai finta di niente.» le sussurrò all’orecchio, lanciandole uno
sguardo complice prima che lei potesse controbattere.
Controllando che Ami lo stesse seguendo, Yuu si diresse ancora nell’angolo
appartato della sala e si fermò per lasciare il tempo all’amica di
raggiungerlo. La ragazza arrivò dopo una manciata di secondi e guardò il moro
con sguardo confuso e leggermente preoccupato, ignara di quali fossero le sue
idee. «Si può sapere che hai in testa?» domandò in cerca di qualche risposta,
incrociando le braccia al petto come spesso faceva quando era imbronciata.
Yuu sorrise e non rispose, indicando semplicemente il corridoio inaccessibile,
dal passaggio bloccato con una semplice corda spessa e rossa.
Ami rimase a guardarlo con fare corrucciato e ancora perplesso, per poi capire
le finali intenzioni di Yuu. «Sei pazzo, non possiamo andare lì! Se ci vede
qualcuno siamo fregati.»
«Non ci vedrà nessuno, fidati Ami. Dove è andata a finire la mia compagna di
avventure? Non avrai paura, spero…» la stuzzicò, sapendo quanto pericolosa
potesse diventare l’amica quando veniva toccata nell’orgoglio.
Gli occhi di Ami lo fulminarono e le sue mani si chiuse a pugno, affondando le
unghie nella carne soffice del palmo. «Paura, dici? Ti faccio vedere io chi ha
paura, pivello!» gli sibilò addosso, voltandogli le spalle.
Dopo aver studiato la situazione intorno a sé e aver creato mentalmente un piano
d’azione, la ragazza dai lunghi capelli castani corse senza essere notata verso
l’arcata e, con movimenti ben calcolati, scavalcò la corda, trovandosi in un
battito di ciglia nel corridoio collegato alla stanza in restauro. Sicura di
non essere vista, regalò all’amico un aggraziato dito medio prima di
addentrarsi nel corridoio per raggiungere l’altra stanza. Yuu non se la prese
per l’insulto della ragazza e la raggiunse in poco tempo, stando attento a sua
volta di non essere intravisto dalla classe o, peggio, dal professore che li
stava accompagnando.
Il corridoio si rivelò più lungo e buio del previsto, completamente sgombro.
Yuu si aspettava di vedere attrezzi di lavoro giganteschi e simili, ma
sorprendentemente non c’era nulla di tutto ciò. Magari era tutto ammassato
nella stanza, ma con sua grande sorpresa, anche quest’ultima era totalmente
vuota, arredata con un semplice cartello che spiegava la collezione che ci
sarebbe stata. Yuu rimase piuttosto deluso nel trovarsi in una sala tanto
grande e tanto vuota; sperava di trovare qualcosa di interessante, qualche
segreto da scoprire, e invece non c’era assolutamente niente.
«Che palle, è vuota.» commentò, sospirando sonoramente. Diede un’occhiata a Ami
e la trovò in mezzo alla sala con il volto rivolto verso l’alto, totalmente
immobile come se fosse in trance. Yuu seguì il suo sguardo e solo a quel punto
scoprì sul soffitto la riproduzione dettagliata delle più grandi costellazioni
che popolavano l’universo, centinaia di punti bianchi su un immenso sfondo nero-bluastro.
L’effetto visivo era molto forte e, se non fosse stato per la luce che inondava
la stanza, sembrava davvero il cielo notturno, quello che si riesce a vedere
solo in zone poco illuminate dalle luci artificiali. Yuu sapeva quanto piacesse
all’amica osservare il cielo e si avvicinò a lei lentamente, senza fare troppo
rumore per non disturbare la sua contemplazione. Le si mise vicino e si voltò
dalla sua parte, osservando il profilo del suo viso rilassato e bello.
Dall’anno prima, quando si erano incontrati per la prima volta, non era
cambiata poi tanto: il suo viso era ovale e soffice, il naso piccolo e
leggermente a patata mentre i suoi occhi erano ancora brillanti e dolci, con
quel colore che ricordava un cioccolatino al latte. L’unica cosa che era
cambiato nel suo aspetto erano i capelli; erano ancora lunghi, lunghissimi, ma
al posto della frangia ora aveva un ciuffo di media lunghezza che teneva al
lato sinistro del viso, facendola sembrare un po’ più matura e adulta. Yuu era
felice di averla conosciuta e di aver creato un’amicizia con lei; rispetto agli
altri, lei era l’unica che riusciva a capirlo immediatamente e per questo
riuscirono a creare un legame forte e saldo fin da subito. In sostanza, non si
poteva pensare a Yuu senza Ami e viceversa. I loro amici spesso dubitavano se tra
loro ci fosse solamente una normale amicizia e non qualcosa di più, ma per
quanto riguarda Yuu, Ami era solo un’amica. Le voleva bene, più degli altri, ma
non aveva mai provato altro che non fosse l’affetto tipico tra amici.
«Hai finito di fissarmi o ne ha ancora per molto?» domandò con fare fintamente
seccato Ami senza distaccare gli occhi dal soffitto.
Yuu quasi saltò in aria dallo spavento e arrossì, alzando anche lui il capo
verso il cielo. «Stavo controllando se eri imbalsamata come gli animali
dell’altra stanza.» scherzò per togliersi dalla situazione imbarazzante in cui
era finito, abbozzando una risatina scherzosa.
«Idiota.» pigolò lei, scuotendo la testa senza speranza. Ormai era abituata
alle uscite improvvise di Yuu e aveva anche imparato a non ridere delle sue
battute, anche se a volte era davvero difficile.
I due rimasero uno accanto all’atro in completo silenzio e immobili fino a
quando la ragazza non allungò una mano verso quella di Yuu, cercandola e
intrecciando le dita alle sue, stupendosi di quanto la sua pelle fosse morbida
e calda. Gli si fece più vicino fino a trovarsi braccio contro braccio, non
trattenendosi nell’appoggiare la testa contro la sua spalla mentre ancora
contemplava il cielo artificiale sopra di sé. «Non è bellissimo, il cielo
stellato? Lo trovo davvero romantico…» sussurrò piano, come se avesse paura di
alzare troppo la voce e rovinare quel momento magico che stava vivendo con Yuu.
Quest’ultimo, non appena sentì la mano liscia di Ami contro la propria, si
irrigidì e ricambiò la stretta senza sapere esattamente cosa stava facendo.
Sentiva il profumo dei suoi capelli stuzzicargli il naso, un aroma dolce e
fresco che si mescolava con quello naturale della sua pelle. Era la prima volta
che Ami si comportava in quel modo e Yuu non riusciva a capire che intenzioni
avesse; forse era semplicemente una mancanza d’affetto, le ragazze dovevano
averne molte da quello che aveva sentito in giro. Yuu cominciò ad agitarsi e
sobbalzò appena quando Ami alzò lo sguardo per guardarlo dritto negli occhi con
un sorriso sulle labbra. Non aveva mai visto un sorriso così bello sul viso
dell’amica, un sorriso tremendamente gioioso e amorevole. Improvvisamente, Ami
si alzò sulle punte e i loro nasi si sfiorarono timidamente prima che lei cercò
di avvicinare le labbra a quelle dell’amico. Prima che riuscisse a baciarlo
però Yuu si scostò e, preso dal panico, sciolse la stretta di mano, passandosi
i palmi sulla maglia per asciugarle dal sudore.
«A-Ami, dovremmo andare ora.» balbettò Yuu, facendo per andare verso il
corridoio.
Ami non mosse un muscolo e guardò Yuu con gli occhi colmi di lacrime, sentendo
ancora sulla mano il calore della sua pelle. «Yuu…» lo chiamò con un filo di
voce, avvertendo un fastidioso nodo in gola. Avrebbe voluto scoppiare a
piangere dalla frustrazione, ma doveva resistere. Non poteva farsi vedere
debole di fronte a Yuu, al ragazzo che aveva appena cercato di baciare e per la
quale aveva una cotta galattica da più di un anno. «Perché mi eviti sempre?»
sussurrò sull’orlo delle lacrime, tenendo nascosto il viso grazie al ciuffo che
le ricadeva sul viso.
Yuu si arrestò e si girò verso la ragazza, guardandola con una strana
espressione. Evitare? Yuu non l’aveva mai evitata e gli dispiaceva sapere che
la pensasse in quel modo: non avrebbe mai fatto soffrire un amico, soprattutto
Ami che era diventata come una sorella per lui. «I-io non ti sto evitando…»
rispose dopo un attimo di esitazione, ancora confuso dal suo comportamento.
«Ah, no? Allora perché non vuoi mai stare da solo con me? Scappi tutte le volte
che cerco di avvicinarmi, diventi strano quando siamo da soli… non sarai per
caso gay?» riprese con voce sempre tremante Ami, alzandola lievemente dal
nervosismo.
«G-gay? Ma cosa stai dicendo, no! A me piacciono le ragazze.» disse con
convinzione Yuu, sentendo una strana agitazione salirgli al petto. Yuu non era
gay, non poteva essere gay. Non aveva attrazione per gli uomini, non li
trovava affascinati come le donne. A casa aveva addirittura delle riviste per
adulti nascoste tra i vari libri di scuola e spesso, quando non c’era a casa
nessuno, si aiutava con le immagini di belle ragazze dal corpo perfetto e dalla
pelle pallida durante i suoi momenti intimi. Non aveva mai pensato ad un uomo
mentre era impegnato in quelle solitarie attività, quindi era totalmente nella
norma. Tranne quella volta…
Primo anno di medie, secondo giorno di scuola, dopo essersi fatto accompagnare
a casa dall’idiota che gli faceva lezioni di chitarra. Quel pomeriggio, dopo
aver avuto un’erezione improvvisa e alquanto fastidiosa a seguito di un
semplice giro in scooter con lui, Yuu era corso in casa e aveva soddisfatto le
sue voglie represse mentre la sua mente era altrove, totalmente sconnessa dal
mondo reale; continue immagini si susseguivano nella sua testa e tutte avevano
come protagonista Daisuke che, con le sue mani tiepide e protettive, lo
carezzava ovunque, senza mai stancarsi, fino a farlo impazzire. Ma quello era
stato un singolo episodio, non aveva alcun significato… o forse sì?
Mentre Yuu era vittima di quei pensieri, Ami rimase ferma al suo posto, con un
leggero tremore dovuto all’agitazione; sembrava stesse cercando tutte le
energie che aveva in corpo per non crollare da un momento all’altro dal tanto
appariva fragile e delicata. Le ci volle qualche manciata di secondi per
trovare la forza di guardare dritto negli occhi l’amico, fregandosene delle
lacrime che minacciavano di rigarle le guance. «E allora come fai a non
accorgerti di me? A non accorgerti che mi sei sempre piaciuto e che vorrei
stare con te, che vorrei essere la tua ragazza… sei così stupido!» urlò
debolmente al limite dell’esasperazione, prima di portarsi le mani al volto e
liberarsi ad un pianto triste e colmo di amarezza.
Yuu non sapeva cosa pensare dopo le parole di Ami. Non aveva mai capito i veri
sentimenti che lei nutriva nei propri confronti e la verità gli arrivò come un
macigno sul petto. Come aveva fatto a non capirlo prima? Se solo ci fosse
arrivato, avrebbe subito chiarito le cose con lei molto tempo prima, evitandole
inutili delusioni o false speranze. Avrebbe tanto voluto fare qualcosa per lei,
abbracciarla e consolarla come era solito fare quando Ami era triste, ma così
avrebbe solo peggiorato la situazione. Cercò qualcosa da dire, ma tutto ciò che
gli veniva in mente gli sembrava banale e privo di significato, perciò rimase
in silenzio in attesa che Ami si calmasse.
Senza il minimo preavviso, una voce profonda e dura dalle parole
incomprensibili arrivò da dietro le spalle di Yuu, il quale voltò appena il
capo per vedere chi fosse il nuovo arrivato. Aveva riconosciuto quella voce e
infatti, quando vide il professore guardare i due ragazzi con occhi di ghiaccio
e colmi di collera, il moro non si stupì più di tanto, rimando col capo basso
aspettando una bella ramanzina. «Shiroyama, Andou, si può sapere cosa vi è
saltato in testa? Vi siete messi nei guai, in guai seri.» disse il professore,
guardando prima il ragazzo e infine la ragazza dal viso coperto e mossa da
continui singhiozzi.
«Professore, è stata una mia idea venire qui. Sono io il responsabile, lei non
c’entra niente.» si affrettò a chiarire Yuu, ritrovando un po’ di quel coraggio
che aveva momentaneamente perso. Non voleva che l’amica prendesse le colpe per
qualcosa che non aveva fatto, non gli sembrava giusto nei suoi confronti –
soprattutto dopo tutto quello che le stava facendo passare.
Ami non riuscì a resistere oltre e corse verso l’uscita della stanza alla
ricerca di un posto dove poter stare da sola, lontano da tutti per prendersi un
momento di solitudine in modo da schiarirsi i pensieri. Yuu la seguì con lo
sguardo mentre i suoi singhiozzi riempivano ancora l’aria, provocandogli un
senso di impotenza e delusione. Che stupido era stato, un vero idiota.
«Shiroyama, non so cosa sia successo tra te e quella ragazza, ma ti aspetta un
pomeriggio di punizione.» riprese il professore dopo quella che sembrò
un’infinità di tempo, posando una mano sulla spalla del ragazzo forse come
gesto di consolazione o semplicemente per spronarlo a seguirlo.
«Lo so, professore. Lo so.»
Yuu passò l’intero
pomeriggio a pulire il secondo piano della scuola. Gli toccò pulire ogni
singola aula, le lavagne, i cancellini e addirittura i bagni, nei quali trovò
cose che i comuni mortali neanche possono immaginarsi. Pulì tutto alla
perfezione, svuotando i cestini dell’immondizia e cambiando i sacchi senza fare
storie. Non pensava che fare le pulizie fosse una pratica così terapeutica: per
tutto il pomeriggio aveva svuotato completamente la mente, dimenticandosi per
qualche ora di quello che era accaduto la mattina con Ami. Ecco perché le donne
erano sempre indaffarate, per dimenticare ciò che le turbano…
Dopo più di due ore di pulizie, Yuu si presentò in segreteria con due sacchi
dell’immondizia colmi in mano, rivolgendosi alla responsabile. Quella donna
incuteva puro terrore, tutti nella scuola avevano paura di lei. Non era una
professoressa e non aveva neppure una carica importante, ma nessuno osava
scontrarsi contro di lei o dire qualcosa di sconveniente in sua presenza. Non
era di tante parole, ma i suoi occhi erano come delle lamine affilate che ti
entravano nella carne e ti facevano venir voglia di urlare. «Ho finito di
pulire, adesso posso andare a casa?» pigolò Yuu con tono docile e gentile, non
volendo far arrabbiare la signora.
Quest’ultima lo scrutò da capo a piedi e, senza dire una parola, si alzò dalla
sedia e cominciò a ispezionare ogni aula del piano, controllando che Yuu avesse
affettivamente pulito tutto alla perfezione. Il moretto sarebbe potuto
tranquillamente scappare, ma era assolutamente un’idea da scartare – quella
donna era in grado di ridurlo in pezzettini e di gettarlo in pasto ai
coccodrilli, quindi era meglio non rischiare. La responsabile arrivò dopo
qualche minuto, continuando a scrutare Yuu con quei piccoli occhi da talpa
mentre si sistemava gli occhiali sul ponte del naso. «Puoi andare.» rispose
semplicemente con un sibilo, tornando poi alle sue faccende dietro la
scrivania.
Yuu prese il suo zaino e uscì in cortile, buttò i sacchi negli appositi
contenitori e si diresse verso il cancello dell’edificio, guardando il grande
orologio all’ingresso. L’ultimo autobus per arrivare a casa l’aveva in quindici
minuti, quindi poteva prendersela comoda… se non fosse stato per quella
fastidiosa presenza ad aspettarlo fuori la scuola. Cosa diavolo ci faceva
Daisuke ancora in giro? Le ultime lezioni erano state ore prima, doveva già
essere a casa da un bel pezzo. Gli ci volle qualche attimo per collegare il
tutto, il perché Daisuke fosse ancora lì e perchè sfoggiava un sorriso ironico
e divertito. «Non dirmi che già lo sai?»
«Cosa, che ti sei beccato una punizione mentre eri in gita? Sì, lo so. Me l’ha
detto Ami quando è uscita da scuola, tralasciando il motivo della tua punizione.»
spiegò Daisuke con tutta tranquillità, corrucciando appena la fronte. «Ora che
ci penso, mi sembrava piuttosto turbata… cosa hai combinato ancora?» chiese con
fare indagatorio, punzecchiando il braccio dell’amico.
Yuu sbuffò rumorosamente e cercò di tenere i nervi saldi, per quanto fosse
possibile. «Non mi va di parlarne ora.» tagliò corto nervosamente, facendo
capire a Daisuke che non aveva per niente voglia di discutere.
Il più grande lo studiò attentamente e si chiese per che diavolo di motivo
fosse così nervoso. Sicuramente era successo qualcosa al museo e qualcosa gli
suggeriva che era una cosa che c’entrava sia Yuu sia la sorella, Ami. Per il
momento era meglio lasciare stare, aveva tutto il pomeriggio per scoprire
qualcosa in più dato che gli avrebbe fatto lezione di chitarra. «E va bene,
signor Nervosismo. Vedi almeno di concentrarti sulla chitarra, non mi va di
insegnare ad un morto.»
«Sì, certo.»
Senza dirsi più nulla, i due raggiunsero la fermata dell’autobus e si diressero
a casa Shiroyama. Proprio come Yuu immaginava, la casa era totalmente vuota e
questo lo fece sentire un po’ più tranquillo. Nonostante Daisuke avesse
conosciuto la sua intera famiglia e tutti lo apprezzavano, Yuu preferiva di
gran lunga seguire le lezioni da solo con lui, senza distrazioni intorno. Entrò
in casa e, dopo aver sistemato le proprie cose, prese qualche stuzzichino da
sgranocchiare, offrendone qualcuno anche all’ospite. Mentre si prendeva una
pausa, affidò la chitarra a Daisuke il quale, con movimenti esperti, pizzicò le
corde per controllare l’accordatura, sistemandola quando qualche nota suonava
male. Yuu raggiunse l’amico dopo essersi riempito lo stomaco e aver bevuto un
bicchiere d’acqua, sedendosi di fronte a lui sulla poltrona e rubandogli la
chitarra, mettendosela sulle gambe. Come erano soliti fare, il moretto fece
sentire il pezzo che Daisuke gli aveva assegnato nella lezione precedente,
ripetendolo da capo nel caso sbagliasse qualche nota. Daisuke era molto
esigente da quel punto di vista e voleva che tutto fosse perfetto e che i brani
suonati da Yuu fossero senza alcuna sbavatura; aveva un orecchio davvero
allenato e riusciva a percepire alche il minimo errore, cosa che per Yuu era
ancora difficile. Vero, aveva fatto passi da gigante da quando suonava con
Daisuke, ma non era ancora del tutto soddisfatto.
Yuu eseguì perfettamente il pezzo e, dopo un breve ripasso della lezione
precedente, Daisuke gli diede lo spartito di un nuovo pezzo, lievemente più
complicato del precedente. Il moro si mise subito a provarlo seguendo i consigli
del maestro, ma ben presto gli fu davvero difficile concentrarsi. Suonava
qualche nota per poi perdersi completamente, dimenticandosi quello che aveva
appena suonato e quello che avrebbe dovuto suonare. Daisuke lo spronò più
volte, mostrandogli più volte come eseguire il pezzo, ma tutto fu inutile: la
mente di Yuu non voleva collaborare, persa in chissà quali meandri di quella
testa calda.
«Yuu, riesci a concentrarti o no? Sto cominciando a perdere la pazienza.»
esordì con fare esasperato Daisuke dopo avergli ripetuto la stessa sequenza per
la sesta volta.
Yuu scosse il capo e si alzò con un profondo sospiro, cominciando a camminare
avanti e indietro visibilmente nervoso. Il suo sguardo era fisso sul pavimento
a guardare il nulla mentre ripercorreva continuamente i suoi passi, non
azzardandosi ad aprire bocca.
Daisuke capì che la situazione era più complicata di quanto si immaginava e
mise da parte la chitarra, ponendo fine a quella disastrosa lezione. Seguì con
gli occhi l’amico e lo studiò attentamente in modo da capire cosa frullasse
dietro quella chioma di capelli soffici e scuri. Non l’aveva mai visto così
pensieroso e qualcosa gli diceva che stava così per ciò che era successo al
museo, qualunque cosa fosse successa. «Vuoi dirmi cosa ti prende oggi? È
successo qualcosa?» domandò con il suo classico tono dolce e amichevole,
lasciando libero Yuu di confidarsi o meno.
Yuu continuò a camminare mentre la sua testa era in preda al panico più totale,
tra pensieri e preoccupazioni. Aveva l’impressione di scoppiare da un momento
all’altro, che i suoi pensieri prendessero il sopravvento e uscissero dalla sua
testa, forse dal naso o dalle orecchie sotto forma di fumo. Sapeva che
confidarsi con Daisuke non avrebbe fatto altro che bene, ma come poteva dirgli
che aveva trattato da schifo la sua cara sorella e che aveva strani dubbi ad
annebbiargli la mente?
«Secondo te io sono strano?» chiese tutto d’un tratto senza mezze misure Yuu,
guardando dritto negli occhi l’amico.
Quest’ultimo corrugò la fronte e abbozzò un sorriso divertito e sorpreso allo
stesso tempo, non del tutto sicuro di aver capito dove il moro volesse
arrivare. «In che senso “strano”? Intendi, diverso dagli altri?»
«Proprio così. Diverso.»
Daisuke sembrò pensarci su qualche secondo, pizzicandosi il mento liscio e
squadrato con le dita. «Beh, non ti definirei proprio diverso… sei particolare,
ecco.»
«Particolare?»
«Sì. Non sei come tutti gli altri, per quanto riguarda l’aspetto fisico
intendo. Hai un qualcosa di femminile che ti fa sembrare “diverso” dagli altri
ragazzi della tua età, ma non è una cosa brutta.»
Yuu ascoltò con attenzione l’amico ma il risultato fu del tutto insoddisfacente
– anzi, era più confuso di prima. Doveva essere il più diretto possibile se
voleva una risposta. «Dai, io sembro gay?» riprese con decisione, senza
neanche accorgersi di averlo chiamato col nomignolo che tanto gli piaceva.
Daisuke rimase spiazzato dalla domanda dell’amico e lo guardò con fare
allucinato, sperando con tutto il cuore di aver capito male. Lo sguardo
spaventosamente serio di Yuu però gli fece capire che non stava scherzando e
che voleva una risposta il prima possibile da parte sua. Il giovane chitarrista
si passò una mano tra i capelli castani per poi sistemarsi gli occhiali sul
ponte del naso mentre cercava di raccogliere i pensieri. Era incredibile come
fosse difficile rispondere ad una domanda simile, nonostante lo conoscesse da
anni e fossero piuttosto legati. Gli era capitato spesso di parlare di cose
intime con lui senza la minima vergogna, ma ora si sentiva parecchio a disagio.
«È stato qualcuno a metterti in testa questa cosa, vero? Chi è stato? Voglio
saperlo.» domandò, studiando il ragazzo con attenzione e serietà. Se era stato
qualcuno a mettergli in testa certe idee, Daisuke assolutamente saperlo così
avrebbe dato una bella lezione allo stronzo che aveva osato prendersi gioco
dell’amico.
«No, non è stato nessuno. Solo che…» a questo punto, Yuu si fermò e non seppe
più come andare avanti con la frase. Voleva dire a Daisuke come stavano le
cose, ma si sentiva bloccato da qualcosa.
«Solo che…?»
Yuu si morse il labbro e si maledì mentalmente, trattenendosi nel tirarsi una
pacca in testa. Ora era in un vicolo cieco, gli avrebbe dovuto dire tutto
quello che era accaduto la mattina, mettendo anche in mezzo anche sua sorella.
Ora sì che era in un bel guaio; sapeva quanto lui volesse bene ad Ami e avrebbe
fatto tutto per lei, anche andare contro il suo amico d’infanzia. Ormai
consapevole del suo triste destino, Yuu aprì bocca per raccontargli tutto, ma
tutto ciò che riuscì a pronunciare fu una richiesta insignificante e infantile.
«Prometti che non ti arrabbierai?» chiese in un sussurro, alzando lo sguardo
per incrociare quello del più grande.
Daisuke trattenne un sorriso tenero nel vederlo così in difficoltà e, con il
suo classico fare gentile e amichevole, lo invitò a sedersi sul divano al suo
fianco, dando qualche pacca alla seduta. «Dai, vieni qui e raccontami tutto.»
lo spronò, liberando un leggero sospiro. Per quanto Yuu preferisse starsene per
conto suo, non riuscì a rifiutare l’invito dell’amico e si mise comodo vicino a
lui. Si fece passare un cuscino che sarebbe servito come antistress – e anche
come scudo dalle possibili botte di Daisuke – e, raccogliendo tutta la forza
che aveva in corpo, cominciò a raccontargli ciò che era accaduto durante la
mattinata: le battute con gli amici, la sua fuga con Ami, il tentativo
dell’amica di baciarlo e le sue parole, il motivo dei tormenti mentali del
povero Yuu. Prese tutto il tempo necessario e, quando arrivò alla fine del
racconto, scoprì di sentirsi più sollevato, come liberato da un peso
opprimente. Per qualche istante si era addirittura dimenticato di stare
parlando con il fratello della ragazza in questione, scoprendo con sollievo che
l’amico non si era per niente arrabbiato – almeno, così pareva. Lo guardò in
volto e tutto ciò che riuscì a decifrare dalla sua espressione era perplessità,
come se qualcosa non gli fosse chiaro.
Tra i due ci fu un lungo momento di silenzio, nel quale nessuno parlò; Yuu era
in attesa di una risposta, mentre Daisuke stava ancora pensando al racconto
appena sentito, valutando tutti gli aspetti della questione. Daisuke già sapeva
dell’interesse che la sorella nutriva nei confronti di Yuu, ma non pensava
fosse una cosa così seria; aveva sempre creduto fosse una cotta passeggera,
tipica dei ragazzini di quell’età – dopotutto, anche lui ci era passato -, ma a
quanto pareva, non doveva essere una cosa da poco. Ami era veramente
interessata al suo piccolo amico d’infanzia - peccato che lo stesso non si
poteva dire di Yuu nei confronti della ragazza. Se solo l’avesse capito prima,
avrebbe spinto Yuu a ragionare e a dare un’opportunità ad Ami, ma ormai era
troppo tardi. «Quindi, per una cavolata che mia sorella ha detto, pensi di
essere gay?» domandò, inarcando un sopracciglio verso l’alto e analizzando con
attenzione il ragazzo.
«N-no, non solo per quello. Per tanti altri motivi.»
«Del tipo?»
«Beh…» cominciò Yuu, fermandosi subito dopo. Rimase tra i suoi pensieri per
qualche secondo per poi riprendere il discorso, sospirando sconsolato. «Non ho
mai incontrato una ragazza che mi interessasse davvero e non credo che la colpa
sia loro. Se non ho ancora trovato nessuno, significa che c’è qualcosa che non
va in me, non credi?»
Il più grande si portò la mano al mento e si pizzicò la pelle con le dita,
prendendosi una pausa a riflettere. Per quale motivo la mente di Yuu doveva
essere così contorta? Era un ragazzo buono, gentile, ma si complicava la vita
con degli stupidi problemi che, il più delle volte, erano solo frutto delle sue
paranoie insensate e infondate. Gli voleva un mondo di bene però, quando si
comportava in quel modo, non riusciva proprio a capirlo; gli avrebbe voluto
dare una botta in testa per svegliarlo e fargli capire che il suo essere
completamente paranoico non lo avrebbe portato da nessuna parte. Vista la
situazione già disastrosa, Daisuke non volle interferire ulteriormente,
evitando di dirgliene quattro o semplicemente mandarlo a quel paese come spesso
faceva in casi simili. «Yuu, secondo me stai andando troppo oltre. Non devi
subito pensare di essere “diverso” solo perché non sei interessato alle
ragazze. Magari non hai ancora incontrato quella giusta, quella che ti fa dire:
“oh, questa è la ragazza che stavo aspettando”. Magari non senti il bisogno di
avere una ragazza al tuo fianco e preferisci concentrarti su altro, ci sono un
sacco di motivi per il tuo comportamento.»
«Quindi, il fatto che preferisco stare con i ragazzi è una cosa normale per
te?»
«Direi di sì. Per un ragazzo della tua età, non ci vedo nulla di male. A meno
che tu non abbia fatto qualcosa di compromettente, allora le cose cambiano.»
Sentendo quelle parole, a Yuu vennero i brividi alla schiena. Qualcosa di
compromettente… se toccarsi pensando al proprio amico era qualcosa di
compromettente, allora Yuu aveva la coscienza sporca fino all’osso. «Cosa
intendi?»
Daisuke davvero non riuscì a credere alla domanda idiota che Yuu gli aveva
appena fatto. Il moro doveva avere della melma in testa, altrimenti non si
sarebbe spiegato il suo ritardo mentale. «Ma cosa ne so! Baciare un altro
ragazzo in mezzo ad altra gente, prenderlo per mano e fare la coppietta felice…
Non lo so nemmeno io.» disse esasperato il povero Daisuke, cominciando a
sentire i nervi a fior di pelle.
Yuu intanto aveva sconnesso completamente il cervello e guardava l’amico con
pietà, come se lui avesse la formula magica per far dissolvere le sue paranoie.
«B-baciare?» domandò ancora, senza sapere esattamente cosa gli stava chiedendo.
Ormai le sue parole uscivano dalla bocca senza alcun filo logico, nella sua
testa c’era solo una grande nebbia che non gli permetteva neppure di fare un
minimo ragionamento logico.
Dopo l’ennesima stupida domanda di Yuu, a Daisuke venne l’impulso di mettergli
le mani addosso, dargli un bel ceffone in pieno volto non tanto per fargli del
male, ma per farlo tornare nel mondo del presente, farlo reagire piuttosto che
vederlo come un animaletto appena maltrattato, con quell’espressione abbattuta
e impanicata. Impulsivamente portò le mani al collo del moro e gli prese il
colletto della divisa che indossava, stringendo il tessuto pesante e ruvido tra
le dita con forza. Notò gli occhi impauriti di Yuu, ma Daisuke non ne diede
importanza e si piegò verso di lui, facendo un’azione che mai si era sognato di
fare. Le proprie labbra si serrarono su quelle del più giovane, calde e
incredibilmente morbide, scoccandogli un bacio improvviso e per nulla voluto.
Non era la prima volta che Daisuke baciava un altro ragazzo, ma era la prima
volta con un amico e, cosa ancora più grave, con qualcuno che aveva solamente
tredici anni. Poteva essere preso per pedofilo in quel momento, ma la
morbidezza e la dolcezza di quelle labbra gli fecero dimenticare qualsiasi
cosa. Non aveva mai trovato labbra soffici come quelle di Yuu e ne aveva
baciati tra ragazze e ragazzi, molto più per scherzo che seriamente. Sembrava
di baciare un manju ripieno, morbido e con quel piacevole tepore, il
tutto circondato da un aroma dolce e allo stesso tempo strano; il profumo della
pelle di Yuu stava cambiando vista l’età e gli ormoni in festa, perdendo quel
profumo dolciastro dell’infanzia che tanto gli piaceva per lasciar spazio ad
uno più forte e particolare.
Yuu dall’altra parte rimase immobile come una statua, prima confuso e poi
spaventato del gesto improvviso dell’amico. Sentendo le sue labbra sulle
proprie, sbarrò gli occhi e lo guardò con fare allucinato, sbattendo più volte
le palpebre. Cosa significava quel bacio? Dopo tutto quello che gli aveva
raccontato, la situazione caotica in cui si trovava, perché proprio adesso?
Eppure… eppure il suo piccolo corpo fu preso da uno strano sollievo. Qualcosa
nelle labbra dell’amico gli fece dimenticare tutto, trasmettendogli una certa
gioia e tranquillità mai provata. Era una sensazione strana e piacevole allo
stesso tempo, qualcosa che era impossibile da decifrare. Sapeva che era
sbagliato e fuori luogo, ma dentro di lui sperava che quel contatto potesse
durare all’infinito. Si sentiva come se uno spazio vuoto dentro di sé si fosse
colmato semplicemente grazie a quel bacio.
Prima di riuscire a muovere un solo muscolo però, Daisuke decise di staccarsi
e, passandosi la punta della lingua sulle labbra, posò lo sguardo su quello
acquoso di Yuu, sorridendo come se niente fosse successo.
«Ecco cosa intendo per qualcosa di compromettente. Anche se questo è solo un
bacio stampo, quindi è niente in confronto ad un bacio vero e proprio.»
commentò con fare fintamente abbattuto il più grande, sistemandosi la ciocca di
capelli che gli ricadeva sul viso. Il suo viso si fece improvvisamente serio e
deciso, gli occhi puntati in quelli del più piccolo. «Ora ascoltami seriamente,
Yuu. Tu sei ancora giovane, forse anche troppo per capire quale è la tua vera
natura, ma comunque vadano le cose tu non devi lasciarti abbattere da nessuno.
Se sei etero, gay o qualsiasi altra cosa, chi se ne frega! Quello che conta è
che tu rimani lo Yuu che sei adesso, un ragazzo dolce e gentile – forse un po’
troppo paranoico, ma su quello puoi sempre lavorarci.» gli disse sinceramente,
tenendogli le mani sulle spalle mentre non distoglieva lo sguardo dal suo.
Yuu lo ascoltò con attenzione e i suoi occhi diventarono due grandi pozzi
acquosi. Non voleva piangere davanti a lui e così cacciò indietro tutte le
lacrime, abbozzando un sorriso timido e poco convincente. Per quanto fosse
ancora confuso e stordito dal bacio appena ricevuto, Yuu voleva dare ascolto
all’amico e non farsi altri problemi, almeno per il momento. Dopotutto, Daisuke
aveva ragione: era ancora troppo giovane per capire chi era e cosa voleva dalla
vita. «Cercherò di fare come mi hai detto. Grazie, Dai.» pigolò con tono
riconoscente, chiamandolo con il suo nomignolo. Yuu avrebbe tanto voluto essere
come lui, uno spirito libero e anche un po’ ribelle, con un carattere deciso e
allo stesso tempo dolce e simpatico, capace di regalare un sorriso a chiunque.
Lo aveva sempre invidiato per tutte quelle qualità e sperava davvero di poter
diventare come lui un giorno.
Dopo qualche secondo di silenzio, Daisuke si accorse di avere ancora le mani
strette intorno al collo del più piccolo e si affrettò a toglierle,
controllando velocemente di non avergli fatto del male. «Scusa per prima, non
voleva spaventarti.» si scusò, sistemandogli il colletto della divisa.
Yuu arrossì violentemente per tutte le cure che l’amico gli stava riservando,
quasi fosse un bambino, e si scostò da lui gentilmente. «Non fa niente.» si
affrettò a dire, sistemandosi da solo il collo della divisa.
Daisuke, vedendo la reazione del moro, rise di gusto e per dare un ulteriore
impatto emotivo al piccolo, si avvicinò per stampargli un secondo bacio, questa
volta sull’angolo della bocca. A volte riusciva ad essere davvero sadico, ma
che ci poteva fare? Si divertiva troppo a vedere in difficoltà le persone a cui
voleva bene, e con Yuu era una battaglia vinta in partenza poiché ci voleva il
nulla per metterlo in imbarazzo.
Yuu non fu molto felice del gesto e diventò di un rosso ancora più acceso.
Voleva sotterrarsi a terra o direttamente picchiare l’amico per le figure che
gli stava riservando, ma si limitò a mugolare un lamento, simile a quello dei
gatti quando non vogliono essere coccolati dal padrone.
«Sei una patata dolce quando fai quel faccino imbronciato. Dovresti usarla come
tecnica di conquista.» commentò Daisuke con il suo solito sarcasmo, dandogli
una pacca sulla spalla. «Sarà meglio per me tornare a casa, si sta facendo
tardi.» riprese dopo aver guardato l’orologio appeso al muro, alzandosi dal
divano e stiracchiandosi i muscoli assopiti.
Yuu si alzò meccanicamente con lui e lo guardò dal basso con sorpresa, non
aspettandosi che fossero già passate ore da quando ritornarono da scuola.
«Daisuke, posso chiederti un piacere prima che te ne vai?» lo bloccò,
mettendogli involontariamente una mano intorno al polso.
Daisuke lo guardò di rimando e gli fece un cenno con il capo, incitandolo a
continuare.
«So che Ami è tua sorella e le vuoi tanto bene, ma… potresti non parlare con
lei di quello che è successo oggi? Sicuramente ti chiederà qualcosa visto che
sei il mio senpai, ma vorrei che non le dicessi niente.»
«Stai tranquillo, sarò muto come un pesce.» lo tranquillizzò, liberandosi dalla
sua presa per dargli qualche pacca d’incoraggiamento sulla spalla. «E poi pensi
davvero che vado da lei e le dico “senti Ami, oggi sono andato a casa del
ragazzo che ti piace e l’ho sbaciucchiato”. Insomma, come pensi possa
rimanerci?»
Yuu perse qualche battito, ma le parole di Daisuke suonarono talmente assurde
che non poté che mettersi a ridere. «Grazie.» sussurrò semplicemente,
lanciandogli un’occhiata di riconoscimento.
Daisuke fece spallucce e gli sorrise prima di andare a prendere la propria
giacca e infilarsela addosso, afferrando lo zaino per metterselo in spalla. «Ci
pensa Daidai a tenere la situazione sotto controllo! Tu piuttosto esercitati
con la chitarra che oggi hai fatto pena; alla prossima lezione non accetto
scuse se ti trovo impreparato.» lo minacciò, lanciandogli un’occhiataccia di
sfida.
«Non succederà, fidati.» gli rispose Yuu seriamente, alzando il pollice della
mano destra.
Il più grande fece lo stesso, imitando il gesto, per poi salutarlo con un cenno
del capo. Yuu ricambiò il saluto sventolando la mano e, stando seduto sul
divano, guardò l’amico uscire di casa e sparire, trovandosi solo nel grande
salotto di casa.
Ancora non capiva quello che era appena successo, lo strano comportamento di
Daisuke e il bacio che si scambiarono senza alcun motivo; era stato pericoloso
e sbagliato spingersi così oltre, una cosa che sicuramente avrebbe dovuto
evitare. Eppure il suo cuore continuava a battere come un trapano al ricordo di
quel breve contatto, provocandogli una strana stretta al petto. Chi l’avrebbe
mai detto che il suo primo bacio l’avrebbe dato ad un ragazzo? E non un ragazzo
qualunque, ma a Daisuke, al suo primo vero amico al quale voleva un mondo di
bene e che avrebbe sempre voluto al proprio fianco. Voleva renderlo fiero e
fargli vedere che Yuu non era solo il ragazzino debole che si era mostrato in
giornata; lui era forte e Daisuke doveva capirlo. Per questo, motivato da una
forza misteriosa, Yuu prese la chitarra abbandonata sulla poltrona e se la mise
sulle gambe, controllando l’accordatura. Prese il partito della canzone
assegnatagli da Daisuke per la settimana prossima e lo mise sul tavolo di
fronte a lui, posò le dita sulla tastiera dello strumento mentre con la mano
destra pizzicava le corde ad una ad una, seguendo lo schema stampato sulla
carta. Così, Yuu si lasciò trascinare dalla musica che pian piano cominciava a
prendere forma dalle proprie dita nella speranza di liberare la mente da un
pensiero ricorrente, per quanto fosse estremamente difficile.
Salve a tutti!
Finalmente sono tornata dopo mesi e mesi si silenzio. Chiedo perdono a tutte le
poche lettrici che mi seguono per l’attesa, ma l’università e la mia nuova vita
da adulta responsabile (?) mi ruba parecchio tempo. Spero di essere più veloce
con il prossimo capitolo, nel caso non fosse così chiedo scusa in anticipo ;_;
Comunque, ecco a voi un Yuu in totale panico, come sempre ormai. E chi meglio
poteva aiutarlo se non Daisuke? Ovviamente gli aiuti di Daisuke sono sempre
particolari, ma prima o poi anche lui smetterà di mandare in crisi il povero
Yuu… forse…
Non sapendo che altro dire (oltre che a trovare questo capitolo piuttosto
inutile), vi lascio alla lettura. Come sempre, commenti o qualsiasi altra cosa
sono ben accetti, non mangio! ^_^
Alla prossima!