Come polvere di gesso nel
vento.
La prima stanza in cui si ferma è la sua camera da letto.
Il TARDIS non sa, il TARDIS ancora non capisce.
Clara raccoglie le sue cose, le chiude negli scatoloni e
li porta via; ogni cosa che toglie è come un colpo si spugna su una lavagna
cosparsa di scritte. La polvere vola via, con la lavagna che si pulisce
velocemente e torna nera. Clara porta via tutto, ma quando prova a tornare
nella sua stanza si accorge che la ricerca diventa lunga e sempre più
complessa.
E si distrae raccogliendo gli altri pezzi di se sparsi all’
interno della nave e nella vita del Dottore.
Clara raccoglie un asciugamani lasciato in disordine
sulla sdraio in piscina. Le iniziali C.O. ricamate nell' angolo le ricordano
che è il suo, dimenticato lì nel momento in cui il Dottore l’aveva chiamata per
avvertirla che aveva riparato il guasto e l’avventura poteva ricominciare. Sul
tavolino accanto c’è il suo iPod ed una bozza dei voti di fine semestre.
Clara raccoglie tutto e li porta via con se.
Nella biblioteca c’è un camino con un divano. Quante volte,
Clara ricorda, si é seduta lì a divorare libri su libri, col tempo che veloce
passava pur restando fermo. Quante volte il Dottore l’aveva raggiunta,
sedendosi accanto a lei con le mani giunte in grembo ed i pollici che, irrequieti,
si stuzzicavano tra loro. Clara sorrideva ogni volta, osservando l’impazienza
di un bambino e lo sguardo di un avventuriero che non riusciva a stare fermo
troppo a lungo. E lei chiudeva il libro e lo abbracciava sussurrando un
semplice: “Va bene. Andiamo!”
Su quel divano ora ci sono un libro, una coperta ed un
pullover grigio chiaro. Clara li raccoglie, nascondendoli in quello scatolone
che di stanza in stanza, corridoio in corridoio, continua a trascinarsi dietro.
Nel guardaroba Clara ha molti vestiti e molti ricordi.
Forse tutti gli scatoli che si è portata dietro non bastano a contenerli tutti,
ma poi si chiede se può lasciarli lì. Il Dottore non ricorda nulla di lei, la
sua voce, il suo viso, forse non ricorda neanche il vestito che indossava sull’Oriente
Express o quello che indossava quando si sono conosciuti… Clara sfiora con le
dita quello rosso indossato a Sherwood, con una lacrima che scende dal viso
mentre lo lascia lì, sul fondo di un guardaroba così immenso ed infinito e
pieno di vestiti indossati da chissà quanti Dottori e chissà quanti compagni. Decide di lasciarli
lì, perché in fondo, quei vestiti, non sono mai appartenuti davvero a lei, perché
in fondo su di essi il suo profumo non è nemmeno rimasto impresso.
Clara raggiunge il planetario. Perché nel TARDIS il
Dottore ha anche un planetario.
La Ragazza Impossibile sorride all’idea che, un uomo che
viaggia tra le stelle e le vede tutte da vicino, a volte preferisca restare a
guardarle da lontano. Piccoli punti luminosi che le indicava ogni volta,
piccoli punti luminosi che brillavano in un cielo scuro e disegnavano figure,
curve e linee che il Dottore sempre le indicava e le raccontava, ma che lei non
riusciva mai a vedere.
Al centro della stanza vi è una mappa stellare su un
tavolo rotondo ed immenso, e ci sono alcuni disegni; quelli belli e perfetti
del Dottore che tracciano rotte e rappresentano costellazioni e galassie
sconosciute ma bellissime e colorate, e poi ci sono i disegni infantili ed orrendi
che faceva lei, quei disegni che rappresentano un cielo stellato ed una cabina
blu inclinata a mezz’aria, la porta aperta e due figure incorporee che si
intravedono in un fascio di luce. E Clara raccoglie e porta via anche quelli…
E poi c’è la stanza in cui il Dottore ha catalogato ogni
file che riguarda Ashildr… Clara non sa se sia il caso di pulire anche quella,
non sa quanto di lei possa esserci in quell’immenso archivio pieno di
informazioni secolari, ma trova la sua sciarpa nera lasciata in disordine su un
tavolino. Non ricorda di averla mai portata in quella stanza, ma quando la accosta
al naso si accorge che il suo profumo è quasi completamente coperto da quello
del Dottore. Si lascia scappare un sorriso, avvolgendola attorno al collo prima
di uscire da lì.
Clara si ricorda di una stanza con dei dipinti, delle opere
d’arte che il Dottore non ha mai voluto vedesse ma che lei ha visto comunque. Ricorda
che c’è un suo quadro, il tocco di quelle linee e quei colori, ma soprattutto il
soggetto dipinto, le ha sempre detto che fosse stato il Dottore a farlo; ma quella stanza lei ancora non la
trova.
E poi è strano. Clara ricorda che quel corridoio lo ha
già attraversato, che quella camera l’ha già vista e setacciata cinque minuti
prima. Increspa le sopracciglia sospettosa, alzando lo sguardo al soffitto per
sospirare frustrata quando si ritrova di fronte alla porta che conduce alla console
di navigazione.
Le sue cose raccolte in scatoloni ordinati sono ancora
lì, ma Clara sa che c’é di più di lei nelle infinite stanze e negli infiniti
corridoi di Sexy, che qualcosa ancora nella sua stessa stanza.
Si avvicina alla console, posando lo scatolone con le sue
cose sul pavimento. Poggia la mano sui comandi, in una carezza gentile che
prosegue mentre la aggira. Il ronzio del TARDIS parte all’ istante, un ronzio che
sembra quasi un pianto.
“Stai nascondendo di nuovo la mia camera da letto.”
Il lamento riprende triste, come il pianto di un bambino.
Le aveva spostato la sua camera nell’ esatto momento in cui Clara vi era
entrata ed aveva raccolto il suo primo oggetto personale per posarlo in uno
scatolone. E l’aveva nascosta di nuovo quando ne era uscita.
Era stato difficile il loro rapporto, diffidente all’ inizio,
bisognoso alla fine esattamente come quello avuto con il suo Dottore, il loro
Dottore.
“Sexy.... Sai che non deve ricordarmi.”
Clara preme alcuni bottoni ed il TARDIS protesta.
“Anche tu devi dimenticarmi.”
Ci sono alcune gocce d’acqua che improvvisamente cadono
sui comandi. Clara piange, come il TARDIS ronza e si oppone. La console si
disattiva, lotta, si dibatte.
“Posso bypassare le tue difese, Sexy... l’ho visto fare
al Dottore, posso provare...”
Il TARDIS ronza più forte. Gli occhi di Clara diventano
ciechi e gonfi di lacrime.
“Non fargliela mai trovare.... la mia camera....
nascondila bene, non farlo entrare. E ti prego: prenditi cura di lui. Sarà il
Dottore com’era all’inizio di questa rigenerazione. Sarà confuso, sarà solo.
Sarà il Dottore di questa rigenerazione senza sapere perché lo é diventato....
quindi, Sexy... prenditi cura di lui anche per me, perché io non potrò più
farlo.”
Il tempo scorre e Clara non se ne rende conto. Si ritrova
abbracciata alla console e gli occhi gonfi e chiusi da lacrime secche. Porta
via gli scatoloni e tutte le sue cose sull’altro TARDIS, tornando solo per
avvicinarsi alla lavagna del Dottore. Vi appende accanto la sua giacca porpora
per raccogliere infine un gessetto bianco. E scrive l’ultimo messaggio della
Ragazza Impossibile per il suo Dottore:
Run you Clever Boy and be a Doctor.
Le lacrime scendono incontrollabili, mentre lascia Sexy e,
con mille colpi di spugna, porta via ogni traccia di se.
Le luci si spengono, le porte della cabina blu si chiudono.
Il riavvio é già impostato.
Quando Clara entra nel suo TARDIS trova Ashildr che cerca
di leggere il manuale d’istruzione.
La ragazzina millenaria la guarda triste dicendo:
“Sei sicura, Clara? So di aver detto che i ricordi
diventano storie quando vengono dimenticati, ma... i miei ricordi li ho scritti
su carta. E’ così che sono diventati storie, anche se non ne ho memoria.”
“Va bene così.”
Ed é la prima bugia. La prima di chissà quante.
“Ed il suo TARDIS?”
“Sexy ed il Dottore sono collegati telepaticamente,
quando lui entrerà la nave si riavvierà e si resetterà. Mi dimenticherà anche
lei. É la cosa giusta da fare.”
“E tu Clara?”
“Sono un’eroinomane i via di disintossicazione… ma questo
devo farlo.”
Ed il silenzio che si insinua tra loro è gelido e
pesante. Fa male al cuore, ma il cuore di Clara non batte, perchè allora fa
così male?
Ashildr torna a concentrarsi sul manuale, cambiando
discorso:
“Va bene. Da quello che sono riuscita a capire, e devo
ammettere che non é molto, credo di aver impostato il circuito camaleonte su un
diner e.... lui sta arrivando.”
“Ok, tutto sotto controllo.... Si entra in scena! Un’
ultima volta. L’ultima volta del Dottore e Clara.”
Stop alle lacrime, schiarisciti la gola. Un respiro profondo. Per lungo tempo il Dottore ha amato Clara ed i suoi Echo. Un amore di quattro miliardi e mezzo di anni che sembrano però un secondo di eternità. Ed il tempo e lo spazio tra due battiti é l'amore di Clara per il Dottore, un secondo fugace che equivale all’eternità. Un’eternità senza Dottore, finchè l’astinenza non diventa insopportabile e la metà da raggiungere - Gallifrey e la morte - diventa una prospettiva alquanto allettante.
Ora Clara stessa é diventata un’Echo, un vuoto
incolmabile che ti lascia l’amaro in bocca.
Clara diventa un insieme scomposto di frammenti di
qualcosa di impossibile da definire, stracci di carta colorata come la vernice
di un’immagine di fiori e di un viso sconosciuto che si scrostano dalla porta
di una cabina blu. Clara è come polvere di gesso su una lavagna: un colpo di
spugna a cancellarla ed un soffio di vento che la porta via in milioni di
granelli invisibili.
Sospesa nello spazio, sospesa nel tempo, trasportata
lontano ma con una destinazione già conosciuta. Ci sarebbe arrivata, ma
seguendo la strada più lunga. Ovviamente.
NOTA:
Orbene, consideriamo questa storia un po’ un delirio post
traumatico da stress.
Odio Moffat! T.T Preferivo Clara morta con il Dottore
triste che la ricordava piuttosto che Clara in semivita con il Dottore che l’ha
dimenticata… in tutto il DW si è sempre parlato dll’importanza che i compagni
hanno per il Dottore e Moffat ha calpestato l’importanza che essi hanno nella vita del Dottore, lui non può
dimenticare nessuno dei suoi compagni, nessuno di loro perché lo rendono l’uomo
che è. T.T Ma soprattutto, SOPRATTUTTO, il Dottore non può dimenticare
la SUA Clara…. Twelve era diventato Twelve perché il percorso che ha fatto lo
ha fatto con lei, lei lo ha aiutato ad essere il Dottore. T.T E Twelve era il
Dottore di Clara Mi ci vorranno millenni per digerire la cosa e farmi passare l’incazzatura
xD