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Autore: love137063    09/12/2015    1 recensioni
Prim/Gale Gale!centric.
Prim è morta. E una persona continua a soffrire, a piangere per lei.
Ma cosa è giusto, cosa è sbagliato? Quali sono le regole della pace interiore, quali sono le condizioni? Era forse giustizia l'esplosione che uccise mio padre, tuo padre? Era forse giustizia quella che pose fine alla tua vita? Io non credo.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Primrose Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Because I'm scared
 
Per Giaime
Attenzione! Questa storia è
stata scritta con il sottofondo di
Whish you Were Here,
dei Pink Floyd 

 
Te ne sei andata. E mi hai lasciato solo. Solo, in questo triste distretto, solo a curare il dolore causato dal fuoco che arde dentro di me. Lo stesso che mi ha portato ad inventare quella bomba. Quella maledetta, involuta, dannatissima bomba che ha bruciato un fiore non ancora sbocciato. La stessa bomba che ti ha ucciso.
Ricordare è doloroso, dimenticare è impensabile. Continuo a pensare alle tue labbra leggermente screpolate quando mi baciavano per trovare in me il conforto, l'affetto, anche un solo momento di oblio che la vita crudelmente ti negava. Al tuo viso, ai segni della sofferenza, allo zaffiro nei tuoi occhi da bambina cresciuta troppo in fretta.
Perché in fondo, Prim, amore, cosa ero io, cosa eri tu? Due cuori martoriati e irrimediabilmente spezzati, attratti uno verso l'altro per ricucirsi insieme e per essere una cosa sola in grado di compensarsi, di vivere in pace con sé stessa.
A volte mi guardavo allo specchio e mi spaventavo: chi era il ragazzo nel riflesso? Un giovane uomo così integro, così sicuro nell'espressione e nel movimento, con gli occhi grigio tempesta accesi di odio e vendetta, quando dentro ero solo un ragazzino che soffriva.
Prima avrei voluto dei figli, se fossi nato in un mondo diverso, ma ora che vivo in un nuovo regno so che non li avrò mai. Non perché mi manchi una donna, ma perché mi manca la donna. Forse ora sarei felice, se tu fossi qui con me. Perché nella mia vita c'eri solo tu. Mi dispiace di essermene accorto troppo tardi, troppo occupato a guardare tua sorella con cui non avevo nessuna speranza, fin dall'inizio. E anche dopo, quando l'avevo capito, come un bambino cocciuto che non è contento finché non ha ottenuto il giocattolo che desidera, continuavo a corteggiare Katniss. Ma perché per me non c'era speranza? Perché ognuno nel suo mondo ha la sua anima gemella, la mia eri tu.
Prima che la figlia della mia intelligenza ti facesse esplodere, ti facesse trasformare nella stella che ogni notte, quando mi affaccio dalla finestra della mia abitazione mi fissa con un qualcosa di rimprovero, di nostalgia, di dispiacere. Tutte le stelle prima o poi bruciano, ma tu resterai per sempre lì sopra a guardarmi.
Pensavo che avremmo potuto rimanere insieme per l'eternità, ma solo ora capisco che non potrà essere così? Come potrebbe? Sperarlo per me sarebbe un intollerabile atto di egoismo verso la cosa che più amo. Come, tu, piccola, dolce e indifesa, potresti fare parte dell'inferno e della dannazione a me destinati?
Tu credi nell'inferno? Io sì. E ho iniziato a crederci quando quella bomba ti ha ucciso. Non sono una brava persona, Prim. Una volta lo ero. Poi sono cambiato. Mi hanno cambiato. L'odio, la vendetta, l'annientamento del mio distretto. E mi son lasciato manovrare dalla Coin con la stessa facilità di un burattino.
Ma con te ero riuscito a migliorarmi, e ora, quando non ci sei più, continuo a provarci ogni giorno. Ma cosa è giusto, cosa è sbagliato? Quali sono le regole della pace interiore, quali sono le condizioni? Era forse giustizia l'esplosione che uccise mio padre, tuo padre? Era forse giustizia quella che pose fine alla tua vita? Io non credo.
Ma quindi è giusto continuare a vendicare gli avvenimenti, in un cerchio continuo che non si chiude mai e che resta sempre lì a torturare la mia coscienza? Vorrei che fossi qui.
Tu di sicuro lo sapresti. Sapresti dirmi quello che è legittimo per il nostro essere e per la nostra integrità. Ma c'è un problema. Tu non ci sei più, te ne sei andata. Sei... possibile usare una parola così triste, così brutta, per caratterizzarti?
Tu sei... morta.
Continuo a ripetermelo, e più lo faccio più mi sembra un incubo, più mi dico che mi risveglierò da questo sonno stregato e poi, brutalmente, mi accorgevo che tutto questo era reale. E il dolore torna sempre a trovarmi, a bussare alla mia porta anche nei rari momenti di felicità, a rammentarmi che tu non ci sei più, che è impossibile essere felici.
Come un vecchio, fedele compagno di viaggio che mia accompagna, sfinito, a cercare una meta che non troverò mai.
Fa male pensare a te, alla tua lunga morte, al tuo corpo carbonizzato e bollente dentro la bara di noce chiaro che rivedo ogni notte. Fa male continuare a guardare, ogni giorno, quella lapide bianca, marmorea, troppo fredda per ospitarti. E nel mentre continuare ad essere divorato dalle fiamme dell'odio e del rimorso.
E io continuo a chiederti perché te ne sei andata, perché mi hai lasciato solo, continuando ad attendere una fottuta risposta che non arriverà mai.
Se mi fosse possibile ti odierei. Ma come si può odiare l'amore più grande, l'amore più vero, quello più sincero? Per questo tengo sempre una tua fotografia, ormai rovinata dalle lacrime che l'hanno bagnata, dalle mani addolorate che l'hanno stretta fino a piegarla, dalle labbra che ci si sono posate come se tu ci fossi ancora.
Ma è vero tutto questo, è vera la tua morte? Oppure è un altro dei miei dannatissimi incubi? Sai, ogni notte cerco di sfidare il mio corpo e di non addormentarmi. Ma poi la stanchezza mi costringe.
Ti chiedi perché? Io sì. Non è difficile trovare una risposta, a dire il vero. Perché ho paura. Ho paura di rivedere te, di bruciare nel mio rimorso e poi di alzarmi e scoprire di nuovo che non ci sei più. Ho paura di vederti morire in mille modi, ho paura di sentirti dire che non sei morta e poi di nuovo, sempre, in ogni momento, ritrovarmi a dover ammettere a me stesso la verità.
Perché in fondo non l'ho mai accettata, e non credo che lo farò mai. Forse è come una malattia incurabile, io continuo a prendere medicine che non funzionano ma che mi fanno soffrire di più, fino a che, lentamente e sadicamente, non muoio.
C'è un modo per curarmi? Io non credo. Ma si può sempre ricordare che se sono esistite persone come te forse vivere non è un completo fallimento. E forse è per questo che ora, davanti alla tua bara poso un mazzo di fiori dello stesso colore dei tuoi occhi e accarezzo il tuo nome scolpito nel ferro duro e freddo e sorrido, salutandoti ancora una volta. Perché, anche nella situazione più buia, più difficile, bisogna continuare a lottare. E ora che me lo son detto ho finalmente il coraggio di ricordarmi come mi chiamo. Perché io non smetterò mai di lottare per migliorare me stesso.
Io sono Gale Hawtorne.
   
 
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