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Autore: Mary P_Stark    19/12/2015    3 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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I tre grandi elementi essenziali alla felicità in questa vita sono qualcosa da fare,
qualcosa da amare, e qualcosa da sperare.
(Joseph Addison)
 
 
 
 
Fare, amare, sperare (Lance) – Aprile/Agosto 2011
 
 
 
 
Lo squillo del telefono risvegliò Brianna di soprassalto e, solo in quel momento, si rese conto di essere sola a letto.
 
Del suo uomo, neanche l’ombra.
 
“Ma che cavolo…” brontolò confusa, prima di rammentare.
 
Ma certo!
 
Duncan era partito la notte precedente per raggiungere Londra, assieme a Sarah e Branson, per una riunione con i Clan del Sud.
 
Lì, avrebbe rivisto Joshua e Cecily, così da definire sulla carta la redistribuzione dei berserkir nel Low England.
 
Da quando Thor si era trasferito nel Clan di Alec, a Bradford, altri uomini-orso si erano uniti a lui, e questo aveva reso necessario intervenire in merito. Se già era difficile nascondere la natura dei licantropi – fisicamente più possenti di un normale umano – con i berserkir la faccenda appariva assai più complessa.
 
Questo aveva reso necessario un ricollocamento di molti di loro, onde evitare che l’attenzione delle persone, dei normali, non gravitasse troppo su quegli energumeni così possenti e dall’aspetto truce. Se si fossero tutti trovati a Bradford, avrebbero attirato troppi sguardi curiosi, perciò si era resa necessaria una riunione d’urgenza.
 
Era piuttosto difficile, infatti, non notare una quarantina di uomini biondi, dalle spalle grandi come camion e l’altezza di un colosso.
 
Due o tre per volta, invece, erano più gestibili, e non solo dal punto di vista visivo.
 
I berserkir tendevano a essere un tantino attaccabrighe, quando stavano troppo a contatto con gli umani perciò era necessario, per non dire vitale, che non si cacciassero nei guai in gran quantità.
I gruppi esigui e sparuti erano d’obbligo.
 
Afferrato il cellulare, che stava continuando a urlare sul comodino e che l’aveva strappata al suo sonno, Brianna accettò la chiamata e bofonchiò: “Pronto…”
 
“Ehi, sorellina! Hai fatto le ore piccole, stanotte?” ironizzò Gordon, svegliandola del tutto con il suo tono di voce squillante.
 
Passandosi una mano sul viso, i capelli scompigliati e sparsi ovunque sul suo capo, Brianna mugugnò: “Non ricordi che Duncan è partito per Londra? Non pensare subito male. E’ che sono stata alzata fino a tardi per studiare. Sai che, tra qualche giorno, rientrerò a mia volta nella capitale, no?”
 
“Uh, già. Verissimo” assentì in fretta il giovane.
 
“Ergo, perché mi chiami alle…” mugugnò la ragazza, volgendo il capo per curiosare la sua sveglia. “… alle sette del mattino della domenica di Pasqua?”
 
“Forse è il caso che tu venga qui, prima di andare a casa di Jerome ed Erika” dichiarò Gordon, tornando serio.
 
Accigliandosi immediatamente, Brianna sgusciò fuori dal letto e, afferrati i pantaloni, tenne il cellulare tra guancia e spalla per poi domandare concitata: “Mary B non sta bene? Si sente male?”
 
“Mary B è okay. E’ il suo uomo che sta perdendo colpi.”
 
“Eh?” gracchiò a quel punto la giovane wicca, pensando al posato e serafico Lance, e cercando di capire cosa diavolo volessero dire le parole del fratello.
 
Di comune accordo, una volta venuto a conoscenza della gravidanza dell’amata, Lance e Mary B avevano deciso di comune accordo di sposarsi una volta che fosse nata la loro bambina. Lance, infatti, desiderava con tutto se stesso che fosse presente anche la piccola, e Mary B si era dichiarata più che d’accordo con lui.
 
Al momento, mancavano ancora quattro mesi al lieto evento, eppure i preparativi erano già iniziati da tempo. Lance si era trasferito nella casa di Mary B e Gordon, ben più ampia rispetto all’appartamento ove Hati aveva vissuto fino a quel momento.
 
Lì, avevano subito iniziato i lavori di ampliamento per costruire una camera per la nascitura, con l’opzione di una seconda cameretta al fianco. Nessuno dei due aveva voluto escludere nulla.
 
Da quello che Brianna sapeva, i lavori erano terminati a marzo e, in quel momento, si stava decidendo l’arredamento più adatto per la stanza.
 
La ragazza, perciò, si chiese cosa avesse voluto dirle Gordon con quelle parole sibilline.
 
Che lei sapesse, la gravidanza di Mary B procedeva benissimo, perciò non aveva senso che Lance si preoccupasse della sua salute. Ergo, cos’altro c’era?
 
Dopo essere uscita di casa salutando Jasmine sui gradini dell’ingresso, Brianna si catapultò in garage per recuperare la sua bicicletta e si immise in strada senza perdere tempo.
 
Non aveva senso prendere l’auto per fare tre miglia e, con la sua forza di licantropo, sarebbe occorso un attimo per raggiungere la casa di Mary B.
 
A quel punto, lei sperava, forse avrebbe potuto capire cosa aveva spinto Gordon a sollecitare la sua presenza a casa loro.
 
Con il vento che le schiaffeggiava la faccia, in quella mattina di Pasqua particolarmente calda e assolata, Brianna giunse infine di fronte alla villetta a un piano dei familiari.
 
Conosceva quella casa già da prima dell’arrivo nel branco della sua famiglia, essendo stata di proprietà di Marjorie – colei che più di tutte l’aveva voluta fuori dal branco, a causa del suo amore per Duncan. Le era parso strano che proprio Mary B e Gordon ne fossero diventati i proprietari ma, ormai da tempo, non pensava più ai suoi trascorsi con Marjorie.
 
Sapeva che si era rifatta una posizione nel suo nuovo branco, e tanto le bastava.
 
Raggiunta la proprietà, quindi, depose la bici nel vialetto d’ingresso e, senza bussare, entrò in casa, trovando Gordon appollaiato su uno sgabello, in cucina.
 
Un toast in mano e un bicchiere di latte nell’altra, il ragazzo esalò: “Più veloce della luce, sorellona!”
 
“Dov’è Lance?”
 
Indicando il retro della casa con un cenno del capo, poggiò la sua colazione sulla consolle e seguì Brianna verso il giardino.
 
Mary B era in ospedale come sempre, ma aveva promesso che per il pranzo di Pasqua si sarebbe presentata regolarmente. Questo aveva evitato eventuali discussioni con Hati, già pronto ad avvolgerla nella bambagia fino al giorno del parto.
 
Mary B tendeva a essere piuttosto protettiva, quando si trattava di Lance, ma anche lui non scherzava e, a volte, si era arrivati a paradossi davvero assurdi, con quei due.
 
La stessa Brianna si era sorpresa nel notare in lei un simile istinto protettivo, pur se aveva sempre saputo trattarsi di una donna molto amorevole e materna.
 
Chissà perché pensava che Lance avesse bisogno di …
 
Brianna non terminò mai quel pensiero, quando finalmente mise piede nel giardino sul retro della villetta.
 
Dinanzi a lei, simile a un piccolo laboratorio di falegnameria, se ne stava la più grande collezione di mobili che avesse mai visto.
 
Trucioli color nocciola, segatura di varia grandezza e pezzi di legno grezzo erano sparsi un po’ ovunque mentre Lance, impegnato a piallare, stava per ultimare la sua ultima opera.
 
Non fosse stato per la quantità enorme di oggetti presenti sul prato, Brianna avrebbe plaudito la bravura di Hati, ma tutta quella roba le sembrò un tantino eccessiva …specialmente se si considerava che doveva servire per una sola bambina, e non per una squadra di calcio.
 
“Capito che intendevo?” mormorò Gordon, al suo fianco. “Sulle prime, è stato carino vederlo lavorare sui mobili che avremmo messo nella camera di Keely – hanno poi scelto questo, come nome – ma ora, mi sembra che la cosa cominci a toccare i toni dell’inquietante. Anche Mary B è un po’ preoccupata.”
 
“Lo credo” esalò Brianna, avvicinandosi finalmente al suo Hati.
 
“Ehi, Lance…” esordì subito dopo la wicca, distogliendolo al suo lavoro.
 
Sobbalzando – Lance non si era affatto accorto della sua presenza, altra stranezza – il licantropo le sorrise spontaneamente e si alzò per abbracciarla. Fu così che Brianna si ritrovò stritolata tra le sue braccia taurine, rischiando di fatto di rimetterci qualche costola.
 
“Wow, amico, questo sì che è un abbraccio” esalò la ragazza, cercando di scostarsi da lui.
 
Lance allora rise e, nel riprendere la pialla in mano, dichiarò: “Ti si vede così di rado, da quando hai iniziato l’università, che è sempre un piacere riaverti a casa.”
 
“Lieta di saperlo” mormorò Brianna, poggiando le mani sui fianchi nell’osservare il lavoro svolto da Lance.
 
Eh, sì, con tutti quei mobili, avrebbero potuto arredare almeno sei nursery.
 
Un po’ troppe davvero.
 
“Senti un po’, mio Hati, non ti sembra di aver un tantino esagerato, quanto a lavori di falegnameria?” buttò lì la ragazza, ghignando all’indirizzo di Lance.
 
Imperturbabile, lui replicò: “Mary B deve avere a disposizione la migliore gamma di mobili possibili, tra cui scegliere. E di qualsiasi genere possa servirle.”
 
Gordon si passò una mano sul viso, esasperato da quel tono che, a quanto pareva, doveva essere divenuto la norma, in famiglia e Brianna, non potendosi impedire di fissarlo a occhi sgranati, esalò: “Scusa la domanda… ma quanti altri mobili vuoi fare?”
 
“Tutti quelli che saranno necessari” scrollò le spalle l’uomo, come se quella domanda fosse inutile, oltre che stupida.
 
“Ohsignoresantocielo” gracchiò la ragazza, facendo sorridere l’amico.
 
“Anche Gordon parla così, a volte. Come fate a non mangiare le parole e, al tempo stesso, a farle suonare incollate le une alle altre?” ironizzò Lance, del tutto calmo e pacifico nel suo stato di quieta follia.
 
Sembrava che nulla fosse cambiato, in lui, eppure…
 
Come trovare normale quell’eccessivo lavorio fisico, e quella sovrapproduzione di mobili che, per quanto belli, erano oggettivamente inutili, vista la quantità?
 
Lanciato uno sguardo a Gordon, Brianna lo pregò di allontanarsi e, una volta rimasta sola con Lance, la giovane wicca si permise di sondare senza ritegno il suo animo.
 
Quel che trovò la mise subito in allarme, e così Lance, che levò il capo a scrutarla con espressione dubbiosa.
 
“Beh, che c’è?” mormorò l’uomo, smettendo per un attimo di piallare.
 
“Che c’è, Lance?” ripeté a pappagallo la ragazza, afferrandogli una mano per stringerla tra le sue. “Non ti sei accorto delle condizioni della tua aura?”
 
Hati aggrottò la fronte, ritirando la mano da quelle dell’amica e, riprendendo a lavorare, borbottò: “Non ho niente che non va.”
 
Sospirando, Brianna allora sollevò una mano con l’intento di sfiorare l’aura dell’amico, ben attenta a non affondare troppo e toccare così il suo corpo tonico e forte.
 
Immediatamente, Lance si bloccò e, ansimando, si portò una mano al torace, quasi che un pugno lo avesse colpito al plesso solare.
 
Il suo battito cardiaco suonò irregolare al suo orecchio esperto e, nell’osservare torvo Brianna, ringhiò: “Che diavolo stai combinando, principessa?”
 
Ritirando la mano, lei replicò quieta: “Ti sto dimostrando che menti persino a te stesso. La tua aura è così frantumata che basta un esile tocco di potere, per mandarla in briciole. Se dovessi affrontare anche solo una discussione un po’ accesa con un licantropo, ti verrebbe un infarto, Lance.”
 
“Tutte sciocchezze” sbuffò l’uomo, fissandola con gelidi occhi da husky.
 
Ma perché gli uomini sono tutti così testardi?, pensò tra sé Brianna, allontanandosi di un passo dall’amico.
 
“Cosa ti preoccupa così tanto da ridurti in questo stato?” gli chiese con gentilezza, sperando di non acuire il suo stato di apparente nervosismo.
 
Speranza vana.
 
Lance si alzò di scatto, lanciando a diversi metri di distanza la pialla e, fissando arcigno l’amica, ringhiò: “Non. Ho. Niente. Vuoi ficcartelo in testa, principessa?”
 
“E da quando in qua ti rivolgi a me con le zanne scoperte, Hati, e mostri una rabbia che, se mal interpretata, potrebbe essere vista come un insulto al mio ruolo di wicca e Prima Lupa?” ribatté gelida Brianna, facendo leva sulla loro doppia natura.
 
L’uomo impiegò qualche attimo, per rendersi conto di ciò che stava effettivamente succedendo. Quando, infine, pose lo sguardo sulle sue mani – artigliate – fremette di contrizione e fissò l’amica con profondo dolore.
 
Crollando poi sulla panchetta su cui era stato seduto fino a un attimo prima, il corpo enorme afflosciato su se stesso, Lance esalò: “Mille scuse, principessa… non ho davvero agito per il meglio.”
 
Brianna, allora, gli carezzò il capo biondo e mormorò: “Puoi aprirti con me, lo sai. Nel bene e nel male, conosco ogni cosa di te, e posso capirti meglio di altri.”
 
Era stata nella sua mente il primo giorno in cui avevano iniziato gli allenamenti per il controllo dei suoi doni, e quell’assaggio di potere era stato devastante.
 
Per entrambi.
 
Non vi era nulla, nel passato e nel presente di Lance, che lei non conoscesse, e aveva idea che nei suoi ricordi fosse annidato il bandolo della matassa.
 
“Cosa non hai detto, di quella notte, a Mary B?” chiese quindi Brianna, accucciandosi accanto all’amico, il cui sguardo di ghiaccio stava perforando il prato dietro casa.
 
Lance si irrigidì appena, confermando i dubbi dell’amica che, stretta una mano sul suo ginocchio, sussurrò: “Mio Hati, parlami. Sono qui per te.”
 
“Prima Lupa…” mormorò l’uomo, levando appena il capo per affondare nelle ambrate profondità dell’amica.
 
Brianna sorrise appena e, nel poggiare la fronte contro quella di Hati, sussurrò ancora: “Getta fuori le ombre, mio Hati, affinché esse non percorrano il tuo sentiero. Lasciale fuori dalla tana, mio lupo.”
 
Nella mente della giovane wicca comparvero immagini veloci di una caccia, della predazione di diversi umani… e della loro inesorabile fine. Sarah era a capo delle sentinelle lanciate contro quel gruppo di Cacciatori e, tra loro, Brianna vide Lance.
 
I suoi occhi erano vuoti, del tutto privi della scintilla vitale che lei sapeva essere normalmente in loro. Erano occhi che avevano visto il peggio, e ora desideravano sangue.
 
“La caccia ai seguaci di…”
 
Lance annuì prima che lei pronunciasse quel nome, il nome della donna umana che aveva così barbaramente tradito la sua fiducia.
 
“Fosti tra gli assassini guidati da Freki?”
 
“Mi offrii volontario, visto il numero di Cacciatori da predare e l’esiguo tempo a disposizione per catturarli. Temevamo che diffondessero notizie su di noi” assentì l’uomo ammettendo le sue colpe, se di colpe si trattava.
 
“Rimpiangi quella caccia?” gli domandò a quel punto, accigliandosi.
 
“No. Ne fui felice” gracchiò, contrito.
 
E Brianna iniziò a comprendere.
 
“Oh, Lance… questo non ti rende una cattiva persona. E’ ciò che siamo. Se non aveste trovato quei Cacciatori, il branco sarebbe stato scoperto e molti licantropi sarebbero morti” mormorò Brianna, carezzandogli il viso con gentilezza.
 
“Io lo so, e lo capisco, ma Mary B… lei è…” balbettò, cercando di mettere a parole – senza riuscirvi – le sue peggiori paure.
 
“Temi non potrebbe comprenderti fino in fondo, Lance? Solo perché è umana come le persone che hai predato?”
 
“Lei è buona e gentile, comprende le esigenze del branco… ma non è come noi. Io l’amo, devi credermi, ma…”
 
Brianna prese il suo viso tra le mani, sollevandoglielo e, permettendogli di entrare nella sua mente, gli mostrò l’attimo in cui Patrick aveva cercato di ucciderla, quando era da poco divenuta licantropa.
 
Rivisse quei momenti concitati, concentrandosi sul volto determinato di Mary B, sul suo tentativo di allontanare a ogni costo il marito da Brianna.
 
Fremette, quando la vide cadere a terra, minacciata dallo stesso uomo che avrebbe dovuto proteggerla. Non mollò comunque la presa, e gli fece ascoltare le parole di fiele di Mary B, rivolte al marito e al suocero.
 
Quando vi fu l’esplosione, Brianna lasciò andare il collegamento e asserì: “Non è una donna che non capirebbe cos’hai provato, Lance. E’ una donna che si è messa contro il proprio marito, la propria razza, per salvare me e Jerome. E l’ha fatto perché sapeva da che parte voleva stare.”
 
Sul viso di Lance comparve un sorrisino mesto.
 
“Era davvero terrorizzata all’idea di perderti” chiosò Hati.
 
“Ma era soprattutto disgustata dalle azioni del marito e del suocero. Ci difese. Esattamente come facesti tu per il branco, predando quei Cacciatori. Credimi, quando ti dico che Mary B capirebbe benissimo la tua scelta di partecipare a quella caccia in particolare” gli confidò Brianna, rialzandosi in piedi.
 
Lance ne seguì i movimenti con lo sguardo e, contrito, domandò: “Dici che dovrei parlargliene ora, o forse è il caso che aspetti dopo il parto?”
 
“Ogni momento andrà bene, visto che so benissimo di che tempra è fatta Mary B” sorrise Brianna, guardandosi intorno. “Il problema, ora, è un altro.”
 
“E cioè?”
 
“Che diavolo ne faremo di tutti questi mobili?” esalò la giovane wicca, facendo scoppiare a ridere Hati.
 
***
 
Sdraiata sul letto assieme a Lance, le caviglie intrecciate e la mano destra distrattamente impegnata a carezzarsi il ventre arrotondato, Mary B mormorò: “Lance Gregory Rothshild, sei davvero uno sciocco. Lo sai, vero?”
 
L’uomo rise contrito, baciandole la chioma bruma sparsa sul suo torace nudo e, annuendo, asserì: “Sono già stato debitamente richiamato all’ordine dalla mia Prima Lupa, giusto oggi.”
 
“Brie ha fatto bene a sgridarti. Non avresti dovuto neppure pensare che io non avrei capito” gli fece notare la donna, levando lo sguardo a incrociare quello limpido e finalmente tranquillo del compagno.
 
“Errore mio, lo ammetto. Ma come scusante posso avere che non mi sono mai trovato in una situazione simile?”
 
“Scuse accettate, visti soprattutto i tuoi precedenti. Fossi stata al tuo posto, l’avrei divorata, probabilmente, ma non so se sono io a parlare, o gli ormoni” dichiarò Mary B, sorridendo sbarazzina.
 
La gravidanza stava procedendo senza intoppi e, al quinto mese di gestazione, Mary B era raggiante come un sole appena desto. Il dottore le aveva assicurato che, nonostante avesse già compiuto trentanove anni, non avrebbe avuto alcun tipo di problema.
 
Tecnologia all’avanguardia, nuove cure e qualità della vita molto alta, avrebbero permesso a Mary di avere una gravidanza sicura come quella di una donna vent’enne.
 
Poggiata la mano enorme su quella più sottile e piccola della compagna, Lance accarezzò a sua volta il ventre di Mary B e mormorò: “Vorrei potessi sentire la sua energia. E’ già così vitale!”
 
“Oh, credimi, arriverò a un punto in cui la sentirò più che bene, la sua energia!” ironizzò la donna, sorridendogli.
 
Osservando le loro mani giunte sulla sua pelle chiara illuminata dai raggi della luna, che penetrava nella stanza dalle finestre socchiuse, la donna mormorò poi seriamente: “Non devi nascondermi nulla della tua natura, Lance. Ho già accettato da tempo che ci sono cose, in voi, diverse da come le potrebbe concepire un normale umano. Non mi spavento facilmente, credimi.”
 
“Non vorrei mai darti un pensiero, specialmente ora” replicò lui, stringendola maggiormente a sé.
 
“Sono forte a sufficienza per sopportare un po’ di sangue, Lance, e anche un po’ di mattanza” gli ricordò lei, sollevando con ironia un angolo della bocca. “So che la legge del taglione non è stata introdotta a caso, nei branchi, e che ha un suo senso logico, all’interno della vostra società. Non pensare mai che non capisca.”
 
“Mi scuserai, però, se non ti racconto ciò che è successo alle Svalbard, vero?”
 
Mary B assentì senza problemi. “So che è un argomento che neppure Brie vuole affrontare perciò, se lo vorrete, mi racconterete ciò che è successo, altrimenti no. Non mi riterrò offesa, se rimarrà un vostro segreto.”
 
“Ci arriveremo, ma non ora. E’ davvero… troppo.”
 
Lance rabbrividì al solo pensiero di tutti quei morti, di quella feroce battaglia in cui il suo lato più primitivo era uscito con prepotenza attraverso i suoi artigli.
 
Dilaniare, uccidere, smembrare, tutto gli era parso semplice, persino piacevole, in quei momenti, e non era argomento da trattarsi con una donna incinta. A maggior ragione se la donna in questione era la sua amata compagna.
 
Mary B si volse a mezzo, poggiando il gomito sul materasso e, allungatasi su di lui, depose un bacio sulle sue labbra, mormorando subito dopo: “Quando sarò una licantropa come te, ne riparleremo, va bene?”
 
Se vorrai diventare una mannara. Non è necessario che tu lo diventi, credimi. A me vai bene così. Mi sono innamorato della donna. Non importa se è umana o mannara” ci tenne a precisare lui, sorridendole.
 
Non poteva che provare piacere, nel ripensare alle loro prime telefonate, quando tutto era cominciato quasi per scherzo. In quei momenti di confusa concitazione, Lance non aveva fatto granché caso alla dolce voce della donna con cui parlava al telefono di Brie, o ai suoi modi gentili e protettivi.
 
Quando, però, era stato obbligatorio utilizzare Skype per una pianificazione più accurata delle cure da prestare a Brianna, tutto era pian piano cambiato. Vederla era stato illuminante, e non solo per la sua ovvia bellezza.
 
Erano stati i suoi occhi a colpirlo. Occhi colmi di una bellezza profonda, che appartenevano a un’anima luminosa e pura, un’anima non toccata dalle brutture che la circondavano.
 
L’avvento di Mary e Gordon a Farley aveva segnato la sua capitolazione.
 
Lance aveva lasciato che il dolore per la morte di Patrick si stemperasse, nel cuore di Mary e, come un amico, le era stato accanto per consolarla. L’aveva aiutata a comprendere, poco per volta, di non essere sola, e che non tutti gli uomini erano bugiardi e traditori come lo era stato suo marito.
 
Quel che era giunto in seguito era stato una consolazione, per lui. Una liberazione, ma anche una sorpresa.
 
L’aveva baciata per la prima volta all’uscita dall’ospedale, quando l’aveva vista sotto tono e abbacchiata per un’operazione finita male. Il suo aveva voluto essere solo un gesto carino, ma si era ben presto trasformato in qualcosa di più.
 
Mary si era lasciata andare contro di lui, permettendo che il suo corpo, la sua essenza di lupo la proteggessero, la sorreggessero in quel momento di sconforto. Non aveva avuto paura, timore, nessun genere di remora ad avvicinarsi.
 
Né era successo la loro prima notte assieme.
 
Per quanto avesse desiderato quel momento, per quanto lo avesse bramato, i ricordi di Diane si erano confusi con quegli istanti perfetti, rischiando di rovinarli per sempre. Solo la dolcezza e, assieme, la determinazione di Mary, l’avevano salvato dall’affogare nei suoi stessi incubi.
 
E ora quel cedimento, quella paura di sbagliare ancora, di non darle tutto ciò di cui aveva bisogno.
 
Si era davvero comportato come un idiota, con Brianna e, anche solo per questo, avrebbe dovuto fare mea culpa fino alla fine dei suoi giorni.
 
Ma, per il momento, doveva pensare alla sua Mary.
 
“Ammetto di avere motivazioni molto egoistiche, sai?” ironizzò la donna, strappando Lance ai suoi pensieri.
 
“In che senso?”
 
Mary, allora, si pose a cavalcioni su di lui, meravigliosamente nuda alla luce della luna e, sorridendo maliziosa, mormorò: “Desidero con tutto il cuore fondermi completamente con te e, come umana, non riuscirò mai a farlo.”
 
“E’ già splendido così, tesoro…” asserì per contro Lance, carezzandola con lo sguardo e il dorso di una mano.
 
“Ma sei frenato, hai timore di farmi male” replicò lei, sedendosi mogia sulle sue cosce.
 
Il suo sguardo somigliava molto a quello di una bambina. Una bambina birichina che, però, portava in grembo sua figlia.
 
Dèi, faticava ancora a crederci!
 
Lance le sorrise, sollevandosi a sedere per baciarle la punta del naso alla francese e, nell’affondare una mano nella sua chioma ondulata e color cioccolato fondente, mormorò roco: “Non smetterò mai di volerti, Mary, anche se rimarrai umana per tutta la nostra vita assieme.”
 
“Ma io voglio essere per te tutto ciò che desideri. E so che vuoi più di questo” precisò la donna, testardamente.
 
Lance allora rise esasperato, le baciò una spalla e, attirandola in un abbraccio, asserì: “Perché ti è venuta in mente una cosa simile?”
 
Mary, chiaramente in imbarazzo, poggiò la fronte contro la spalla robusta del compagno e ammise: “Brie, una volta, mi disse come scoprì di… di Diane.”
 
Pur non volendo, l’uomo si irrigidì. Non amava parlare di lei, figurarsi quando era a letto con Mary.
 
In realtà, non amava parlare di lei. Punto.
 
Lei lo strinse più forte, pur se sulla pelle di Lance quella stretta fu poco più di una carezza, carezza che comunque apprezzò.
 
“Mi disse che scorse dentro di te un desiderio forte e inappagato.”
 
“Di cosa?” mormorò l’uomo pur rammentando le parole che, a suo tempo, l’amica gli aveva rivolto.
 
“Desideri amare sinceramente, e con tutto te stesso, una donna che ricambi allo stesso modo i tuoi sentimenti” asserì Mary, scostandosi per guardarlo negli occhi da husky con le sue smeraldine profondità.
 
Era assolutamente seria, in quel momento, e maledettamente determinata a fargli comprendere le sue motivazioni.
 
“Io sono quella donna, Lance, almeno per quanto riguarda l’amore che provo per te…” dichiarò con decisione, pur apparendo triste. “… ma non posso essere tutto ciò che vuoi, almeno finché non sarò una mannara come te. Diversamente, tu non potrai mai essere veramente te stesso, e io perderei una parte importantissima del nostro rapporto.”
 
“Ti riferisci all’intreccio di auree?” le domandò lui, carezzandole il contorno del viso.
 
Poteva vedere chiaramente la propria onda di potere mentre, simile a velluto, scorreva sulla pelle perfetta di lei.
 
Però, Mary neppure se ne accorgeva.
 
Si era sempre dichiarato soddisfatto del loro rapporto, lieto che lei lo amasse sinceramente, che non fosse spinta solo dal desiderio di cancellare il ricordo di Patrick. Sentir parlare dalla stessa bocca della sua amata di quel problema non da poco, glielo fece comunque riconoscere come reale.
 
Mary gli afferrò il viso con entrambe le mani e, pur tremando leggermente, dichiarò con fervore: “Quando saremo certi che Keely è sana e forte, tu mi muterai in un mannaro, e non accetterò un ‘no’ come risposta.”
 
Lance si limitò ad annuire e, dopo averle deposto un casto bacio sulla guancia, la scostò da sé per stenderla sul letto.
 
Lentamente, iniziò a solleticarle la pelle con teneri baci, inframmezzati a carezze leggere, operate con la punta delle dita.
 
Mary si inarcò istintivamente, artigliando le lenzuola e mugolando di piacere.
 
Lui sorrise per diretta conseguenza e, nell’osservarle il viso oltre la curva dei seni pieni, mormorò roco: “In attesa che tu sia una mannara, mia Mary, ti dimostrerò quanto, anche così, possiamo condividere insieme.”
 
“Non vedo l’ora” ansò lei, gemendo un attimo dopo, quando la bocca di Lance raggiunse la sua femminilità.
 
***
 
Quel fagottino tutto rosa e con una spruzzata di capelli biondi sulla testolina, era veramente sua figlia?
 
Lance aveva passato le ultime dodici ore a osservare imbambolato la bimba che, tranquilla, stava dormendo nella culla accanto al letto d’ospedale di Mary.
 
La sua bambina. Il suo miracolo. La sua speranza.
 
Tutte queste cose, tutte queste meravigliose sensazioni, erano nate grazie a quella donna, alla donna che il destino aveva messo sulla sua strada. Donna che, in quel momento, si risvegliò dal suo sonnellino pomeridiano e, vedendolo seduto lì accanto, sorrise.
 
“Ehi…”
 
“Ciao” mormorò Lance, levandosi in piedi per baciarla. “Come ti senti?”
 
“Indolenzita e molto, molto affamata” dichiarò Mary, lanciando un’occhiata alla loro bambina. “Keely ha dormito bene?”
 
“Neppure un vagito di traverso” ironizzò Lance, sorridendo con orgoglio.
 
Un quieto bussare alla porta fece loro volgere il capo e, quando Brianna e Duncan entrarono, la coppia sorrise.
 
Duncan si avvicinò al suo Hati, la fierezza e l’orgoglio a illuminargli il viso e, nel poggiare una mano sulla sua spalla, dichiarò: “Le mie più sentite congratulazioni, mio lupo. La luna brilla sulla tua bambina con rara forza.”
 
Brianna si piegò su Mary B per baciarla e, nell’ammirare la bimba e il padre, asserì: “Non potrebbe essere più bella e perfetta. Avete fatto davvero un ottimo lavoro. La mia sorellina è davvero un amore.”
 
Ciò detto, si chinò per baciare sulla fronte la bimba addormentata e, con una solennità che non sfuggì a nessuno, mormorò: “Cresci sotto una buona luna, figlia mia. Il mio artiglio ti proteggerà sempre, la mia tana ti darà conforto e calore e la mia forza sarà la tua, se mai la vorrai.”
 
“Ci onori, wicca” mormorò ossequioso Lance, levandosi in piedi per ripiegare rispettosamente il capo in direzione di Brianna.
 
Lei, però, non vi badò affatto, annullò le distanze che li separavano e, nel baciare anche lui, stavolta sulle guance, dichiarò: “Sarai mio padre, tra un po’, perciò piantala con tutte queste smancerie da lupi. Abbracciami come abbracceresti tua figlia, Lance.”
 
L’uomo si ritrovò a ridere, connettendo forse per la prima volta la duplicità del suo ruolo. Non sarebbe diventato solo il marito di Mary, ma anche il padre di Brianna e Gordon, dato che la sua amata era, per legge, già la loro madre adottiva.
 
Stringendo a sé Brie, la sua amica, la sua wicca, la sua Prima Lupa, esalò sconvolto: “Dèi… a questo non avevo davvero pensato, sai?”
 
“Me n’ero accorta” rise lei, tornando infine accanto a Duncan, che stava sorridendo tutto divertito. “E ti va ancora bene che siamo già piuttosto grandicelli e svezzati!”
 
Passandosi una mano tra i capelli biondi, leggermente più lunghi rispetto al solito, Lance gracchiò: “Meno male davvero, o non avrei saputo dove prendere!”
 
“Sarebbero venuti buoni tutti i mobili in più che avevi costruito” ironizzò a quel punto Mary, sorridendo al compagno.
 
Lui arrossì suo malgrado, rammentando quel momento di sbandamento e, nel ghignare all’indirizzo di Duncan, disse: “Grazie per aver trovato loro una casa, comunque.”
 
“Era un peccato farli finire al macero, visto quanto erano belli, ti pare?” replicò Fenrir, scrollando le spalle. “Staranno d’incanto nelle case dei licantropi a cui li ho venduti. Il ricavato è stato devoluto interamente alla piccolina lì nella culla.”
 
Chinandosi per ammirarla da vicino, Duncan sussurrò poi dolcemente: “Il tuo papà e la tua mamma ti amano già tantissimo, tesoro. Non potresti essere più fortunata di così.”
 
Proprio in quel mentre, la porta si aprì di colpo e, tutto trafelato, Gordon esalò: “Ehi, ma quell’infermiera è davvero un mastino! Ho dovuto correre alla disperata, per sgattaiolare dentro!”
 
Il gruppo rise di gusto, di fronte alla sua aria spensierata e per nulla dispiaciuta, ma Gordon non fece loro caso.
 
Si avvicinò alla culla proprio mentre la piccola Keely apriva i suoi occhi al mondo e, sorridendo gaio, le disse: “Anche il tuo fratellone e la tua sorellona ti amano già, piccolina. E ci penserò io a tenere buono il papà, quando sarai così bella da far girare la testa a tutti i licantropi del branco.”
 
Mary B e Brianna, a quel commento, esplosero in una calda risata di gola mentre Lance, accigliato, fissava torvo un Gordon tutto compiaciuto.
 
“Non avevi pensato neanche a questo, vero?” ghignò il ragazzo, prima di abbracciarlo goffamente. “Congratulazioni… papà.”
 
A Lance non rimase altro che abbracciarlo di rimando e, nello scompigliargli i capelli, replicò con falso rimprovero: “Ma proprio a questo dovevi farmi pensare, razza di disgraziato che non sei altro, e dopo un solo giorno dalla sua nascita?”
 
Gordon si limitò a sghignazzare, ma Lance non trovò altri argomenti con cui rimbrottarlo.
 
Dopotutto, anche lui poteva dire di non poter essere più fortunato di così.
 
Lui e Keely non avrebbero potuto capitare in famiglia migliore.
 
 







Note: Ed ecco spiegato cosa è successo a Lance e Mary B, di cui molte di voi hanno chiesto notizie.
Nelle prossime OS parlerò di Jerome che, in qualche modo, è stato un po' tagliato fuori dal contesto nella trilogia, così come nello Spin-off su Cecily. E' ormai tempo che trovi il suo spazio, perciò spero che i prossimi racconti su di lui vi appassionino.
Per ora, vi ringrazio di essere tornat* in questo magico mondo con me, e vi auguro di tutto cuore un sereno Natale!

 
  
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