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Autore: gaccia    23/12/2015    10 recensioni
Essere un figo galattico che può avere tutte le ragazze che vuole può essere pericoloso. Soprattutto se non ritieni di dover tener conto dei sentimenti altrui convinto di essere al di sopra di tutti. Il purosangue per eccellenza, figlio di generazioni di maghi illustri che, nonostante le ultime vicissitudini nel mondo magico e la caduta in disgrazia di suo nonno per colpa del Signore Oscuro, avevano ancora potere e pasciuto conto alla Gringott.
Però, se ubriaco perso per una festa a base di whiskey incendiario e burro birra (oltre a qualche altro intruglio filobabbano) ti ritrovi a scopare una cozza con la C maiuscola e poi, a mente lucida, il mattino dopo la insulti e la fai sentire una cacca di ippogrifo… beh, prima pensa bene a sapere chi hai davanti.
Altrimenti farai la mia fine: maledetto da una potentissima strega ti ritroverai a scuola nei panni di una ragazza che dire racchia è essere gentile, scaraventato in mezzo a quella manica di matti che sono i Grifondoro, alle prese con tutta la tribù Weasley nuova generazione.
Rivisitazione, a modo mio, della favola “La Bella e la Bestia”.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'i trasformisti'
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Eccoci al capitolo 24! e qui si tirano i fili, si fanno le somme e ci si lancia verso il finale.

Dopo i doverosi ringraziamenti per chi ha inserito la storia tra le preferite, seguite o ricordate, chi ha recensito o solo letto, Elenri che ha fornito i banner, invito tutti alla LETTURA!

 

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---ooOoo---

 

Era la spilla di sua madre. La stessa donna che mi aveva fatto i biscotti quando andavo a trovare il figlio. Lo stesso figlio che era mio amico e che mi aveva tradito.

Iniziai a tremare. «No, no, no». Mi fidavo di lui come di me stesso. «Come ha potuto? Come?». Guardai Rose «Come ha potuto tradirmi così?».

«Dobbiamo dirlo subito a tuo zio Harry! Dobbiamo fermarla» quasi urlai e Rose corse dall'infermiera Warner. «Dobbiamo usare il suo camino per comunicare con Harry Potter, possiamo?». A un cenno affermativo della donna, sfoderò la bacchetta ed evocò il suo Patronus.

«Sono Rose. Zio Harry, dobbiamo parlarti. Abbiamo scoperto chi è la strega assassina. Siamo nell'ufficio della Signora Warner in infermeria».

Ero talmente sotto shock che non mi accorsi neanche del fatto che eravamo arrivati al camino, né che la faccia di Harry Potter era comparsa tra i tizzoni ardenti. Sentii la mano di Rose sulla spalla e al suo discreto incitamento, iniziai a raccontare quello che sapevo. Chi era la strega, dove viveva. Raccontai della spilla che, in realtà era il talismano delle antiche magie greche.

«Vado subito in ufficio a organizzare l'arresto. Meglio farlo immediatamente prima che decida di sparire. Voi avete trovato Daisy, il figlio potrebbe chiamare sua madre per avvisarla... non fate niente di avventato! Rose, mi raccomando, non cercate il pericolo. Ci penseremo noi al figlio».

Come era comparso, Harry Potter svanì tra i tizzoni e noi rimanemmo soli.

Lentamente mi alzai. Ero sconvolto. Non credevo che mi sarei trovato in una situazione simile, né che un ragazzo con cui avevo condiviso tutto il possibile, potesse tradirmi in questa maniera. Era devastante. «Non posso crederci» mormorai per l'ennesima volta.

«Vieni con me». Rose mi prese per mano e con calma mi portò fuori dall'infermeria. Daisy stava meglio e presto si sarebbe ripresa. Secondo la Warner non c'erano ferite o altri problemi se non una forte disidratazione.

Intimamente grati per queste notizie, tornammo al settimo piano.

 

Credevo che Rose volesse andare nella torre di Grifondoro, ma si fermò davanti al muro delle necessità e prese a camminare avanti e indietro.

«Che stai facendo?» chiesi.

«Hai bisogno di riprenderti e non di stare nel dormitorio. Devi sfogarti o scoppierai» ed aprì la porta che era appena comparsa sulla parete.

Entrammo in una sala molto grande, con un enorme camino sul fondo, cuscini, e tappeti. Più vicini a noi, manichini per quintane, bersagli e mazze erano disposti in ordine sparso, appesi al soffitto o disposti su rastrelliere.

«Che cosa sono questi?» chiesi perplesso.

«Sono tutte cose che puoi colpire, che puoi rompere. Puoi sfogarti come ti pare qui dentro, oppure puoi parlare con me. Io sarò seduta là in fondo, davanti al camino» rispose allontanandosi e lasciandomi solo a scegliere.

La mia rabbia era assoluta e, guardandomi intorno, mi venne davvero voglia di spaccare tutto, come avrei voluto spaccare lui. Presi una mazza leggermente più lunga di quella di un battitore e colpii violentemente un manichino lì accanto. Il colpo si riverberò nel braccio causando una fastidiosa vibrazione, ma mi sentii bene. Soddisfatto. Colpii ancora e di nuovo mi sentii bene. Colpii ancora e ancora e la voglia di colpirlo cresceva. Colpii e colpii e lo colpii. Nella mia mente era lui.

Lo colpii per tutte le risate che mi erano state rivolte, lo colpii per gli scherni e gli scherzi, lo colpii per la mia umiliazione e, soprattutto, lo colpii per aver desiderato la mia morte.

Quando lasciai cadere la mazza che si era rotta, avevo il fiatone. Non so quanto rimasi lì a colpire e poi a guardare il manichino completamente distrutto.

Quando alzai lo sguardo verso il fondo della sala, Rose era seduta, con le ginocchia al petto e mi fissava.

Avanzai verso di lei e mi lasciai cadere sul tappeto, al suo fianco.

«Ti amo» dissi solo, prima di prenderla tra le braccia e baciarla come se fosse l'ultima cosa al mondo che mi fosse concesso di fare. La sentii sorridere sotto le mie labbra e approfondii il bacio spostandomi poi a mordicchiarle la mandibola, la guancia e poi la pelle sotto l'orecchio.

Al suo sospiro estatico, proseguii scendendo al collo e le sfilai la maglia e, subito dopo, i pantaloni e gli slip.

Coricata davanti alle fiamme del camino che disegnavano caldi arabeschi sulla sua pelle lattea... era stupenda. «Sei bellissima» ripetei a voce alta quello che la mia mente stava ripetendo all'infinito.

Lei mi sorrise e allungò le braccia verso di me, che mi ero sollevato per ammirarla meglio.

Ci baciammo ancora, poi iniziai a scendere, carezzando la sua pelle con le dita e con le labbra.

I suoi ansimi riempivano la stanza e mi eccitavano ancora di più.

Arrivai ai seni e lentamente li avvolsi nelle mie mani. Perfette colline adatte alle mie dita. Baciai lembi di pelle sino ad arrivare alla sommità, più scura e impudicamente eretta a offrirsi a me.

Succhiai il capezzolo, forte e la sentii gemere e inarcarsi. Le sue mani stringevano la mia casacca, come se non sapessero dove appigliarsi, come se stessero affogando e dovessero trovare un sostegno.

Succhiai, sfregai, mordicchiai, leccai. Tutto il repertorio, tutto quello che mi veniva istintivo fare il per suo e il mio piacere.

Non si tratteneva più, i suoi gemiti erano sempre più forti.

Scivolai ancora più in basso, a baciarle il ventre, a leccare la pelle intorno all'ombelico, e poi ancora più in basso, sul monte di Venere, a scoprirne il tesoro.

Le allargai dolcemente le gambe e mi posizionai di fronte alla sua entrata. Aspirai il suo odore. Eccitata. E leccai scatenando il suo grido.

Mi avventai su di lei come se fosse il mio pasto. Aiutandomi con le dita, leccai, mordicchiai e bevvi la sua eccitazione. Stuzzicai sino al parossismo il clitoride. Entrai lentamente in lei con un dito e la stimolai. Era strettissima. Sfregai diverse volte, poi infilai un altro dito, schiacciando il fascio di nervi con il pollice. In quel momento sentii le pareti vaginali stringermi a ondate le dita, mentre Rose si irrigidiva e rilasciava un urlo liberatorio.

 

Sfilai piano le dita da lei e mi coricai al suo fianco, prendendola tra le braccia e appellando una coperta lì vicino. Era rilassata, completamente sfatta e mi guardava con gli occhi socchiusi e le labbra aperte a un dolce sorriso.

«Ti amo» sussurrò prima di appoggiarsi e chiudere gli occhi. Poi aggrottò la fronte. «E tu… non?» indicando vagamente in basso.

Sorrisi. «Non preoccuparti. Sarà un'altra volta, adesso dormi. Sei esausta».

Il mio amichetto del sud non era per niente d'accordo e la stretta al inguine me lo fece capire chiaramente. Ma non mi importava. Non l'avrei costretta a fare qualcosa, visto quanto era stanca. Ci sarebbe stato tutto il tempo un'altra volta.

Durante il resto della notte mi svegliai di soprassalto. Un dolore fortissimo al petto mi aveva strappato al sonno ristoratore.

Le fiamme guizzavano ancora nel camino e Rose era sempre allacciata al mio fianco, nuda e bellissima.

Le diedi un bacio sulla tempia e sistemai meglio la coperta perché non prendesse freddo, quando lo sguardo finì sulla mia mano. Non era la mano flaccida e tozza di Shaula. Quella era la mano di Scorpius.

Mi spostai cercando di non svegliare Rose e cercai uno specchio. Agitato mi tastai il viso. Sentivo il mio naso, le mie guance. Tirai i capelli davanti agli occhi. Erano corti e mossi e... biondi.

Il pigiama pendeva floscio, troppo grande per il mio fisico. Sollevai la casacca e feci scorrere la mano sulla pancia. Non c'erano più i rotoloni di ciccia. Quello era il petto segnato dalle fasce muscolari che mi erano venute a forza di esercizi nella palestra babbana.

Non potevo crederci. La maledizione era stata spezzata.

Raccolsi il mantello e la bacchetta e corsi fuori dalla stanza. Dovevo trovare uno specchio e convincermi che quello che sentivo era reale. Mi feci un pizzicotto e sentii il dolore. No, non stavo dormendo.

Mi guardai attorno e corsi al piano di sotto, nel bagno dismesso, dove c'erano ancora specchi scheggiati che sarebbero bastati a farmi vedere se davvero ero tornato me stesso.

L'alba era passata da un pezzo e gli studenti stavano andando in sala grande per la colazione.

Arrivai al bagno senza fiato e entrai di getto poi mi bloccai.

Un grande specchio a parete era affisso sul muro di fronte alla porta. L'immagine che rimandava era quella di un ragazzo biondo, alto e decisamente attraente, con addosso un mantello sbilenco da cui spuntavano i calzoni flosci di un pigiama azzurro polvere.

«Sono io... sono tornato» mormorai toccandomi la guancia.

Ero io ed ero salvo. Non sarei più morto ad agosto. Sarei vissuto per tantissimi anni. Avevo un'intera vita davanti.

«Rose!» gridai. L'avevo lasciata sola nella stanza delle necessità. Dovevo correre da lei prima che non mi trovasse al suo fianco. Sarebbe stata felice di vedermi tornato al mio aspetto originario e, adesso, saremmo potuti stare insieme senza alcun problema.

Ero davvero felice, tutto si era sistemato per il meglio e io avevo trovato una ragazza incredibile e mi ero innamorato.

Trasfigurai i miei abiti, facendomi calzare i vestiti e la divisa di Hogwarts e corsi come un forsennato al settimo piano.

La porta sulla parete era scomparsa, ma probabilmente la stanza celava la privacy delle persone al suo interno.

Camminai avanti e indietro pensando intensamente a Rose che mi aspettava dentro. L'avrei svegliata con un bacio, come le favole babbane che tanto piacevano a mia madre.

«Rose» chiamai appena entrato.

Ero tornato nella stanza degli allenamenti, dove mi ero sfogato con rabbia. Il manichino rotto a terra mi fece ricordare cosa era successo nella notte precedente e a chi andava il mio odio. Ma di lei nessuna traccia. Il camino era spento e la coperta piegata su un lato del tappeto dove ci eravamo amati.

Cazzo!

Mai, mai, mai far svegliare una ragazza sola nel letto dove c'eri stato insieme. Era il miglior metodo per allontanarla e io avevo fatto quello a Rose.

Scossi la testa risoluto. Non mi sarei scoraggiato. Non appena mi avesse visto, avrebbe capito cosa era successo e mi avrebbe perdonato. In caso contrario avrei camminato a carponi sui carboni ardenti per gli anni avvenire pur di tornare con lei.

Non potendo andare nel dormitorio dei Grifondoro, adesso che ero ritornato me stesso, scesi direttamente nella sala grande per la colazione. Magari una dichiarazione plateale in ginocchio avrebbe ammorbidito la mia ragazza.

Non misi in conto dello shock che avrei causato entrando con il mio aspetto, né che, dopo un rapido sguardo al tavolo dei grifoni, constatato che non era presente la rossa che volevo, la mia attenzione si era rivolta tutta verso il tavolo dei Serpeverde, verso i miei compagni di dormitorio, verso i miei amici.

 

Il silenzio calò sulla sala mentre io cominciai a camminare verso il mio vecchio tavolo. Delphina, Blaike, Lucinda, Theodore e Claire che erano rivolti con la schiena al muro, mi videro arrivare e subito scattarono in piedi.

«Scorpius! Sei tornato!» gridò il mio migliore amico mentre scavalcava la panca e aggirava il tavolo per venirmi incontro.

«Ben tornato, Scorp» fece eco Lucinda. Non sembrava più lo squalo assetato di sangue di qualche tempo prima. Ghignai al solo pensiero di quando avrebbe saputo tutto e collegato le sue pessime figure.

Quel pensiero però fu subito accantonato per fissarsi su quella figura che ancora mi dava le spalle, ingobbita con la testa piegata a fissare il piatto.

Anche Tyson e Cassandra si erano alzati per salutarmi, felici di trovarsi insieme. Dovevo ancora digerire il modo di come si erano comportati ma ero quasi certo che li avrei perdonati.

«Come ci sei riuscito?» chiese Blaike dopo avermi abbracciato.

«Abbiamo scoperto chi era la strega e il suo complice» risposi atono, scatenando la meraviglia del moro.

In quel momento entrarono i gufi della posta del mattino e consegnarono anche diverse copie della gazzetta del profeta. In prima pagina, a lettere cubitali, si leggeva il titolo: CATTURATA EMYLI REVENCLAW ACCUSATA DELL’OMICIDIO MEDIANTE MALEDIZIONE DI QUATTRO MAGHI E DEL TENTATO OMICIDIO DI ALTRI TRE.

La preside McGranitt ci aveva raggiunti e ascoltava con attenzione, pronta a intervenire.

Non appena il brusio per la nuova notizia si fece sempre più forte, Blaike si voltò verso l’unico che ancora non si era alzato.

«Perché?» urlai con quanto fiato avevo in corpo «Perché, Nigel? Eravamo amici! Cosa ti ho fatto per volermi morto? Perché?». Era vero. Il tradimento da parte di chi amavi, ti strappava una parte di cuore, per sempre. E io ne sentivo tutta la parte sanguinante e dolorosa.

Nigel sollevò la testa ma non fece in tempo a voltarsi verso di noi che Blaike l’aveva afferrato per la collottola e lo aveva trascinato in piedi oltre la panca.

«Sei un pezzo di merda!» urlò prima di tirargli un pugno sul naso con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo.

Nigel cadde a terra come un sacco e non tentò neanche di alzarsi. Lacrime cocenti scorrevano sulle sue guance e anche su quelle mie e di Blaike. Eravamo sempre stati amici noi tre. Più legati di altri. Io e Blaike ci conoscevamo da piccolissimi, ma avevamo accettato Nigel come un fratello non appena conosciuto a scuola. Da allora eravamo stati inseparabili.

«Voglio sapere il perché!» urlai ancora più forte.

Nessuno fiatava. Tutti volevano sentire la risposta, sapere la storia, capire perché ero tornato e avessi cominciato a litigare.

«E’ stata mia madre» rispose flebile.

«Non dare la colpa a tua madre! Tu potevi aiutarmi con il contro incantesimo e invece hai fatto sparire il libro, i miei appunti, hai rubato quegli occhiali che ti spuntano dalla tasca e hai colpito Blaike! Sai che ho sentito te e tua madre parlare. Tu dovevi sorvegliarci e stare attento che io non avessi speranza di farcela! Hai quasi ucciso Daisy!» rimasi in sospeso un attimo. Il simbolo era di suo padre, ma lui non l’aveva più usato dopo che era tornato dalla famiglia, perché faceva parte della sua vecchia vita. Lui aveva lasciato l’amante… l’aveva tradita… e Daisy aveva riconosciuto il vecchio simbolo che lei stessa usava e sapeva chi lo stava ancora utilizzando…

«Hai quasi ucciso tua sorella!» gridai sconvolto.

Nigel alzò la testa di scatto e fece una smorfia «Sorellastra! Se non fosse stato per lei, mio padre sarebbe rimasto con noi, invece di tornare da quelle! Ha sempre cercato di farci andare d’accordo ma lei è così… insignificante!» sputò come un insulto.

Era questo il tradimento per il quale la madre di Nigel aveva ucciso. Si era sentita tradita dall’amante che era tornato dalla moglie e dalla figlia ufficiali.

«Come mai ti chiami, Speers?» chiese Cassandra riferendosi al nome della madre. Mi venne quasi da ridere, tra tutte le cose che poteva chiedere, sapere del suo cognome era quella meno interessante.

«E’ il cognome del mio patrigno. Lui è morto anni fa e la mamma… è uscita di testa» mormorò. In un certo senso mi faceva pena. Era stata dura per lui. Poi però pensavo a tutte quelle persone morte e non trovavo scusanti. Era complice, non le aveva uccise lui, ma avrebbe potuto fermarla e farla aiutare, invece non aveva fatto nulla.

«Perché io?» chiesi. Volevo saperlo.

«La mamma vedeva come te la spassavi senza avere rispetto e la giornata della festa delle stelle aveva bevuto… mi spiace, Scorpius. Che tu ci creda o meno, mi dispiace».

«Signor Speers, venga con me. Dobbiamo aspettare gli auror che la prenderanno in custodia nel mio ufficio» disse la McGranitt, facendo rialzare Nigel da terra. Nel punto dove Blaike l’aveva colpito, si stava formando un vistoso livido violaceo.

Il professor Chan e il professor Paciock si affiancarono alla preside per accompagnare il ragazzo al settimo piano.

Seguii il gruppetto con lo sguardo. Ero svuotato. Avevo perso un amico e forse anche la fiducia nel genere, eppure sentivo ancora del calore attorno a me.

 

Stavo per sedermi, esausto per le tante emozioni di quei due giorni, quando sentimmo delle urla provenienti dall’atrio del castello. Alcuni di noi furono più veloci di altri ad arrivare e quando giungemmo oltre il portone della sala grande, vedemmo una scena agghiacciante, almeno per me.

Sulle scale erano accucciate, abbracciate insieme e con la bacchetta sguainata, Rose e Daisy. Erano pallide e accanto a loro c’era il buco di un incantesimo deviato.

Più su la signora Warner guardava in cagnesco il ragazzo svenuto sul pavimento, attorniato dai professori.  

«Cosa è successo?» fece una voce accanto a me.

«Il signor Speers ha attaccato la signorina Smith ed è stato schiantato» riassunse secca la preside. Poi diede ordine ai due professori di portare Nigel in infermeria ed evocò il suo patronus per convocare urgentemente Harry Potter a Hogwarts.

Io tentai di svicolare, per raggiungere Rose che cercava di consolare una Daisy in lacrime, ma non riuscii a fare che un paio di passi, prima di essere risucchiato dagli altri studenti all’interno della sala grande, dove la preside ci aveva ordinato di rientrare.

«Rose, Rose» gridai, ma lei non alzò la testa e, sostenendo una Daisy sconvolta, si diresse verso il primo piano, probabilmente per tornare in infermeria.

Dovevo parlarle. Spiegarmi e chiarire tutto quanto. Stavamo insieme, per Merlino!

 

Sedetti nella sala grande e venni attorniato dai miei compagni di Serpeverde.

«Scorpius, si può sapere cosa è successo?» chiese Claire, sedendosi accanto a me.

«Ti ricordi la festa delle stelle dell’anno scorso?», al suo annuire, proseguii e raccontai per sommi capi, tutta la storia. Evitai solo di rivelare di essere stata Shaula, altrimenti Theodore ci sarebbe rimasto troppo male. Qualcuno però capì ugualmente ed arrossì, mimando un ‘scusami’ molto accorato, che mi fece ghignare dalla soddisfazione.

«Quindi sei stato trasformato in un’altra persona? E come mai non ti abbiamo mai visto?» chiese Goyle.

«Mi facevano seguire corsi separati» risposi evasivo. Sembrò essere soddisfatto della mia risposta e mangiò l’ultimo muffin rimasto sulla tavola con enorme soddisfazione. «Povera Daisy. Il fratellastro che voleva ucciderla. E dire che è una cosina tanto dolce e carina».

Blaike lo guardò scettico e io gli diedi una spallata per farlo tacere. «Dovresti provare a frequentarla. È una gran brava ragazza… ti piacerebbe» dissi convinto e quando il suo sorriso si fece più largo, pregai che la Smith fosse abbastanza forte da subire i suoi assalti romantici.

«Magari puoi far arrivare altri fiori canterini» suggerì Zabini. «Il professor Paciock sarebbe contento».

Al tavolo degli insegnanti, la professoressa Balloi si alzò e tramite un sonorus, invitò tutti gli studenti a recarsi alle loro lezioni.

«Abbiamo due ore di incantesimi, ora. Spero che tu non sia rimasto indietro, visto che tra poco ci saranno i M.A.G.O.» disse Cassandra e io annuii.

«Me lo ricordo, non preoccuparti».

Delphina mi abbracciò stretto e io feci altrettanto. Era stata cattiva con Shaula, ma mi voleva bene e io avevo bisogno di questo calore dopo il gelo causato da Nigel. «Mi sei mancato, Scorp» disse.

«Anche tu, Delph» risposi. Le diedi un bacetto sopra la testa e alzai la mia.

In quel momento, ferma sulla porta della sala c’era Rose, attorniata dai suoi cugini che, probabilmente, la stavano aggiornando sugli ultimi avvenimenti ai quali non aveva assistito.

Feci per raggiungerla ma venni intercettato prima da Gazza, il vecchissimo custode. «La preside McGranitt vuole vederti, Malfoy».

 

Non ero felice di interrompere la mia ricerca della rossa, ma se la McGranitt voleva vedermi, probabilmente era una cosa importante che avrebbe terminato il casino nel quale mi ero ritrovato.

Quando bussai alla porta della torre, questa si aprì e mi fece salire sulla scala a chiocciola che mi portò direttamente all’interno dell’ufficio. Qui, in piedi accanto alla scrivania, aspettavano i miei genitori.

«Scorpius!» urlò mia madre, abbracciandomi stretto. Mio padre si limitò a darmi qualche pacca sulla spalla, con un sorriso sulla faccia da ringraziare le orecchie che lo contenevano.

«Abbiamo saputo questa mattina e siamo venuti qui subito» disse mia madre guardandomi attenta.

«E’ tutto a posto?» chiese mio padre.

«Tutto a posto» confermai. «La maledizione è stata annullata e io sono salvo».

«Naturalmente faremo dei controlli» si intromise la vecchia gattaccia «Ma credo di poter affermare che il signor Malfoy non rischi più la vita» terminò sorridendo.

Rimasi un po’ di tempo nello studio, raccontando ai miei genitori, quanto era successo, senza soffermarmi troppo sul ruolo di Rose. Prima di presentarla ufficialmente dovevo risolvere con lei. In quel frangente, seppi che Nigel era stato trasferito al San Mungo sotto scorta e poi sarebbe stato interrogato dagli auror e processato. Daisy era in compagnia dei suoi genitori che erano stati avvisati del ritrovamento ed erano appena arrivati. Ero sicuro che si sarebbe ripresa.

«Signor Malfoy. Manca meno di un mese agli esami per i M.A.G.O. ritengo che debba tornare al suo dormitorio in Serpeverde, sino al diploma. Non possiamo lasciarla in Grifondoro, onde mantenere il segreto, sempre che lei lo voglia» disse la preside.

«Non mi vergogno di quello che è successo, ma per non mettere in imbarazzo tutti quelli che mi hanno denigrato, preferirei che non si sapesse niente. Ritornerò a Serpeverde» dichiarai.

«Questo le fa molto onore, signor Malfoy. Se posso osare, nella disgrazia di questa maledizione, quello che è accaduto le è servito molto per crescere come persona. Sono fiera di lei». Mai nella mia vita mi sarei aspettato dei complimenti così plateali da parte della gattaccia.

Quando uscii dalla presidenza, dopo aver salutato i miei genitori, erano già passate quasi tre ore e tra poco le lezioni si sarebbero interrotte per il pranzo.

Decisi quindi di aspettare Rose direttamente in sala grande, ma quando lei non si fece vedere e neanche i suoi cugini mi seppero dire dove era andata a nascondersi, mi misi a cercarla per tutto il castello.

 

Feci una capatina nel dormitorio dei Serpeverde, per prendere un oggetto che mi avrebbe senz’altro aiutato nella mia operazione ‘farti perdonare da Rose Weasley’.

Per accelerare la ricerca, entrai nella torre dei Grifondoro per parlare con Albus e chiedergli la mappa. Gli sguardi stupiti e attoniti degli altri ragazzi riuniti nella sala comune furono impagabili.

«Malfoy, come hai fatto ad entrare?».

«So la parola d’ordine, Thomas» risposi tranquillo. «Sai se Albus è in camera?» chiesi.

«L’ho visto salire poco fa… non avrai mica intenzione di salire? Tu non dovresti neanche essere qui» protestò.

«Ho bisogno di parlargli».

Alle mie spalle sentii la voce di Lucy «Tranquillo, Scopius, vado io a chiamarlo e a prendere la mappa».

«Grazie, Lucy» risposi sorridendo. Almeno non tutti i Grifondoro erano ostili.

Pochi istanti dopo, Potter e Weasley mi avevano accerchiato.

«Prima di parlare con voi devo trovare Rose» iniziai.

«Non prenderla in giro adesso che sei tornato normale o ti faremo fuori noi. Prima di agosto» minacciò Albus ficcandomi in mano l’agognata mappa.

Dissi la formula e guardai frenetico tutti i piani e i giardini del castello. Niente. Questo voleva dire una cosa sola. Stanza delle necessità. Senza ringraziare, tesi la mappa al proprietario e corsi fuori dalla torre, diretto al muro senza porta nell’ala est del settimo piano.

 

‘Il posto dove si trova Rose’ pensai intensamente mentre passavo tre volte davanti ai mattoni della parete. Finalmente, al terzo passaggio, la porta si palesò e la aprii di getto. All’interno c’era Rose, seduta con le ginocchia al petto che fissava le fiamme del camino con aria pensierosa.

«Rose, ti ho trovata finalmente» esalai mentre mi sedevo accanto a lei.

Restai un attimo in silenzio poi la sentii dire: «Mi hai trovata».

«Hai visto? Abbiamo sconfitto la maledizione» le dissi con voce felice. Lei annuì solamente.

«Rose, parlami. Che succede?». L’atmosfera non era quella che avrei sperato dal momento che ero tornato normale.

«Tu sei tornato Scorpius, e adesso potrai tornare a fare lo stupido come facevi prima» rispose atona.

La presi per le spalle e la feci girare verso di me. I suoi occhi erano lucidi, sull’orlo delle lacrime e per niente al mondo avrei voluto che le versasse.

«E’ questo che pensi di me? Che potrei dimenticarmi di quello che provo per te? Che potrei lasciarti andare? Io non voglio lasciarti andare, Rose. Ti amo e la maledizione si è spezzata per questo motivo. Noi ci amiamo e nessuno deve e può dividerci».

Lei mi guardò con lo sguardo stupito e ancora più lucido. «Davvero vuoi me? Te ne sei andato questa mattina. Pensavo che ti fossi stancato di aspettare…» e arrossì.

«Rose, sono andato a guardarmi allo specchio perché ero tornato normale e avevo bisogno di vederlo. Sono tornato subito ma tu eri già andata via… poi Nigel e la McGranitt… è tutto il giorno che ti sto cercando per ripeterti quanto ti amo. Voglio te. Solo te» ripetei prima di baciarla.

Un bacio lungo appassionato e innamorato, per toglierle ogni dubbio.

«Anche io ti amo, Scopius» esalò quando ci staccammo.

«Per questo voglio regalarti l’anello dei Malfoy, così non avrai più dubbi su quanto ti amo e voglio stare con te».

Presi la scatoletta ed estrassi l’anello antico che le infilai all’anulare. Un anello di fidanzamento per gridare a tutti che Rose Weasley era la ragazza di Scorpius Malfoy.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

è finita. Tutti i pezzi sono tornati al loro posto, o quasi (se vi viene in mente qualche cosa di sospeso ditemelo).

I ragazzi devono ancora diplomarsi e poi salutare le sicure pareti di Hogwarts e affrontare il mondo degli adulti.

Come promesso ho inserito i nick di tutti quelli che hanno recensito fino al capitolo 22. Per le nuove voci mi dispiace ma non ho più occasione di fare altrettanto quindi ringrazio qui. HermioneJeanGranger97 (avrei tolto 97 e avrei fatto partecipare Hermione in una scena), MalfoyAmalia (una lontana cugina o una futura discendente), PollyWonka (sicuramente una professoressa, magari agli esami del mago).

Vi rimando al prossimo ultimo capitolo dove affronteremo i M.A.G.O., ma soprattutto i genitori Weasley e Malfoy. E tranquilli, io amo Ron e non ho alcuna intenzione di farlo svenire. (anche perché sarebbe assurdo per un auror).

 

A domani o venerdì per l'ultimo capitolo

Baciotti

 

  
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