Anime & Manga > Rocky Joe
Segui la storia  |       
Autore: innominetuo    29/11/2015    11 recensioni
Joe Yabuki ritorna sui suoi passi, dopo un anno di dolore e di rimpianto. La morte di Tooru Rikishi lo ha segnato profondamente. Ma il ring lo sta aspettando ormai da tempo.
E non solo il ring.
…Se le cose fossero andate in un modo un po’ diverso, rispetto alla versione ufficiale?
Storia di pugilato, di amore, di onore: può essere letta e compresa anche se non si conosce il fandom e quindi considerata alla stregua di un'originale.
°°°°§*§°°°°
Questi personaggi non mi appartengono: dichiaro di aver redatto la seguente long fic nel rispetto dei diritti di autore e della proprietà intellettuale, senza scopo di lucro alcuno, in onore ad Asao Takamori ed a Tetsuya Chiba.
Si dichiara che tutte le immagini quivi presenti sono mero frutto di ricerca su Google e che quindi non debba intendersi il compimento di nessuna violazione del copyright.
Si dichiara, altresì, che qualsivoglia riferimento a nomi/cognomi, fatti e luoghi, laddove corrispondenti a realtà, sono puro frutto del Caso.
LCS innominetuo
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Bianche Ceneri'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
BANNER-MIO-PER-L-UNICO-DOMANI

Tre settimane.

Solo tre settimane. Joe fissava la data sul calendario, cerchiata in rosso con un pennarello. Sospirò, grattandosi la testa, perplesso e preoccupato. Purtroppo era capitato pure a lui: l’ultimo incontro davvero impegnativo lo aveva disputato a Capodanno, con Carlos. I due match successivi, contro Aroon Wongpoom e contro Dario Alonso, non li aveva presi molto sul serio e non si era allenato intensamente. Negli ultimi mesi, essendosi concentrato sul suo sogno di sfidare, un giorno, il campione mondiale dei pesi medi, aveva tenuto, quasi senza accorgersene, uno stile di vita un po’ troppo rilassato per essere un pugile professionista. Una birra di troppo, gli spiedini di carne al baracchino preferito, un delizioso mochi* gustato in compagnia di Yoko…

“Non ce la farò mai… accidenti a me ed alla mia disattenzione, sono stato un vero idiota!” borbottò, arruffandosi la folta zazzera scura. Certo, quando aveva sfidato quello spilungone coreano, dicendogli di fissare “questo cavolo di incontro, quando volete voi e dove volete voi”, non avrebbe mai immaginato che lo avrebbe preso tanto in parola… fissando il match così presto. Si spogliò della tuta e, con la sola biancheria indosso, un po’ esitante, salì sulla bilancia.

77,80.

Cinque chili oltre la categoria dei pesi medi. Rilesse con attenzione, illudendosi stupidamente di leggere male… e questo da alcuni giorni, ormai. Saliva sulla bilancia sperando di vedere, magicamente, il peso di 72 chili, che fino ad allora era riuscito a rispettare. Cinque chili non erano poi tantissimi: con un po’ di dieta li avrebbe persi felicemente in un mesetto e mezzo o al massimo in due. Ma in tre settimane diventava un tantino arduo riuscire a calare di peso, dato che il tempo, oggettivamente, era davvero poco.

“Mi sa che dovrò dirlo a Tange e chiedergli aiuto: o non ce la farò mai da solo.” sorrise con amarezza, tra sé e sé. Gli pesava dare al vecchio quell’ulteriore preoccupazione, dopo tutti i grattacapi che gli aveva già dato. Ma non poteva farne a meno. Un leggero bussare alla porta lo distrasse dai suoi pensieri. Non fece in tempo né a dire “avanti”, né ad infilarsi almeno i calzoni della tuta, che ecco che fece capolino l’ultima persona che avrebbe pensato di rivedere…

“Noriko…”

“Oh scusami!” la ragazza arrossì nel vedere Joe… in mutande; imbarazzatissima, gli voltò le spalle, continuando a parlare: “Poco fa ho visto Tange avviarsi alla metro e così sono passata un attimo a salutarti… è da un po’ che non ci vediamo, noi due.”

“Sì, infatti, il vecchio è andato alla Federazione, per prendere gli ultimi accordi per il mio prossimo incontro: un mucchio di scartoffie da firmare, molte più del solito.” rispose Joe, glissando abilmente sul resto.

“Forse perché è in palio un titolo, come mi ha spiegato ieri Nishi-chan.”

“Esatto: Kim ha messo in palio il suo titolo di campione asiatico.” spiegò Joe, in tono pacato, finendo di rivestirsi. Si avvicinò a Noriko, parandolesi davanti. “Mi fa piacere rivederti. Accomodati pure. Io preparo un tè.”

Noriko annuì, un po’ meccanicamente. Niente da fare: ancora non le era passata…le bastava stargli vicino che il cuore le si metteva a far le capriole. Ancora e di nuovo.

Joe la liberò dell’involto che lei teneva stretto al petto.

“Accidenti quanto pesa, Nori. Cosa c’è qui dentro?” le chiese sorridendo, dandole il colpo di grazia.

No: decisamente, non le era passata e non le sarebbe passata mai…

“Ecco… c'è del sukiyaki** che ho tenuto ben caldo nel tegame per te e per Tange. L’ho preparato stamattina per tutta la famiglia: però ho sbagliato con le dosi e me n’è venuto troppo. Così ne ho messo da parte un po’ per voi della palestra e per Nishi, ovviamente. Il suo gliel’ho già dato prima di passare di qua.”

Accidenti: del succulento sukiyaki che lui non avrebbe potuto neppure assaggiare, di cui sentiva il delizioso profumino già a tegame chiuso! Che disdetta…questo però all’ignara e premurosa amica di certo non avrebbe potuto dirlo!

“Sei stata davvero gentile, Nori, grazie. Di sicuro sarà buonissimo, sei molto brava a cucinare!” nell’udir ciò, Nori divenne di bragia. ”Lo porto in cucina, allora… e preparo questo benedetto tè.”

“Io… io ora devo andare…” farfugliò la ragazza, sempre più confusa, ed avviandosi verso la porta. Ancora non le era possibile stare a lungo in compagnia di Joe: non si sentiva a suo completo agio. Aveva tentennato a lungo prima di decidersi a portare lo stufato alla palestra Tange… e lo aveva fatto soprattutto per mettersi alla prova. Prova che aveva miseramente fallito. Lo amava ancora. Non c’era nulla da fare…

Joe, udito quanto detto dalla fanciulla, uscì dalla cucina, andandole dietro.

“Nori aspetta,” le sussurrò “a me dispiace che le cose si siano messe male… tra noi intendo. Ma spero che rimarremo buoni amici. Io mi sono comportato male con te, però ti sono affezionato e vorrei che tornassimo ad essere spontanei, come un tempo… ti ricordi dei primi tempi? Uscivamo insieme a Nishi ed ai bambini ed una volta abbiamo pure fatto una gita al mare! Ecco, sarebbe bello se si potesse ricominciare tutto da capo… come quando sono ritornato dal riformatorio...” mormorò Joe, a capo chino. Voleva sinceramente bene a Noriko e se anche non poteva darle il tipo di rapporto che lei desiderava, non avrebbe rinunciato alla sua amicizia a cuor leggero. Sia Noriko che i genitori di lei si erano dimostrati gentili e disponibili con due ragazzi, come lui e Nishi, appena usciti dal riformatorio: cosa non da tutti i giorni. La famiglia Hayashi aveva dato una possibilità a due pregiudicati e questo né Joe né Nishi avrebbero mai potuto dimenticarlo. Noriko si voltò leggermente. Joe osò sollevare lo sguardo per osservarla, visibilmente turbato. Gli fece male quello che vide: un viso pallido ed un po’ tirato, dagli occhi tristi.

“Joe… non ti preoccupare… mi passerà. Ho solo bisogno di ancora un po’ di tempo. Chissà… magari un giorno riusciremo a scherzarci su…” Noriko sorrise, mesta. Poi, con con gli occhi brucianti di lacrime, aprì la porta e se ne andò.

Joe, rimasto solo, sospirò profondamente, sentendosi in colpa una volta di più.

°°°°°

Passarono un paio di giorni, in cui Joe, da sé, ridusse drasticamente cibo e bevande, adducendo come scusa a Danpei di avere un po’ di mal di stomaco e di “voler stare leggero”. Naturalmente, il famoso sukiyaki venne donato ai monelli suoi amici, dato che Tange non poteva finirlo tutto da solo. Il coach, tuttavia, pur vedendoci da un occhio solo, non si faceva sfuggire nessun particolare, specialmente se si trattava del suo pupillo.

“Non hai nulla da dirmi, ragazzo mio?” sputò fuori dai denti, una sera, ad un Joe meditabondo che scorreva gli occhi distrattamente su una rivista sportiva.

“Eh?”

Eh un corno. Cosa mi stai nascondendo?”

Joe alzò lo sguardo dall’ennesimo articolo su Mendoza, per fissare Danpei con aria interrogativa.

“Inutile che mi guardi facendo il finto tonto. È da un po’ che ti osservo e temo di avere capito. Però vorrei che me lo dicessi tu, una buona volta. Come va con il peso, Joe?”

“Di merda, grazie.”

Tange sospirò, affranto. Ci aveva visto giusto, quindi. Non che Joe non fosse più snello e longilineo, dato che certe costituzioni come la sua erano innate e molto diffuse, soprattutto tra i giovani giapponesi. Però gli era parso che, ultimamente, il viso di Joe fosse più pieno e che la sua figura fosse leggermente più florida. “Colpa mia, non ti ho prestato la dovuta attenzione, ti ho trascurato… solo da pochi giorni, tenendoti d’occhio, mi è parso di vedere qualcosa che non andasse.” Tange scosse la testa, sconsolato. “Quando faccio di queste cazzate mi prenderei a pugni da solo. Di quanto sei salito di peso?”

“Ora peso 77 chili.”

“Cazzo, Joe, l’incontro è tra diciotto giorni!!! Non lo so se ce la facciamo a scendere di cinque chili! Quando pensavi di dirmelo!”

Joe sbuffò scocciato, roteando gli occhi verso l’alto, incrociando le braccia sul petto: una scenetta analoga l’aveva vissuta appena poche ore prima, dato che pure Yoko si era detta preoccupata per il suo aumento ponderale in vista del match contro Kim, ormai abbastanza imminente. In realtà, Yoko era stata la prima ad accorgersi del problema, ancora prima del diretto interessato. Diversi giorni addietro, infatti, dopo aver fatto l’amore, gli aveva fatto notare, tra il serio ed il faceto, di averlo trovato meno “spigoloso” e ben più… accogliente. Messagli la pulce nell’orecchio, nel tragitto di ritorno a casa, Joe si era pesato nella prima farmacia che gli era capitata a tiro, ove aveva fatto l’amara scoperta. Poi, una volta giunto a casa, aveva interrogato pure la bilancia della palestra, che gli aveva confermato la verità, nuda e cruda.

“Pensavo di cavarmela da solo, mangiando un po’ meno: sono riuscito solo a calare di neanche un chilo…” alzò gli occhi su Danpei “Lo so, lo so: sono stato un idiota, avrei dovuto fare attenzione al cibo, come ho sempre fatto da due anni a questa parte. Ormai è andata così. Adesso però aiutami a dimagrire… per favore. Sennò temo di non farcela per l’incontro…” borbottò, visibilmente contrito.

“Certo che ti aiuto. Adesso ti preparo io un piano d’attacco per calare di peso…” Danpei prese un taccuino ed un lapis e cominciò a scribacchiare, parlottando via via: “Dunque… niente più tempura… né udon… un po’ di miso… e del riso a vapore… birra niente, acqua semplice… pesce ai ferri, carne bianca…” fissò il suo unico occhio indagatore sul ragazzo “e, soprattutto, niente pasticcini da gustare con la tua dolce metà…”

“Ehi ma, ma…. cosa vai farneticando…?” farfugliò Joe, preso in contropiede.

“Joe, non sono nato ieri. E forse non ci crederai, ma vent’anni li ho avuti pure io e non ho sempre avuto questo aspetto.” Disse, in tono amaro, sfiorandosi la benda sull’occhio sinistro “Magari, se all’epoca fossi stato meno idiota e avessi saputo tenermi ben stretta la ragazza che frequentavo, ora non mi sarei ridotto così…” concluse, tristemente.

Joe lo fissava, sbalordito: non poteva credere alle sue orecchie! Non avrebbe mai e poi mai creduto che il suo caro, vecchio allenatore gli avesse confidato una cosa simile! Non osò però dir nulla, limitandosi ad ascoltare.

“Ehi, non mi fissare così, sembri un bue al pascolo che guarda un treno passare! Te l’ho detto: sono stato giovane pure io ed avevo una morosa. Una brava ragazza: forse non bellissima, ma gentile e premurosa. Però io pensavo sempre e solo al pugilato… e la trascuravo. Finché un giorno lei non si stancò di aspettarmi e non si sposò con un altro…” Tange, sospirò, alzandosi in piedi “Ti dico queste cose perché non voglio che tu commetta il mio stesso errore. Sei fortunato: Yoko Shiraki è una ragazza straordinaria… bellissima, intelligente e generosa. Tienitela ben stretta, non lasciarla andar via. Non fare come me. Vado a dormire. Domattina, prima dell’alba, inizieremo una scaletta speciale, per farti calare di peso il prima possibile. Dobbiamo massimizzare gli allenamenti, per sfruttare il poco tempo che abbiamo a disposizione o non ce la faremo. D’accordo?”

“Ok… e grazie. Per tutto.”

Tange non rispose, a parte una bonaria pacca sulla spalla del suo ragazzo.

°°°°°°°

Passarono i primi giorni, abbastanza velocemente. Joe si applicò con la massima diligenza alle disposizioni prese da Tange, allenandosi con scrupolo e mangiando lo stretto necessario per stare in piedi. Dopo aver perso quasi subito i primi due chili, cosa che riempì di giubilo sia lui che Tange, ecco che il calo ponderale si arrestò bruscamente. Nonostante la dieta dimagrante e gli intensi allenamenti, quel dannato ago della bilancia non voleva proprio saperne di spostarsi e quei maledetti tre chili in più pareva che non volessero schiodarsi dal corpo di Joe. Questi si era ridotto a pesarsi e ripesarsi in modo quasi ossessivo più volte al giorno: il ragazzo interrogava la bilancia con aria quasi supplice, come se quell’oggetto inanimato potesse dargli la risposta che tanto cercava.

“Joe, è perfettamente inutile che ti pesi più di una volta al giorno: è sufficiente il controllo mattutino, a digiuno. Sta diventando una mania, la tua, un’ossessione!” lo ammonì Tange, in un tardo mattino.

“Dannazione! Sono giorni che seguo la tua dieta e che mi alleno dalle sei del mattino alle dieci di sera… però niente! Sono ancora fuori forma! Non ne veniamo a capo, tu ed io!” sbottò Joe, in preda quasi all’isteria. “Devo eliminare ancora qualcosa dai pasti! Basta: niente più riso!”

“Non puoi mangiare meno di così, o ti sentirai male! E poi un pugile ha bisogno di tenersi in forze per combattere!” brontolò Danpei. Non sopportava la cocciutaggine di Joe, che in questo era davvero un fuoriclasse.

“Allora dimmi tu cosa devo fare! La data del match si avvicina sempre più e non calo! Non calo più!” urlò. Con impeto, aprì la porta della palestra e si slanciò fuori.

“Joeeeeeeee!! Dove vai? Torna qui!”

Nulla da fare. Le urla di Tange non servirono a far ritornare Joe sui suoi passi.

Joe vagò nervosamente nei quartieri limitrofi, già meno fatiscenti rispetto al proprio. Scorse quindi le insegne di un nuovo locale ove si facevano saune e bagni turchi e vi entrò… per rimanervi per oltre tre ore…

°°°°°

Un po’ più tardi, alla palestra…

Dopo aver aspettato Joe invano per l’ora di pranzo e per quasi tutto il pomeriggio, Tange stava sistemando alcuni documenti, borbottando a tratti sull’astrusità di alcuni termini legali, quando sentì bussare alla porta in modo insistente.

“Arrivo… arrivo!!!” Rimase di sasso quando si trovò davanti Nakamura, nel suo consueto abbigliamento elegante.

“Mi pareva di averti già chiesto, in passato, di prenderti cura di mio figlio. Ma a quanto pare non ne sei in grado.” esordì l’uomo, in tono freddo. Se però le parole erano glaciali, lo sguardo dello yakuza era di fuoco: il povero Danpei si sentì incenerire da quegli occhi…

“Cosa diavolo vuole, da me? Perché non ci lascia in pace?” sbottò, passando subito ai fatti, dato che lo afferrò per il bavero… “Abbiamo già abbastanza problemi, Joe ed io: non abbiamo bisogno di altri casini!”

“Giù.Le.Mani.” Nakamura diede a Tange una poderosa ginocchiata allo stomaco, che gli fece perdere il respiro… il vecchio si accasciò a terra, in ginocchio. Nakamura continuò: “Vuoi sapere dove si trova Joe, eh? Lo vuoi sapere, vecchio pazzo?” Tange sollevò il viso, incapace ancora di parlare, anche se il suo sguardo angosciato e preoccupato parlava per lui… “Adesso Joe si trova a casa mia. Il mio medico personale si sta occupando di lui. A momenti gli veniva un collasso… per una sauna di quasi quattro ore! Quattro ore!! Quando al massimo una sauna deve durare venti minuti! E tu dove cazzo eri, mentre mio figlio si faceva del male, perché non riesce a dimagrire?” urlò, furibondo. Non era uno spettacolo gradevole a vedersi un Hiro Nakamura in preda all’ira: pareva quasi emanare un’aura rossastra.

“M-ma Lei come lo sa…” riuscì finalmente a dire Tangei, con un filo di voce, massaggiandosi lo stomaco indolenzito dal colpo di Nakamura.

“Io so tutto quello che c’è da sapere. Non ho mai perso di vista mio figlio, anche se me ne sto in disparte. Neppure quando lo hanno aggredito per spezzargli le mani me ne sono fregato.” replicò, un po’ più calmo. Con pochi gesti febbrili si accese una sigaretta: inutile prendersela con quel vecchio orbo. Lo considerava freddamente, con lucida severità. Suo figlio poteva morire, e quell’idiota del coach se n’era rimasto tranquillo e beato in palestra a fare chissà cosa! 

Tange si tirò su, incapace di credere a quanto appena udito. Il suo Joe… aggredito, picchiato da dei malviventi? “Cosa… cosa ha detto? Che cosa è successo al mio ragazzo?” urlò, disperato, stringendo i grossi pugni fino a rendere bianche le nocche.

“Quello che hai sentito. Un po’ di tempo fa lo hanno aggredito in tanti per rovinargli le mani. Ma sono intervenuto io… con un amico. Ce l’ho fatta a salvarlo, appena in tempo. Esattamente come oggi.” Nakamura sollevò il sopracciglio, un po’ stupito, quando, al termine del discorso, vide Tange rimettersi in ginocchio, piegando il capo fino a toccare il pavimento con la fronte.

“Grazie. Non posso che dire grazie…” mormorò, mentre copiose lacrime scivolarono dalle sue gote fino a terra.

“Io non posso dire altrettanto, però.” Detto ciò in tono freddo, Nakamura girò sui tacchi e se ne andò.

°°°°°°

Quando aveva riaperto gli occhi non era riuscito a muovere neppure un muscolo. Solo dopo alcuni minuti scosse un po’ il capo, tirandosi su leggermente per mettersi seduto e per potersi guardare intorno in un posto a lui sconosciuto.

Una camera da letto in stile occidentale, dai mobili sobri ma eleganti.

Un tappeto con strani disegni geometrici.

Dei bei quadri alle pareti.

Un grosso vaso di ceramica, forse cinese, o roba del genere…

Joe era stato coricato in un letto matrimoniale molto morbido e confortevole. Le lenzuola erano di fresco lino ed un leggero trapuntino lo ricopriva fino allo stomaco. Si aprì la porta e vide avvicinarglisi un uomo basso di mezza età, in camice bianco, con lo stetoscopio al collo. “Molto bene, ti sei risvegliato. Come ti senti, ragazzo?” gli chiese, prendendogli il polso per contare le pulsazioni “Uhm… qui va già molto meglio…”

“Dottore, dove mi trovo?” borbottò Joe, sentendosi parecchio confuso e a disagio.

“Mi chiamo Shuji Ogawa e sono il medico personale di Nakamura-san, il padrone di questa casa.”

Udendo quel nome, Joe spalancò gli occhi, ma non disse nulla.

Il medico proseguì, con pacatezza, continuando con la visita. “Sei svenuto in una sauna per un collasso da calore e ti abbiamo portato qui. Il titolare ci ha detto che sei rimasto nella cella per oltre tre ore. Hai rischiato grosso, ragazzo. Nessuno ti ha spiegato che non si deve superare la mezzora, in una sauna?” mentre parlava, il medico, dopo avergli auscultato il cuore ed esaminato le sclere, fece a Joe anche una rapida iniezione, cosa che lo fece brontolare. “Tranquillo, è solo per reintegrare i sali minerali che hai perso con la sudorazione. Ora riposati. Più tardi torno a visitarti. Qui c’è dell’acqua minerale: bevi a piccoli sorsi.” gli disse in tono professionale ma gentile, riempiendo un bicchiere e posandolo sul comodino, lasciandoglielo a portata di mano.

Dopo un lieve inchino del medico, Joe rimase nuovamente da solo, in preda ai suoi pensieri. Distrattamente, bevve un po’ d’acqua, rimanendosene poi con il bicchiere stretto tra le mani, meditabondo. Nakamura… proprio lui, ancora lui, lo aveva portato via dalla sauna. Puntualmente quell’uomo riappariva nella sua vita senza essere stato minimamente interpellato, un po’ come il jolly nel gioco delle carte, capace di cambiare da solo il corso di una partita. Così: di punto in bianco.

Ed ora?

Che cosa voleva da lui? Perché era comparso proprio adesso… adesso che lui aveva ventun anni suonati e dopo aver trascorso in solitudine buona parte della propria vita? Che cavolo ne sapeva quel tizio distinto ed affettato delle sue notti all’addiaccio, dei morsi della fame, di tutte le volte che era scappato dall’orfanotrofio di turno, cercando così di fuggire da un inferno in terra per andare a cacciarsi, via via, in uno peggiore? Che cosa credeva di fare? Di risolvere i suoi problemi con un colpo di bacchetta magica come fanno i maghi delle favole?

In preda all’ira, Joe scagliò il bicchiere contro la parete, frantumandolo in mille pezzi. Voleva andarsene via, subito. Nulla poteva essere per lui, in quella casa tanto estranea. Sollevò trapunta e lenzuolo stizzosamente e posò i piedi per terra. Lo avevano spogliato per coricarlo e tirò a sé i vestiti, che gli avevano posato, ben ripiegati, ai piedi del letto. Si rivestì in pochi gesti febbrili e cercò di rimettersi in piedi… per ricadere seduto goffamente. Gli girava la testa come se fosse una girandola impazzita, con la vista annebbiata. Respirò profondamente e con calma e, una volta messo nuovamente a fuoco, riprovò ad alzarsi, stavolta più lentamente. Avanzò cautamente, un passo dopo l’altro, via via appoggiandosi a questo o quel mobile. Il medico gli aveva detto di stare fermo ed a riposo… col cavolo. Ok, per il resto della giornata si sarebbe riposato, di allenarsi in quelle condizioni si rendeva conto lui stesso che non era proprio in grado. Però si sarebbe riposato a casa sua, non lì, nel covo di quello yakuza. Il problema era come arrivarci, al Ponte delle lacrime: controllò nelle tasche. Era uscito dalla palestra precipitosamente, con pochi yen… i pochi quattrini che aveva con sé li aveva spesi tutti per la sauna: per cui prendere un taxi era fuori discussione e non poteva neppure telefonare a Tange o a Nishi per farsi riportare a casa. Bah, pazienza: in qualche modo se la sarebbe cavata da solo, come sempre… Giunto finalmente alla porta, la aprì un po’ troppo di slancio: si sbilanciò e sarebbe caduto a terra come un sacco di patate se due forti braccia non lo avessero prontamente sorretto. Joe si ritrovò, suo malgrado, rannicchiato contro il saldo petto di suo padre, che era giunto a casa giusto in quel momento: Nakamura si era allontanato per andare da Tange solo per un breve lasso di tempo, sapendo che il dott. Ogawa era ancora a casa sua, con Joe.

“Dove credevi di andare, nelle tue condizioni?” lo rimbrottò, stringendolo a sé con più forza.

“Lasciami!” Joe si divincolò bruscamente. “Devi lasciarmi stare!” urlò, reggendosi in piedi a fatica, con il respiro corto.

“No.” Nakamura gli si parò davanti, a braccia conserte. “Questo te lo scordi. Io sono tuo padre e tu sei mio figlio. Ficcatelo bene in testa, una buona volta. Non intendo rinunciare a te e tu non dovrai respingermi. Ora mi ascolterai, una buona volta.” Hiro lo afferrò per tutte e due le braccia, nello stesso modo in cui, tempo addietro, aveva fatto Mendoza con lui. “Sono anni che ti cerco per tutto il Giappone. Anni: lo capisci? Ho pure sguinzagliato un esercito di detectives per ritrovarti! Solo da poco tempo sono riuscito a ricollegare il nome di Joe Yabuki… a quello di Kei Nakamura.” Man mano che gli parlava, il suo tono di voce diveniva sempre più basso, per trasformarsi in un sommesso mormorio… pure gli occhi di Hiro mutarono di espressione: Joe vide molta dolcezza, in quello sguardo. Una dolcezza triste, senza limiti e tutta per lui… “Kei Nakamura… è questo il tuo vero nome. Joe Yabuki te l’hanno attribuito nel primo istituto dove sei stato portato dopo l’incidente…”

"Incidente? C-cosa ti stai inventando?” borbottò Joe.

Hiro annuì, sorridendo mestamente “Nessuna invenzione… sto parlando dell’incidente del pullman dove, piccolissimo, viaggiavi con la tua povera madre… lei purtroppo non ce la fece.” le lacrime ormai scorrevano, lente, sulle gote dell’uomo, che lasciò ricadere le braccia, liberando, così, Joe dalla stretta.

In silenzio, Joe si appoggiò, attonito, alla parete, per poi lasciarsi scivolare fino a terra.

“Sulla sua tomba sono tornato tante volte, in questi anni, per rinnovarle la mia promessa di ritrovarti…”

“Lei… dove si trova…” chiese Joe, a fatica. La lingua pareva essergli divenuta di cemento, impedendogli di parlare con scioltezza.

“A Niigata… si trova laggiù…” Hiro andò a sua volta a sedersi a terra, al fianco di Joe. Per un po’ rimasero in silenzio, ascoltando l’uno il respiro dell’altro. Hiro lo covava con gli occhi, amorosamente, quasi volendo studiare i lineamenti di Joe, uno per uno. Joe, invece, teneva lo sguardo basso, come se volesse esaminare il pavimento. Il primo a rialzarsi fu suo padre e gli allungò una mano per aiutarlo a tirarsi su. Joe accettò il suo aiuto, senza dire nulla, totalmente apatico. Si sentiva stanchissimo, senza voglia di dire o di fare alcunché. Si lasciò guidare dal padre, come un bimbo piccolo.

“Vieni, ti riporto alla tua palestra. Appoggiati a me, così… bravo.”: gli parlava con pacatezza, con lo stesso tono che aveva adoperato con lui tanti anni or sono…

Nakamura fece accomodare Joe sulla sua auto, una Porsche 911 nera e lucente come l’onice.

Accese quindi le luci: il vespro ormai incombeva, su tutti loro.

______________________________________

Spigolature dell’Autrice:

*Il mochi è un dolcetto tradizionale nipponico costituito da riso tritato e pestato sino ad ottenere una pasta bianca e morbida che viene poi foggiata in una tipica forma rotondeggiante. Molto comune in Giappone, viene solitamente consumato durante tutto l'anno, sebbene sia un dolce caratteristico in particolare del capodanno giapponese, lo shōgatsu. Spesso lo si consuma ripieno di marmellata. Ad Osaka esiste ancora la metodologia di produzione tradizionale, in una speciale cerimonia che si chiama mochitsuki: il riso, precedentemente messo a bagno e poi cotto, viene triturato nel tradizionale mortaio di grandi dimensioni (usu) con un martello (kine). Questo procedimento viene solitamente svolto da due persone che lavorano in coppia: il primo pesta ritmicamente con il kine mentre il secondo rigira ed umidifica il mochi. La pasta collosa così ottenuta viene poi tagliata a pezzetti da modellare in palline. Ora però si riserva questa procedura artigianale ad eventi speciali (feste, fiere, eccetera), e per produrre il mochi in grandi quantitativi per pasticcerie e sale da tè si usano delle macchine automatiche, molto più rapide.

(fonte: Wikipedia).

Guardateli: non sono carini, così tondi e colorati?

dango
**Il sukiyaki è un delizioso stufato di manzo sceltissimo con konjac, cipolle, funghi, cavolo cinese e tofu: una sorta di piatto domenicale, lungo da preparare e non propriamente economico, ma la nostra Noriko Hayashi ha una drogheria in espansione che presto diventerà un piccolo supermercato… per cui può permettersi tale piccolo lusso culinario! Guardate un po’:

sukiyaki
…non vi viene l’acquolina in bocca?
 
***§§***

Dunque… mi sembra doveroso spendere due-parole-due sull’affaire “problemi di peso” nella storia di Joe Yabuki. Chi mi legge su Efp ormai lo sa che amo essere verosimile, anche nelle storie di pura fantasia. Da sempre nutro le mie belle perplessità per come la serie originale ha sviluppato la questione dell’aumento ponderale di Joe, dovuto al suo sviluppo muscolare ed al completamento della crescita. Ora: è risaputo che chi si mette a dieta ferrea quando e se non ha grasso superfluo da smaltire, ecco che vengono “mangiati” dall’organismo i suoi stessi muscoli. E come può un pugile, ovvero chi pratica uno sport di puro contatto, salire su un ring senza più un briciolo di forza? E, per giunta, come può un essere umano sopravvivere per giorni e giorni SENZA BERE (cosa che Joe fa nella storia originale; e così pure Tooru Rikishi: ma costui, poveretto, muore!)? Tra l’altro, se il nostro ragazzo deve privarsi del cibo e dell’acqua perché altrimenti sale subito di categoria di peso, mi chiedo come possa continuare a boxare e financo a restare vivo! Per questi motivi ho pensato di rielaborare a modo mio tutta la faccenda, che sarà ulteriormente sviluppata nel prossimo aggiornamento.

Intanto, ecco per voi il bolide di Nakamura, una Porsche 911 del 1970:

porsche-di-Nakamura
…mica male, direi…

(All images are from a google search, no copyright infringement intended)

Un grazie speciale va al mio amico Antonio, Admin di questa bellissima pagina dedicata al nostro eroe: clicca
  
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Rocky Joe / Vai alla pagina dell'autore: innominetuo