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Autore: moondragon0711    20/11/2015    0 recensioni
La mano che stringe quella di mia sorella inizia a sudare, sento il suo battito accelerare, veloce ed in sintonia col mio.
Aelia si avvicina alla boccia di vetro con la classica frase “Prima le signore!”.
Questa volta ci mette di meno a tirare fuori il bigliettino. Il silenzio è tale che si potrebbe sentire il rumore di una mosca che vola a 3km di distanza.
Si avvicina al microfono, apre il bigliettino e legge il nome con la sua voce squillante e quello stupido sorriso compiaciuto.
Il mondo si ferma, i polmoni faticano a riempirsi.
Il nome che ha appena pronunciato è il mio.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Il sole di mezzogiorno mi pizzica gli occhi, ma non è questo a svegliarmi.
Sono delle mani che mi accarezzano, apro gli occhi e la prima cosa che vedo è il volto di mia sorella. Stanotte ha avuto un incubo, così mi sono infilata nel suo letto ed ho dormito con lei.
Non mi ha raccontato cosa ha sognato, ma posso immaginarlo: oggi è il giorno della mietitura.
Questa volta non sarà come gli altri anni, quest’anno è la seconda edizione della memoria e ieri il presidente Snow ha dichiarato che verranno estratti il doppio dei tributi, due maschi e due femmine.
-Come stai? - dice mia sorella, destandomi dai miei pensieri. Le scosto i lunghi capelli biondi dal suo viso, tanto simile al mio. Nel distretto 12 siamo le uniche gemelle, la gente ci confonde sempre, non so come faccia, nella nostra uguaglianza siamo tanto diverse. Lei è più bella di me, le sue labbra sono a cuore e rosee e i suoi occhi sono più lucenti dei miei.
-Bene, tu? - rispondo. –Non molto bene, ho paura…- dice –Non devi, i nostri nomi compaiono solo una volta nella boccia, le probabilità che ti peschino sono bassissime. - è vero. Molti ragazzi del giacimento che hanno la nostra età, si iscrivono per ottenere le tessere, che li forniscono di olio e cereali in cambio della ripetizione del loro nome nella boccia.
Sul volto di mia sorella compare un lieve sorriso – Forse hai ragione. –
Restiamo in silenzio finché non entrano i nostri genitori in camera, entrambi avevano un’espressione cupa in volto, ma cercano lo stesso di apparire normali – Forza ragazze, venite a fare colazione. –
A tavola stiamo tutti zitti, ognuno concentrato sul proprio latte. Potrebbe essere la nostra ultima colazione insieme e l’idea mi tormenta, così decido di uscire.
Voglio stare un po’ sola e il tempo è ottimo, nessuno gira per le strade, ci sono solo Pacificatori che controllano che la legge non venga infranta. Camminando assorta dei miei pensieri non mi accorgo di una figura che mi si piazza davanti. Ho paura ad alzare lo sguardo, ma lo faccio lo stesso. Davanti a me c’è una bellissima ragazza, occhi grigi, tipici del nostro distretto, capelli biondi e fluenti che le cascano sul petto in modo così elegante che trattengo il respiro dallo splendore.
E’ Prim! La figlia del farmacista. Il suo vero nome non so quale sia, non me lo ha mai detto.
Quando ci siamo conosciute stava ammirando delle Primule sul prato vicino alla recinzione, la scena era così bella che sembrava di ammirare un quadro, le piacciono così tanto quei fiori che ho deciso di soprannominarla con il loro nome e a lei questa idea le è piaciuta un sacco.
-Ciao, come mai da queste parti? – dice, e la sua voce è così bella che ci metto un po’ ad elaborare le sue parole, poi rispondo – Stavo pensando e non mi sono accorta dove andavo. - - Capisco, non è un bel giorno per stare senza pensieri- risponde.
Senza parlare, iniziamo a camminare in direzione opposta alla piazza, quel luogo non ci alletta molto visto che è lì che ci porteranno per scegliere chi dare in pasto ai lupi di Capitol City. Arriviamo al prato dove ci siamo incontrate la prima volta e ci sediamo ad ammirare il panorama. Prim non è della mia classe, a scuola ci vediamo di rado, ma posso affermare con certezza che è la mia migliore amica, dopo mia sorella ovviamente. Ogni domenica ci ritroviamo in qualche posto e parliamo della nostra settimana. Quando ci siamo conosciute avevamo all’incirca 7 anni. Lei stava ammirando i fiori e mia sorella ed io ci fermammo a guardarla, eravamo affascinate da quella scena. Poi mentre giocavamo io caddi e mi sbucciai un ginocchio, lei si avvicinò vedendomi in lacrime. Non sopporto la vista del sangue, a lei invece non fa effetto perché mi si avvicinò e dalla piccola borsa che portava a tracolla, tirò fuori delle erbe strane e una garza. Mise le erbe sulla mia ferita e subito il dolore si arrestò, poi mi avvolse il ginocchio con le garze per fermare il sangue ed evitare che la ferita si infettasse. Mentre compieva questa operazione io smisi di piangere e la guardai con ammirazione, fascino e un po’ di invidia, anche a me sarebbe piaciuto saper curare le ferite. Subito mi resi conto della pessima figura che avevo fatto davanti a lei, mi asciugai le lacrime e la ringraziai tendendole la mano e presentandomi. Prim per un po’ mi guardò con gli occhi sgranati, quel tipo di reazione non fu molto normale, ma subito mi strinse la mano dicendomi però che non voleva amici. Non poteva sopportare l’idea che avrebbe potuto perderli nei periodi degli Hunger Games.
-Allora, se non mi vuoi dire il tuo nome ti chiamerò Primula. Come le piante che stavi guardando prima. –
Ancora una volta la lasciai senza parole – Ti prometto che non mi perderai in quei stupidissimi giochi, né me né mia sorella. –
A quel punto scoppiò in una fragorosa risata – Va bene, Primula mi piace! Ma facciamo solo Prim, è più semplice. Se ci tenete così tanto a diventare mie amiche allora prometto che non mi perderete a quegli stupidi giochi. – A ripensarci non fu difficile farle cambiare idea.
E adesso lei è qui vicino a me, seduta in silenzio a contemplare un cielo troppo allegro per una giornata così triste.
-Pensi che ti sposerai un giorno? – dice Prim, rompendo il silenzio. – Non lo so, non ci ho mai pensato, tu? – bugia. In realtà ci penso, alcune volte, e penso sempre allo stesso ragazzo, lo vedo sempre a scuola. E’ un ragazzo più alto di me, ha dei capelli scuri e ricciuti, con degli occhi che emanano qualcosa di pericoloso, quelle poche volte che i miei occhi hanno incontrato il suo sguardo, qualcosa dentro di me si è mosso. Un giorno, forse, prenderò coraggio e mi presenterò. Anzi, lo farò dopo la mietitura, se non sarò scelta, tanto questa è l’ultima volta che finirò in quella maledetta boccia.
- No, non voglio avere figli. Dovrebbero affrontare questa orrenda tortura, non potrei sopportarlo. -  Si, Prim ha ragione e poi lei è davvero tanto delicata. Qualche anno fa le morì il gatto a cui era tanto affezionata e per due settimane non parlò con nessuno, aveva gli occhi perennemente gonfi e le guance rigate dalle lacrime. Senza parlare si mette dietro di me ed inizia a farmi una treccia. Amo le sue trecce! Sono semplici ed al tempo stesso meravigliose. Quando eravamo piccole le chiedevo sempre di farmela perché, ci scommetto tutto che nessuno in tutta Panem, nemmeno il miglior parrucchiere di Capitol City, saprebbe imitare questa acconciatura.
- Forse è ora di andare. – dice lei quando ha finito con i miei capelli. – Si – rispondo.
Ci avviamo verso casa, arrivate ad un bivio, Prim mi afferra il braccio e mi trascina verso di se. Ci abbracciamo forte, nessuna delle due vuole lasciare l’altra. Quella potrebbe essere l’ultima volta che possiamo stare insieme da sole. Ma nessuna delle due parla o piange, questo non deve essere un addio.
Ci separiamo e con un lieve cenno della testa ci salutiamo.
 Apro la porta di casa e trovo mia sorella nel suo splendido abito da cerimonia, i capelli biondi sciolti tenuti dietro da un cerchietto per non coprirle il viso. – Mamma ti ha preparato la vasca. – il suo tono di voce mi fa intendere che i suoi pensieri sono altrove, in un posto orrendo dove i bambini vengono spediti per uccidersi a vicenda. Le do un bacio sulla guancia e vado al piano di sopra dove mi aspetta mia madre con degli asciugamani in mano, mi stampa un bacio sulla fronte e mi dirigo nel bagno.
Entro nella vasca, stando attenta a non sciogliere la treccia di Prim, e mi lascio andare. Penso al ragazzo misterioso, a Prim, ai miei genitori, a mia sorella. Oggi qualcuno soffrirà e non voglio trovarmi nei suoi panni, vorrei essere nata a Capitol. Lì almeno non avrei paura della mietitura, anzi. In questo momento starei davanti alla tv, con la mia famiglia vicino, impaziente che lo spettacolo inizi senza la paura di perdere i miei genitori o mia sorella.
Quando esco dalla vasca, trovo sul letto il mio abito da cerimonia. Sopra c’è poggiata una piccola spilla d’oro che rappresenta una ghiandaia imitatrice. Me l’avevano regalata il giorno del mio compleanno, le ghiandaie imitatrici mi hanno sempre incuriosito, così la tengo come portafortuna. Una volta vestita scendo le scale.
Il momento è arrivato. Usciamo tutti di casa con una lentezza innaturale, tenendoci tutti per mano. Arrivati in piazza separano me e mia sorella dai nostri genitori, che si mettono ai lati insieme agli altri a pregare che non vengano pescate le loro figlie. Ci schedano e ci mettono in riga, vicino a me trovo Prim, ci prendiamo per mano e la stringiamo così forti che le nocche diventano bianche.
Finalmente inizia, mentre il sindaco tiene il solito discorso sul perché esistono gli Hunger Games, il mio sguardo si concentra sulle sedie dietro di lui. Sono più di quante ne servano. Una è vuota perché è riservata al sindaco, al centro è seduta una donna dal vestito color giallo acceso ed una parrucca di dubbio gusto, Aelia, colei che pescherà il nome dalla boccia, sembra così eccitata.
L’altra sedia vicino a lei è vuota, ma non è destinata a nessuno o meglio, nessuno nel nostro distretto è riuscito ad ottenere quella sedia che è destinata ad un vincitore dei giochi.
Il discorso finisce, ma me ne accorgo solo quando Aelia si alza per raggiungere il centro del palco, anche lei dice qualcosa sull’importanza dei giochi e di come sia “un onore” venire pescati.
Termina sempre con la stessa identica frase, tutti gli anni: “Possa la fortuna sempre essere a vostro favore!”
Una bella presa in giro. La mano che stringe quella di mia sorella inizia a sudare, sento il suo battito accelerare, veloce ed in sintonia col mio.
Aelia si avvicina alla boccia di vetro con la classica frase “Prima le signore!”.
Vedo la sua mano che gioca con i foglietti, mescolandoli, facendo finta di prenderne uno per poi lasciarlo cadere subito dopo. Sembra che la diverta vederci sulle spine. Il primo nome che pesca è quello di una ragazza del giacimento, sento le urla della madre alle mie spalle ed una fitta al curo mi coglie di sorpresa. La giovane sale sul palco e prende posto, in piedi vicino alla conduttrice.
Aelia si riavvicina alla boccia, questa volta ci mette di meno a tirare fuori il bigliettino. Il silenzio è tale che si potrebbe sentire il rumore di una mosca che vola a 3km di distanza.
Si avvicina al microfono, apre il bigliettino e legge il nome con la sua voce squillante e quello stupido sorriso compiaciuto.
– Maysilee Donner! –
Il mondo si ferma, i polmoni faticano a riempirsi.
Il nome che ha appena pronunciato è il mio.
   
 
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