Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: TheSlavicShadow    06/12/2015    1 recensioni
This is Halloween, everybody make a scene
Trick or treat till the neighbors gonna die of fright
It's our town, everybody scream
In this town of Halloween
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Un rumore aveva raggiunto le sue orecchie. I suoi sensi sembravano ancora addormentati, ma sentiva qualcosa. Sembravano voci familiari. Sembravano voci che aveva conosciuto da molto tempo. Ma non riusciva in alcun modo a dare un volto a chi stava parlando.

Le sue palpebre erano troppo pesanti e non capiva se possedeva ancora un corpo o se era tutto un’illusione. O se quello era l’aldilà di cui parlavano.

“Apri gli occhi. Non è ancora il tuo momento.”

Sembrava la voce della bisnonna. Era il tono caldo e dolce con cui la vecchia donna gli aveva parlato durante i primi anni della sua vita. Gli sembrava quasi di sentire il tocco delle sue mani morbide anche se piene di rughe. Ma non era possibile. Era morta quando Jean aveva solo quattro anni ed era ancora troppo piccolo per capire cosa fosse realmente successo.

“Jean, devi aprire gli occhi.”

E lo aveva fatto. Improvvisamente li aveva spalancati perché quella era la voce della sua bisnonna. E quello era il sorriso che aveva spesso visto sul volto della donna.

Si era guardato attorno per capire dove fosse.

Il sole, alto nel cielo, illuminava una stanza che aveva imparato a conoscere in quelle settimane. Era nella stanza di Marco, ma non era da solo.

Attorno al letto e in altri punti della stanza c’erano degli spiriti. Tutti perfettamente nitidi e di cui percepiva chiaramente la presenza.

“Bravo il mio ometto.” Aveva sentito chiaramente il tocco di una mano sulla propria guancia e aveva guardo lo spirito della donna che si sedeva sul letto accanto a lui.

“Uroma*… Perché sei qui…? Perché ti vedo solo ora?” Continuava a guardarla, ed era proprio come se la ricordava. Era come in quelle vecchie foto che li ritraevano insieme.

“Perché ora è il momento giusto. Ricordi cosa ti dicevo quando eri piccolo e piangevi perché vedevi qualcosa che non esisteva?”

“Non avere paura dei morti. Sono i vivi che devi temere.”

La donna gli aveva sorriso e si era alzata dal letto. I suoi movimenti erano molto più fluidi di quelli che ricordava possedesse l’anziana donna, ma quello doveva essere solo perché ora non aveva più un corpo che imprigionasse il suo spirito.

Sentiva dei rumori in corridoio ed era sicuro che qualcuno sarebbe entrato in camera da un momento all’altro.

“Uroma, chi dobbiamo temere?”

“Qualcuno che è ancora più potente e vecchio della strega che avete sconfitto.”

Avrebbe voluto chiederle ancora qualcosa, avrebbe voluto avere qualche spiegazione su chi fossero tutte quelle presenze che erano con loro, sul perché sua nonna conoscesse tutte quelle cose.

“Jean, ti sei svegliato. Meno male.” Armin Arlert aveva aperto la porta e gli sorrideva dolcemente. “Mi sembrava di aver sentito qualcuno parlare e allora sono entrato per controllare.”

Jean aveva guardato il biondo. “Dov’è Marco? E’ salvo? Sta bene?” Sapeva di essere egoista, ma in quel momento voleva solo sapere quale sorte fosse toccata al vampiro. Ricordava solo di essere stato morso, e poi più nulla. Era sicuro che a Eren o Mikasa non fosse successo nulla, perché se non fosse stato così Armin non gli starebbe sorridendo a quel modo ma sarebbe sicuramente stato distrutto dal dolore.

“Marco sta molto meglio di te.” Il biondo si era avvicinato dal letto. “Non ricordi nulla?”

“Stavamo combattendo contro la strega e Marco era ferito… E gli ho detto di prendere il mio sangue.” Si era passato una mano tra i capelli. “La strega che fine ha fatto?”

“Sconfitta per il momento.” Armin si era seduto sul bordo del letto e continuava a guardarlo. “Abbiamo fatto prigionieri i due vampiri che erano con la strega e quando siamo usciti dalla chiesa per venire a cercarvi, tu sembravi morto tra le sue braccia. Hai dormito due giorni interi e Eren sta continuando a portare avanti una guerra di sguardi contro Marco.”

“Gli ho detto io di farlo… Stava per morire.”

“Anche tu stavi per farlo.” Armin lo aveva guardato seriamente e duramente, ed era raro che il ragazzo fosse arrabbiato con qualcuno per qualcosa. “Hai fatto una sciocchezza, Jean. Probabilmente il tuo sangue per lui era una prelibatezza e non è riuscito a staccarsi dal tuo collo. Ti ha quasi prosciugato. Quando ti ha morso tutti i vampiri se ne sono accorti.” Si era sporto verso di lui. “Cosa sei, Jean?”

“Vorrei saperlo anch’io.” Lo aveva guardato negli occhi e aveva inarcato un sopracciglio. “Piuttosto, signor stregone, perché non ci hai mai detto nulla?”

“Neppure tu hai mai detto qualcosa al riguardo, Jean. Non riuscirai a farmi sentire in colpa per averti nascosto questa cosa. Non ne ho mai parlato neppure con Eren o Mikasa, come neppure Mikasa ci ha mai parlato del suo clan.” Armin gli aveva sorriso e Jean aveva sbuffato, facendo finta di essere infastidito. Non lo era. Era solo sollevato di sapere che i suoi amici erano vivi.

“...gli altri come stanno?”

“Ne siamo usciti senza perdite, se è questo che ti preoccupa. Qualche ferito, ma nulla di troppo serio.”

“E la strega…?”

Armin lo aveva guardato e si era alzato dal letto. “Ce la fai a camminare? Credo che gli altri abbiano delle domande da farti al riguardo.”

Lo aveva guardato senza capire. Cosa potevano mai chiedergli? Lui l’aveva lasciata in balia degli spiriti erranti di quel cimitero. Ricordava le sue urla e sua nonna gli aveva detto che l’avevano sconfitta.

Lo aveva seguito fuori dalla stanza. Sentiva le voci concitate degli altri provenire dal salotto. E sentiva soprattutto odore di cibo. Se aveva davvero dormito due giorni ora era chiaro perché avesse così tanta fame. In più non voleva neppure sapere quanto sangue avesse perso.

Aveva sceso lentamente le scale, anche perché voleva ritardare il momento in cui avrebbe visto Marco. Se conosceva il vampiro, allora era sicuro che il ragazzo non brillasse dalla voglia di vederlo, dopo che lo aveva quasi prosciugato. Poteva immaginare il senso di colpa che lo attanagliava e non sapeva cosa dire o fare per farlo stare meglio. Non sapeva neppure se ci fosse un modo per farlo stare meglio.

Non aveva ancora messo piede nel soggiorno che quattro paia di occhi erano su di lui. I tre vampiri e la licantropa lo guardavano, non sapeva se stupiti di vederlo in piedi o meno. Non sapeva neppure lui se stupirsene o meno.

Erwin era stato il primo a rompere quel momento alzandosi dal divano e avvicinandoglisi. Era serio ed improvvisamente tutto il parlottio che aveva animato la stanza era cessato.

“Ben svegliato, Jean. Come ti senti?”

“Confuso…?” Aveva guardo prima l’uomo che aveva di fronte e poi aveva cercato gli occhi di Marco, ma il vampiro aveva smesso di guardarlo.

“Posso capirlo. Posso conferire un attimo con te? Poi ti lascio tornare da Marco.”

Aveva annuito, continuando a guardare il giovane vampiro, che continuava a non guardarlo. Aveva deciso di seguire Erwin in cucina, che era stato subito raggiunto da Levi. Con Marco avrebbe parlato più tardi, anche se avrebbe voluto solo buttarsi tra le sue braccia e rassicurarlo.

“Moccioso, che razza di stregoneria hai fatto sulla strega?” Levi aveva chiuso la porta della cucina alle sue spalle e Jean si era voltato a guardarlo, senza capire.

“Levi, probabilmente lui non ha fatto nulla. Ne abbiamo già parlato.” Erwin si era seduto, facendo cenno di Jean a fare altrettanto. Solo che lui non aveva voglia di sedersi mentre si sentiva come un animale in trappola sotto lo sguardo gelido di Levi. “Jean, cos’è successo mentre stavate combattendo?”

Il ragazzo si era voltato verso il vampiro più anziano. Era serio, ma non sembrava ostile quanto Levi. “Quando ve ne siete andati, ho provato a parlare con le varie presenze. Una di queste, una giovane donna, si è avvicinata e mi ha parlato. Mi ha detto di fuggire, perché Annie era lì per me. Solo che era troppo tardi perché è comparsa subito dopo. Non so cosa sia successo poi esattamente. Lei aveva ferito Marco e io volevo solo salvare lui. Ho visto che le presenze l’avevano circondata, la sentivo urlare, solo che io ero concentrato su Marco e poi non so cosa sia successo…”

“Quando siamo arrivati eri quasi morto. E la strega rinchiusa in un cristallo che non siamo ancora riusciti a rompere.”

“Jean, cosa sei?” Era stato Levi a parlare e il ragazzo lo aveva soltanto guardato, incapace di rispondergli. “Ho assaggiato il sangue di molti umani, ma l’odore del tuo era fortissimo. Ha distratto anche i vampiri contro sui stavamo combattendo, permettendoci di metterli fuori combattimento. E hai fatto perdere il controllo a Marco, una cosa che non avevo mai visto prima.”

“Sono umano. Sono solo questo. E voglio tornare alla mia vita di prima.”

“Temo che questo non sia più possibile. Credo che ormai tutti siano stati informati della presenza di un necromante potente.” Erwin lo aveva guardato e poi si era alzato. Si era avvicinato alla finestra e aveva guardato fuori. “C’è qualcuno che vorrà avere i tuoi poteri al suo servizio. Comandare i morti a proprio piacimento è un potere che non tutti gli stregoni possiedono, anzi. Vedere i fantasmi, percepire le presenze; questo in molti riescono a farlo. Ma parlare con loro, sentirne il tocco, questo richiede un potere maggiore, una preparazione ed un addestramento lunghi anni. E tu non li hai mai avuti.” Erwin si era nuovamente voltato verso di lui. “Capirai che ora neppure noi vogliamo perdere questo tuo potere e faremo di tutto per farti stare al sicuro.”

Il ragazzo si era finalmente seduto. Tutto d’un tratto sulle proprie spalle aveva delle responsabilità che non aveva mai chiesto o desiderato. Avrebbe tanto voluto continuare con la vita che conduceva prima di quel momento. Semplice studente universitario che non aveva idea di cosa volesse esattamente dalla propria vita e che passava tutto il proprio tempo libero con i propri amici e litigando con Eren. Improvvisamente quella monotonia era stupenda e la stava rimpiangendo.

“Jean, la tua vita continuerà come prima. Faremo il possibile a riguardo.”

“Basta che tu non vada in giro a fare il ciarlatano in televisione per avere fama. In quel caso sarò io a torcerti il collo.”

“Perché diavolo dovrei andare in tv?” Jean aveva guardato Levi, che si era spostato verso i fornelli. “Magari non voglio che la gente sappia che vedo i fantasmi. Sai com’è, ho ancora una dignità da preservare e non voglio appunto passare per un ciarlatano.”

“Non si sa mai con voi ragazzini d’oggi.” Il ragazzo aveva osservato l’uomo che si era messo a cucinare e aveva per un solo attimo pensato che Levi dovesse avere un buon cuore sotto quella corazza che indossava in continuazione e con chiunque. “Christa e Armin potrebbero darti una mano con in tuoi poteri, almeno per farti avere un’infarinatura. Poi starà a te affinare il tuo potere.”

“Non sarò libero fino a quando non avremmo sconfitto il gran capo?” Aveva sospirato e non voleva realmente sentire la risposta.

“Esattamente. Ma non sarai da solo in tutto questo. Marco sta già origliando questa conversazione.”

Un rumore fuori dalla porta aveva confermato la presenza di qualcuno, e in un batter d’occhio Levi era davanti alla porta della cucina e la spalancava, guardando in modo truce il giovane vampiro.

“Credevo che voi aristocratici aveste più educazione, Bodt. Non ti hanno insegnato a non origliare le conversazioni altrui? Soprattutto quando sai benissimo che posso percepire la tua presenza.”

“Ero solo preoccupato…” Il vampiro si era passato una mano sulla nuca guardando l’altro vampiro e poi aveva guardato Jean. E a Jean si era spezzato il cuore nel vedere lo sguardo di Marco. Senso di colpa. Rabbia. Rimorso. Ogni sentimento negativo che provava verso sé stesso era sul suo viso.

“Non lo mangio, tranquillo. Lo lascio fare a te.” Levi era tornato ai fornelli. “Se te lo lascerà fare.”

Jean aveva guardato male il vampiro, anche solo per non dover guardare l’espressione di Marco. Lui lo aveva incitato a farlo, Marco non doveva sentirsi in colpa per una cosa simile.

“Mangia, Kirschtein.” Levi gli aveva messo un piatto davanti e le sue narici si erano subito impregnate del profumo di omlette.

“Come facevi a sapere che mi piacciono queste?” Aveva osservato il vampiro, che assieme ad Erwin si apprestava ad uscire dalla cucina.

“Eren. Non ha fatto altro che ripetere quanto sia il tuo piatto preferito. E ora mangia prima che te la infili in bocca io con la forza.”

Senza aggiungere altro era stato trascinato via da Erwin, lasciando i due ragazzi da soli. Marco non si era mosso dalla porta e Jean aveva iniziato a giocare col proprio pranzo pur di non guardare il vampiro. Non aveva paura. Non era minimamente spaventato. Solo che non riusciva a guardarlo e vedere tutto quel senso di colpa nei suoi occhi.

“Come ti senti?” La voce di Marco era bassa, preoccupata.

“Appena avrò mangiato questa starò benissimo!” Gli aveva sorriso, o almeno aveva cercato di farlo, ma il sorriso era svanito dalle sue labbra non appena aveva guardato il vampiro. “Marco, ti prego… Ti ho spinto io a farlo. Sennò tu non lo avresti mai fatto.”

“Non è questo il punto. Non avrei dovuto in ogni caso. Ti ho messo in pericolo e non ho nessuna scusa per quello che ho fatto.” Aveva scosso la testa prima di muoversi verso il tavolo. “Jean, stavo per ucciderti. Quando ti ho morso non sono più riuscito a fermarmi.”

“Ma ti sei fermato alla fine, no? Questo è quello che conta.” Jean aveva sospirato, riprendendo a mangiare. Voleva far finta che non fosse successo nulla. Voleva convincere Marco che non aveva colpe e che nulla era cambiato.

“E se dovesse ricapitare in futuro? Se in futuro dovessi morderti e finire per ucciderti?” La sua voce tremava e solo allora Jean lo aveva guardato di nuovo.

“Avrai il mio fantasma che ti perseguiterà per sempre e farò in modo di farmi vedere da te, di questo puoi star certo.”

“Ma, Jean!”

“Niente ma. Cazzo, Marco, stavi per morire davanti ai miei occhi! Era ovvio che dovevo fare qualcosa!”

“Poi sei quasi morto tu!”

“Ma non sono morto! Non sei morto neppure tu! E ora possiamo andare a quell’appuntamento!”

Il vampiro lo aveva guardato e Jean aveva sentito le proprie guance andare a fuoco. Un lieve sorriso aveva illuminato il volto di Marco e ora Jean ne era sempre più sicuro. Per quel sorriso avrebbe fatto qualsiasi cosa.





* Uroma - vezzeggiativo di Urgroßmutter, termine tedesco per “bisnonna”  
   
 
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