< Michi.. vattene. Torna a letto, ti prego. Va tutto bene. >
Ma lui non può andarsene.
Non ci riesce neanche, in realtà, perché i suoi piedi sono incatenati al pavimento, e non è in grado nemmeno di compiere il più semplice movimento.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Non è sconvolto da ciò che sta sentendo: ode la madre piangere tutte le notti, ormai, e le sue grida di paura si mescolano a quelle di dolore, quando quella bestia che si è scelta come marito – e che sfortunatamente è suo padre – è troppo ubriaco per ragionare, e la picchia per sfogare la rabbia di un giorno difficile. Il piccolo, con i suoi cinque anni appena compiuti e le sue braccine sottili, ha sempre cercato di proteggere la donna che più ama al mondo, ma tutto ciò che ha ottenuto è di ricevere a sua volta calci e percosse, che una volta, tempo prima, lo hanno addirittura fatto svenire. Quando quella volta si è svegliato, intontito e dolorante, c’era sua mamma, accanto a lui. Gli teneva la manina livida tra le sue, ancora più spaccate, e piangeva, ed era un pianto diverso, quello, più acuto ed agonizzante. Gli ha fatto promettere che non sarebbe più intervenuto, perché quelle sono questioni da grandi, e lui è troppo piccolo per capire, e lei sa come badare a se stessa. Ora il bambino è lì, nel letto, sotto le coperte. La porta della stanza è chiusa, ed ha le mani premute con forza sulle orecchie, ma le grida e i singhiozzi della madre gli penetrano nel cervello, facendolo tremare. Non può, non riesce a starsene lì senza fare nulla. Deve accorrere in suo aiuto, anche se significa infrangere la promessa che le aveva fatto. Con le lacrime agli occhi e la rabbia che gli fa digrignare i denti e stringere i pugni, il bimbo scende dal letto, ed apre la porta. La scena è la stessa dell’altra volta: la madre è a terra, ricoperta di lividi. Il padre è in piedi, torreggiante su di lei, esattamente come allora. Ma egli ha un coltello, adesso, in mano. Lucido ed affilato. < Michi.. vattene. Torna a letto, ti prego. Va tutto bene. > Ma lui non può andarsene. Non ci riesce neanche, in realtà, perché i suoi piedi sono incatenati al pavimento, e non è in grado nemmeno di compiere il più semplice movimento. Non riesce a chiudere gli occhi, quando il padre si avvicina alla mamma, con il coltello minacciosamente sollevato. Vorrebbe chiudere gli occhi, Michi, ma non ci riesce. Non è in grado di fare nulla. Solo vedere l’arma che penetra nel costato della donna, che geme e si accascia al suolo. < Pietà! > È l’ultima cosa che il bambino sente. L’ultima parola di sua madre.
18 anni dopo
< Non ho mai visto nulla di più bello in vita mia >, mormorò Cesare Borgia, ammirando stupito la scultura appena terminata che si stagliava in tutto il suo splendore di fronte a lui. < Il volto di Cristo, così sereno, nonostante il dolore e l’ombra della morte. E la Vergine, la freschezza della gioventù. >
Lo scultore sorrise ancora di più, a quell’ultima frase.
< Ho ritratto la bellezza eterna, incorruttibile alle barbarie del tempo. Ho perso mia madre a cinque anni, ed è così che la rammento >, spiegò, con voce appena un po’ soffocata.
< Avete dato un nome a tale meraviglia? >, chiese Cesare, che non riusciva a staccare gli occhi da quel capolavoro di marmo.
L’artista sorrise, accarezzando delicatamente la sua opera.
< Sì >, mormorò semplicemente.
< E come l’avete chiamata? >, chiese ancora il giovane Duca del Valentino, curioso.
Michelangelo si voltò, per non fare vedere a Borgia le lacrime che avevano preso il posto del sorriso sul suo volto.
< La Pietà. >