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Autore: kamy    07/12/2015    1 recensioni
Siamo dopo la Civil War. Tony ha deciso di essere sincero con Steve, totalmente sincero, tanto da svelargli la cosa più simile a un segreto che abbia mai avuto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Cross-over, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ringrazio anche solo chi legge. Scritta sentendo Unconditionally.


Il marito di Stark

Cap.1 Mio marito

Steve sentiva i ticchettii dell'orologio risuonare per tutta la stanza e abbassò il capo. Osservò i fogli sulle proprie gambe e assottigliò gli occhi.
"Quindi, Stark, pensano davvero che siamo gestibili?" chiese. Alzò il capo e guardò Tony in viso, avvertì una fitta al petto vedendo il suo occhio nero.
Tony annuì, si sedette a gambe larghe e passò il dito dentro il nodo della cravatta strattonandolo.
"Sono un ottimo giocatore di poker, Capitano".
Adagiò la schiena contro la sedia, gettò le braccia all'indietro.
"Sono riuscito a far annullare la task force anti inumani con la promessa che in caso diventino un pericolo esagerato ce ne occuperemo noi, e hanno annullato le richieste nei nostri confronti in cambio della sicurezza che resteremo sotto controllo e uniti".
Steve incassò il capo tra le spalle ed arrossì.
"Mi mancava il poter fare le cose insieme" sussurrò. Chiuse il fascicolo con dentro le carte e gliele porse.
"Però potevi anche non venire così tardi a dirmelo, per quanto sia una buona notizia".
Tony scrollò le spalle, afferrò il fascicolo e si alzò.
"Non mi sentivo al sicuro a casa" ammise.
Fece il giro della stanza due volte, sospirò guardandosi intorno, sbatté le palpebre e posò il fascicolo su un mobile; tornò alla sedia.
"Non riesco a dormire. Né a smettere di sentirmi come se avessi sprecato delle vite".
Steve si sporse in avanti e gli mise una mano sulla spalla.
"Tutto quello che hai fatto, era per evitare le vittime".
Tony abbassò il capo socchiudendo gli occhi, quello nero gonfio spiccava sulla pelle.
"Lo so. Ma quello che faccio non basta mai, e comincio ad essere stanco. E' così da...".
Sospirò, sogghignò alzando il capo.
"Beh, da troppo".
Steve assottigliò gli occhi, strofinò le mani sulle ginocchia e deglutì.
"Per la prima volta, avrei voluto non fare la cosa che ritenevo giusta" ammise in un bisbigliò. Strofinò i propri piedi tra loro e curvò la schiena.
"Troppo quanto?" chiese, alzando la voce.
Tony si passò la mano tra i capelli e si sedette; scosse il capo oscillandolo.
"C'era un tempo in cui vivevo in una fredda, bellissima gabbia dorata. Era tutto ricoperto di ghiaccio spesso un pugno, ma scintillante. Sembrava che nonostante il freddo, nonostante il ghiaccio, niente potesse andare storto".
Sospirò, si chinò in avanti e arricciò il labbro.
"Non sono bravo a spiegarlo, ma spero tu lo sia a capirlo".
Steve deglutì ed appoggiò la mano sul letto, accanto a sé.
"Vuoi sederti qui, mentre me lo spieghi?" chiese.
Tony si mise accanto a lui, abbassò il capo intrecciando le mani tra loro e si fissò le dita.
"Hai mai avuto una fiducia incondizionata in qualcuno?".
Steve lo guardò negli occhi, nella penombra vedeva della pagliuzze dorate nelle iridi castane di Tony.
"Sì e faccio di tutto per combattere contro quel qualcuno" ammise.
Tony piegò il capo, lo guardò e accennò un sorriso.
"Io mi sono abbandonato" ammise.
Scosse il capo, si leccò le labbra e sospirò.
"Promettimi che mi dirai cosa capisci, e come. So che sei empatico e che potrebbe uccidermi, ma ho bisogno che sia chiaro. Te lo chiedo come favore".
Steve si morse l'interno della guancia e deglutì rumorosamente.
"Promesso". La sua voce era roca.
Tony annuì, si guardò i piedi e inspirò.
"Anche se non lo mostro, il mio cervello elabora tutto a livello razionale, perfino le emozioni. Per questo, per me, la fiducia è completamente fuori luogo".
Ticchettò le dita delle mani tra loro, ondeggiando sul posto.
"C'era una persona. Mi fidavo di lui completamente. Se mi avesse detto di buttarmi da un palazzo al centro di un vulcano, l'avrei fatto senza pormi domande".
Rise, scosse il capo e roteò gli occhi.
"E Dio, lui lo odiava! Facevo la cosa che più mi veniva difficile al mondo, con lui, eppure lui non faceva che dirmi di no, di non farlo".
Steve gli prese la mano nella propria, la sentì bollente sotto le dita.
"Non voleva che tu perdessi la tua libertà" ribatté.
Tony sospirò, abbassò il capo maggiormente incassandolo tra le spalle robuste.
"Lo so. L'ho capito molto dopo, ma ci sono arrivato. Voleva che io fossi libero, che facessi le mie scelte, che mi arrabbiassi, opponessi, che non mi facessi del male affidandomi completamente a lui".
Sorrise, chiudendo gli occhi umidi.
"Quello che non sembrava aver capito era che io avevo già scelto. Avevo scelto di credergli. Non mi era stato imposto, e non stavo perdendo nulla. Mi ero guardato allo specchio e avevo deciso che volevo fidarmi di lui, perché lui aveva bisogno di me".
Steve gli passò l'indice sul pollice, osservò le venatura della pelle di Stark.
"C'è risentimento nella tua voce. E' successo qualcosa di grave?" chiese.
Tony si nascose il volto tra le mani.
"Questa persona. Sai, ero innamorato in modo totale. Finivo per dargli sempre ragione, per tenere la testa bassa per non litigare".
Scosse il capo, deglutì.
"Quello è stato un brutto momento. Stavo mandando tutto a puttane perché ero troppo piccolo".
Chiuse con forza gli occhi fino a sentirli dolere.
"Uno stupido bambino. Avevo cinque anni quando me lo hanno portato via, e mi ero ripromesso di non mandare di nuovo tutto a puttane, se l'avessi rivisto".
Steve gli lasciò andare la mano e gli strinse la spalla.
"Da bambini è normale essere insicuri" ribatté con voce calda.
Tony mugugnò a denti stretti, annuì e sospirò.
"Quando ci siamo rivisti ho provato a comportarmi diversamente. Non troppo, non sono mai stato bravo in queste cose, ma ho cercato di fargli capire che la mia fiducia era reale e che volevo lo fosse".
Ridacchiò gettando il capo all'indietro, guardò il soffitto.
"Per un po' ho pensato che non volesse più vedermi, o che non potesse funzionare. Non che sia durato molto. Se Alex diceva 'è pericoloso', allora lo era e basta, e io dovevo tenermi alla larga. Ma avrei voluto si fidasse".
Tony scosse il capo, lo abbassò e sorrise con gli occhi arrossati.
"Era malato, Cap. Parecchio. Istinti omicidi, attacchi d'ira e aggressività, tendenze sessuali parecchio deviate, disinteresse per la vita umana. Un socio-psicotico con tutte le caratteristiche del caso".
Steve gli lasciò andare la spalla, gli passò il braccio dietro la schiena e gli strinse l'altra.
"Eppure credo che ci sia stato qualcosa di profondo tra voi".
Tony ridacchiò, gli poggiò il capo sulla spalla e mugugnò.
"La parte in cui io ero completamente perso l'hai rimossa?".
Sorrise, chiuse gli occhi e sospirò.
"Alex ne ha fatte di orribili. Torturava le persone, faceva sperimentazione umana, credo avesse anche ucciso qualcuno. Il punto è che mai, neanche una volta, mi ha toccato senza che io volessi essere toccato; fosse anche per essere tenuto per mano".
Steve gli passò l'altra mano tra i capelli, passando le dita tra le ciocche castane.
"Profonda in un altro senso, Tony".
Tony roteò gli occhi, arricciò il naso.
"Quando arrivai ai quindici anni, iniziò a corteggiarmi. Visto che ero cotto e bruciato, nell'arco di trentadue minuti l'ho praticamente aggredito per un bacio".
Steve ticchettò su un ciuffo di Stark che si alzava verso l'alto e roteò gli occhi.
"E vi siete lasciati?".
Tony alzò lo sguardo, inarcò un sopracciglio.
"Sii onesto. Pensi che sarei sopravvissuto?".
Scosse il capo, accennò un sorriso.
"Siamo stati fidanzati un anno, prima che lo portassero di nuovo via. 'Sta volta ero abbastanza grande per provare a fare qualcosa, ma non ebbi tempo perché mi portarono in Europa. Al mio ritorno, lui era di nuovo fuori ad aspettarmi".
Guardò gli occhi azzurri di Steve.
"Non mi hai creduto, che fosse malato, o non t'importa? O forse credi che io soffra di qualche strana sindrome da ragazzina idiota?".
Steve ridacchiò e chiuse gli occhi, tornando ad accarezzargli i capelli.
"Bucky ha i ricordi di un pluriassassino dell'Hydra. Io difendo un migliore amico così. Pensi non possa capire cosa significa amare un folle?" domandò.
Tony scosse il capo.
"Tu non ami Bucky" disse, sicuro.
Si ticchettò con la lingua sul labbro, sospirò.
"Comunque. Alex non voleva essere il mio ragazzo, men che meno avere rapporti. Spero tu non abbia idea di cosa voglia dire non sentirsi desiderati dall'unico essere vivente che ti fa provare emozioni, Cap".
Steve tirò indietro la mano e corrugò la fronte, concentrandosi sul ticchettio dell'orologio.
Tony sollevò lo sguardo, inarcò un sopracciglio.
"Troppo diretto?" chiese.
"Non potrò mai saperlo, io sento emozioni per qualsiasi cosa Tony" rispose Steve.
Tony gli pizzicò il braccio.
"Scusa. Sto cercando di fare del mio meglio, ma è delicato per me" ammise.
Strinse le labbra, scrollò le spalle.
"Comunque, il punto è che non mi voleva per gli impulsi violenti, omicidi e sadici di cui ti dicevo prima. Ed io lo sapevo, ovviamente. Ho cercato di parlargli da persona adulta".
Ridacchiò scuotendo il capo.
"Gli ho spiegato che volevo fidarmi di lui in maniera sana, 'sta volta. Che volevo credergli, ma anche discutere e litigare e scendere a compromessi. Che se non mi fosse andata bene, o se mi fossi fatto male, l'avrei lasciato all'istante".
Steve gli accarezzò la schiena, tenendo le dita aperte.
"Hai detto che lo hanno portato via. Dove?".
Tony roteò gli occhi sospirando.
"Indovina. Dove porti un malato mentale che ha torturato e uccido centinaia di persone con gusto?".
Steve lo abbracciò ed espirò, Tony sentì il suo fiato gelido sul collo.
"Meno male che non avevate rapporti stretti, rischiavi di essere internato anche tu. Queste sono cose rischiose". Fece notare.
Tony lo scostò, lo guardò e strinse le labbra facendole sbiancare.
"Le prime due volte. Poi, a ventidue anni, l'ho sposato".
Steve si raddrizzò e rabbrividì.
"E Pepper?" domandò con voce tremante.
Tony scosse il capo.
"Non la conoscevo. Lo sa. Non...".
Inspirò, espirò.
"Non considera 'marito' una persona verso la quale sono dipendente, crede che il nostro rapporto, il mio e di Alex, serva alla mia sanità mentale ma che mi danneggi un casino e... insomma, per lei non vale".
Steve si alzò in piedi dal letto e avanzò nella stanza, superò la sedia ed annuì.
"Penso sia un bel gesto da parte sua. Però non mi hai detto come te la sei cavata con il rischio di essere internato anche tu" sussurrò.
Si voltò e lo guardò in viso.
"Dopo che hai chiuso le fabbriche, il rischio era reale" disse.
Tony alzò la testa, lo guardò.
"Alex voleva che io chiedessi il divorzio. Mi mandò un documento. Diceva che avevo sopportato per anni abusi e molestie, testimoniate da alcune ferite. Diceva che avevo assistito a tali e tanti crimini da lui commessi, e che per amore e sottomissione psicologica non ero riuscito a denunciarlo; ma che infine mi ero deciso a lasciarlo anche senza alimenti".
Abbassò il capo, gli occhi lucidi e la voce tremante.
Steve raggiunse nuovamente il letto e gli si sedette accanto.
"E tu non hai firmato, vero?".
Tony si alzò di scatto stringendo i pugni.
"Come potevo firmare?!" urlò.
Steve gli guardò le mani, abbassò lo sguardo ed osservò le proprie.
"Siamo recidivi a firmare entrambi, anche se cose diametralmente opposte" sussurrò.
Tony sospirò, chiuse gli occhi.
"Volevo si fidasse di me. Lo desideravo più di qualsiasi cosa. Quello, e che mi desiderasse".
Sospirò.
"Raccolsi le prove che l'ospedale faceva esperimenti sui pazienti. Quarantotto ore dopo, Alex era a casa; e sembrava arrabbiato nero".
Steve prese le sue mani nelle proprie ed incassò il capo tra le spalle.
"Tony, se aveva paura che ti fidassi incondizionatamente di lui, probabilmente sarà stato felice che tu abbia fatto di testa tua" lo rassicurò.
Tony scosse il capo ripetutamente.
"Era arrabbiato perché mi ero messo a rischio. Mi disse...".
Arrossì, sorrise.
"Mi disse che ero l'unica cosa vera della sua vita, che nel mare della sua follia e allucinazioni, io ero reale".
Deglutì intrecciando le dita, dondolò sul posto.
"Mi disse che avrebbe preferito io fossi suo quando lui sarebbe stato bene. Che voleva funzionasse. Che non dovevo farlo mai più, perché se mi avesse perso sarebbe sopravvissuto; ma sarebbe impazzito davvero".
Steve aumentò la stretta sulle sue mani ed annuì.
"Vi amate Tony" mormorò.
Tony rise, gli occhi umidi e rossi.
"Avrei voluto odiarlo in quel momento, ma tutto quel che riesco a fare è abbracciarlo e chiedergli in ginocchio di tenermi al sicuro la notte".
Si sedette sul letto e sospirò.
"Non dormo perché lui non è qui".
Steve gli lasciò andare le mani ed annuì.
"Andremo a cercarlo, se vuoi",
Tony si stese e guardò il soffitto, sorrise.
"Mi ha chiesto di aspettare. È sparito poco prima della guerra, mi chiama tutti i giorni o manda messaggi, però mi ha chiesto di aspettare per vederci".
Si leccò le labbra e ingoiò.
"Lui sa che sono instabile. Potrei attaccarlo verbalmente, e ne moriremmo entrambi. E se lui dicesse una sola frase sbagliata, mi condurrebbe al suicidio".
Steve lo guardò negli occhi e avvertì una fitta al petto.
"Allora lo aspetteremo... insieme".

  
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