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Autore: gattina04    09/12/2015    4 recensioni
Due tempi, due storie: un futuro neanche troppo lontano e un presente.
Cosa accadrebbe se all’improvviso comparisse una bambina convinta di essere la figlia di Emma e Killian? Come reagirebbero i due scoprendo che presto la loro vita cambierà drasticamente?
E se dall’altra parte due genitori fossero alla disperata ricerca della loro piccola scomparsa? Cosa faranno per ritrovarla, come potranno reagire di fronte a quella che sembra una missione impossibile?
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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19. Ritorno al futuro
 
Present day
Quella mattina quando ci alzammo il sole era appena spuntato. Stavamo per trascorrere i nostri ultimi momenti nel passato e presto tutto sarebbe tornato alla normalità. Anche se per me era solo un motivo di gioia, capivo anche che per molti altri quello sarebbe stato un giorno di addio, e lo sarebbe stato più di tutti per Edith. Era pur sempre vero che avrebbe ritrovato le stesse persone una volta a casa, ma ci sarebbe stato qualcosa di diverso. Sette anni erano un tempo piuttosto lungo e avevano inciso in maniera più o meno profonda su tutti noi. Io e Killian forse eravamo le persone che più erano cambiate, ma Edith aveva dimostrato che non occorrevano così tanti anni per maturare. Lei era riuscita ad aprire gli occhi dell’altra me in poche settimane.
Quella mattina non rappresentava solo la fine della nostra avventura, ma era anche l’inizio, anche se non proprio preciso, della più grande avventura che gli altri noi avrebbero dovuto affrontare. Essere genitori, dei bravi genitori, era sicuramente più difficile che affrontare qualsiasi mostro potesse minare la pace di Storybrooke.
Quando scendemmo nel piccolo salotto del loft, nonostante avessimo precisato di voler ridurre gli addii al minimo, trovammo Mary Margaret e David ad aspettarci.
«Non potevamo lasciarvi andar via così», si scusò lei. «Dovevamo salutare la nostra nipotina». Edith corse tra le braccia di sua nonna e la strinse forte.
«Mi mancherete», sussurrò passando ad abbracciare suo nonno.
«Fai la brava mi raccomando», le disse David. «E niente più viaggi nel tempo, almeno per il momento».
«Sì, sono d’accordo», convenne Killian. «Io e tua madre non reggeremmo un’altra avventura del genere».
«Beh adesso riesco a controllarmi meglio e non ho intenzione di andare da nessuna parte».
«Sarà bene», affermai sorridendo.
«Neal sta dormendo», le disse Mary Margaret. «Mi dispiace che tu non possa salutarlo, ma sono sicura che sarai felice di ritrovare, una volta a casa, il Neal quasi tuo coetaneo».
«Non vedo l’ora di raccontargli ciò che è successo e che l’ho anche tenuto in braccio». Edith fece un sospiro sfoderando un sorriso, che mascherava bene la tristezza per quell’addio. «Comunque dagli un bacino da parte mia».
 «Lo farò». L’abbracciò di nuovo e la strinse a sé per l’ultima volta. «Buon viaggio».
Dopo quel primo addio, almeno per quella giornata, ci ritrovammo tutti e tre in strada. Camminavamo mano nella mano, con Edith nel mezzo e Killian carico con tutta la sua roba. Avevamo fissato con gli altri noi all’otto direttamente al pozzo dei desideri; essendo in anticipo ci fermammo per una breve colazione da Granny, dando così l’opportunità anche alla nonna di salutare di nuovo la nostra piccolina.
Quando giungemmo al luogo dell’incontro, Emma ed Hook erano già lì. Lui era appoggiato contro il pozzo, mentre lei continuava a camminare avanti e indietro. Appena ci videro Hook si fece avanti, mentre Emma interruppe il suo moto perpetuo.
«Buongiorno», dissi rivolgendo loro un sorriso comprensivo. Quello era l’addio più straziante che tutti dovevamo affrontare.
«Buongiorno», mi rispose l’altra me, più radiosa di quanto mi sarei aspettata.
«Bene che cosa dobbiamo fare di preciso?», ci chiese l’altro Hook.
Killian mi consultò con lo sguardo per poi iniziare a parlare. «Prima di lanciare la pietra nel pozzo, penso che sia necessario allestire tutto l’occorrente per l’incantesimo. Tesoro perché non ti siedi? Qui ci penso io». Scossi la testa esasperata, ma feci come mi aveva detto. Era inutile insistere, avrei dovuto sopportarlo all’incirca per altri otto mesi.
Andai verso il pozzo e mi appoggiai alla sua struttura di pietra, osservando il profondo buco nero al suo interno. Pochi istanti dopo sentii dei passi seguirmi e, alzando lo sguardo, notai che l’altra Emma mi aveva raggiunto, lasciando i due Hook ad occuparsi di tutto, insieme ad una alquanto curiosa Edith.
«Ci siamo quasi», sospirai quando lei si sistemò esattamente nella mia stessa posizione.
«Già». Fece un respiro profondo e poi tirò fuori qualcosa da sotto la giacca. «Emma, vorrei darti questa».
Mi porse un foglio, una busta in realtà. «Che cosa è?».
«Una lettera. L’ho scritta io, vorrei che tu e Killian la leggeste una volta a casa. Ci sono cose che devi, anzi dovete, sapere». Io dovevo sapere delle cose? Non era lei quella che stava per dimenticare?
«D’accordo. La leggeremo te lo prometto». Misi la lettera nella tasca dei pantaloni e tornai a guardarla.
«Grazie». Mi rivolse un ampio sorriso pieno di riconoscenza.
«Te la caverai alla grande, tranquilla». Le poggiai una mano sulla spalla infondendole la mia sicurezza. «In questa avventura non ci saranno eroi o cattivi, ma credimi sarà l’avventura più bella di tutta la tua vita».
«Lo so». Si voltò verso Edith che stava chiacchierando e curiosando mentre i nostri due Hook lavoravano. «Mi è bastato conoscerla per poche settimane per riuscire a capirlo».
«Ti ho già detto che sei molto diversa dalla me che mi aspettavo di trovare?».
«Mi sa di sì e io ti ho già detto che è solo merito di Edith?».
«Sì e anche se tu non l’avessi fatto, non è poi così difficile capirlo».
«Emma». La voce di Killian fece alzare la testa di entrambe. «Qui abbiamo fatto». Raggiungemmo di nuovo i nostri pirati che erano in piedi davanti al triangolo tracciato con le ceneri della Jolly. Edith lo stava fissando con aria perplessa; conoscevo la sua curiosità e perciò l’avevo pregata di non fare domande in presenza di suo padre sull’origine delle ceneri. Le avrei spiegato tutto con calma, ma non volevo gettare sale su delle ferite per il momento ancora aperte.
«Adesso cosa facciamo?», mi chiese l’altro Hook. Guardai Emma e poi Edith: era arrivato il punto più difficile, almeno per loro. Avevo pensato di mandarli via prima in modo da poter lanciare la pietra e l’incantesimo da soli, ma, osservando lo sguardo degli altri noi e quello di mia figlia, optai per un’altra soluzione.
«Perché non gettate voi la pietra nel pozzo?», domandai loro. «E mentre lo fate noi lanceremo l’incantesimo».
«Davvero?». Emma mi guardò perplessa. «Sei sicura che funzionerà lo stesso se saremo noi a farlo?».
«Ne sono certa». Tirai fuori dalla borsa, che Killian portava a tracolla, la pietra e gliela porsi. Lei la prese capendo che non potevamo più rimandare quel momento inevitabile.
«Bene», intervenne Hook. «Piccola penso che sia proprio arrivato il momento di salutarci». Si accucciò e allargò le braccia per farsi stringere da Edith.
La tirò su dandole un bacio sulla guancia. «Sappi che è stato davvero un grande onore conoscerti, ancor prima che tu fossi potuta  venire al mondo».
«Mi mancherai tanto Killian», sussurrò la mia bambina sull’orlo delle lacrime.
«Ehi principessa». Le posò l’uncino sulla guancia, catturando una lacrima che le era sfuggita. «Niente pianti, stai tornando a casa, con il tuo papà e la tua mamma. Io sono proprio lì alla fine». Indicò Killian che era al mio fianco e che come me assisteva alla scena in disparte.
«Va bene», rispose ricacciando indietro l’enorme groppo che aveva in gola.
«Promettimi che non piangerai e che sarai felice piccola».
«Te lo prometto». Gli diede un bacio sulla guancia affondando il viso sul suo collo. Hook la strinse un’ultima volta e poi la mise giù, lasciando il posto ad Emma per salutarla.
L’altra me si mise in ginocchio, in modo tale da poter essere all’altezza del suo sguardo. «Mia dolce piccola bambina, ci siamo».
«Ci siamo», fu la sola risposta di Edith. Si guardarono negli occhi comunicando silenziosamente, allo stesso modo con cui io comunicavo con lei. Si stavano dicendo molte più cose con quello sguardo di quante avessero potuto dire a parole.
«Grazie di avermi aperto gli occhi», sospirò infine Emma stringendola forte.
Edith si rifugiò nel suo abbraccio, cercando di imprimere nella memoria tutto quello che poteva riguardo a quell’istante.
«Sii felice, piccola mia. Noi cercheremo di esserlo e di dare alla nostra piccola e futura Edith tutto quello di cui ha bisogno».
«Ti voglio bene Emma», sussurrò prima di staccarsi.
«Anch’io te ne voglio». Lessi nel suo sguardo esattamente ciò che provavo io. L’amava più della sua stessa vita, un sentimento che non credevo potesse già possedere.
Edith si rimise in piedi strusciandosi le mani sui pantaloni e cercando di ricacciare indietro tutte le lacrime. Non avrebbe infranto la promessa fatta a Killian ed infatti, tirando fuori un enorme forza di volontà, gli rivolse un dolce sorriso.
«Bene», intervenni. «Cominciamo allora». Tutti annuirono e furono pronti a fare quell’ultimo passo della nostra avventura. Emma ed Hook andarono verso il pozzo, mentre Killian iniziò a distribuire gli oggetti necessari per l’incantesimo. Posizionai Edith in un angolo del triangolo porgendole il suo quaderno, mentre io prendevo le scarpine del mio fagiolino. Killian aveva già in mano l’ultimo pezzo della Jolly ed in spalla tutto ciò che non potevamo lasciare in quel tempo.
Mi posizionai in modo da poter guardare Emma negli occhi e da poter darle il via per buttare la pietra. Raccolsi tutta l’energia per lanciare l’incantesimo che ci avrebbe ricondotto a casa, e ripetei mentalmente le parole per evitare di sbagliare successivamente.
Gli occhi di Emma e di Hook erano fissi su di noi, aspettando di vederci scomparire da un momento all’altro. Intorno a noi c’era assoluto silenzio: l’unico rumore era il lieve soffio del vento che muoveva le foglie degli alberi. Per il resto tutto sembrava tacere.
Feci un profondo respiro e feci cenno ad Emma di procedere. Lanciò la pietra nel pozzo, dove ricadde con un profondo tonfo. Non mi ero aspettata che accadesse qualcosa di immediato, perciò non mi sorprese il fatto che quel gesto non avesse provocato proprio niente, almeno per quel momento.
Richiamando tutta la magia necessaria, pronunciai la formula che ci avrebbe ricondotti nel nostro tempo. «Potestas triangulum quae omnia ut sit». Mentre ripetevo la frase per la terza volta sentii la terra sotto a noi iniziare a svanire, segno evidente che l’incantesimo stava avendo effetto.
L’ultima cosa che riuscii a vedere furono gli occhi di Emma ed Hook fissi su Edith, mentre dal pozzo dei desideri cominciava ad uscire un intenso fumo viola che presto avrebbe avvolto la città, facendole dimenticare la nostra incursione nel tempo.
 
Future time
Quando i miei piedi toccarono terra, faticai a trovare l’equilibrio; per fortuna Hook fu pronto a sorreggermi, mettendomi un braccio intorno alla vita. L’incantesimo mi aveva richiesto un’energia maggiore rispetto alla volta precedente, evidentemente trasportare tre persone a spasso nel tempo era più faticoso di quanto avessi immaginato.
«Tesoro stai bene?», mi domandò Killian sempre sorreggendomi.
«Sì, penso di sì». Mi staccai da lui sperando che le mie ginocchia non cedessero, e per fortuna costatai che a parte l’impatto iniziale il mio corpo stava reagendo piuttosto bene.
«Ha funzionato?». La voce di Edith al mio fianco, mi fece subito voltare la testa verso di lei per verificare, senza alcun dubbio, che anche lei era lì con noi e che stava bene.
Mi guardai intorno per poter rispondere alla domanda di mia figlia. Eravamo esattamente davanti alla porta del loft, nell’ingresso esterno accanto alla rampa di scale.
«Siamo a casa dei tuoi genitori», affermò Killian.
«Beh non ci resta che vedere se siamo arrivati nel tempo giusto oltre che nel luogo». Con mano tremante bussai alla porta e fui colta da un dejà vu: io e Killian che bussavamo alla stessa porta con la speranza di trovare nostra figlia. Questa volta, però, non fu Emma ad aprirci ma mia madre.
«Emma!», esultò vedendoci e buttandomi le braccia al collo.
Quando si accorse della piccola figura al mio fianco, la sua attenzione cambiò subito direzione. «Edith! Oh mio Dio! Sei qui e stai bene». Feci un sospiro di sollievo, constatando che eravamo arrivati senza alcun dubbio a casa.
Mio padre comparve, richiamato dal rumoroso saluto di Mary Margaret, e il sollievo che gli si disegnò sul volto fu un segno evidente di quanto anche loro fossero stati in pensiero per noi.
«Hook! Emma». Mi tuffai ad abbracciarlo prima che anche la sua attenzione fosse distolta dalla sua nipotina. Anche Neal comparve sulla soglia ed esultò nel ritrovare la sua migliore amica.
Nel giro di cinque minuti ci eravamo tutti accomodati in casa. Killian aveva insistito per farmi sedere e mia madre mi stava servendo una cioccolata calda. La scusa che fossi stanca solo per la potenza dell’incantesimo era più che plausibile. Le avrei parlato della gravidanza più tardi: avevamo tempo, non c’era più nessuna fretta. Avrei potuto affrontare l’argomento con tutta la tranquillità e la serenità di cui avevo bisogno
«Henry?», le chiesi. Non mi ero certo dimenticata di lui, e volevo la certezza che tutto fosse andato per il meglio anche su quel fronte.
«Sta bene», mi rassicurò. «È tornato sano e salvo e ci ha detto che stavate andando da Merlino, visto che la stella dei desideri non ha funzionato. Poi, grazie all’insistenza di Regina, dopo averci raccontato più o meno tutto, è ripartito per il college».
«Chiamiamolo!», trillò Edith, comparendo al mio fianco. «Mamma dammi il cellulare».
Sorrisi e tirai fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni. Mi ero quasi dimenticata di averlo avuto sempre con me, sembrava un oggetto così inutile in un contesto pieno di magia e viaggi nel tempo.
Edith lo afferrò subito e si affrettò a digitare il numero di Henry. In meno di un secondo si era già portata il telefono all’orecchio. Sentii la voce di mio figlio rispondere all’altro capo del telefono, in un tono sorpreso, ma anche preoccupato.
«Pronto, mamma?».
«Indovina chi sono?», replicò Edith in tono allegro. Il fatto di poter sentire suo fratello, le aveva sicuramente fatto dimenticare, per il momento, l’addio che si era appena svolto.
«Oh! La mia piccola peste!», urlò così forte che riuscii a distinguerlo senza problemi. «Ho bisogno di vederti, procurati un computer e sentiamoci su skype». Non fece neanche in tempo a dirlo che Edith aveva già chiuso la chiamata ed era corsa da sua nonna per chiederle di usare il pc.
Mi alzai dal divano e andai al tavolo, dove poco dopo arrivò Edith sorreggendo tra le braccia il portatile. La feci sedere sulle mie ginocchia e la lasciai armeggiare con il computer. Sicuramente sapeva già usarlo meglio di suo padre.
Mi guardai attorno e vidi Killian parlare con David, probabilmente gli stava raccontando dei dettagli sul nostro viaggio; mia madre lì ascoltava a poca distanza, mentre Neal si era seduto accanto a noi e osservava Edith armeggiare con quello che di solito era il suo computer.
«Piccola!». La voce di Henry mi fece riportare l’attenzione sullo schermo. Edith era stata velocissima e in quel momento la faccia di Henry ci osservava felice da miglia di distanza.
«Ciao! Sono qui», esultò.
«Lo vedo!».
«Ciao Henry!», mi intromisi salutandolo.
«Ciao mamma. Come stai? Tutto bene?». Dalla sua espressione capii che si riferiva alla mia gravidanza.
«Tutto bene», confermai sorridendo.
Non appena avuta quella risposta, tornò a dedicare tutta la sua attenzione alla sorella. «Sei cresciuta o mi sbaglio?».
«No, però sta iniziando a dondolarmi un dentino. È il primo».
«Davvero?», chiedemmo emozionati sia io che Henry. Edith annuii e io fui ancora più felice nello scoprire che durante la nostra ricerca non ci eravamo persi nulla, neppure la caduta del suo primo dentino.
«Allora stai diventando davvero una bimba grande, visto che stai già perdendo i denti da latte».
«Io sono già grande, ormai vado a scuola», protestò. «Ci sono andata anche nell’altro tempo, sai?».
«Lo credo bene. Sei troppo piccola per saltare la scuola solo con la scusa di strani viaggi nel tempo».
«Io non sono piccola», ribatté. «E poi tra poco non sarò più la più piccola! Lo sai Henry che avremo un fratellino o una sorellina?». A quelle ultime parole tutte le chiacchiere nella stanza si bloccarono e sentii gli occhi dei miei genitori fissi su di me.
Henry capì ciò che Edith aveva appena fatto. «Io sì, ma credo proprio che i nonni non lo sapessero».
«Sorpresa», dissi voltandomi a guardarli.
«Oh tesoro!». Mia madre mi raggiunse e mi abbracciò. «È meraviglioso». Sentii mio padre congratularsi con Killian e presto quella gaffe fu superata. Almeno non avrei dovuto preoccuparmi di trovare il momento giusto per parlarne con loro.
Guardai Hook e notai che ogni tanto mi lanciava qualche occhiata per assicurarsi che stessi bene. Gli sorrisi facendogli capire come in quel momento non ci fosse proprio nulla che non andava. Era tutto perfetto, tutto era tornato alla normalità. Visto che noi eravamo sani e salvi e che tutto era al suo posto, la pietra della memoria doveva aver avuto effetto. Emma e Hook non si sarebbero mai ricordati di noi.
Solo in quel momento rammentai la lettera che Emma mi aveva dato poco prima. Voleva che io e Killian la leggessimo. Percepii il lieve peso della carta nella tasca dei miei pantaloni e l’urgenza di scoprire cosa ci fosse scritto crebbe in me in maniera esponenziale.
«Killian tesoro, perché non andiamo a prendere del gelato per festeggiare?», proposi fissandolo negli occhi e facendogli capire che c’era ben altro sotto la scusa del gelato.
«Beh possiamo andare a prenderlo tutti insieme», propose mio padre.
«No, non ti preoccupare David», intervenne Killian, facendosi avanti verso di me. «Edith sta ancora parlando con Henry, ci farà bene fare due passi per sgranchirci le gambe. A proposito ciao ragazzo». Si abbassò per essere inquadrato dalla web-cam del computer.
«Ciao Hook!», rispose Henry che aveva continuato per tutto il tempo a parlare con Edith e Neal.
«Bene allora andiamo. Ciao tesoro ci sentiamo d’accordo?». Salutai mio figlio e feci sedere Edith al mio posto, spostandola dalle mie ginocchia. Mio padre non insistette più, forse intuendo che ci fosse qualcosa sotto e due minuti dopo ci ritrovammo per strada diretti verso la gelateria. Nonostante fossi abbastanza stanca e provata dall’incantesimo, la curiosità di voler leggere la lettera aveva preso il sopravvento.
«Perché sei voluta uscire?», mi domandò Killian abbracciandomi e sorreggendomi mentre passeggiavamo.
«Emma mi ha dato una lettera prima di partire. Voleva che noi due la leggessimo una volta tornati a casa». Non ci fu bisogno di aggiungere altro; mi guidò subito verso una panchina e mi fece sedere, pronto per ascoltare quello che l’altra me aveva da dirci.
Tirai fuori la lettera, che si era un po’ stropicciata a stare nei miei pantaloni, e l’aprii. Erano due pagine scritte fitte con la mia calligrafia disordinata. Era davvero strano vedere la mia grafia e non sapere minimamente cosa ci fosse scritto.
La misi tra di noi, in modo che sia io che Hook potessimo leggerla.
Ciao Emma,
È un po’ strano scrivere una lettera a me stessa, ma è giusto che almeno tu sappia. Stanotte sono successe tante cose e, visto che io dovrò dimenticarle, almeno tu potrai saperle.
Hai mai pensato che sette anni fa tu e Killian potevate essere noi? Cioè, forse anche voi siete stati costretti a dimenticare esattamente come noi lo siamo adesso. Hai mai pensato che la storia possa ripetersi sempre uguale e che magari un giorno saremo noi quei genitori che cercheranno in lungo e in largo la loro adorata bambina?
Bene, anche se non l’hai fatto, io ci ho pensato e credo davvero che sia e sarà così.
Tu mi hai detto che non ricordi quando Edith sia stata concepita, e che il non averla voluta fin dall’inizio è sempre stato il tuo più grande rimpianto. Puoi tirare un sospiro di sollievo perché non è così. Stanotte io e Killian abbiamo fatto l’amore e non è stato come tutte le altre volte. Non è stato solo un atto dettato dal sentimento, era qualcosa di più: noi abbiamo fatto l’amore con l’intento di creare quello che tu hai già. Volevamo concepire Edith e costruire quella famiglia che tu e Killian avete e che ho invidiato fin da quando siete arrivati.
Non so se saremo davvero riusciti nel nostro intento, ma spero davvero che sia così. Comunque stiano i fatti, ciò che importa è un’altra cosa: vogliamo Edith e, anche se non potremo mai ricordarcelo, devi sapere che l’abbiamo desiderata con tutto il cuore.
Quindi se noi siamo voi, vuol dire che voi l’avete voluta fin dall’inizio. Se ho ragione, vuol dire che tu e Hook siete stati costretti a dimenticare e per questo avete sempre pensato ad Edith come un errore capitato per caso. Beh non è così, non è mai stato così e non lo sarà mai.
Mi sembrava giusto dirtelo in modo tale che un giorno forse anche io potrò sapere ciò che tu stai leggendo adesso. Forse questo è l’unico modo che abbiamo per non dimenticare per sempre.
Domattina ti consegnerò questa lettera e ti dirò di aprirla insieme a Killian e spero davvero che leggendo queste righe, anche se forse un po’ sconclusionate, voi possiate mettere fine a qualsiasi dubbio sulla nascita di Edith. Lei è il frutto del vero amore al quadrato e non può essere stata concepita per errore. Anche se noi non ricorderemo non vorrà dire che i nostri cuori non l’abbiano desiderata, anzi sarà proprio il contrario.
Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità, anche se temporanea, di poter vedere quello che io e Killian riusciremo a costruire. So che saremo felici e quindi spero che anche tu e il tuo Hook possiate esserlo perché questo vorrà dire che lo continueremo ad essere anche noi.
È stato bello conoscere quella che diventerò: sei esattamente ciò che ho sempre sperato di diventare.
Buona vita.
Emma
Dovetti rileggere le ultime righe perché avevo gli occhi appannati dal pianto. La mia mano iniziò a tremare e Killian la fermò posandovi sopra la sua.
Quel profondo rimpianto, che avevo sempre sepolto nel mio cuore, si dissolse come neve al sole. Io avevo amato Edith fin dall’inizio e tutto ciò che avevo provato dalla scoperta della gravidanza, tutte le possibili e anche orribili ipotesi che la mia mente aveva architettato non erano altro che idee falsate. Il fatto che non ricordassi, che non potessi rammentare quel cambiamento interiore, che in me era già era avvenuto una volta, era la spiegazione di tutto.
Ero certa che la sua ipotesi fosse corretta e questo significava che la nascita di Edith non era stata un semplice caso, ma un atto programmato. Fui soprafatta dal sollievo e, forse anche per via degli ormoni, le mie lacrime cominciarono a scendere giù sempre più veloci.
«Oh tesoro». Killian mi strinse forte tra le sue braccia, facendomi appoggiare la testa sulla sua spalla. Sfiorai il naso contro il suo collo e mi rifugiai sul suo petto, attaccandomi alla mia roccia.
«Lo sai cosa significa tutto questo?», sussurrai asciugandomi gli occhi.
«Certo che lo so». Mi accarezzò la testa con la mano, passandomi le dita tra i capelli.
«Vuol dire che la nostra famiglia, ciò che abbiamo oggi, non è stato creato per puro errore». Alzai la testa per poter incrociare il suo sguardo. «Non ho avuto più paura del nostro futuro e ho fatto il passo necessario per poter avere la nostra felicità. Sono stata io, cioè noi, a volerlo; siamo passati dalle parole ai fatti».
«Dì la verità piccola, hai sempre temuto di non esserne capace vero?». Annuii e lui mi asciugò le ultime lacrime con il pollice.
«Beh a quanto pare non è stato così. Ho sempre saputo che prima o poi anche tu avresti avuto fiducia in noi e nel nostro futuro». Lo baciai dolcemente, sorridendo con gli occhi rossi. Si trattava molto più che di semplice fiducia; ero diventata io l’artefice del mio destino e non dovevo più pensare che quello che avevo ottenuto fosse invece stato opera del fato.


Angolo dell'autrice:
Bene! Eccomi di nuovo qui! Sono abbastanza devastata dopo questo finale di metà stagione, ma nonostante la mia disperazione sono riuscita a finire il capitolo e a pubblicarlo.
Adesso tutto è tornato al suo posto, o meglio al suo tempo, e non mi resta che scrivere l'epilogo. :'(
Ringrazio chi è arrivato fino a questo punto e che ha letto e ha recensito la mai storia.
Un abbraccione e al prossimo e ultimo capitolo.
Sara
  
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