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Autore: virgily    15/12/2015    6 recensioni
[Dal cap. 1 - Fatale Monstrum]
-Tu… Non esisti…-
Silenzio. E i suoi occhi, in quei lunghissimi secondi che trascorsero a rallentatore, non si staccarono mai dai miei, scrutandomi con curiosità. Una risata acuta e inquietante scoppiò nuovamente sulla sua bocca. Con estrema facilità si portò una mano alla giacca, continuando a ridere, puntandomi una pistola contro. Non pensai, non c’era più tempo per farlo. Mi gettai a terra non appena fece fuoco, serrando le palpebre più forte che potevo. Un boato, lo sgretolarsi di polveri sottili. Mi voltai appena, osservando con occhi sgranati il maestoso buco che attraversò la parete che si trovava alla mi spalle. Se mi avesse colpita, come minimo, sarebbe riuscito a farmi esplodere la testa, lasciando schizzi cremisi e materia grigia ovunque. Cercai di riprendere fiato, di tenere i nervi saldi sebbene sentissi i suoi occhi pesare su di me come un’incudine. Sollevai lo sguardo, ora era in piedi, e torreggiava su di me esponendo quel magnifico ghigno che riusciva ad incutermi una paura più profonda e malata del semplice terrore. [...]
-Allora, sono abbastanza reale per te, adesso?-
Genere: Dark, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joker aka Jack Napier, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Nota dell'autrice: L'intero capitolo, a differenza dei precedenti, narra una serie di eventi sotto il punto di vista di Joker, e poiché non si tratta di un mio personaggio ho preferito optare per una narrazione in terza persona nel rispetto del personaggio. Spero vi piaccia. Buona lettura. -V-

Cap. 10 –Bury all your secrets in my skin


-Aiuto! Per favore qualcuno mi aiuti! - una voce femminile gridava con tutta la sua forza, e il clown era riuscito a sentirla perfino sotto il rumore degli spari. Non poteva esserne certo, ma in fondo al cuore il Joker sperò che quel richiamo d’aiuto fosse della sua bella bambolina. Se così non fosse stato, nessuno avrebbe poi potuto immaginare come avrebbe dato sfogo alla sua ira funesta. Quella voce proveniva da una piccola cella in fondo al corridoio di quel nascondiglio sotterraneo, dove solitamente i Baker lasciavano marcire le loro vittime prima di torturarle e ucciderle. Con ampie falcate allora l’uomo si diresse contro la piccola porticina metallica, sorpassando con leggiadra nonchalance i corpi delle guardie alle quali aveva appena tolto la vita. Sparò contro la serratura, e con un calcio ben assestato si fece un varco all’interno della putrida e umida cella. Non vi erano né luci, né finestre; soltanto una fittissima penombra che avrebbe fatto rabbrividire chiunque, e non volle immaginare la reazione di Virgily nel rendersi conto di essere diventata il capro espiatorio di un suo vile capriccio. Il pavimento era sporco di polvere e sangue, e fu proprio grazie a quelle piccole goccioline purpuree che il clown riuscì a trovare la giovane accovacciata al suolo. Tremava come una foglia, rannicchiata in sé stessa con gli occhi sgranati per la paura. Ma quelli non erano gli occhi verdi della sua bramata bambolina, e il fatto che in quella stanza non ci fosse nessun’altro a parte quell’insulsa ragazzina subito lo portò a pensare al peggio, facendogli patire una violenta scossa elettrica lungo l’intera colonna vertebrale. Lei intanto lo fissava con terrore e angoscia, e capendo che probabilmente non sarebbe stata in grado di camminare, Joker si cucciò al suo fianco, incurante dei docili squittii della poveretta:
-Dov'è lei? - e alla sua domanda non ci fu alcuna risposta. La giovane donna era impietrita, incapace di muovere alcun muscolo perché paralizzata dalla paura. Ai suoi occhi quel clown maledetto era l’incarnazione del male; follia pura, e questo aveva di nuovo fatto la sua apparizione, provocandole inevitabilmente una ingestibile tachicardia. Spazientito, l’uomo si passò la punta della lingua sulle labbra scarlatte, lasciando roteare gli occhi contro il soffitto in una stremata esasperazione; quella ragazzina gli stava facendo perdere fin troppo tempo.
-Ho detto: dov’è lei? Dove hanno portato Virgily? - e udito quel nome, gli occhi di Laura subito si lucidarono di lacrime amare. Ricordare con quale coraggio la sua migliore amica si era volontariamente fatta trascinare via le procurava un forte dolore al petto. Laura in quel momento, abbassando violentemente lo sguardo, provò vergogna e impotenza. Non capiva cosa le fosse successo, non si capacitava del motivo per cui adesso quel pazzo omicida le stava chiedendo proprio di lei. Aveva soltanto tanta paura, e pregò nuovamente che questo fosse soltanto un brutto sogno. Ma il rimorso fu ben più doloroso della paura:  
-D-Dovevo esserci io lì…- sussurrò poi, piano piano, ricominciando a tremare violentemente –D-Dovevano portare via me. M-Ma lei ha voluto prendere il mio posto…- lacrime incolore avevano cominciato a colarle lungo le gote sporche e arrossate, e singhiozzi violenti le avevano storpiato le labbra. Alla sua descrizione dei fatti, il Joker provò un fortissimo nodo allo stomaco. Non poteva crederci. Non voleva:
-Fammi capire bene- la sua voce era diventata roca e seriosa, e i suoi occhi neri come la pece avevano appena cominciato a bruciare. Con uno scatto improvviso, la mano guantata del clown afferrò il fragile collo della donna con assoluta fermezza, togliendole il fiato di bocca:
-Tu hai lasciato che portassero via la mia Virgily?- Laura fece quasi per urlare ma ogni suo tentativo fu vano: quella mano fissa contro la sua gola a malapena le permetteva di respirare, e il suo cuore aveva cominciato a galopparle frenetico nel petto, facendole girare la testa.
-Sai, pensavo che dopo avervi salvate non ci sarebbero stati più problemi per la mia bambolina. E invece tu hai rovinato tutto…- sussurrò a denti stretti, quasi stesse cercando di trattenere quel suo primordiale e istintivo impulso di strangolarla seduta stante tra le sue mani. Allora accorciò ulteriormente le distanze tra il suo volto deforme e quello sconvolto della giovane, inumidendosi nuovamente le labbra:
-Spero che tu sappia che è soltanto colpa tua se vi hanno rapite. Ma soprattutto, che è a causa tua se adesso stanno torturando la mia bambolina- il folle clown fece una pausa, prendendo un respiro profondo, quasi cercasse di non pensare all’inevitabile. Mettersi nei panni di una vittima era difficile, soprattutto per lui che ne mieteva quotidianamente. Ma pensare a quello che stava provando Virgily… quello era la madre di ogni tormento; la “giusta” punizione per le sue disdicevoli azioni.
-… Sai questo che cosa significa?- Joker sollevò lentamente il sopracciglio, scrutandola con occhi eloquenti e pericolosi, e un ghigno malato e traboccante di follia e vendetta dipinto sulla faccia. E a quella visione i singhiozzi della fanciulla crebbero fino a diventare dei veri e propri affanni angosciati.
-N-Non mi u-uccidere- sussurrò la giovane con un flebile sospiro e gli occhi colmi di pentimento e arrendevole supplica –Ti scongiuro. M-Mi dispiace- e le sue parole parvero un pianto disperato alle orecchie del clown, che al contrario senza minimamente mutare la sua inquietante maschera inespressiva, fece scivolare la mano libera in una delle sue tasche.
-Shh- Shh…- sussurrò a sua volta pianissimo, quasi con tono rassicurante mentre allentava man mano la pressione attorno al suo piccolo collo, allungando le lunghe dita affusolate sulle sue guance madide dal pianto, quasi carezzandola.
-Non ho intenzione di perdere tempo con te- le sorrise semplicemente. Laura sentì l’aria tornare a circolare libera nei suoi polmoni, concedendosi qualche decimo di secondo per socchiudere appena le palpebre stanche, quasi lasciandosi andare ad un timido sospiro di sollievo. Ma ben presto il cuore le tornò in gola, gonfio e pulsante, proprio quando sentì la fredda e metallica canna di una pistola posarsi con delicatezza sulla sua fronte.
-Facciamo una cosa rapida e indolore, ok?- ancora quel sorriso scarlatto e deforme. Un ghigno sadico e audace. Si udì allora una schizofrenica risata piena di follia, e quello fu l’ultimo ricordo di Laura.    


***

Virgily ora dormiva, avvolta tra le morbide lenzuola del suo letto. Era salva, finalmente al sicuro. Il clown si era preso cura di lei, approfittando della sua momentanea incoscienza per poterle pulire le ferite e medicarla a dovere. C’era un taglio superficiale sul suo addome, provocato per spaventarla più che per recarle danno; c’erano poi un’altra ferita alla tempia e dei piccoli tagli sulle mani, probabilmente dovuti alle percosse necessarie per farle perdere conoscenza. E se non era il sangue a sporcarle la pelle candida, macchie violacee si espandevano sulle sue gambe, le braccia e il ventre. Un ghigno amaro si dipinse sul suo eterno sorriso. “E se non fossi arrivato in tempo?” questo unico pensiero riusciva a smuovere il caos isterico all’interno della sua testa. Cosa sarebbe potuto accaderle se fosse giunto ormai troppo tardi? Oh beh, lui lo sapeva fin troppo bene. Dopotutto lui stesso era un criminale, anzi, era il più spietato di tutti. Per prima cosa l’avrebbero stuprata. Probabilmente a turno. Probabilmente finchè non avrebbe perso conoscenza. Poi avrebbero continuato a drogarla, vietandole ogni contatto con del cibo, così da alimentare l’assuefazione. Avrebbero distrutto ogni singola particella di razionalità in lei finchè la sua stessa coscienza non si fosse assopita definitivamente. L’avrebbero annientata, e della sua Virgily non ne sarebbe rimasto altro se non un corpo vuoto e sciupato. Il solo pensiero gli fece ribollire il sangue nelle vene. Si spostò, inquieto, avviandosi in salotto. Non voleva disturbarla durante il suo meritato riposo, soprattutto se la sua fantasia vagava per vie traverse in un percorso buio e macchiato di sangue. Giunto ormai in salotto, quasi a peso morto si lasciò completamente andare lungo il divano, affondando su di esso pesantemente. Joker cominciò allora ad osservare un punto indefinito del pallido soffitto, con i palmi delle mani posati dietro la nuca. Era notte fonda, ma dubitò che sarebbe riuscito a dormire: aveva seriamente rischiato di perdere la sua bambolina; quel piccolo capriccio che lentamente stava prendendo possesso di emozioni che fin’ora gli erano state precluse. Si chiese allora come avesse fatto a sviluppare questa strana “ossessione” per quella ragazza. Dopotutto lui avrebbe potuto farla fuori quella sera, e non era da escludere che effettivamente ci fosse una qualche volontà di ucciderla da parte sua. Tuttavia aveva scelto di non farlo. Ecco, fu proprio in quella scelta che l’uomo si rese conto di aver firmato la sua condanna a morte: prendendo quella decisione, Joker si convinse di essere stato soggiogato da un qualche losco inganno, perché affascinato da quella docile bambolina il clown aveva ufficialmente perso la ragione. Il tempo scorreva lentamente, e tra tutti i possibili piani per creare scompiglio in quella sudicia parodia di Gotham, lei rimase sempre un suo punto fisso. Ormai era quasi inevitabile. Non riusciva ad accettare il fatto che lei lo amasse; e lui lo sapeva, anche se lei non glielo aveva ancora esplicitamente detto. Questa era la verità. Probabilmente lei meritava qualcuno di un rango più elevato. Un uomo buono, e non un cinico clown amante del caos. Eppure il solo pensiero di non averla tutta per sé, di non tenerla nascosta agli occhi del mondo per bearsi del suo dolce calore lo inorridiva. Avrebbe voluto incolpare un suo irrazionale egoismo, ma quello che sentiva andava oltre tutti i suoi sentimenti e i suoi ideali. Era qualcosa di talmente potente e con un livello di astrazione così profondo da essere impossibile da spiegare a parole; eppure era reale, e quasi riusciva a percepirne il peso nel petto.
Forse non riusciva ad accettare il fatto che anche lui l’amasse. E come biasimarlo? Dopotutto lui era il principe clown di Gotham city; il nemico pubblico numero uno. Lui sapeva distruggere, ma di certo non amare.
-J-Joker…- il clown si sentì chiamare da una soffice voce, chiara e piuttosto familiare, come il dolce e malinconico richiamo di una sirena che ti seduce prima di trascinarti verso una morte lenta e inconsapevole. Sollevò appena il capo, osservando con un certo stupore la figura addossata allo stipite della porta che separava il salottino dal corridoio che portava alla camera da letto. Aveva gli occhi ancora mezzi socchiusi per la stanchezza, un inquietante pallore in viso e i bendaggi che le si intravedevano dal pigiama. Era debole, doveva ammetterlo, ma vederla nuovamente in piedi gli ricordò ancora una volta quanto in realtà fosse forte l’animo di quella bambolina.
-Virgily- sollevandosi appena dal morbido divano, Joker la osservò barcollare pericolosamente, mentre ad ampie falcate la bruna accorciava ulteriormente le distanze tra di loro. E allora si sollevò in piedi, deciso ad andarle in contro, spalancando le braccia quel tanto che gli serviva per permettere alla ragazza di affondare il viso nel suo petto, afferrando con decisione il suo gilet verde. Automaticamente poi la avvolse in un abbraccio, senza proferire alcuna parola. Virgily respirava affannosamente, e le sue piccole mani lentamente si stringevano sempre più forti alle sue vesti, aggrappandosi disperate ad esse.
-M-Mi sono svegliata e t-tu…- la giovane boccheggiava, soffocata dai suoi stessi singhiozzi mentre le sue piccole mani vagavano lungo il suo ampio petto, quasi stesse appurando che quello che stava vivendo non fosse più quello spaventoso incubo che aveva appena vissuto. 
-È tutto finito…- Joker le sussurrò piano, carezzandole i capelli con dolcezza –Sei al sicuro adesso- disse continuando a coccolarla in quel modo finchè non si accertò che i suoi respiri tornassero regolari,
-Non lasciarmi più…- bofonchiò la ragazza con il volto ancora infossato tra le sue vesti, -Mai più…- aveva ribadito subito dopo, questa volta esponendogli uno sguardo talmente lucido e serioso che per il clown fu impossibile da ignorare. Non era una supplica la sua, ma una vera e sincera richiesta. E con quello sguardo Joker capì che lei aveva scelto lui, lei voleva lui. Non era l'ossessione a parlare, no… era qualcosa di più potente, quel qualcosa che ancora non riusciva ad accettare.
-Virgily…- l’uomo la strinse a sé nel medesimo istante in cui la più giovane, sollevandosi sulle punte dei piedi scalzi, aveva raggiunto il suo volto, lasciandogli l’impronta di un morbido bacio sulla sua bocca deforme, quasi facendolo vibrare tre le sue docili braccia.
-Stare in quella cella buia mi ha fatto capire una cosa…- sussurrò piano la giovane, soffiandogli appena sulle labbra ancora calde e umide:
-Joker io voglio davvero stare con te…- affermò allora lei, osservandolo mentre gli occhi scuri dell’uomo si dilatavano piano per la sorpresa. Le sue parole lo avevano scosso profondamente, e per la prima volta non riuscì a nasconderlo. Virgily si stava finalmente aprendo, esponendo completamente tutte le sue carte senza alcuna riserva. Non aveva mai pensato a questo momento, non in queste circostanze almeno. Lo aveva immaginato sì, ma mai pensava che potesse diventare reale. Questo quasi appesantì quella strana sensazione nel suo petto, quella vibrazione che lo spingeva a provare cose mai provate prima. E quasi intuendo il suo sconforto, Virgily allora gli afferrò prontamente le mani grandi e guantate nelle sue pù piccole e pallide, lasciando che le loro dita s’intrecciassero assieme. I due allora si guardarono ancora una volta, e fu proprio nell'incontro di quelle grandi iridi verdi che il clown si sentì nuovamente in pace, come se fosse proprio lei a ridonargli la calma che aveva perso:
-Ho avuto paura di morire. Lo confesso, ma non ho mai dubitato che tu saresti venuto da me. Perciò ti prego, lasciamo che quello che ci è successo diventi occasione per rafforzare questo nostro legame. Perché sento che se non ho te…- Virgily fece una piccola pausa, abbassando appena lo sguardo, come se stesse cercando le parole adatte. Era agitata, e questo lo si capiva dalle piccole gemme incolore che scivolarono poco dopo sulle sue gote pallide, mentre i singhiozzi le gonfiavano sgraziatamente le labbra. E Joker attese con pazienza, finchè la sua bella bambolina non tornò nuovamente a penetrarlo da parte a parte con i suoi grandi occhi lucidati dalle lacrime:
-Se non ho te. Non ho niente- concluse allora con un sussurro sottile e tremante, e per la prima volta in quella nottataccia scura e colma di angoscia, il cinico e spietato clown di Gotham vide nuovamente l’ombra di un sorriso sulle labbra screpolate della sua bambolina. E fu proprio questo a muoverlo contro di lei, senza neanche proferire alcuna parola; fu quel piccolo ma incantevole sorriso a fargli prendere possesso delle sue labbra spaccate ma ancora vellutate con un delicatissimo vigore. Immergendo una mano tra i suoi folti capelli bruni, l’uomo prolungò il loro bacio, schiudendole le labbra con la punta della lingua, bramoso di saggiare ulteriormente il suo suadente sapore. Quasi togliendole il fiato, il clown prese il sopravvento, lasciando scivolare la sua mano libera contro la schiena, carezzandola al di sopra della canottiera sottile. La baciò come mai aveva fatto prima, come se tramite quel misero contatto lui le stesse trasmettendo tutte le sue incertezze e i suoi errori. E lei lo aveva accolto, senza alcun timore. Lei lo accettava per quello che era: un uomo tormentato dal dubbio, dal disincanto. Sì, forse lei non era altro che una preziosa quanto fragile bambolina di porcellana ma in quell’esatto istante, quando le loro labbra si fusero assieme per diventare una cosa sola, Joker per la prima volta non mise i discussione i suoi sentimenti. Lei era sua, lui era suo. E tutto gli parve così semplice, addirittura “naturale”. Lasciò scivolare anche la sua seconda mano sulla sue schiena, avvolgendola delicatamente prima di sollevarla a qualche centimetro da terra, quel tanto che gli bastava per consentirle di allacciargli le gambe attorno alla vita. E con Virgily tra le braccia, l’uomo non smise mai di lasciarle l’impronta dei suoi avidi baci scarlatti su tutta da curvatura del collo, avviandosi lentamente lungo il corridoio che li separava dalla loro camera da letto. Le luci erano ancora spente, e il letto era rimasto così come Virgily lo aveva lasciato quando si era alzata a fatica dal suo giaciglio per andarlo a cercare. Eppure l’uomo oramai sapeva benissimo come districarsi in quella fitta penombra; solamente le luci provenienti dal mondo esterno erano le uniche guide per lo sguardo attento di Joker, che con la dovuta accortezza posò il corpo accaldato della sua bambolina sul morbido materasso, incastonandola sotto di lui. Virgily respirava affannosamente, vibrando ogni qual volta che le sue labbra sfioravano la sua pelle. Scese lungo la sua clavicola, spostandosi poi di qualche centimetro per lasciarle soffici baci sul petto, mentre le sue abili mani si erano arrampicate sul suo torso, avvinghiandosi attorno ai suoi morbidi seni, massaggiandoli al di sopra della canottiera chiara. Accompagnò i suoi movimenti rubandole un ennesimo bacio sulle labbra, lasciando che la più piccola si inarcasse contro di lui, annullando ulteriormente le distanze tra i loro corpi. Joker poi, tornando a succhiarle la tenera carne alla base del suo collo, assaporò per qualche brevissimo istante il suo dolce profumo: sapeva di buono, di innocente. Eppure al tempo stesso sentiva ancora la polvere, il sudiciume di quella cella buia. Allora un brivido gelido gli si arrampicò lungo la spina dorsale, e sollevandosi di scatto dal suo corpicino Joker si scontrò nuovamente con gli occhi basiti e curiosi della più giovane: i capelli bruni della ragazza di erano sparpagliati a raggiera lungo tutto il cuscino, incorniciandole l’ovale candido e lievemente macchiato di sangue pesto agli angoli delle labbra; e se osava osservarla più a fondo, scivolando dal suo collo al suo petto fino alla morbida pancia, i suoi occhi potevano ammirare con disgusto i lividi e le bende che l’avvolgevano, mascherando tagli ancora arrossati e pulsanti. Questa era la sua bambolina: delicata, ma non ingenua; lei aveva conosciuto la paura e il dolore, anche se solo per poche ore. E c’era di peggio… Lei ancora non sapeva che lui aveva ucciso quella ragazza, l’unica con la quale aveva condiviso quel terrore a cui non era stato in grado di sottrarla.
-Ehi?- la voce dolce della giovane quasi lo riportò alla realtà, e sollevando nuovamente lo sguardo poté accorgersi del fatto che adesso la castana si era sollevata sui gomiti, e non smetteva di guardarlo: era preoccupata, per lui ovviamente.
-Tutto bene?- gli domandò nuovamente, questa volta scivolando di qualche centimetro per potersi sollevare ulteriormente e poggiare la schiena contro la spalliera del letto. Poco dopo, senza null'altro da aggiungere Virgily allungò la mano contro il suo viso, carezzandogli le guance con una tenerezza disarmante. Probabilmente aveva capito che era turbato per qualcosa, e voleva rassicurarlo. Per quanto la osservasse, per quanto la stuzzicasse, lei era sempre stata buona con lui, dopotutto.
 -Devo dirti una cosa- Virgily non ebbe neanche il tempo di chiamarlo ancora una volta che il clown la zittì con queste quattro parole. Era siero. Troppo serio. E lei lo guardò stranita, non poteva capire cosa stava per dirle.
-Riguarda la tua amica…- aggiunse successivamente, e con quella sua affermazione immediatamente gli occhi della giovane donna si sbarrarono, e le sue labbra sottili cominciarono a tremare. Non era mai stato difficile confessare un omicidio, d'altronde anche lei sapeva bene che uccidere faceva parte della sua routine quotidiana, e in tutto questo tempo quasi sembrava cominciare a farci l’abitudine; ma questa volta come avrebbe fatto a confessargli che lui stesso aveva posto fine alla miserabile vita di quella sua insulsa amichetta? No, questo non lo avrebbe sopportato, soprattutto ridotta in quello stato.
-Laura? … Sta bene?- eccola lì. La domanda fatidica.
-Virgily io…- e per la prima volta le parole gli morirono in gola, proprio a lui: il re dell’arte dell’improvvisazione. Notata quella breve incertezza, immediatamente il clown vide le iridi chiare della giovane dilatarsi velocemente, e i suoi occhi gonfiarsi di lacrime,
-Joker ti prego…- Virgily aveva rapidamente ripreso a respirare con fatica –Io devo sapere...- ci fu un breve lasso di tempo in cui non osarono parlarsi, ma Joker sapeva che lei sarebbe riuscita a capire la gravità della situazione semplicemente guardandolo negli occhi, perdendosi in quelle sue grandi iridi scure ed enigmatiche. Si diede dello stupido, come un novellino alle prime armi stava lasciando trapelare troppi indizi dalla sua maschera inespressiva. E per quanto fosse doloroso ammetterlo, non riuscì a darsi una spiegazione.
-Joker?!-
-Mi dispiace…- affermò velocemente, zittendola di colpo. Per qualche decimo di secondo vide la ragazza smettere di respirare, sbiancando violentemente, mentre a peso morto scivolava nuovamente contro il cuscino, come se non fosse stata più in grado di sorreggersi. Joker l’aveva lentamente accompagnata nella sua discesa, stringendola tra le sue forti braccia. Era sconvolta. Quando riprese a respirare, la sua cassa toracica cominciò a sollevarsi freneticamente, e la ragazza si ritrovò a boccheggiare nel disperato tentativo di non soffocare con i suoi stessi singhiozzi. Non riusciva a parlare. Fissava il vuoto e tremava. Soltanto tre misere parole fu in grado di sussurrare in maniera quasi del tutto impercettibile:
-È colpa mia- leggere come un soffio, queste parole erano riuscite a penetrarlo come una lama affilata nel petto. Fu in quel momento, quando vide la sua bambolina smarrirsi in un baratro di disperazione dal quale non sarebbe riuscita a riemergere da sola, che il clown decise di fare quello che gli veniva meglio: mentire.
-No, Virgily. Non lo è…- le rispose, cucciandosi di qualche centimetro, lasciandole l’impronta di un casto bacio sulla testa,
-Non sono riuscito ad arrivare in tempo. Perciò da a me la colpa- disse allora serio, afferrandole il viso per la mascella con una stretta decisa per cercare il suo sguardo. Doveva guardarla negli occhi, sentiva il necessario bisogno di sapere cosa stesse provando in quel momento. 
-No, non lo farò- I due si guardarono intensamente negli occhi per secondi interminabili. In quell’occhiata, il clown comprese che quella ragazza non era e non sarebbe mai stata come una delle sue vittime. Lei era diversa, era attratta dall’oscurità insita nel suo animo schizofrenico. E il solo prenderne atto gli fece patire nuovamente quello strano peso nel petto al quale non sapeva dare una sua logica spiegazione.
-Perché?-
-Perché mi farebbe troppo male…- rispose lei, pianissimo, nel pieno dello sconforto. Si era poi addossata al suo corpo, stremata, con il capo sul suo torso. Così lui l’aveva avvolta, ancora, in un caldissimo abbraccio.
-Lo so bambolina…- sospirò lui profondamente, baciandole la tempia –Ma dovevi metterlo in conto che standomi vicino qualcuno si sarebbe fatto male…-
-Non mi importa se sono io a rimetterci. Joker, io questo per te posso accettarlo…- scostandosi appena, la castana aveva sollevato il suo viso arrossato dal pianto, penetrandolo da parte a pare con uno sguardo dolce quanto disarmante. Poi, sempre con quella tenerezza quasi infantile che la contraddistingueva da molte altre donne con cui lui aveva avuto a che fare, Virgily portò la sua piccola e tiepida mano al volto sfregiato del clown, e con la punta delle dita gli aveva accarezzato le guance tracciando una linea invisibile sui solchi lasciati dalle sue lunghe cicatrici; un brivido freddo allora si arrampicò lungo la colonna vertebrale dell’uomo che ancora la stringeva.
-Ma non voglio che questo infierisca su chi mi sta a cuore-  ci fu un piccolo lasso di tempo in cui tra i due il silenzio divenne sovrano, accompagnando i loro sguardi a consolidarsi in una intesa ancora più pericolosa.
-Cerca di riposare ora, bambolina. Devi rimetterti in forze…- Joker non disse altro. Cambiò direttamente argomento, sollevandosi quel tanto che gli occorreva per poter afferrare le coperte e avvolgere i loro corpi. Virgily era decisamente provata, non sarebbe riuscita a sostenere altro. E forse era meglio così. Se avesse scoperto la verità sarebbe stato come darle il colpo di grazia che quel bastardo non aveva fatto in tempo a scagliarle; e questo non poteva permetterselo. Lui doveva proteggerla, e se per farlo doveva ometterle come fossero andate effettivamente le cose in quella lurida cella, allora lui era più che disposto a farlo.
Virgily pianse per due ore, anche quando ormai i suoi occhi erano secchi e privi di lacrime. Pianse finché non fu talmente esausta da cadere in un sonno profondo, tra le braccia di quello che doveva essere il suo carnefice, e che invece si rivelò il suo amante più devoto.   

***

Era notte fonda, la città era quasi deserta. Soltanto la luna ebbe il coraggio di accompagnare l’ombra cupa di quello straniero, tra i tetti delle palazzine della periferia. Vagava con scaltrezza e attenzione trascinandosi dietro un pesante fruscio, senza avere alcuna idea di cosa avrebbe trovato a destinazione. Lo aveva immaginato molte volte, durante il viaggio. Cose orribili, innominabili. Eppure, quando la sua folle ricerca ebbe termine, proprio all'apice di un vecchio condominio grigiastro e dalle mura consumate dal tempo, adiacente ad una costruzione dalle medesime fattezze, quello che i suoi abili occhi riuscirono a vedere al di là di una misera finestra andò ben oltre a tutte le sue plausibili aspettative: due figure che condividevano il medesimo giaciglio, e i cui corpi erano avvolti da un pesante copriletto scuro. Stentò a crederci, ma quello non era uno strano scherzo giocatogli dalla vista. E pur avendo temuto il peggio, ora ebbe finalmente la certezza che Virgily fosse ancora viva. Per ora.

*Angolino di Virgy*
Non sono sparita. Non mi hanno rapita. Sto più o meno bene e questa storia mi sta facendo impazzire. Il capitolo non doveva essere questo, in realtà ne avevo scritto un altro, e per colpa sua sono rimasta tutto questo tempo a domandarmi se quello che avevo scritto fosse la cosa giusta. Poi, ieri sera di punto in bianco ho cambiato tutto, e non so grazie a quale miracolo sono riuscita a finirlo. Oramai sento di essere arrivata ad un punto di non ritorno: se non studio ogni scena, ogni battuta, la mia negligenza potrebbe avere effetti devastanti sull'intera trama, e sono troppo coinvolta per lasciare che accada una cosa del genere. Ma passando alla storia, come vi avevo precedentemente annunciato il capitolo, anche se narrato in terza persona, è tutto sotto il punto di vista di Joker (quel maledetto bastardo che amo con tutto il mio cuore): non vi è una ragione precisa, sentivo solo il bisogno di "dargli corda". Spero comunque che vi piaccia lo stesso. Questa Fic per me è una sfida continua, come lo è anche per la mia piccola Virgily, dopotutto.  
Un bacio grande.
-V-

 
  
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