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Autore: Barbara Baumgarten    08/12/2015    1 recensioni
Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato Twilight se a parlare fosse stato Edward. Ecoo che, allora, ho deciso di ripercorrere l'intera vicenda con gli occhi del vampiro.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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La notte: una nera coperta che disvela le paure e mostra le fantasie, creando un ponte invisibile fra i desideri e la realtà. Ma non per un vampiro. La mancanza del sonno, sebbene positiva nella sua praticità, eliminava ogni possibilità di sognare… e per Edward era un’assenza incolmabile. Eppure, guardare Bella dormire gli consentiva di vivere le sue speranze di riflesso, come se stesse guardando il sole attraverso la superficie placida di un lago. Non era molto, ma era qualcosa. Gli occhi della ragazza si muovevano rapidi sotto le morbide palpebre, guidati dalle immagini che la sua mente le mostrava ed Edward sapeva che stava sognando la radura. Più volte, Bella pronunciò il suo nome, quella notte, ed ogni volta fu come se il proprio cuore tornasse a battere, anche se solo per un istante. Sebbene bramasse sapere cosa stesse vedendo dietro il velo del sonno, si sarebbe accontentato di sentire solo il proprio nome, detto dolcemente, in un sussurro. Ecco perché il suo cuore – se davvero esisteva ancora nel petto- vibrò quando lei disse che lo amava. Edward ebbe la chiara sensazione di un battito… sapeva che non era possibile, che il suo cuore era morto in quel lontano 1918, eppure la sensazione che provò nel momento in cui sentì Bella dire “ti amo” fu quanto di più vicino alla vita avesse mai provato. Le accarezzò la testa, sfiorandole i capelli con la punta delle dita, prendendole una ciocca e passandola sul proprio volto. Era quello l’Amore di cui aveva letto e per il quale tanti letterati hanno regalato all’umanità le loro parole? Edward era certo che un amore così capitasse una volta nella vita e non lo avrebbe perso, per nulla al mondo.

Fu con fatica che lasciò la camera di Bella per tornare a casa: doveva cambiarsi. Cosa avrebbero pensato i vicini se lo avessero visto uscire da casa Swan con gli stessi abiti della sera precedente? Era strano come, pur passando gli anni, Edward rimanesse quel ragazzo ben educato nato a Chicago nei primi del Novecento. I suoi modi, le sue attenzioni e le sue preoccupazioni, rispecchiavano quell’educazione di un tempo, di un’altra epoca. Eppure lui si sentiva diverso. Non era più quel ragazzo o, almeno, non lo era più stato per molti anni… anni che lo avevano separato da Bella. Lei era la sua metà, ne era certo, colei che lo avrebbe completato, che lo avrebbe reso un uomo finchè sarebbe stata con lui. L’idea di perderla, un giorno, gli faceva male. Un dolore inspiegabile, che partiva dal petto e s’irradiava in tutto il corpo: un dolore con il quale avrebbe dovuto convivere per il resto dell’eternità.

Giunto a casa, trovò Alice e Jasper che parlavano sul grande patio. Sapeva che non avrebbe potuto evitare le loro domande, eppure l’idea di lasciare Bella da sola lo infastidiva.

“Ciao Ed!”, disse Alice con l’entusiasmo tipico della sua persona.

“Ciao Alice. Jasper…”. Laconico, sperò di poter andare in camera sua e cambiarsi, anche se la possibilità di confrontarsi con la famiglia delle sue sensazioni era una prospettiva invitante. Così, si sedette accanto alla coppia con fare pensieroso, cercando le parole più adatte per dar voce ai suoi dubbi.

“Posso chiedervi una cosa? Forse anche più di una?”

“Certamente, Edward”, rispose Jasper con l’autorevolezza di un soldato.

“Oggi ho… provato strane sensazioni mentre stavo con Bella. È difficile spiegare ma era come se avessi fame di lei”

I due si guardarono interrogativi.

“Avevi sete?” chiese Alice, pensando che il fratello si fosse confuso con i termini.

“No, no. Non era la sete, quella sensazione la conosco bene era più… profonda, viscerale. Come se volessi stringerla a me, accarezzarla… come se volessi il contatto fisico…”. Edward era frustrato all’idea di non riuscire a spiegarsi, ignorando del tutto il fatto che i due avessero ben compreso ciò di cui stava parlando.

Alice e Jasper si scambiarono uno sguardo d’intesa seguito da un sorrisino. Poi, Alice, si alzò e tornò in casa.

“Dove vai?” chiese Edward, incuriosito dalla reazione. La vampira si girò verso di lui, sfoderando un sorriso dolce.

“Credo sia meglio che ne parliate voi due. Fra uomini d’epoca vi capirete meglio” e sparì nella semioscurità del salotto.

Edward non capì subito le sue affermazioni e fu Jasper a rompere il silenzio.

“Edward, ciò di cui parli ha molto senso e non devi trovare altre parole per farmi capire. Vedi, ciò che hai provato e che provi per Bella è il dono più bello che la vita possa darti: l’amore”

“Questo lo so Jasper, ma…”

“Lasciami finire, te ne prego” lo interruppe Jasper ed Edward si zittì. “L’amore non è fatto solo di carezze e attenzioni caste, Edward, ma anche di passione e fisicità. L’amore casto, quello che hai letto sui libri, è l’amore di chi non si è mai innamorato davvero. L’amore non è calmo, ma impetuoso nel suo nascere: è un onda che ti travolge, che ti confonde e che ti inebria in ogni attimo. È desiderio…”

Edward cominciava a capire ciò che Jasper gli stava dicendo e se ne vergognò. Aveva sempre creduto che l’amore fosse qualcosa di puro e sublime, mentre quel giorno aveva assaporato l’altra faccia del sentimento… e gli era piaciuta.

“Quindi, è normale ciò che provo?”

“Normale? Edward, il fatto che tu non l’avessi mai provato non era normale!”. I due risero, divertiti.

“Ti ringrazio, Jasper”, disse Edward mentre si alzava dal gradino per entrare in casa. Ma Jasper lo fermò.

“Edward, non… non lasciare che la tua voglia di lei ti porti ad accontentare la vostra fame. È pericoloso, per un vampiro perdere il controllo”. Edward lo guardò negli occhi, sperando di non aver compreso il senso della sua frase. Potresti ucciderla gli disse mentalmente Jasper, dando così concretezza ai suoi timori.

 

 

Rientrò silenziosamente in camera di Bella, ben prima che lei riaprisse gli occhi e si sedette sulla sedia, accanto al letto. Sentì Charly che ricollegava la batteria del pickup: evidentemente, lo sceriffo credeva di poter impedire a sua figlia una fuga notturna, mettendo ko il veicolo. Sorrise fra sé per l’idea.

Attese qualche ora prima di incrociare nuovamente i caldi occhi di lei. Quando si svegliò, Bella lo vide seduto e gli corse incontro, gettandosi letteralmente fra le sue braccia. Lui ricambiò, cingendola delicatamente e inspirando il suo profumo. Per un istante, ripensò alle parole di Jasper… potresti ucciderla… ricacciò il pensiero indietro, non voleva rovinarsi il buon umore.

“Mi concedi qualche minuto da essere umano?” gli chiese Bella, interrompendo lo stato di beatitudine.

“Ti aspetto qui”, ribattè Edward, sorridendo. Adorava quando Bella gli ricordava l’umanità e si trovò a fare pensieri davvero ridicoli su se stesso. Quand’è stata l’ultima volta che era stato in bagno? Non ricordava nemmeno più cosa fosse lo stimolo di fare pipì. Non che la cosa gli mancasse, ma la vicinanza di Bella gli ricordava cose che aveva sepolto da anni.

La ragazza fu più veloce del previsto e, quando rientrò in camera, Edward la stava aspettando a braccia aperte.

“Hai fame?”, le chiese sentendo le rumorose lamentele del suo stomaco.

“Si”

“Dai scendiamo così fai colazione”.

Insieme fecero le scale ed entrarono in cucina.

“Cosa ti piacerebbe mangiare?”, le domandò e Bella sorrise.

“Faccio da sola”, ribattè la ragazza, aprendo l’anta del mobile. “Ti faccio vedere come caccio”, disse poi, prendendo dei cereali ed una tazza. Edward sorrise, divertito.

“Allora, programma di oggi?”

“Ti porto a conoscere la mia famiglia”. Edward aveva avuto diverse ore per pensarci ed era giunto alla conclusione che sarebbe stata un’ottima idea. Ma non si aspettava che lo sguardo di Bella si oscurasse alla proposta.

“Hai paura?”, le domandò.

“Si, un po’” ammise la ragazza, abbassando lo sguardo.

“Non ti preoccupare, ti proteggerò io”, cercò di tranquillizzarla Edward.

“Non ho paura della tua famiglia… e se non gli piaccio?”

Ecco perché amava quella ragazza: riusciva sempre a sorprenderlo.

“Stai per andare nella casa di una famiglia di vampiri e ti preoccupi di non… piacere?”. Era divertito.

L’espressione di Bella era indecifrabile: sembrava quasi non comprendere l’ironia della situazione. Ad ogni modo, i Cullen già sapevano dell’arrivo di Bella e non solo… Alice l’aveva vista assieme a lui per molto tempo. Edward non avrebbe saputo dire se fosse o meno contento della visione della sorella: se da un lato, infatti, la cosa lo rendeva felice, dall’altro lo riempiva di preoccupazioni. Come avrebbero vissuto assieme? Come avrebbero potuto godersi il tempo a loro concesso dalla vita? Sarebbe stato meraviglioso se Bella avesse potuto convivere con lui per l’eternità, ma ciò non sarebbe mai accaduto. Lui non avrebbe mai permesso che Bella vivesse nel suo incubo personale. Mai.

“E’ buono quello che mangi?”, chiese tornando a guardare nel piatto di Bella.

“Be’, di certo non è un grizzly permaloso…”.

“Comunque”, riprese Edward “poi toccherà a te presentarmi tuo padre”.

“Ma ti conosce già”, disse Bella un po’ sorpresa.

“In quanto tuo ragazzo, intendo”. Non gli piacque l’espressione sul volto di Bella, sembrava infastidita dalla richiesta.

“Non si usa?”, provò ad incalzare, per comprendere se la sua sensazione fosse reale.

“Non è necessario… insomma, non mi aspetto che tu… Cioè non sei costretto a mentire per me”, rispose, imbarazzata. Edward non capiva dove fosse il problema. Nell’epoca dalla quale proveniva, era normale presentarsi ufficialmente alle famiglie, anzi, il non farlo era visto come una vergogna. Di certo i tempi erano cambiati, ma davvero non si spiegava le remore di Bella.

“Non sto fingendo” disse, serio. Bella continuò a sparecchiare la tavola.

“Dirai o no a Charlie che sono il tuo ragazzo?”. Finalmente, Bella incrociò il suo sguardo.

“Lo sei?”. Edward continuava a non capire… forse, la parola “ragazzo” la metteva in soggezione. Forse stava correndo troppo per lei, così decise di rallentare.

“In effetti la parola “ragazzo” è qui intesa in senso lato”. Non appena ebbe terminato la frase, cercò nello sguardo di Bella conferme sul proprio presentimento.

“Avevo l’impressione che fossi qualcosa di più, a dir la verità”, confessò Bella, gettando Edward nello sconforto. Non aveva capito nulla ed era decisamente più confuso che mai.

“Ti vedrò spesso?”, chiese Bella, destandolo dai suoi pensieri.

“Per tutto il tempo che vuoi”. E capì, dandosi dello sciocco da solo! Non era questione di parole, né di definizioni. Bella aveva paura: paura di perderlo, paura che lui se ne andasse, paura che lui si sentisse oppresso da lei. Bella temeva che se si fossero “impegnati”, lui l’avrebbe vista come un dovere o, peggio, come un peso. Sorrise da solo a quei pensieri perché, se solo lei avesse potuto leggergli nella mente, avrebbe visto come Edward avesse già destinato la propria eternità a lei.

“Attento”, disse lei, con gli occhi che le brillavano “perché ti vorrò sempre. Per sempre”. Edward si avvicinò a lei, sfiorandole una guancia con la punta delle dita.

“Quest’idea di mette tristezza?”, domandò Bella, evidentemente turbata dalla sua reazione. Edward non aveva parole per rispondere. Era possibile dare voce ai mille tormenti che quella frase gli aveva procurato? Il “per sempre” aveva un valore, per Edward, un significato inequivocabile: ora era lui ad aver paura. Si stava donando a quella ragazza come mai avrebbe pensato di poter fare, si era aperto, confidato e si era reso… vulnerabile. Ecco perché quella frase gli faceva paura: dopo averla pronunciata, Bella, gli aveva concesso la speranza di poterla amare per tutta la sua vita. Cosa sarebbe accaduto se lei, un giorno, si fosse innamorata di un altro?

   
 
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