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Autore: Barbara Baumgarten    21/11/2015    1 recensioni
Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato Twilight se a parlare fosse stato Edward. Ecoo che, allora, ho deciso di ripercorrere l'intera vicenda con gli occhi del vampiro.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Il sole rifletteva sulla miriade di cristalli che componevano la pelle di Edward dando l’impressione che luccicasse. L’effetto, così noto al vampiro, sembrava avere su Bella un risultato inaspettato: lei lo guardava estasiata e lui si sentiva imbarazzato. Era abituato ad essere guardato con desiderio, ma leggere negli occhi di Bella quelle emozioni lo faceva tremare. Si vergognava di quell’attenzione quasi ossessiva eppure si sentiva onorato di riceverla. Per quanto si fosse immaginato quel momento, nulla nelle sue fantasie si era mai neanche avvicinato alle sensazioni che provava in quel momento, e si diede dello stupido per aver temuto il peggio, per aver pensato che lei lo rifiutasse.

Insieme si sdraiarono sull’erba, godendo della luce calda del sole. Ma Bella aveva occhi solo per lui. Sebbene Edward tenesse gli occhi chiusi, poteva sentire lo sguardo di lei scivolare sulla propria pelle, fin nei più piccoli dettagli. Se da una parte voleva aprire gli occhi per incrociare quelli di lei, dall’altra avrebbe voluto rimanere così per sempre, fermando quell’attimo di pace e benessere che tanto aveva sognato nelle lunghe notti degli ultimi ottant’anni. Delicatamente, sentì Bella che gli accarezzava il dorso della mano: un tocco caldo e morbido che gli ricordava quanto tutto quello fosse reale. Lui era davvero con Bella, nella radura.

“Non ti faccio paura?”, le chiese mentre i loro occhi s’incontravano per la prima volta dopo minuti di silenzio.

“Non più del solito”.

Quelle parole, pronunciate così, per gioco, lo fecero sorridere. I suoi occhi erano attirati da quelli di lei: così caldi, così vivi e così dolci. Alla luce del sole, Edward ne vide sfumature che non aveva mai colto, tonalità gentili che si mescolavano fra loro regalandogli un mare nel quale perdersi, per sempre. Bella continuò ad accarezzarlo, spostando delicatamente la punta delle sue dita lungo il profilo dell’avambraccio. Tremava. Edward sapeva che la forza gravitazionale che li teneva uniti stava vivendo un momento di grande novità e non voleva che tutto ciò finisse. Era la prima volta che si studiavano così da vicino, che le loro pelli si accarezzavano, scambiandosi emozioni.

“Ti do fastidio?”, chiese Bella, timidamente. Fastidio? Come avrebbe potuto spiegarle la beatitudine che provava in quel momento? Quali parole poteva usare per descriverle ciò che sentiva?

“No, non hai idea di come io mi senta”, le rispose senza aprire gli occhi. Avrebbe voluto urlare, gridare al mondo Io-sono-.felice! Per la prima volta lo era davvero; per la prima volta sentiva ciò che per lunghi anni aveva solo sentito raccontare; per la prima volta, le dolci parole dei letterati che tanto amava acquistavano un senso. Con un gesto rapido, Edward porse il palmo della sua mano a Bella, ma lei si spaventò del movimento fulmineo.

“Scusa” le disse in tono gentile “E’ troppo facile essere me stesso, accanto a te”.

Bella sollevò la sua mano, rigirandosela davanti agli occhi. Era in momenti come quelli che lui avrebbe dato qualsiasi cosa per leggerle i pensieri.

“Dimmi a cosa pensi” implorò in un sussurro, mentre i loro sguardi s’incrociavano timidi.

“Desideravo che tu fossi vero, e mi auguravo di non aver paura”

“Io non voglio che tu abbia paura”. C’era sincerità nella sua voce, c’era cuore. Lui avrebbe dato tutto per far si che lei fosse sempre felice, che si sentisse protetta. D’istinto, Edward si mise seduto finendo a pochi centimetri dal viso di Bella. Poi, d’un tratto, lei si avvicinò. Un movimento lento, prevedibile eppure lo spaventò. No, non era pronto per quello. Ogni parte di lui si malediceva per essere scappato, per aver evitato quel contatto che così tante volte aveva sognato. Ma la paura lo colse all’improvviso. Così, si allontanò da lei di qualche decina di metri, prima ancora che Bella avesse la possibilità di realizzare l’accaduto.

“Mi… spiace…Edward”. Lo disse sussurrando, ma Edward sentì ugualmente bene. Lei si sentiva in colpa per ciò che aveva fatto, ma non aveva idea di quanto si sentisse allo stesso modo lui. Edward non voleva farle credere che la sua vicinanza gli fosse fastidiosa, ma aveva temuto quel contatto a tal punto da deluderla. Edward tornò a sedersi accanto a lei, cercando un modo per potersi spiegare.

“Mi dispiace tanto. Capiresti se ti dicessi che la carne è debole?”. Lei annuì, ma lui sapeva che Bella non aveva la minima idea di cosa lui stesse dicendo. Lei non aveva mai capito fino in fondo quanto lui lottasse contro se stesso per starle accanto, quanto autocontrollo aveva dovuto sviluppare, anche in quel momento. Velocemente, tornò con i pensieri alla discussione che avevano avuto in macchina. Doveva darle una prova di forza, farle capire che cosa fosse un vampiro. Solo così, si augurava, Bella avrebbe potuto capire il suo gesto di scappare e non lo avrebbe confuso con nessun altro sentimento se non quello dell’amore.

“Sono il miglior predatore al mondo, Bella. Tutto in me ti attrae: la voce, il viso, persino l’odore. Come se ce ne fosse bisogno!”, e così dicendo, corse sul limitare della radura, nascondendosi fra gli alberi. Riuscì a compiere due giri completi prima di fermarsi nello stesso punto in cui si era ritirato poco prima, per fuggire dal contatto con lei. Lei lo guardava meravigliata. Non bastava la velocità…

“Come se tu potessi sfuggirmi” disse, maligno, mentre con un unico movimento afferrava un ramo e lo strappava dal tronco.

“Come se potessi combattere ad armi pari” le disse, avvicinandosi a lei, nuovamente. In quel momento, Bella, aveva visto davvero Edward e lui ne era soddisfatto. Era felice di vedere per la prima volta la consapevolezza negli occhi di lei. Era riuscito a farle capire cosa fosse un vampiro. Eppure… odiava vedere la paura negli occhi di Bella e si pentì della dimostrazione di forza.

“Non avere paura” le disse, dolcemente, mentre si sedeva proprio accanto a lei. “Perdonami, per favore. Sono capace di controllarmi. Mi hai preso in contropiede. Ma adesso sarò impeccabile”. Era una convinzione nella quale aveva bisogno di credere lui stesso. Lui doveva controllarsi. Era solo questione di abitudine: piccoli passi, brevi momenti… giusto quel che serviva per abituarsi, pian piano, alla miriade di sensazioni che il contatto con Bella gli procurava.

“Perché sei scappato, prima?”, la domanda era timida.

“E’ stata la sorpresa, non mi aspettavo una vicinanza così…”. Come spiegare?

“Scusa”, disse Bella abbassando gli occhi. Edward le mise un dito sotto il mento per alzarle il volto. Poi, lentamente, avvicinò una mano al suo collo.

“Vedi? Nessun problema” cercò di scherzare, ma dentro di sé aveva un uragano di sensazioni. Voleva appoggiare le sue labbra sul collo, sentirne il calore e il profumo. Ma non lo fece, non poteva farlo. E se avesse perso il controllo?

Lei era inerme, davanti a lui, persa nel suo tocco. E lui lo era altrettanto, mentre valutava cosa fare. Decise che avrebbe fatto di tutto per abituarsi alle sensazioni che Bella gli dava, sfidando se stesso. Sarebbe stato rischioso, ma era pronto a scattare lontano da lei non appena avesse la sensazione di perdere il controllo. Così, lentamente, misurando ogni singolo gesto, avvicinò il viso al suo collo. Il calore era fortissimo e dava vita alla bestia che aveva dentro. La sentiva ruggire, mentre digrignava i denti per la sete. Edward si concentrò sul battito del cuore di Bella, cercando ti tenere il ritmo, tentando di distrarsi. La bestia non smetteva di latrare nella sua testa, spingeva contro le pareti di quella gabbia che lui, faticosamente, aveva costruito in quegli anni. Sapeva che la gabbia avrebbe retto fino a che lui avesse voluto così, quindi si convinse che poteva farcela. Lui poteva vincere. Sapeva che era necessaria un’ultima prova, la più difficile. La bestia non aspettava altro e lui lo sapeva: quello sarebbe stato il terreno di scontro fra Edward e il mostro. E Edward voleva vincere. Lentamente, con cautela, inspirò il suo odore. Il dolore che provò fu immenso: la gola bruciò come mai nella sua vita, mentre i muscoli si tendevano nell’agguato. Stava fallendo, stava per far crollare la gabbia e liberare la bestia. Con un ultimo, estremo sforzo, Edward spinse in fondo alla propria coscienza il vampiro assetato di sangue. La voce del mostro si faceva sempre più flebile, sempre più lontana. Poi, silenzio. Edward inspirò una seconda volta. Solo un’eco lontana, un ruggito debole. Aprì gli occhi e sorrise.

Seguirono altre prove di forza, alcune più facili altre meno. Ma la cosa davvero difficile era spiegare a Bella cosa stesse accadendo. La sua non era solo la sete di una bestia malvagia… c’era dell’altro. Era attrazione? Edward sentiva come il bisogno di stringere a sé la ragazza, come se volesse accarezzarne ogni parte. Era simile alla sete, eppure diverso.

“Vorrei… vorrei sentissi la complessità… la confusione che provo. Da una parte ho fame di te, da creatura deplorevole quale sono. Ma”, trovare le parole giuste era quasi un’impresa impossibile “ci sono anche altri tipi di fame che non riesco ad interpretare, che mi sono del tutto estranei”.

“Forse posso capire questo molto più di quanto ti aspetti”, rispose lei, imbarazzata. Davvero? Anche lei provava quella stessa… fame?

“Non sono abituato a sentirmi tanto umano. Funziona sempre così?”

“Per me?” chiese, incredula Bella, “No, mai… mai prima di oggi”. Che cosa stupefacente, l’amore. Edward non aveva termini per spiegare la gran parte delle cose che erano successe quel giorno. Poi, una domanda prese corpo dentro di lui. A cosa li avrebbe portati, quella fame? Se anche Bella provava la stessa cosa, allora avrebbero dovuto stare vicini, spesso? Lui voleva la vicinanza di Bella, ma sapeva che era pericolosa.

“Non so come fare a starti accanto in questo modo. Non sono sicuro di esserne capace”. Erano le parole più dure che avesse mai pronunciato e leggere la delusione negli occhi di Bella lo fece pentire, immediatamente, di averle pronunciate.

“Sei molto più bravo di quanto tu voglia credere”.

La luce stava calando, allungando le ombre sulla radura e dovevano tornare a casa. Bella fece per avvicinarsi al bosco quando lui la fermò

“Posso farti vedere una cosa?”

“Cosa?”

“Il modo in cui io mi sposto”. Lei lo guardò un po’ sospetta.

“Ti trasformi in un pipistrello?” gli disse Bella alzando un sopracciglio. Lui rise di gusto.

“Dai, monta in spalla!” disse Edward mentre allungava una mano verso di lei. Bella, titubante, afferrò la sua mano e in un secondo era sulle sue spalle. Lui già rideva all’idea della faccia che Bella avrebbe fatto una volta che lui le avesse mostrato il modo in cui si spostava di solito.

“Pronta?” le chiese sorridendo e, senza attendere risposta, cominciò a correre veloce fra gli alberi.

Edward correva, felice e leggero con la sua Bella in spalla. Quella giornata, nata sotto i peggiori timori, si era rivelata la migliore della sua vita. Aveva imparato a tenere in gabbia la bestia, aveva imparato ad annusare Bella e, in fin dei conti, aveva imparato anche a fare i conti con la propria parte umana. O forse no…

   
 
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