Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: coldmackerel    19/11/2015    6 recensioni
Levi/Eren | Hospital AU
Una commedia sull'essere morti.
Levi, finalmente, torna a lavorare come infermiere dopo essersi ripreso da un incidente d'auto che l'aveva quasi ucciso. Non c'è niente di meglio a darti il 'bentornato' quanto il realizzare di aver perso la testa e riuscire a vedere gli spiriti dei pazienti comatosi del reparto sei. Così, si trova, controvoglia, ad aiutarli a imparare a vivere da morti. Eren, l'ultimo paziente dell'ala sei, ha sei mesi per imparare ad essere morto. Buona fortuna, ragazzo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The 6th ward
CAPITOLO 27: Buio

0 mesi, 0 giorni

Erano lì impalati, in ospedale, appena fuori la camera di Eren. Ovviamente avevano finito per dover essere svegliati praticamente alla stessa ora. Di tutte le ore disponibili in un giorno, si doveva decidere delle loro vite quasi nello stesso dannato momento. La vita è veramente strana, certe volte.

Osservandosi l’un l’altro, rimasero in piedi in silenzio.

“Come mai nei film sanno sempre cosa dire prima che succeda una catastrofe?” rise infine Eren.

Levi fece spallucce. “Ah, non ci pensare. Neanche io so cosa dire.” Era rimasto in piedi al suo posto, praticamente specchiando la posizione di Eren, con le mani infilate in tasca e la testa leggermente piegata al lato. “Quindi, ehm, buona fortuna, okay?”

“Sì, grazie, okay,” lo prese in giro Eren. “Anche a te, vecchio.”

“Vuoi che rimanga qui? Tecnicamente non c’è bisogno che sia nella mia stanza quando mi sveglieranno. Posso rimanere nei dintorni per quanto possibile, se vuoi.”

Eren scosse la testa. “Nah, a questo punto dobbiamo preoccuparci ognuno di sé stesso. E’ così che vanno le cose: non vale davvero la pena di fare scemenze come pensare che qualcuno sia più importante di noi stessi. Niente sacrifici – vediamo solo di sopravvivere. Vai a prenderti cura di te stesso. Per me, me la vedrò io.”

“Affermativo,” concordò Levi. “Ricordati solo che se vedi una luce alla fine del tunnel, devi cambiare direzione e iniziare a correre come un pazzo.”

Sorridendo a trentadue denti, Eren allungò una mano verso Levi. Questi la strinse con forza, mentre dava un paio di pacche sulle spalle di Eren con l’altra. “Capito,” ridacchiò Eren. “Devo stare lontano dalla luce.”

“Va bene, ragazzo,” disse Levi, chiudendo il discorso e lasciando la mano di Eren. “Buon viaggio.”

“Anche a te, Levi.” Eren lo guardò per un ultima volta, e gli lanciò un sorrisino prima di girarsi ed entrare nella stanza dove Mikasa, Erwin ed Armin erano riuniti intorno al suo letto.

“Ci vediamo.” rispose Levi con un filo di voce, guardando Eren di schiena scomparire nella stanza.

Levi non aveva mai immaginato cosa sarebbe successo una volta liberatosi – finalmente – anche dell’ultimo dei mocciosi, ma se l’avesse fatto, avrebbe finito con il pensare a qualcosa di simile a quello che era effettivamente avvenuto. Semplicemente non c’è un buon metodo per salutare qualcuno. Passi l’intera vita a pensare che la fine di qualsiasi cosa debba essere grandiosa e importante, con fuochi d’artificio immaginari e qualche grande rivelazione sul senso dell’universo, ma non è mai così. Ogni volta che arrivi alla fine è insoddisfacente, perché non importa quante volte ti sei ripetuto di non aspettarti i fuochi di artificio, le grandi scene e le rivelazioni, non puoi fare a meno di sperare che ci saranno lo stesso. Anche se non ci saranno. Tutto sommato, la fine è sempre la parte meno interessante della tua vita.

Magari alle persone piace pensare di meritarsi i fuochi d’artificio.

No?

Come dire: ‘congratulazioni per essere arrivato al traguardo, festeggiamo!’.

No, invece.

Niente del genere.

C’era solo lui a camminare nel corridoio deserto del reparto sei, il silenzio e la totale non-esistenza di tutto che lo schiacciavano come da ogni direzione. Non era neanche tanto sicuro di come si sentiva. Era solo tutto dannatamente tranquillo.

Si sentiva triste?

Probabilmente no. Non era quello. Si sentiva solo un po’ vuoto.

Ogni fine è vuota. Solo questo.

Ma questa non era la sua fine. Lo sapeva. Prima o poi ci sarebbe stato qualche grandioso nulla ad attenderlo, ma quel giorno non era oggi. E’ facile accollarsi la morte degli altri, prenderla sul personale o sentirti come se fosse la tua di fine, ma devi comunque rimanere oggettivo.

Infatti, Levi si trovò a pensare alla bottiglia quasi piena di whiskey che lo aspettava nel suo caldo e accogliente appartamento, e del lungo sonno che si sarebbe fatto una volta a casa. Questa era la cosa giusta da fare adesso. Ne aveva avuto abbastanza di tutto quel nulla, almeno per il resto della sua vita.

Sorrise leggermente mentre si avvicinava alla sua stanza, occupata da uno dei colleghi di Erwin – il dottor Morgan –, Hanji e persino il direttore Pixis in persona. Era un gruppo modesto, ma Levi non poteva fare a meno di apprezzare che c’era comunque qualcuno. Sembravano tutti ottimisti, mentre chiacchieravano cordialmente sul fatto che quel giorno c’era bel tempo e che Levi avrebbe iniziato a tenere le sue lezioni in un mesetto circa, e soprattutto su quanto sarebbe stato incazzato una volta sveglio.

Be’, perlomeno lo conoscevano bene.

“Va bene, dottore, è arrivato il momento di togliere dal freezer questo imbecille. Scongeliamolo.” disse entusiasticamente Hanji, strofinandosi i palmi delle mani. “E vediamo quanto fortunato è questo bastardo.”

“Non molto.” borbottò Levi tra sé e sé.

Il dottor Morgan era un uomo intimidatorio, con gli occhi talmente infossati nella testa, che sembravano quasi una lucetta in fondo alla caverna della sua orbita. L’uomo fece un mezzo mugugno, concordando con Hanji, e inserì l’ago di una siringa piena di un liquido trasparente in una delle prese della centralina di Levi. Pixis stava osservando il tutto con modesto interesse, e il solito sorrisino compiaciuto sul volto, a cui Levi si era ormai abituato.

Levi non poté fare a meno di sentirsi almeno un po’ eccitato all’idea di poter tornare a vivere. E prese quella sensazione come un buon segno. La sua vita non era poi così malaccio, ora che poteva tornare a guardare avanti. Lentamente, sentì i suoi arti come venire riempiti di calore e la sua vista iniziò ad offuscarsi non permettendogli più di vedere la stanza davanti a lui.

Tutto il processo è difficile da raccontare come una cosa unica. Fu come se fosse stato cancellato dalla sua memoria nello stesso tempo in cui stava accadendo. Un po’ come è difficile indicare l’esatto momento in cui passi dall’essere sveglio all’essere addormentato. Levi non era molto sicuro di quando era stato risucchiato nuovamente nel proprio corpo, ma si ricordava qualcosa del momento prima e qualcosa di quello dopo. Oltre a quello, però, era praticamente tutto un ricordo sfocato.





“Ehi! Imbecille! E’ ora di alzarsi!”

Cristo santo, chiudi quella boccaccia.

“Svegliati stronzo!”

Hanji.

Fottutamente ovvio.

“Vattene via deficiente.” gemette Levi, vagamente cosciente del fatto che si stava mettendo le mani in faccia. Hanji rise con un po’ più di sollievo di quanto si sarebbe aspettato lui.

“Be’, chi ci avrebbe mai creduto. Il figliol prodigo è tornato. Bentornato nel mondo dei vivi, Levi. Come ti senti?”

“Vai a quel paese,” borbottò Levi, cercando alla cieca il lenzuolo fermo all’altezza della sua vita per metterselo in faccia. “Mi sento come se mi avessero infilato un autocompattatore in testa.”

“Non hai avuto questa fortuna, purtroppo.”

Levi riusciva a percepire il sorriso sulla faccia di Hanji anche senza vederlo.

“Come ti senti?” Questo doveva essere Pixis.

“Bene, signore,” disse Levi controvoglia, ancora riluttante ad aprire gli occhi. “Mai stato meglio.”

“Levi, devi seguire la luce con gli occhi,” istruì Morgan, sorprendentemente vicino all’orecchio di Levi. “E’ fastidioso, ma devi farlo.”

Questo sì che era strano.

“I miei occhi sono aperti?” chiese Levi impassibile.

La stanza fu assalita da un silenzio teso. Levi sbatté gli occhi un paio di volte.

Be’, merda.

Quel silenzio era assordante, e improvvisamente tutto quello che Levi desiderava era sentire di nuovo qualcuno parlare – dire qualsiasi cosa che gli permettesse di distrarsi dal tremendo buio che premeva contro il suo cranio. “Terra chiama Major Tom,” disse Levi nervosamente, girando la testa dove sospettava tutti lo stessero fissando con le bocche spalancate. “Mi sentite?”

“Houston,” disse Hanji alla fine. “Credo che abbiamo un problema.”

Levi sospirò, cercando di fermare la paura che gli stava risalendo dallo stomaco alla gola, minacciando di strozzarlo. “Perlomeno,” disse con prudenza, “Adesso avrò diritto al parcheggio per handicappati.”

Hanji fu l’unica abbastanza coraggiosa da ridere, e Levi non le fu mai grato come in quel momento. Il buio sembrava un po’ meno buio.





“Hai saputo di Eren?” chiese Erwin curiosamente, mentre toccava alcuni dei legamenti del corpo di Levi, per accertarsi dei danni al suo sistema nervoso. A parte il torpore permanente alla sua gamba destra, i suoi riflessi andavano bene.

Levi alzò una mano per fermarlo. “Ho avuto abbastanza notizie per oggi, Erwin,” disse stancamente. “Una cosa alla volta penso sia meglio.”

Erwin non disse nulla e Levi poté solo provare ad immaginare l’espressione sul suo volto. Non poteva avere nessun segnale visivo a tradire quello che l'uomo stava cercando di dirgli.

Sospirando, Levi allungò tentativamente la mano nella direzione in cui pensava ci fosse la sua testa, trovandola esattamente dove l’aveva lasciata. Era sorprendente quanto fosse difficile trovare le parti del tuo stesso corpo senza la vista. Non aveva mai notato una cosa del genere prima. Una volta scovata la sua testa, si massaggiò stancamente lo scalpo. “Sono vivo.” disse fermamente.

Erwin si lasciò scappare una risatina. “Sei vivo,” confermò. Poi, dopo un paio di minuti, si schiarì la voce. “Ah, il tuo albero è in fiore,” disse con un certo disagio. “Pensavo volessi saperlo.”

Levi non riuscì a fermare il sorriso che gli stirò i lineamenti. “E’ bello?”

Sapeva già la risposta. Anche se non l’aveva mai visto in fiore, e non l’avrebbe mai fatto, semplicemente sapeva già che era bello. Dopo tutto, come avrebbe potuto essere possibile che qualcosa a cui tenevano così tanto, così tante persone, non fosse bello? Era impossibile anche solo immaginare che una cosa così amata potesse non essere assolutamente mozzafiato.

“E’ bello,” confermò Erwin. “E’ veramente molto bello.”




Salve a tutti! Qui Seth, la traduttrice. Questo sarebbe 'ufficialmente' l'ultimo capitolo, ma, vi tranquilizzo divendovi che ci aspetta un lunghiiiiissimo epilogo che spiegherà tutte le domande che vi starete sicuramente facendo, e che ho già finito di tradurre, per cui spero di postarlo nel giro di una decina di giorni massimo (ma anche meno perchè, sebbene sia veramente impegnata con lo studio, spero di riuscire a fare l'editing di sera in sera se non crollo prima). Detto ciò, vorrei ringraziare di nuovo tutte le persone che stanno seguendo questa fic e in maniera particolare chi l'ha inserita tra i preferiti/seguiti/da ricordare. Ancora di più, ringrazio chi ha pensato di lasciare un commento, che è sempre super apprezzato. E, a proposito di commenti, non vedo l'ora di leggere le vostre reazioni a questo finale che lascia sulle spine. Tenete duro che manca pochissimo alla fine vera e propria! Al prossimo capitolo!
SULLA TRADUZIONE: Quando Levi chiede 'terra chiama Major Tom' in pratica fa una citazione intraducibile della canzone di David Bowie 'Space Oddity'... credo che molti di voi avranno sentito cantare 'Ground control to major Tom'. Nient'altro a parte i soliti possibili errori di battitura!


   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: coldmackerel