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Autore: WibblyVale    05/12/2015    3 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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“No!” esclamò Tsunade, sbattendo un pugno sul tavolo.
“Ma Tsunade-sama, io…” balbettò Kakashi leggermente preoccupato dalla reazione della donna.
“Sei impazzito forse?”
“È per…”
“Jiraiya se n’è andato con Naruto, e tu hai pensato bene di prenderti le ferie ora?” lo interruppe di nuovo. Stritolò con forza la domanda di ferie che il ninja le aveva portato.
“Non sarebbero proprio ferie. E le giuro che lei sarà al sicuro anche senza di me. Tenzo si occuperà della sua sicurezza. Se la cava persino meglio.” Cercò di spiegarsi l’uomo.
“Il problema non è la mia sicurezza!”
“Lo so, mi dispiace. Ma… devo farlo e, visto che sono senza allievi da addestrare, questo è il momento migliore.” 
“Potresti spiegarmi la ragione? E non inventarti balle!” gli ringhiò contro lei.
“Si tratta di un allenamento per migliorare una capacità particolare. Potrebbe salvare il villaggio, nel caso le cose non vadano come sperato.” Affermò, il suo volto si faceva sempre più cupo ad ogni parola.
“Si tratta della missione segreta?” domandò Tsunade, cominciando ad intuire qualcosa.
L’uomo davanti a lei si limitò ad annuire.
La donna appoggiò i gomiti sulla scrivania e incrociò le mani sotto il mento.
“Cerca di tornare il prima possibile.” ordinò burbera. Il jonin chinò il capo in segno di gratitudine e le sorrise. “Ora vattene prima che cambi idea!”
Il Copia-ninja uscì senza farselo ripetere due volte, e si diresse verso la sua meta successiva. Il giorno prima aveva parlato con Sakura. Sapeva che la ragazza si sentiva abbandonata da tutti, e gli dispiaceva dover allontanarsi lui stesso, ma in quel momento non poteva fare molto altro. Era deciso ad incontrare il Tricoda, prima che fosse troppo tardi. La ragazza, con sua grande sorpresa però fu comprensiva. Gli chiese persino dei consigli per convincere l’Hokage a prenderla come allieva. Era determinata a migliorarsi.
Presto, raggiunse il campo di addestramento. Al centro dell’arena c’era il Team 10 e il loro maestro. Choji stava combattendo contro Asuma, mentre Shikamaru e Ino osservavano lo scontro. Il Copia-ninja fece un cenno a Sarutobi.
“Kakashi!” lo salutò, mentre veniva colpito dal braccio gigante di Choji, che lo fece cadere a terra.
“Avrei bisogno di parlare con Shikamaru.” Affermo l’albino.
Asuma si tirò su da terra e sbatté le mani contro i pantaloni per togliere la polvere.
“Fa pure.”
Così i due ninja si allontanarono a piedi.
“Ti va di mangiare qualcosa?” chiese il più grande.
Il giovane si limitò a fare un cenno d’assenso con il capo.
 
Trovarono un angolino appartato nel ristorante e ordinarono. La carne succulenta sfrigolava davanti a loro e entrambi la guardavano con occhi avidi e affamati. Da che si erano allontanati insieme, non si erano detti una parola. Kakashi sorrise nel pensare che sembrava che stessero studiando uno le mosse dell’altro, quasi a vedere chi cedeva prima. Spesso gli capitava anche con Shiori. Ore e ore di silenzi in cui studiavano l’uno le espressioni facciali dell’altro. Un leggero sospiro gli uscì dalle labbra. Sarebbe mai finita per lui?
“L’ho chiamata.” Lo informò, infine, Shikamaru. “Sembrava stesse bene. Non ho potuto dirle molto perché siamo stati interrotti, ma era sempre la stessa.”
Il Copia-ninja deglutì pesantemente e con la forchetta prese un pezzo di pancetta, poi se la mise nel piatto. Il giovane Nara seguì il suo esempio. Il maestro era così stanco di sentire la mancanza della donna che lo aveva dimenticato.
“Io parto domani.”
“Vengo con te.” Propose il ragazzo.
“Non erano questi i patti.”
“Ma…”
“Niente ma. Ti insegnerò tutto quando tornerò. I tuoi amici sentirebbero la tua mancanza. Inoltre, so che Tsunade-sama ha bisogno di un mediatore che vada a parlare con il Consiglio di Suna, che al momento detiene il potere, almeno finché un nuovo Kazekage non verrà scelto. So che tuo padre ha accettato l’offerta e impareresti molto andando con lui.” Il chunin aveva una strana espressione esasperata sul volto. “Che c’è che non va?”
“Sarà una seccatura. Inoltre, quei tre fratelli saranno lì. Non so se trovo più inquietante Gaara, o suo fratello Kankuro e la sua fissazione per le marionette. Poi, c’è la sorrella… Oh quella è una dannatissima seccatura. Sai cos’è la cosa peggiore? Papà non mi permetterà di rifiutare!” Kakashi sorrise divertito. Da quando Naruto se n’era andato non gli era più capitato. “Perché ridi?”
“No, niente.” disse scuotendo la testa. Il Nara lo guardò confuso. “È solo che ogni tanto anche Shiori era una bella seccatura.” L’espressione del giovane ninja non migliorò. “Lascia stare.” Alzò la mano e la scosse, come per cancellare ciò che aveva appena detto.
In quel momento, Tenzo entrò nel ristorante e corse verso di loro.
“C’è qualche problema?” domandò il Copia-ninja pronto a scattare.
Il castano scosse la testa, respirando affannosamente. Aveva corso per tutto il villaggio in cerca dell’amico.
“È… arrivato… un messaggio.” Spiegò prendendo fiato tra una parola e l’altra.
Il jonin più anziano capì subito di cosa si trattava.
“Dimmi tutto.”
“Non qui.”
“Lui sa.”
Tenzo sbarrò gli occhi, e i gli altri due ninja si apprestarono a raccontargli tutto. Quando ebbero finito, fu il turno del ninja dell’Arte del Legno di ragguagliarli. Shiori gli aveva inviato un documento sugli esperimenti che Orochimaru aveva fatto su di lei.
“Come possiamo fidarci?” domandò Shikamaru.
“Non possiamo.” Affermò il jonin dai capelli argentati. “Per questo lasceremo il compito di capirci qualcosa al nostro uomo migliore.”
Il ragazzo osservò l’Anbu, che però scosse la testa. A quel punto, con gli occhi sbarrati, indirizzò il proprio dito indice verso il suo petto, mentre Kakashi annuiva sorridendo.
 
Dopo che ebbero lasciato Shikamaru, Kakashi e Tenzo camminarono un po’ insieme. Il castano aveva mille cose da chiedere all’amico, prima tra tutte, dove diavolo se ne stava andando? Come al solito, però, il Copia-ninja rimaneva un mistero.
“Quindi era per questo che Tsunade era così furiosa. Credevo ce l’avesse con me. Sai da quando è tornata al villaggio non abbiamo avuto molto modo di parlare e… Insomma io ho i poteri di suo nonno dopotutto.”
“Non credo che per lei sia un problema.”
“No, infatti. Shizune mi ha detto che eri stato tu a farla andare fuori dai gangheri.”
L’Hatake scoppiò a ridere. “Si, in effetti credo di averla fatta incavolare parecchio.” A quel punto si bloccò sul posto e posò una mano sulla spalla dell’amico. “Mi raccomando. Tornerò il prima possibile.”
“Sta attento.” Gli urlò l’altro mentre lui saliva le scale che portavano alla sua ultima meta della giornata.
Bussò alla porta delicatamente e aspettò che gli venissero ad aprire. Gai si affacciò con il suo solito sorriso dipinto sulle labbra.
“Ti va una passeggiata?” propose il Copia-ninja.
Il verde lo seguì senza dire una parola. I due shinobi camminarono fianco a fianco per un po’. Maito attendeva che l’amico parlasse di sua spontanea volontà. Quando furono lontani dal centro del villaggio, presero una stradina sterrata che portava alla campagna. Finalmente, il ninja dai capelli argentati cominciò a parlare.
“Senti, io devo andarmene per qualche tempo.” Gai aprì la bocca per protestare. “Fammi finire.” intimò lui. “È molto importante che io vada. Ma ho bisogno che tu tenga sotto controllo Shikamaru. Il ragazzo vuole venire con me e potrebbe anche decidere di farlo.”
“Perché dovrebbe seguirti?” chiese curioso il moro.
Kakashi rimase silenzioso con lo sguardo rivolto davanti a sé.
“Se non vuoi dirmi niente, perché ti fidi di me per questo compito?” ringhiò un tantino offeso. Non era da lui una reazione del genere, ma quel periodo era stato a dir poco stressante e vedere il suo amico, dopo tutto quel tempo, continuare a mentirgli lo irritava.
“Io mi fido di te. È per questo che non voglio metterti in pericolo.”
“Sono uno shinobi, Kakashi. Sono sempre in pericolo.”
“Si, ma ho già abbastanza amici sulla coscienza.”
Gai sorrise. “Non credo che avere qualche informazione in più faccia male. Poi sono un adulto, credo i poterla gestire.”
“Adulto?” domandò il Copia-ninja, alzando le sopracciglia dubbioso.
Il Verde fece una smorfia.
“So dove si trova il Tricoda.”
Gai sbarrò gli occhi. “Come?”
Kakashi sorrise, ma non rispose a quella domanda.
“Devo andare a parlargli.”
“Vuoi vendicarti? È pericoloso!”
L’uomo scosse la testa. “No, credo solo che lui possa aiutarmi a salvare una pers… le persone  a cui tengo.”
“Chi?” lo incalzò Gai, che non si era lasciato sfuggire il cambio di direzione dell’amico. “E perché dovrebbe farlo?”
“Perché, da quanto ho capito, ci tiene anche lui.” Affermò Kakashi, rispondendo solo all’ultima domanda.
“Perché Shikamaru dovrebbe volerti seguire?” continuò instancabile il moro.
“Perché è un ragazzino fastidioso.”
“Kakashi!” lo pregò l’amico.
“Perché vuole essere d’aiuto, ma non può. E non solo perché sarò io a non permetterglielo, ma perché…” Il jonin chiuse gli occhi e inspirò, riempiendo i suoi polmoni di aria pulita. “Ti ricordi la prima volta che hai ucciso un uomo?”
Gai annuì. “Accadde dopo la morte di mio padre. Non avevo più nemmeno lui con cui sfogarmi. L’ho fatto per salvare Genma e Ebisu, ma… Non è stato facile. Ricordo il suo sangue sulle mie mani, ricordo i suoi occhi spalancati, pieni di terrore. Lui aveva spaventato noi fino a quel momento, ma mi accorsi che lui era, se possibile, addirittura più spaventato. Era solo, in mezzo ai nemici. Cavolo! Non è stato piacevole.”
Kakashi affondò le mani nelle tasche dei pantaloni e puntò il suo sguardo sul terreno.
“Il mio primo è stato uno shinobi della Roccia. Un omone tre volte me. Conosceva tecniche che allora non riuscivo nemmeno a sognarmi. Quella fu la prima volta che pensai che non ce l’avrei potuta fare. Dalla mia avevo la velocità e la sfruttai. Gli fui dietro. Credo che le mie mani tremassero. Forse il mio corpo aveva capito prima della mia mente quello che stava per succedere. Presi la sua testa tre le mani e gli spezzai il collo. Ho, letteralmente, sentito la sua vita scivolarmi tra le dita. Ero poco più di un bambino. È stato orribile.”
“C’era la guerra allora. Per i ragazzi oggi è diverso.” Lo consolò l’amico.
“Non così diverso. Ma se è stato orribile uccidere un nemico, una persona di cui non sapevamo nulla, prova a pensare come si sentirebbe una persona ad uccidere qualcuno che ama?”
“Per un po’ io credevo di aver ucciso mio padre.” Ammise Gai. “Morì per salvarmi e… non potevo smettere di credere che se fossi stato più forte… be’ lo sai!”
“Anche io. Credevo che se fossi stato in grado di aiutarlo a superare quel momento… Non ha importanza. Non voglio che qualsiasi ragazzino di questo villaggio provi una cosa del genere.”
“Perché dovrebbe provarla?” Calò di nuovo il silenzio. “D’accordo non vuoi dirmelo. Ma se mi nascondi così tanto come puoi fidarti a farmi controllare Shikamaru? Perché non chiederlo ad Asuma o direttamente a suo padre, o Tenzo magari?” chiese.
A quel punto Kakashi si fermò, puntando il suo unico occhio in quelli dell’altro shinobi.
“Perché Tenzo ha altre cose da fare, Shikaku non deve sapere e Asuma tanto meno. Inoltre… tu sei il mio migl… eterno rivale, giusto? A chi altri dovrei chiedere?”
Gai scosse la testa.
“Mi serve sapere di più.”
Kakashi sospirò. “Non ti arrendi proprio mai tu, vero?”
“No.” Sentenziò l’uomo determinato.
Il Copia-ninja scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. Riprese a camminare, seguito a ruota dal suo amico e cominciò a raccontare.
“Esiste un potere, nascosto in queste terre. Chiunque lo possieda avrà la forza di un dio, ma è molto probabile che questo potere lo corrompa. I biju, il Tricoda in particolare, conoscono un modo per fermare colui che possiede quel potere se mai deciderà di usarlo. A quanto pare, io e Shikamaru siamo gli unici candidati a questo scopo. Ma… non poggerò sulle spalle di quel ragazzo una cosa del genere.”
“Shiori non lo avrebbe voluto.” Meditò il verde.
“No, e nemmeno io.”
“Perché proprio voi? Chi possiede questo potere?”
Erano arrivati a un piccolo muretto in pietra in pezzi. Quello delimitava la fine della giurisdizione di Konoha. I due shinobi si sedettero su una parte ancora in buone condizioni.
“Le due domande sono strettamente legate e…” Non era sicuro di voler rispondere.
“D’accordo. Non rispondere a questa domanda se non vuoi, ma dimmi chi fermerà te?”
“Cosa?” domandò il Copia-ninja sconcertato.
“Se avrai il potere di uccidere un dio. Chi fermerà te dall’usare quel potere dopo che avrai compiuto la missione?”
Kakashi appoggiò le mani sulle ginocchia. In effetti, non ci aveva pensato. Aveva deciso che se avesse dovuto fare una cosa del genere, lui sarebbe morto con lei. Certo, non si sarebbe suicidato. Disprezzava quel gesto dal più profondo della sua anima. Avrebbe abbandonato il villaggio. Sapeva che, in ogni caso, il suo corpo e la sua anima non avrebbero retto la morte di lei per mano propria. Era l’unica cosa che lo consolava. Se l’avesse uccisa, lui l’avrebbe raggiunta presto. Ma se invece fosse impazzito?
“Hai bisogno di qualcuno che ti tenga con i piedi per terra.” Affermò l’amico.
“Quel qualcuno saresti tu?”
“In fondo sono io che ti ho fatto scendere dal tuo piedistallo mandandoti con il sedere all’aria più di una volta.”
Kakashi rise. “Sei l’unico abbastanza fastidioso che potrebbe riuscirci. Ma tu vorrai dissuadermi dal portare avanti questa missione e io faccio già fatica a portarla avanti così.”
“Non voglio sapere niente di più di quello che già so. Permettimi solo di accompagnarti.”
“E i tuoi allievi?”
“Rock Lee sta  recuperando. Ancora non può allenarsi come si deve. Neji ora è sotto l’ala protettrice di Hiashi, ormai io non sono più in grado di insegnarli molto, se non come vivere al meglio la sua giovinezza. Tenten si occuperà di Lee. Saranno tutti piuttosto impegnati. Quando tornerò saranno pronti per tornare ad essere una squadra.” Affermò con quel tono che non ammetteva repliche. Non avrebbe rinunciato a costo di inseguirlo di nascosto
Kakashi si colpì la fronte con il palmo della mano.
“Tsunade ci ucciderà.”
Gai si posò le mani sui fianchi, ridacchiando soddisfatto.
“Lo prendo per un sì.”
 
La mattina dopo i due shinobi si ritrovarono alle porte del Villaggio, pronti a partire per questa nuova avventura. Kakashi trovava impressionante come Gai, pur non sapendo niente, avesse deciso di seguirlo per tenerlo a bada. Quell’uomo aveva uno strano sesto senso: sapeva sempre dove c’era bisogno di lui. In quel momento però il Copia-ninja faticava a credere di avere davanti il medesimo uomo. Infatti, il verde stava piagnucolando insieme al suo allievo, dandogli consigli tra un singhiozzo e l’altro. Gli altri due allievi li guardavano con espressioni disperate, ma altrettanto dispiaciuti di vedere partire il loro maestro.
Il ninja dai capelli argentati, dal canto suo, aspettava appoggiato ad una delle colonne che delimitavano l’entrata al Villaggio. I suoi allievi erano lontani e Sakura l’aveva già salutata. Inoltre, non era mai stato il tipo di persona che veniva salutato da grandi comitati d’addio alla sua partenza.
Ad un tratto, sentì una voce cristallina urlare il suo nome.
“Kakashi-sensei!” Sakura lo raggiunse con il fiatone. “Proprio oggi doveva pensare di partire puntuale!” lo rimproverò.
“Qualcosa non va?” chiese preoccupato.
La ragazza gli sorrise. “No, sono solo passata a salutarla. Insomma per un po’ non ci vedremo e…” Si mordicchiò il labbro.
Il jonin notò che stava per mettersi a piangere. Era stata abbandonata da tutti e ora anche dal suo maestro. Le poggiò delicatamente una mano sulla spalla, mentre con l’altra le alzava il mento per poterla guardare negli occhi.
“Tornerò presto.” Le sorrise. “Tu pensa ad allenarti. Cerca di passare un po’ di tempo con i tuoi amici. Vedrai, non sentirai nemmeno la mia mancanza.”
“Invece si.” Si impuntò. “La squadra di un ninja è come la sua famiglia e voi... ve ne siete andati tutti.”
“Ma ritorneremo tut…” No, non poteva essere certo che tutti sarebbero tornati. Non voleva mentirle. “Io e Naruto torneremo. Ci riuniremo prima che tu possa accorgertene. Hai capito?”
La ragazza fece segno di si, tirando su con il naso.
“Bene. Gai, è ora di andare!” gridò rivolto allo shinobi che si asciugò le lacrime con la manica della maglia e strinse in un unico abbraccio tutti e tre i suoi allievi, stritolandoli.
Kakashi si voltò pronto a partire. Quando Sakura lo richiamò, facendolo voltare verso di lei. La rosa lo abbracciò, mentre lui teneva le braccia lungo i fianchi, non sapendo cosa fare.
“Torni presto, sensei.” Sussurrò lei.
L’uomo alzò un braccio e picchiettò gentilmente sulla schiena della ragazza, in una sorta di timido abbraccio. Quando si separarono le sorrise e si voltò per partire.
I due jonin presero a correre fianco a fianco per il sentiero che li avrebbe portati lontano da Konoha. Gai continuava a lanciare occhiate divertite all’amico.
“Stai zitto.” Ordinò questo.
“Io non ho detto niente.” Rispose il moro innocente.
“Stavi per dirlo.”
“È stato molto dolce da parte tua. Non sapevo che fossi un maestro così sensibile.”
Il ninja dai capelli argentati arrossì.
“Non ti avevo detto di stare zitto.” Lo rimproverò, avendo come unica risposta la risata dell’amico.
 
Ci volle una settimana di incessante corsa per raggiungere la loro meta. Quando i due shinobi si ritrovarono ai piedi della montagna, al limitare di quel bosco pieno di trappole, Kakashi ebbe un leggero ripensamento. Si trovò ad indietreggiare timoroso. Gai guardò la scena attendendo che l’amico prendesse da solo la propria decisione.
In quei giorni gli aveva raccontato qualcosa in più. Sapeva che temeva quel potere perché l’avrebbe potuto portare a fare qualcosa che non voleva fare. Inoltre, incontrare il Tricoda risvegliava in lui ricordi dolorosi. Era lui il demone che avevano inserito nel corpo di Rin, dopotutto. Allo stesso tempo però, sembrava essere grato al Biju per qualcosa. Probabilmente aveva protetto quella persona a cui lui teneva così tanto. Quello che il moro non capiva era chi fosse questa persona che lui avrebbe voluto proteggere a tutti i costi? Uno dei suoi allievi? Uno dei suoi amici? Quella strana Anbu che aveva combattuto con loro durante l’attacco di Konoha?
Gai aveva notato il modo strano in cui si era comportato accanto a lei. Era come se qualcosa li legasse. Poi, c’era il fatto che era una Nara…
“È ora.” Sentenziò il Copia-ninja riscuotendolo dai suoi pensieri.
“Andiamo.”
“No, dammi un po’ di vantaggio. Voglio vedermela con lui da solo.” Ordinò e, senza aspettare la risposta dell’amico, si inoltrò nel fitto del bosco.
Paura, rimorso, rabbia e persino speranza si mescolavano in lui. Paura di star facendo la cosa sbagliata, rimorso e rabbia per il passato, e speranza che forse insieme avrebbero potuto trovare una soluzione per salvare Shiori.
Avrebbe fatto il necessario per salvare il mondo ninja, anche perché sarebbe stato quello il desiderio di lei. Non per questo, però, avrebbe evitato di cercare una soluzione per proteggerla. Dopotutto non si era mai arreso all’idea di non poterla salvare.
Con l’aiuto dello Sharingan superò la maggior parte delle trappole senza problemi. Chiunque le avesse messe lì sapeva molto bene quello che faceva. Era come se quelle trappole fossero state messe lì apposta per lui. In ogni caso, la Volpe gli aveva spiegato esattamente come superarle e non gli ci volle molto a completare il percorso.
Presto arrivò davanti al lago, circondato dal bosco. L’acqua era calma e al centro di essa galleggiava il gigantesco demone. Il Copia-ninja portò la mano alla sacca delle armi. Il biju sentì la sua presenza e si voltò ad versò di lui, increspando la superficie piatta del lago con piccole onde.
“Ti stavo aspettando.” La voce lontana e antica del Tricoda riverberò nella mente dello shinobi.
  
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