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Autore: ThorinOakenshield    18/12/2015    2 recensioni
Che dire? Innanzitutto che non si tratta di uno slash! Questa è una storia a capitoli sul rapporto di amicizia che intercorre tra Bilbo e Thorin.
Mi sono presa molte licenze ed è la prima fanfiction che scrivo, quindi siate clementi! xD
Allora, le vicende si svolgono dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti e Thorin ha ottenuto il suo titolo di Re sotto la Montagna; Bilbo si è talmente affezionato ai nani che ha deciso di passare le vacanze a Erebor. Tutti i suoi amici sono entusiasti di questa decisione e, tra l'incoronazione di Thorin e vari festini, saranno tutti euforici e persi nella gioia del momento, ma qualcosa di terribile romperà l'incanto...
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non appena aveva udito quel grido così famigliare, Thorin non ci aveva pensato due volte e si era addentrato nel bosco, dimenticandosi improvvisamente delle parole offensive dello hobbit. Che importanza aveva quella piccola disputa? Il suo migliore amico poteva trovarsi in gravi difficoltà, questa era la cosa importante. Aveva già rischiato di perderlo una volta, non avrebbe tollerato una seconda.
I nani dell’antica Compagnia seguivano il loro Re, incespicando a causa dei sassi e venendo rallentati dai rami, nella foga della corsa.
Il Re sotto la Montagna non sentiva più alcun lamento e non sapeva se ritenere ciò un buon segno. Poco dopo aver discusso con lo scassinatore, aveva solamente avvertito un grido secco e breve risuonare tra gli alberi… poi il silenzio totale.
Aveva paura.
E se fosse stato ucciso?
Thorin scacciò subito quel pensiero dalla sua testa. No, non poteva essere così. L’unica cosa da fare in quel momento era trovare Bilbo.
Non appena Scudodiquercia svoltò a destra, andò a sbattere contro qualcuno. Il nano cadde a terra, mentre un essere alto e dal volto putrefatto si avvicinò ghignando a lui, reggendo un letale bastone da combattimento.
Bolg era arrivato.
 
Si trovava rinchiuso in una buia e fredda caverna. Era lì dentro da neanche venti minuti, eppure a lui parevano un’eternità. Quei mostri l’avevano afferrato con le loro sporche mani e l’avevano condotto con la forza dentro quell’antro oscuro, impedendogli di gridare servendosi di uno straccio lurido e puzzolente, usato su chissà quante altre povere vittime in passato.
Ebbene, adesso eccolo lì, tenuto fermo da un orco grande e grosso mentre un altro altrettanto massiccio si trovava fermo davanti a lui. Quest’ultimo non stava facendo altro che tirare in causa un certo anello.
Bilbo Baggins poteva immaginare a quale anello si stesse riferendo e le sue volontà erano più che palesi: impossessarsene. Ma lo hobbit non aveva alcuna intenzione di consegnare quell’oggetto d’oro a quel mostro, qualcosa in lui si era affezionato a quel gioiello, lo considerava il suo tesoro.
Purtroppo i continui rifiuti di Bilbo stavano rendendo Alarr sempre più furioso. La mano tozza e callosa dell’orco si chiuse a pugno e volò verso la faccia del signor Baggins. Egli si ritrovò la testa girata violentemente dall’altra parte, mentre un rivolo di sangue usciva dalla sua bocca.
“L’Anello!” ruggì l’ufficiale degli orchi per l’ennesima volta.
Nonostante il dolore e la consapevolezza delle conseguenze di un altro rifiuto, Bilbo trovò la forza per scuotere veementemente il capo.
Questo gesto fece adirare maggiormente l’orco. In men che non si dica, la testa dello scassinatore si voltò dalla parte opposta. Quel colpo vigoroso causò un’altra perdita di sangue. Ben presto le mani del bestione che stava trattenendo Bilbo si tinsero di rosso cupo.
Alla fine Alarr si ritrovò costretto a perquisire la vittima in cerca dell’Anello.
Lo hobbit si agitò e scalciò, colpendo in faccia il suo aggressore. Sfortunatamente quel calcio servì ben poco contro un orco della stazza di Alarr, infatti quest’ultimo si riprese in un nanosecondo e fu pronto a fare seriamente male allo scassinatore, quando un’ascia da lancio si conficcò nel suo cranio.
Gli occhi della bestia rimasero spalancati dallo stupore, mentre il suo volto si era contorto in una smorfia di dolore. Cadde con la faccia sul corpo di Bilbo, rivelando la presenza di Bofur alle sue spalle.
 
I Mannari ringhiavano mettendo in mostra i denti affilati come rasoi e si stavano facendo sempre più vicini ai nani. Questi ultimi avevano le armi pronte in mano e non vedevano l’ora di combattere al fianco del loro Re.
Dopo un urlo agghiacciante di Bolg, gli orchi si gettarono sui nani e Thorin emise un grido di battaglia. Orcrist intercettò immediatamente il bastone del figlio di Azog. L’orco, infuriato per quell’attacco dall’esito vergognoso, cominciò a menare colpi a destra e a manca, con una furia cieca, nella speranza di colpire l’avversario.
Per buona sorte, Scudodiquercia era un guerriero esperto abbastanza da riuscire a schivare i colpi di quel bestione dalla robustezza spropositata.
 
Bilbo, Bofur, Bombur e Bifur giunsero correndo nel punto del bosco in cui i loro amici stavano duellando.
Fortunatamente numerosi Mannari erano stati abbattuti, l’unico problema erano gli orchi.
Uno di quei mostri andò incontro allo hobbit. Egli non aspettò che tagliasse di netto la sua testa: puntò Pungolo contro il petto del nemico.
In ogni caso il signor Baggins non riuscì ad uccidere l’orco, poiché Bifur si era rapidamente scagliato contro la creatura e l’aveva brutalmente mutilata con la sua lancia dalla lama ben appuntita.
Rimosso quell’ostacolo, Bofur, Bombur e Bifur si unirono ai loro compagni e le diedero di santa ragione agli orchi rimasti.
Bilbo invece non stava smettendo di guardarsi intorno. Non si preoccupava neanche del fatto che un nemico avrebbe potuto ucciderlo da un momento all’altro con una facilità disarmante, vista la sua distrazione. Ma un pensiero costante non voleva saperne di lasciare la mente dello hobbit: Thorin. Quest’ultimo era sparito. Gli occhi di Bilbo saettavano da una parte all’altra e non riuscivano a scorgere il Re sotto la Montagna nel bel mezzo di quel trambusto.
“Thoriiiin!” Lo hobbit incollò lo sguardo su Dwalin non appena lo udì gridare quel nome tanto amato. Dopo aver sgozzato con un pugnale un orco, il guerriero pelato si era inoltrato nel folto degli alberi.
Bilbo Baggins non ci pensò due volte: lo seguì.
 
Gli alberi di quella piccola radura erano talmente intricati che neanche un raggio di luna riusciva a filtrare tra le foglie, illuminando così il corpo dei due contendenti.
Thorin e Bolg si stavano girando intorno lentamente in una danza mortale, pensando al prossimo attacco da sferrare. Il Re dei Nani aveva l’impressione di essere tornato indietro nel tempo, quella volta in cui aveva ucciso Azog sul fiume ghiacciato di Collecorvo.
Repentinamente, il grande orco fece turbinare l’arma sopra il suo capo, dopodiché tentò un attacco in diagonale per tagliare di netto la testa del suo avversario.
Scudodiquercia, per salvare la sua povera capoccia, fu costretto ad abbassarsi e finì nel piccolo stagno. Bolg spinse il bastone contro Orcrist, mentre il nano stava facendo sempre più fatica nel trattenere la lama nemica. Stava per slogarsi una caviglia.
Bilbo e Dwalin giunsero proprio in quel momento.
“Thorin…” sussurrò lo hobbit tenendo gli occhi spalancati dall’orrore. Non ebbe il tempo per accorrere in aiuto del caro amico, poiché tutto intorno a lui divenne sfocato ed ebbe come l’impressione di essere stato spinto all’indietro da una forza misteriosa.
 
Nonostante il grosso pericolo che correvano, il grande Thorin Scudodiquercia trovò l’ardire per scendere dall’albero e dirigersi verso la radura in fiamme.
Rimase aggrappato ai rami a fissarlo a bocca aperta. Avrebbe voluto dargli dello sciocco, urlargli di tornare indietro. Quel nano lo trattava come se fosse stato soltanto uno straccio sudicio e usato, ma allora perché stava temendo così tanto per la sua incolumità? Perché si sentiva che avrebbe sofferto molto se lo avesse perso?
La verità è che lo hobbit, durante il viaggio, aveva avuto modo di affezionarsi a quel provato condottiero; tutto sommato lo capiva: casa sua mancava tanto anche a lui. Non voleva neanche pensare a quanto doveva aver sofferto Thorin per aver perso tutto.

 
Piano piano, tutto tornò al suo posto e Bilbo Baggins rimase impalato nel punto in cui si trovava. Troppo impegnato a cercare di ricordare quel rapido e confuso flashback, non si accorse che Thorin era riuscito a spingere Bolg contro un albero, uscendo da quella situazione spiacevole. Dwalin si era affrettato a dare manforte al suo vecchio amico.
Lo hobbit scosse la testa, come ste stesse cercando di svegliarsi da un sogno. Successivamente strinse deciso l’elsa di Pungolo e mosse i primi passi verso i nani. L’intenzione di Bilbo di contribuire alla morte di Bolg si interruppe nel momento esatto in cui il diretto interessato conficcò profondamente un pugnale nel fianco sinistro di Thorin Scudodiquercia. Il grido di dolore del nano riportò un’altra volta il signor Baggins indietro nel tempo.
 
Il Mannaro afferrò tra i suoi denti affilati il corpo del nano. Quest’ultimo lanciò un grido che squarciò l’aria, facendo scattare in piedi il signor Baggins. Nessuno stava muovendo un dito per salvare il capo della Compagnia. Non poteva lasciarlo morire così.
L’orrore aumentò non appena quella fiera gettò a terra Thorin come se non fosse stato altro che un pezzo di carne.
Bilbo avvertì nel ventre una fitta lancinante, come se fosse stato colpito lui e non Scudodiquercia.
Non appena un orco si accostò al Re per recidergli il capo con un solo colpo di sciabola, lo hobbit non indugiò oltre: doveva salvarlo.

 
“Thorin!” Senza neanche rendersene conto, il nome del nano era uscito dalla bocca del signor Baggins. Si stupì poiché, finalmente, non aveva chiamato la persona che aveva trovato seduta sul suo capezzale quando era troppo confuso per ricordare, bensì aveva appellato quel nano maleducato, sfrontato e altezzoso che tempo addietro aveva varcato la soglia di Casa Baggins.
 
Bolg digrignò i denti con aria soddisfatta, somigliando in una maniera inquietante al padre defunto. Rigirò con violenza il pugnale nel corpo di Thorin.
Dwalin afferrò quel pezzo di lerciume da dietro, levando così la lama dal fianco del Re sotto la Montagna.
Le armi di Dwalin e Bolg cozzarono l’una contro l’altra, sfavillando scintille d’acciaio, mentre Scudodiquercia si trovava inerme a terra, una mano a coprire il sangue che sgorgava rapido dalla profonda ferita.
Bilbo Baggins corse incontro a Thorin e, la prima cosa che fece dopo aver sussurrato allarmato il nome dell’amico, fu esaminare con lo sguardo il taglio. A quell’orrida vista, gli riaffiorò alla mente anche il frangente in cui aveva trovato il nano ferito sul fiume ghiacciato di Collecorvo.
Lo hobbit fu sul punto di curare la pugnalata, quando Dwalin e Bolg giunsero a combattere proprio attigui ai due amici. Bilbo si spostò il più velocemente possibile per non venire calpestato da quelle belve scatenate.
Thorin Scudodiquercia, dal canto suo, con le poche forze che gli erano rimaste, afferrò Orcrist e penetrò la lunga lama elfica nella schiena del figlio di Azog.
 
L’Antro di Lucri:
 
Ed eccomi qua con il consueto ritardo! :D
Scusate ancora TwT lo studio mi ha massacrata in questi ultimi giorni.
In ogni caso… siete contenti che Bilbo abbia ritrovato la memoria? ^___^ Certo, ora resta il fatto che Thorin è rimasto ferito, ma non disperate! Cercherò di non lasciarvi troppo sulle spine.
Comunque la storia sta volgendo al termine; non so dire esattamente quanti capitoli manchino… probabilmente tre, o forse due.
Vi ringrazio per la vostra pazienza xD
Un bacio
Lucri

 
   
 
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