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Autore: Panda Redgrave    19/11/2015    1 recensioni
Con un sospiro rilassato, Yuu corse verso casa mentre pensava a Daisuke, al suo amico. Anzi, amico speciale. Era felicissimo, così felice da poter toccare il cielo con un dito. Quindi è così che ci si sente quando si ha un amico sul quale contare? Non vedeva l’ora del domani, così lo avrebbe rivisto, avrebbe passato altro tempo con lui e, chissà, magari avrebbero anche mangiato insieme i dorayaki preparati dalla mamma senza farseli rubare.
[DiexAoi]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aoi
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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03 Blue Complex

Blue Complex

 

«Guardate questa pietra! Non vi sembra abbia una forma un po’ strana?»
«Sì, ha la forma di un pisello!»
Ami scoppiò a ridere per l’affermazione di Yuu, così come fecero i loro amici Masaru e Komatsu piegati in due dalle risate. Jun, la sorella gemella di Masaru e quella più tranquilla e timida del gruppo, scosse la testa con fare contrariato, sospirando e controllando se qualcuno li avesse sentiti, non volendo passare nei guai per colpa loro.
«Non potete fare i seri per un momento? Finiremo per passare il pomeriggio in punizione se continuate a fare casino.» li ammonì la ragazza a voce bassa, fulminando il gruppo di amici con lo sguardo.
«Jun-chan, stai tranquilla. E poi non abbiamo fatto niente di male, giusto?» esordì Masaru, dando qualche pacca alla spalla della sorella per calmarla un po’. Gli amici annuirono in sincrono per sostenere Masaru.
«E poi questo sasso ha davvero la forma di un pisello, scusa. Tu dovresti saperlo, chissà quante volte hai visto quello di tuo fratello.» ritornò sull’argomento Ami con malizia, scoccando la lingua contro il palato.
A quelle parole, sia Jun che Masaru avvamparono violentemente e cominciarono a inveire in sincrono contro l’amica mentre quest’ultima aveva le lacrime agli occhi dalle risate, trattenendosi nell’alzare la voce per non disturbare gli altri visitatori del museo, oltre a non attirare l’attenzione del professore troppo impegnato a osservare quei sassi dalla dubbia forma per dare retta al gruppo di ragazzi.
Il Museo di scienze naturali era immenso, con decine di stanze colme di reperti che andavano da pietre e rocce del territorio fino a specie di animali imbalsamati, tutto racchiuso in teche di vetro. Yuu non era mai stato in un posto simile e, appena mise piede dentro, rimase abbagliato dalla collezione che il museo presentava, osservando con interesse ogni angolo della stanza dedicato agli animali primitivi. Finalmente la scuola aveva organizzato una gita degna di tale nome e non le solite cavolate per bambini delle elementari come andare ad analizzare le piante del territorio e classificarne la specie.
Però, come previsto, il livello di interesse di Yuu calò rapidamente, soprattutto dopo essersi spostati nella sala dedicata alle pietre. La sua noia toccò un livello talmente critico che non riuscì più a stare tranquillo e cominciò a commentare ironicamente su alcuni di quei minerali, facendo qualche battutina e raccontando qualche aneddoto per intrattenere gli amici che ogni volta se la ridevano di gusto. Soprattutto Ami si mostrò partecipe agli scherzi di Yuu e diventò la sua compagna di battute, ispirandogli cose idiote da dire con una semplice frase.
Una volta terminato il giro, i ragazzi seguirono il resto della classe nella stanza successiva, quella dedicata alla fauna del paese. In mostra c’erano numerose specie di animali imbalsamati divisi per famiglia e habitat, tutte in posizione diverse e in perfetto stato, come se fossero ancora in vita. A Yuu non piaceva per niente quell’ala del museo; gli animali morti gli trasmettevano parecchia ansia, per non parlare dei loro grandi occhi lucidi che sembravano fissare tutti i visitatori che passavano loro davanti. Si sentiva a disagio insieme a tutte quelle creature senza vita e si guardò intorno nella speranza di trovare qualche via di fuga per scapare dalla sala. Distaccandosi dal gruppo di studenti e mettendosi in un angolo poco visibile, Yuu notò un’arcata barrata che conduceva ad un’altra ala del museo al momento in restauro e quindi inaccessibile al pubblico. Chissà cosa si nascondeva dietro quell’arcata e in fondo al corridoio, non gli sarebbe per niente dispiaciuto scoprirlo…
Colto da un’idea improvvisa, Yuu tornò dal gruppo e si mise vicino ad Ami come se nulla fosse, facendo finta di guardare interessato l’esemplare di cervo dietro la lastra di vetro.
«Seguimi e fai finta di niente.» le sussurrò all’orecchio, lanciandole uno sguardo complice prima che lei potesse controbattere.
Controllando che Ami lo stesse seguendo, Yuu si diresse ancora nell’angolo appartato della sala e si fermò per lasciare il tempo all’amica di raggiungerlo. La ragazza arrivò dopo una manciata di secondi e guardò il moro con sguardo confuso e leggermente preoccupato, ignara di quali fossero le sue idee. «Si può sapere che hai in testa?» domandò in cerca di qualche risposta, incrociando le braccia al petto come spesso faceva quando era imbronciata.
Yuu sorrise e non rispose, indicando semplicemente il corridoio inaccessibile, dal passaggio bloccato con una semplice corda spessa e rossa.
Ami rimase a guardarlo con fare corrucciato e ancora perplesso, per poi capire le finali intenzioni di Yuu. «Sei pazzo, non possiamo andare lì! Se ci vede qualcuno siamo fregati.»
«Non ci vedrà nessuno, fidati Ami. Dove è andata a finire la mia compagna di avventure? Non avrai paura, spero…» la stuzzicò, sapendo quanto pericolosa potesse diventare l’amica quando veniva toccata nell’orgoglio.
Gli occhi di Ami lo fulminarono e le sue mani si chiuse a pugno, affondando le unghie nella carne soffice del palmo. «Paura, dici? Ti faccio vedere io chi ha paura, pivello!» gli sibilò addosso, voltandogli le spalle.
Dopo aver studiato la situazione intorno a sé e aver creato mentalmente un piano d’azione, la ragazza dai lunghi capelli castani corse senza essere notata verso l’arcata e, con movimenti ben calcolati, scavalcò la corda, trovandosi in un battito di ciglia nel corridoio collegato alla stanza in restauro. Sicura di non essere vista, regalò all’amico un aggraziato dito medio prima di addentrarsi nel corridoio per raggiungere l’altra stanza. Yuu non se la prese per l’insulto della ragazza e la raggiunse in poco tempo, stando attento a sua volta di non essere intravisto dalla classe o, peggio, dal professore che li stava accompagnando.
Il corridoio si rivelò più lungo e buio del previsto, completamente sgombro. Yuu si aspettava di vedere attrezzi di lavoro giganteschi e simili, ma sorprendentemente non c’era nulla di tutto ciò. Magari era tutto ammassato nella stanza, ma con sua grande sorpresa, anche quest’ultima era totalmente vuota, arredata con un semplice cartello che spiegava la collezione che ci sarebbe stata. Yuu rimase piuttosto deluso nel trovarsi in una sala tanto grande e tanto vuota; sperava di trovare qualcosa di interessante, qualche segreto da scoprire, e invece non c’era assolutamente niente.
«Che palle, è vuota.» commentò, sospirando sonoramente. Diede un’occhiata a Ami e la trovò in mezzo alla sala con il volto rivolto verso l’alto, totalmente immobile come se fosse in trance. Yuu seguì il suo sguardo e solo a quel punto scoprì sul soffitto la riproduzione dettagliata delle più grandi costellazioni che popolavano l’universo, centinaia di punti bianchi su un immenso sfondo nero-bluastro. L’effetto visivo era molto forte e, se non fosse stato per la luce che inondava la stanza, sembrava davvero il cielo notturno, quello che si riesce a vedere solo in zone poco illuminate dalle luci artificiali. Yuu sapeva quanto piacesse all’amica osservare il cielo e si avvicinò a lei lentamente, senza fare troppo rumore per non disturbare la sua contemplazione. Le si mise vicino e si voltò dalla sua parte, osservando il profilo del suo viso rilassato e bello. Dall’anno prima, quando si erano incontrati per la prima volta, non era cambiata poi tanto: il suo viso era ovale e soffice, il naso piccolo e leggermente a patata mentre i suoi occhi erano ancora brillanti e dolci, con quel colore che ricordava un cioccolatino al latte. L’unica cosa che era cambiato nel suo aspetto erano i capelli; erano ancora lunghi, lunghissimi, ma al posto della frangia ora aveva un ciuffo di media lunghezza che teneva al lato sinistro del viso, facendola sembrare un po’ più matura e adulta. Yuu era felice di averla conosciuta e di aver creato un’amicizia con lei; rispetto agli altri, lei era l’unica che riusciva a capirlo immediatamente e per questo riuscirono a creare un legame forte e saldo fin da subito. In sostanza, non si poteva pensare a Yuu senza Ami e viceversa. I loro amici spesso dubitavano se tra loro ci fosse solamente una normale amicizia e non qualcosa di più, ma per quanto riguarda Yuu, Ami era solo un’amica. Le voleva bene, più degli altri, ma non aveva mai provato altro che non fosse l’affetto tipico tra amici.
«Hai finito di fissarmi o ne ha ancora per molto?» domandò con fare fintamente seccato Ami senza distaccare gli occhi dal soffitto.
Yuu quasi saltò in aria dallo spavento e arrossì, alzando anche lui il capo verso il cielo. «Stavo controllando se eri imbalsamata come gli animali dell’altra stanza.» scherzò per togliersi dalla situazione imbarazzante in cui era finito, abbozzando una risatina scherzosa.
«Idiota.» pigolò lei, scuotendo la testa senza speranza. Ormai era abituata alle uscite improvvise di Yuu e aveva anche imparato a non ridere delle sue battute, anche se a volte era davvero difficile.
I due rimasero uno accanto all’atro in completo silenzio e immobili fino a quando la ragazza non allungò una mano verso quella di Yuu, cercandola e intrecciando le dita alle sue, stupendosi di quanto la sua pelle fosse morbida e calda. Gli si fece più vicino fino a trovarsi braccio contro braccio, non trattenendosi nell’appoggiare la testa contro la sua spalla mentre ancora contemplava il cielo artificiale sopra di sé. «Non è bellissimo, il cielo stellato? Lo trovo davvero romantico…» sussurrò piano, come se avesse paura di alzare troppo la voce e rovinare quel momento magico che stava vivendo con Yuu.
Quest’ultimo, non appena sentì la mano liscia di Ami contro la propria, si irrigidì e ricambiò la stretta senza sapere esattamente cosa stava facendo. Sentiva il profumo dei suoi capelli stuzzicargli il naso, un aroma dolce e fresco che si mescolava con quello naturale della sua pelle. Era la prima volta che Ami si comportava in quel modo e Yuu non riusciva a capire che intenzioni avesse; forse era semplicemente una mancanza d’affetto, le ragazze dovevano averne molte da quello che aveva sentito in giro. Yuu cominciò ad agitarsi e sobbalzò appena quando Ami alzò lo sguardo per guardarlo dritto negli occhi con un sorriso sulle labbra. Non aveva mai visto un sorriso così bello sul viso dell’amica, un sorriso tremendamente gioioso e amorevole. Improvvisamente, Ami si alzò sulle punte e i loro nasi si sfiorarono timidamente prima che lei cercò di avvicinare le labbra a quelle dell’amico. Prima che riuscisse a baciarlo però Yuu si scostò e, preso dal panico, sciolse la stretta di mano, passandosi i palmi sulla maglia per asciugarle dal sudore.
«A-Ami, dovremmo andare ora.» balbettò Yuu, facendo per andare verso il corridoio.
Ami non mosse un muscolo e guardò Yuu con gli occhi colmi di lacrime, sentendo ancora sulla mano il calore della sua pelle. «Yuu…» lo chiamò con un filo di voce, avvertendo un fastidioso nodo in gola. Avrebbe voluto scoppiare a piangere dalla frustrazione, ma doveva resistere. Non poteva farsi vedere debole di fronte a Yuu, al ragazzo che aveva appena cercato di baciare e per la quale aveva una cotta galattica da più di un anno. «Perché mi eviti sempre?» sussurrò sull’orlo delle lacrime, tenendo nascosto il viso grazie al ciuffo che le ricadeva sul viso.
Yuu si arrestò e si girò verso la ragazza, guardandola con una strana espressione. Evitare? Yuu non l’aveva mai evitata e gli dispiaceva sapere che la pensasse in quel modo: non avrebbe mai fatto soffrire un amico, soprattutto Ami che era diventata come una sorella per lui. «I-io non ti sto evitando…» rispose dopo un attimo di esitazione, ancora confuso dal suo comportamento.
«Ah, no? Allora perché non vuoi mai stare da solo con me? Scappi tutte le volte che cerco di avvicinarmi, diventi strano quando siamo da soli… non sarai per caso gay?» riprese con voce sempre tremante Ami, alzandola lievemente dal nervosismo.
«G-gay? Ma cosa stai dicendo, no! A me piacciono le ragazze.» disse con convinzione Yuu, sentendo una strana agitazione salirgli al petto. Yuu non era gay, non poteva essere gay. Non aveva attrazione per gli uomini, non li trovava affascinati come le donne. A casa aveva addirittura delle riviste per adulti nascoste tra i vari libri di scuola e spesso, quando non c’era a casa nessuno, si aiutava con le immagini di belle ragazze dal corpo perfetto e dalla pelle pallida durante i suoi momenti intimi. Non aveva mai pensato ad un uomo mentre era impegnato in quelle solitarie attività, quindi era totalmente nella norma. Tranne quella volta…
Primo anno di medie, secondo giorno di scuola, dopo essersi fatto accompagnare a casa dall’idiota che gli faceva lezioni di chitarra. Quel pomeriggio, dopo aver avuto un’erezione improvvisa e alquanto fastidiosa a seguito di un semplice giro in scooter con lui, Yuu era corso in casa e aveva soddisfatto le sue voglie represse mentre la sua mente era altrove, totalmente sconnessa dal mondo reale; continue immagini si susseguivano nella sua testa e tutte avevano come protagonista Daisuke che, con le sue mani tiepide e protettive, lo carezzava ovunque, senza mai stancarsi, fino a farlo impazzire. Ma quello era stato un singolo episodio, non aveva alcun significato… o forse sì?
Mentre Yuu era vittima di quei pensieri, Ami rimase ferma al suo posto, con un leggero tremore dovuto all’agitazione; sembrava stesse cercando tutte le energie che aveva in corpo per non crollare da un momento all’altro dal tanto appariva fragile e delicata. Le ci volle qualche manciata di secondi per trovare la forza di guardare dritto negli occhi l’amico, fregandosene delle lacrime che minacciavano di rigarle le guance. «E allora come fai a non accorgerti di me? A non accorgerti che mi sei sempre piaciuto e che vorrei stare con te, che vorrei essere la tua ragazza… sei così stupido!» urlò debolmente al limite dell’esasperazione, prima di portarsi le mani al volto e liberarsi ad un pianto triste e colmo di amarezza.
Yuu non sapeva cosa pensare dopo le parole di Ami. Non aveva mai capito i veri sentimenti che lei nutriva nei propri confronti e la verità gli arrivò come un macigno sul petto. Come aveva fatto a non capirlo prima? Se solo ci fosse arrivato, avrebbe subito chiarito le cose con lei molto tempo prima, evitandole inutili delusioni o false speranze. Avrebbe tanto voluto fare qualcosa per lei, abbracciarla e consolarla come era solito fare quando Ami era triste, ma così avrebbe solo peggiorato la situazione. Cercò qualcosa da dire, ma tutto ciò che gli veniva in mente gli sembrava banale e privo di significato, perciò rimase in silenzio in attesa che Ami si calmasse.
Senza il minimo preavviso, una voce profonda e dura dalle parole incomprensibili arrivò da dietro le spalle di Yuu, il quale voltò appena il capo per vedere chi fosse il nuovo arrivato. Aveva riconosciuto quella voce e infatti, quando vide il professore guardare i due ragazzi con occhi di ghiaccio e colmi di collera, il moro non si stupì più di tanto, rimando col capo basso aspettando una bella ramanzina. «Shiroyama, Andou, si può sapere cosa vi è saltato in testa? Vi siete messi nei guai, in guai seri.» disse il professore, guardando prima il ragazzo e infine la ragazza dal viso coperto e mossa da continui singhiozzi.
«Professore, è stata una mia idea venire qui. Sono io il responsabile, lei non c’entra niente.» si affrettò a chiarire Yuu, ritrovando un po’ di quel coraggio che aveva momentaneamente perso. Non voleva che l’amica prendesse le colpe per qualcosa che non aveva fatto, non gli sembrava giusto nei suoi confronti – soprattutto dopo tutto quello che le stava facendo passare.
Ami non riuscì a resistere oltre e corse verso l’uscita della stanza alla ricerca di un posto dove poter stare da sola, lontano da tutti per prendersi un momento di solitudine in modo da schiarirsi i pensieri. Yuu la seguì con lo sguardo mentre i suoi singhiozzi riempivano ancora l’aria, provocandogli un senso di impotenza e delusione. Che stupido era stato, un vero idiota.
«Shiroyama, non so cosa sia successo tra te e quella ragazza, ma ti aspetta un pomeriggio di punizione.» riprese il professore dopo quella che sembrò un’infinità di tempo, posando una mano sulla spalla del ragazzo forse come gesto di consolazione o semplicemente per spronarlo a seguirlo.
«Lo so, professore. Lo so.»

 
 

Yuu passò l’intero pomeriggio a pulire il secondo piano della scuola. Gli toccò pulire ogni singola aula, le lavagne, i cancellini e addirittura i bagni, nei quali trovò cose che i comuni mortali neanche possono immaginarsi. Pulì tutto alla perfezione, svuotando i cestini dell’immondizia e cambiando i sacchi senza fare storie. Non pensava che fare le pulizie fosse una pratica così terapeutica: per tutto il pomeriggio aveva svuotato completamente la mente, dimenticandosi per qualche ora di quello che era accaduto la mattina con Ami. Ecco perché le donne erano sempre indaffarate, per dimenticare ciò che le turbano…
Dopo più di due ore di pulizie, Yuu si presentò in segreteria con due sacchi dell’immondizia colmi in mano, rivolgendosi alla responsabile. Quella donna incuteva puro terrore, tutti nella scuola avevano paura di lei. Non era una professoressa e non aveva neppure una carica importante, ma nessuno osava scontrarsi contro di lei o dire qualcosa di sconveniente in sua presenza. Non era di tante parole, ma i suoi occhi erano come delle lamine affilate che ti entravano nella carne e ti facevano venir voglia di urlare. «Ho finito di pulire, adesso posso andare a casa?» pigolò Yuu con tono docile e gentile, non volendo far arrabbiare la signora.
Quest’ultima lo scrutò da capo a piedi e, senza dire una parola, si alzò dalla sedia e cominciò a ispezionare ogni aula del piano, controllando che Yuu avesse affettivamente pulito tutto alla perfezione. Il moretto sarebbe potuto tranquillamente scappare, ma era assolutamente un’idea da scartare – quella donna era in grado di ridurlo in pezzettini e di gettarlo in pasto ai coccodrilli, quindi era meglio non rischiare. La responsabile arrivò dopo qualche minuto, continuando a scrutare Yuu con quei piccoli occhi da talpa mentre si sistemava gli occhiali sul ponte del naso. «Puoi andare.» rispose semplicemente con un sibilo, tornando poi alle sue faccende dietro la scrivania.
Yuu prese il suo zaino e uscì in cortile, buttò i sacchi negli appositi contenitori e si diresse verso il cancello dell’edificio, guardando il grande orologio all’ingresso. L’ultimo autobus per arrivare a casa l’aveva in quindici minuti, quindi poteva prendersela comoda… se non fosse stato per quella fastidiosa presenza ad aspettarlo fuori la scuola. Cosa diavolo ci faceva Daisuke ancora in giro? Le ultime lezioni erano state ore prima, doveva già essere a casa da un bel pezzo. Gli ci volle qualche attimo per collegare il tutto, il perché Daisuke fosse ancora lì e perchè sfoggiava un sorriso ironico e divertito. «Non dirmi che già lo sai?»
«Cosa, che ti sei beccato una punizione mentre eri in gita? Sì, lo so. Me l’ha detto Ami quando è uscita da scuola, tralasciando il motivo della tua punizione.» spiegò Daisuke con tutta tranquillità, corrucciando appena la fronte. «Ora che ci penso, mi sembrava piuttosto turbata… cosa hai combinato ancora?» chiese con fare indagatorio, punzecchiando il braccio dell’amico.
Yuu sbuffò rumorosamente e cercò di tenere i nervi saldi, per quanto fosse possibile. «Non mi va di parlarne ora.» tagliò corto nervosamente, facendo capire a Daisuke che non aveva per niente voglia di discutere.
Il più grande lo studiò attentamente e si chiese per che diavolo di motivo fosse così nervoso. Sicuramente era successo qualcosa al museo e qualcosa gli suggeriva che era una cosa che c’entrava sia Yuu sia la sorella, Ami. Per il momento era meglio lasciare stare, aveva tutto il pomeriggio per scoprire qualcosa in più dato che gli avrebbe fatto lezione di chitarra. «E va bene, signor Nervosismo. Vedi almeno di concentrarti sulla chitarra, non mi va di insegnare ad un morto.»
«Sì, certo.»
Senza dirsi più nulla, i due raggiunsero la fermata dell’autobus e si diressero a casa Shiroyama. Proprio come Yuu immaginava, la casa era totalmente vuota e questo lo fece sentire un po’ più tranquillo. Nonostante Daisuke avesse conosciuto la sua intera famiglia e tutti lo apprezzavano, Yuu preferiva di gran lunga seguire le lezioni da solo con lui, senza distrazioni intorno. Entrò in casa e, dopo aver sistemato le proprie cose, prese qualche stuzzichino da sgranocchiare, offrendone qualcuno anche all’ospite. Mentre si prendeva una pausa, affidò la chitarra a Daisuke il quale, con movimenti esperti, pizzicò le corde per controllare l’accordatura, sistemandola quando qualche nota suonava male. Yuu raggiunse l’amico dopo essersi riempito lo stomaco e aver bevuto un bicchiere d’acqua, sedendosi di fronte a lui sulla poltrona e rubandogli la chitarra, mettendosela sulle gambe. Come erano soliti fare, il moretto fece sentire il pezzo che Daisuke gli aveva assegnato nella lezione precedente, ripetendolo da capo nel caso sbagliasse qualche nota. Daisuke era molto esigente da quel punto di vista e voleva che tutto fosse perfetto e che i brani suonati da Yuu fossero senza alcuna sbavatura; aveva un orecchio davvero allenato e riusciva a percepire alche il minimo errore, cosa che per Yuu era ancora difficile. Vero, aveva fatto passi da gigante da quando suonava con Daisuke, ma non era ancora del tutto soddisfatto.
Yuu eseguì perfettamente il pezzo e, dopo un breve ripasso della lezione precedente, Daisuke gli diede lo spartito di un nuovo pezzo, lievemente più complicato del precedente. Il moro si mise subito a provarlo seguendo i consigli del maestro, ma ben presto gli fu davvero difficile concentrarsi. Suonava qualche nota per poi perdersi completamente, dimenticandosi quello che aveva appena suonato e quello che avrebbe dovuto suonare. Daisuke lo spronò più volte, mostrandogli più volte come eseguire il pezzo, ma tutto fu inutile: la mente di Yuu non voleva collaborare, persa in chissà quali meandri di quella testa calda.
«Yuu, riesci a concentrarti o no? Sto cominciando a perdere la pazienza.» esordì con fare esasperato Daisuke dopo avergli ripetuto la stessa sequenza per la sesta volta.
Yuu scosse il capo e si alzò con un profondo sospiro, cominciando a camminare avanti e indietro visibilmente nervoso. Il suo sguardo era fisso sul pavimento a guardare il nulla mentre ripercorreva continuamente i suoi passi, non azzardandosi ad aprire bocca.
Daisuke capì che la situazione era più complicata di quanto si immaginava e mise da parte la chitarra, ponendo fine a quella disastrosa lezione. Seguì con gli occhi l’amico e lo studiò attentamente in modo da capire cosa frullasse dietro quella chioma di capelli soffici e scuri. Non l’aveva mai visto così pensieroso e qualcosa gli diceva che stava così per ciò che era successo al museo, qualunque cosa fosse successa. «Vuoi dirmi cosa ti prende oggi? È successo qualcosa?» domandò con il suo classico tono dolce e amichevole, lasciando libero Yuu di confidarsi o meno.
Yuu continuò a camminare mentre la sua testa era in preda al panico più totale, tra pensieri e preoccupazioni. Aveva l’impressione di scoppiare da un momento all’altro, che i suoi pensieri prendessero il sopravvento e uscissero dalla sua testa, forse dal naso o dalle orecchie sotto forma di fumo. Sapeva che confidarsi con Daisuke non avrebbe fatto altro che bene, ma come poteva dirgli che aveva trattato da schifo la sua cara sorella e che aveva strani dubbi ad annebbiargli la mente?
«Secondo te io sono strano?» chiese tutto d’un tratto senza mezze misure Yuu, guardando dritto negli occhi l’amico.
Quest’ultimo corrugò la fronte e abbozzò un sorriso divertito e sorpreso allo stesso tempo, non del tutto sicuro di aver capito dove il moro volesse arrivare. «In che senso “strano”? Intendi, diverso dagli altri?»
«Proprio così. Diverso.»
Daisuke sembrò pensarci su qualche secondo, pizzicandosi il mento liscio e squadrato con le dita. «Beh, non ti definirei proprio diverso… sei particolare, ecco.»
«Particolare?»
«Sì. Non sei come tutti gli altri, per quanto riguarda l’aspetto fisico intendo. Hai un qualcosa di femminile che ti fa sembrare “diverso” dagli altri ragazzi della tua età, ma non è una cosa brutta.»
Yuu ascoltò con attenzione l’amico ma il risultato fu del tutto insoddisfacente – anzi, era più confuso di prima. Doveva essere il più diretto possibile se voleva una risposta. «Dai, io sembro gay?»  riprese con decisione, senza neanche accorgersi di averlo chiamato col nomignolo che tanto gli piaceva.
Daisuke rimase spiazzato dalla domanda dell’amico e lo guardò con fare allucinato, sperando con tutto il cuore di aver capito male. Lo sguardo spaventosamente serio di Yuu però gli fece capire che non stava scherzando e che voleva una risposta il prima possibile da parte sua. Il giovane chitarrista si passò una mano tra i capelli castani per poi sistemarsi gli occhiali sul ponte del naso mentre cercava di raccogliere i pensieri. Era incredibile come fosse difficile rispondere ad una domanda simile, nonostante lo conoscesse da anni e fossero piuttosto legati. Gli era capitato spesso di parlare di cose intime con lui senza la minima vergogna, ma ora si sentiva parecchio a disagio. «È stato qualcuno a metterti in testa questa cosa, vero? Chi è stato? Voglio saperlo.» domandò, studiando il ragazzo con attenzione e serietà. Se era stato qualcuno a mettergli in testa certe idee, Daisuke assolutamente saperlo così avrebbe dato una bella lezione allo stronzo che aveva osato prendersi gioco dell’amico.
«No, non è stato nessuno. Solo che…» a questo punto, Yuu si fermò e non seppe più come andare avanti con la frase. Voleva dire a Daisuke come stavano le cose, ma si sentiva bloccato da qualcosa.
«Solo che…?»
Yuu si morse il labbro e si maledì mentalmente, trattenendosi nel tirarsi una pacca in testa. Ora era in un vicolo cieco, gli avrebbe dovuto dire tutto quello che era accaduto la mattina, mettendo anche in mezzo anche sua sorella. Ora sì che era in un bel guaio; sapeva quanto lui volesse bene ad Ami e avrebbe fatto tutto per lei, anche andare contro il suo amico d’infanzia. Ormai consapevole del suo triste destino, Yuu aprì bocca per raccontargli tutto, ma tutto ciò che riuscì a pronunciare fu una richiesta insignificante e infantile. «Prometti che non ti arrabbierai?» chiese in un sussurro, alzando lo sguardo per incrociare quello del più grande.
Daisuke trattenne un sorriso tenero nel vederlo così in difficoltà e, con il suo classico fare gentile e amichevole, lo invitò a sedersi sul divano al suo fianco, dando qualche pacca alla seduta. «Dai, vieni qui e raccontami tutto.» lo spronò, liberando un leggero sospiro. Per quanto Yuu preferisse starsene per conto suo, non riuscì a rifiutare l’invito dell’amico e si mise comodo vicino a lui. Si fece passare un cuscino che sarebbe servito come antistress – e anche come scudo dalle possibili botte di Daisuke – e, raccogliendo tutta la forza che aveva in corpo, cominciò a raccontargli ciò che era accaduto durante la mattinata: le battute con gli amici, la sua fuga con Ami, il tentativo dell’amica di baciarlo e le sue parole, il motivo dei tormenti mentali del povero Yuu. Prese tutto il tempo necessario e, quando arrivò alla fine del racconto, scoprì di sentirsi più sollevato, come liberato da un peso opprimente. Per qualche istante si era addirittura dimenticato di stare parlando con il fratello della ragazza in questione, scoprendo con sollievo che l’amico non si era per niente arrabbiato – almeno, così pareva. Lo guardò in volto e tutto ciò che riuscì a decifrare dalla sua espressione era perplessità, come se qualcosa non gli fosse chiaro.
Tra i due ci fu un lungo momento di silenzio, nel quale nessuno parlò; Yuu era in attesa di una risposta, mentre Daisuke stava ancora pensando al racconto appena sentito, valutando tutti gli aspetti della questione. Daisuke già sapeva dell’interesse che la sorella nutriva nei confronti di Yuu, ma non pensava fosse una cosa così seria; aveva sempre creduto fosse una cotta passeggera, tipica dei ragazzini di quell’età – dopotutto, anche lui ci era passato -, ma a quanto pareva, non doveva essere una cosa da poco. Ami era veramente interessata al suo piccolo amico d’infanzia - peccato che lo stesso non si poteva dire di Yuu nei confronti della ragazza. Se solo l’avesse capito prima, avrebbe spinto Yuu a ragionare e a dare un’opportunità ad Ami, ma ormai era troppo tardi. «Quindi, per una cavolata che mia sorella ha detto, pensi di essere gay?» domandò, inarcando un sopracciglio verso l’alto e analizzando con attenzione il ragazzo.
«N-no, non solo per quello. Per tanti altri motivi.»
«Del tipo?»
«Beh…» cominciò Yuu, fermandosi subito dopo. Rimase tra i suoi pensieri per qualche secondo per poi riprendere il discorso, sospirando sconsolato. «Non ho mai incontrato una ragazza che mi interessasse davvero e non credo che la colpa sia loro. Se non ho ancora trovato nessuno, significa che c’è qualcosa che non va in me, non credi?»
Il più grande si portò la mano al mento e si pizzicò la pelle con le dita, prendendosi una pausa a riflettere. Per quale motivo la mente di Yuu doveva essere così contorta? Era un ragazzo buono, gentile, ma si complicava la vita con degli stupidi problemi che, il più delle volte, erano solo frutto delle sue paranoie insensate e infondate. Gli voleva un mondo di bene però, quando si comportava in quel modo, non riusciva proprio a capirlo; gli avrebbe voluto dare una botta in testa per svegliarlo e fargli capire che il suo essere completamente paranoico non lo avrebbe portato da nessuna parte. Vista la situazione già disastrosa, Daisuke non volle interferire ulteriormente, evitando di dirgliene quattro o semplicemente mandarlo a quel paese come spesso faceva in casi simili. «Yuu, secondo me stai andando troppo oltre. Non devi subito pensare di essere “diverso” solo perché non sei interessato alle ragazze. Magari non hai ancora incontrato quella giusta, quella che ti fa dire: “oh, questa è la ragazza che stavo aspettando”. Magari non senti il bisogno di avere una ragazza al tuo fianco e preferisci concentrarti su altro, ci sono un sacco di motivi per il tuo comportamento.»
«Quindi, il fatto che preferisco stare con i ragazzi è una cosa normale per te?»
«Direi di sì. Per un ragazzo della tua età, non ci vedo nulla di male. A meno che tu non abbia fatto qualcosa di compromettente, allora le cose cambiano.»
Sentendo quelle parole, a Yuu vennero i brividi alla schiena. Qualcosa di compromettente… se toccarsi pensando al proprio amico era qualcosa di compromettente, allora Yuu aveva la coscienza sporca fino all’osso. «Cosa intendi?»
Daisuke davvero non riuscì a credere alla domanda idiota che Yuu gli aveva appena fatto. Il moro doveva avere della melma in testa, altrimenti non si sarebbe spiegato il suo ritardo mentale. «Ma cosa ne so! Baciare un altro ragazzo in mezzo ad altra gente, prenderlo per mano e fare la coppietta felice… Non lo so nemmeno io.» disse esasperato il povero Daisuke, cominciando a sentire i nervi a fior di pelle.
Yuu intanto aveva sconnesso completamente il cervello e guardava l’amico con pietà, come se lui avesse la formula magica per far dissolvere le sue paranoie. «B-baciare?» domandò ancora, senza sapere esattamente cosa gli stava chiedendo. Ormai le sue parole uscivano dalla bocca senza alcun filo logico, nella sua testa c’era solo una grande nebbia che non gli permetteva neppure di fare un minimo ragionamento logico.
Dopo l’ennesima stupida domanda di Yuu, a Daisuke venne l’impulso di mettergli le mani addosso, dargli un bel ceffone in pieno volto non tanto per fargli del male, ma per farlo tornare nel mondo del presente, farlo reagire piuttosto che vederlo come un animaletto appena maltrattato, con quell’espressione abbattuta e impanicata. Impulsivamente portò le mani al collo del moro e gli prese il colletto della divisa che indossava, stringendo il tessuto pesante e ruvido tra le dita con forza. Notò gli occhi impauriti di Yuu, ma Daisuke non ne diede importanza e si piegò verso di lui, facendo un’azione che mai si era sognato di fare. Le proprie labbra si serrarono su quelle del più giovane, calde e incredibilmente morbide, scoccandogli un bacio improvviso e per nulla voluto. Non era la prima volta che Daisuke baciava un altro ragazzo, ma era la prima volta con un amico e, cosa ancora più grave, con qualcuno che aveva solamente tredici anni. Poteva essere preso per pedofilo in quel momento, ma la morbidezza e la dolcezza di quelle labbra gli fecero dimenticare qualsiasi cosa. Non aveva mai trovato labbra soffici come quelle di Yuu e ne aveva baciati tra ragazze e ragazzi, molto più per scherzo che seriamente. Sembrava di baciare un manju ripieno, morbido e con quel piacevole tepore, il tutto circondato da un aroma dolce e allo stesso tempo strano; il profumo della pelle di Yuu stava cambiando vista l’età e gli ormoni in festa, perdendo quel profumo dolciastro dell’infanzia che tanto gli piaceva per lasciar spazio ad uno più forte e particolare.
Yuu dall’altra parte rimase immobile come una statua, prima confuso e poi spaventato del gesto improvviso dell’amico. Sentendo le sue labbra sulle proprie, sbarrò gli occhi e lo guardò con fare allucinato, sbattendo più volte le palpebre. Cosa significava quel bacio? Dopo tutto quello che gli aveva raccontato, la situazione caotica in cui si trovava, perché proprio adesso? Eppure… eppure il suo piccolo corpo fu preso da uno strano sollievo. Qualcosa nelle labbra dell’amico gli fece dimenticare tutto, trasmettendogli una certa gioia e tranquillità mai provata. Era una sensazione strana e piacevole allo stesso tempo, qualcosa che era impossibile da decifrare. Sapeva che era sbagliato e fuori luogo, ma dentro di lui sperava che quel contatto potesse durare all’infinito. Si sentiva come se uno spazio vuoto dentro di sé si fosse colmato semplicemente grazie a quel bacio.
Prima di riuscire a muovere un solo muscolo però, Daisuke decise di staccarsi e, passandosi la punta della lingua sulle labbra, posò lo sguardo su quello acquoso di Yuu, sorridendo come se niente fosse successo.
«Ecco cosa intendo per qualcosa di compromettente. Anche se questo è solo un bacio stampo, quindi è niente in confronto ad un bacio vero e proprio.» commentò con fare fintamente abbattuto il più grande, sistemandosi la ciocca di capelli che gli ricadeva sul viso. Il suo viso si fece improvvisamente serio e deciso, gli occhi puntati in quelli del più piccolo. «Ora ascoltami seriamente, Yuu. Tu sei ancora giovane, forse anche troppo per capire quale è la tua vera natura, ma comunque vadano le cose tu non devi lasciarti abbattere da nessuno. Se sei etero, gay o qualsiasi altra cosa, chi se ne frega! Quello che conta è che tu rimani lo Yuu che sei adesso, un ragazzo dolce e gentile – forse un po’ troppo paranoico, ma su quello puoi sempre lavorarci.» gli disse sinceramente, tenendogli le mani sulle spalle mentre non distoglieva lo sguardo dal suo.
Yuu lo ascoltò con attenzione e i suoi occhi diventarono due grandi pozzi acquosi. Non voleva piangere davanti a lui e così cacciò indietro tutte le lacrime, abbozzando un sorriso timido e poco convincente. Per quanto fosse ancora confuso e stordito dal bacio appena ricevuto, Yuu voleva dare ascolto all’amico e non farsi altri problemi, almeno per il momento. Dopotutto, Daisuke aveva ragione: era ancora troppo giovane per capire chi era e cosa voleva dalla vita. «Cercherò di fare come mi hai detto. Grazie, Dai.» pigolò con tono riconoscente, chiamandolo con il suo nomignolo. Yuu avrebbe tanto voluto essere come lui, uno spirito libero e anche un po’ ribelle, con un carattere deciso e allo stesso tempo dolce e simpatico, capace di regalare un sorriso a chiunque. Lo aveva sempre invidiato per tutte quelle qualità e sperava davvero di poter diventare come lui un giorno.
Dopo qualche secondo di silenzio, Daisuke si accorse di avere ancora le mani strette intorno al collo del più piccolo e si affrettò a toglierle, controllando velocemente di non avergli fatto del male. «Scusa per prima, non voleva spaventarti.» si scusò, sistemandogli il colletto della divisa.
Yuu arrossì violentemente per tutte le cure che l’amico gli stava riservando, quasi fosse un bambino, e si scostò da lui gentilmente. «Non fa niente.» si affrettò a dire, sistemandosi da solo il collo della divisa.
Daisuke, vedendo la reazione del moro, rise di gusto e per dare un ulteriore impatto emotivo al piccolo, si avvicinò per stampargli un secondo bacio, questa volta sull’angolo della bocca. A volte riusciva ad essere davvero sadico, ma che ci poteva fare? Si divertiva troppo a vedere in difficoltà le persone a cui voleva bene, e con Yuu era una battaglia vinta in partenza poiché ci voleva il nulla per metterlo in imbarazzo.
Yuu non fu molto felice del gesto e diventò di un rosso ancora più acceso. Voleva sotterrarsi a terra o direttamente picchiare l’amico per le figure che gli stava riservando, ma si limitò a mugolare un lamento, simile a quello dei gatti quando non vogliono essere coccolati dal padrone.
«Sei una patata dolce quando fai quel faccino imbronciato. Dovresti usarla come tecnica di conquista.» commentò Daisuke con il suo solito sarcasmo, dandogli una pacca sulla spalla. «Sarà meglio per me tornare a casa, si sta facendo tardi.» riprese dopo aver guardato l’orologio appeso al muro, alzandosi dal divano e stiracchiandosi i muscoli assopiti.
Yuu si alzò meccanicamente con lui e lo guardò dal basso con sorpresa, non aspettandosi che fossero già passate ore da quando ritornarono da scuola. «Daisuke, posso chiederti un piacere prima che te ne vai?» lo bloccò, mettendogli involontariamente una mano intorno al polso.
Daisuke lo guardò di rimando e gli fece un cenno con il capo, incitandolo a continuare.
«So che Ami è tua sorella e le vuoi tanto bene, ma… potresti non parlare con lei di quello che è successo oggi? Sicuramente ti chiederà qualcosa visto che sei il mio senpai, ma vorrei che non le dicessi niente.»
«Stai tranquillo, sarò muto come un pesce.» lo tranquillizzò, liberandosi dalla sua presa per dargli qualche pacca d’incoraggiamento sulla spalla. «E poi pensi davvero che vado da lei e le dico “senti Ami, oggi sono andato a casa del ragazzo che ti piace e l’ho sbaciucchiato”. Insomma, come pensi possa rimanerci?»
Yuu perse qualche battito, ma le parole di Daisuke suonarono talmente assurde che non poté che mettersi a ridere. «Grazie.» sussurrò semplicemente, lanciandogli un’occhiata di riconoscimento.
Daisuke fece spallucce e gli sorrise prima di andare a prendere la propria giacca e infilarsela addosso, afferrando lo zaino per metterselo in spalla. «Ci pensa Daidai a tenere la situazione sotto controllo! Tu piuttosto esercitati con la chitarra che oggi hai fatto pena; alla prossima lezione non accetto scuse se ti trovo impreparato.» lo minacciò, lanciandogli un’occhiataccia di sfida.
«Non succederà, fidati.» gli rispose Yuu seriamente, alzando il pollice della mano destra.
Il più grande fece lo stesso, imitando il gesto, per poi salutarlo con un cenno del capo. Yuu ricambiò il saluto sventolando la mano e, stando seduto sul divano, guardò l’amico uscire di casa e sparire, trovandosi solo nel grande salotto di casa.
Ancora non capiva quello che era appena successo, lo strano comportamento di Daisuke e il bacio che si scambiarono senza alcun motivo; era stato pericoloso e sbagliato spingersi così oltre, una cosa che sicuramente avrebbe dovuto evitare. Eppure il suo cuore continuava a battere come un trapano al ricordo di quel breve contatto, provocandogli una strana stretta al petto. Chi l’avrebbe mai detto che il suo primo bacio l’avrebbe dato ad un ragazzo? E non un ragazzo qualunque, ma a Daisuke, al suo primo vero amico al quale voleva un mondo di bene e che avrebbe sempre voluto al proprio fianco. Voleva renderlo fiero e fargli vedere che Yuu non era solo il ragazzino debole che si era mostrato in giornata; lui era forte e Daisuke doveva capirlo. Per questo, motivato da una forza misteriosa, Yuu prese la chitarra abbandonata sulla poltrona e se la mise sulle gambe, controllando l’accordatura. Prese il partito della canzone assegnatagli da Daisuke per la settimana prossima e lo mise sul tavolo di fronte a lui, posò le dita sulla tastiera dello strumento mentre con la mano destra pizzicava le corde ad una ad una, seguendo lo schema stampato sulla carta. Così, Yuu si lasciò trascinare dalla musica che pian piano cominciava a prendere forma dalle proprie dita nella speranza di liberare la mente da un pensiero ricorrente, per quanto fosse estremamente difficile.

 

 

 

 

 

Salve a tutti!
Finalmente sono tornata dopo mesi e mesi si silenzio. Chiedo perdono a tutte le poche lettrici che mi seguono per l’attesa, ma l’università e la mia nuova vita da adulta responsabile (?) mi ruba parecchio tempo. Spero di essere più veloce con il prossimo capitolo, nel caso non fosse così chiedo scusa in anticipo ;_;
Comunque, ecco a voi un Yuu in totale panico, come sempre ormai. E chi meglio poteva aiutarlo se non Daisuke? Ovviamente gli aiuti di Daisuke sono sempre particolari, ma prima o poi anche lui smetterà di mandare in crisi il povero Yuu… forse…
Non sapendo che altro dire (oltre che a trovare questo capitolo piuttosto inutile), vi lascio alla lettura. Come sempre, commenti o qualsiasi altra cosa sono ben accetti, non mangio! ^_^
Alla prossima!

   
 
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