Eccoci al
capitolo 24! e qui si tirano i fili, si fanno le somme e ci si lancia
verso il
finale.
Dopo i
doverosi ringraziamenti per chi ha inserito la storia tra le preferite,
seguite
o ricordate, chi ha recensito o solo letto, Elenri che ha fornito i
banner,
invito tutti alla LETTURA!
---ooOoo---
Era
la spilla di sua madre.
La stessa donna che mi aveva fatto i biscotti quando andavo a trovare
il
figlio. Lo stesso figlio che era mio amico e che mi aveva tradito.
Iniziai
a tremare. «No, no,
no». Mi fidavo di lui come di me stesso. «Come ha
potuto? Come?». Guardai Rose
«Come ha potuto tradirmi così?».
«Dobbiamo
dirlo subito a tuo
zio Harry! Dobbiamo fermarla» quasi urlai e Rose corse
dall'infermiera Warner.
«Dobbiamo usare il suo camino per comunicare con Harry
Potter, possiamo?». A un
cenno affermativo della donna, sfoderò la bacchetta ed
evocò il suo Patronus.
«Sono
Rose. Zio Harry,
dobbiamo parlarti. Abbiamo scoperto chi è la strega
assassina. Siamo
nell'ufficio della Signora Warner in infermeria».
Ero
talmente sotto shock che
non mi accorsi neanche del fatto che eravamo arrivati al camino,
né che la
faccia di Harry Potter era comparsa tra i tizzoni ardenti. Sentii la
mano di
Rose sulla spalla e al suo discreto incitamento, iniziai a raccontare
quello
che sapevo. Chi era la strega, dove viveva. Raccontai della spilla che,
in
realtà era il talismano delle antiche magie greche.
«Vado
subito in ufficio a
organizzare l'arresto. Meglio farlo immediatamente prima che decida di
sparire.
Voi avete trovato Daisy, il figlio potrebbe chiamare sua madre per
avvisarla...
non fate niente di avventato! Rose, mi raccomando, non cercate il
pericolo. Ci
penseremo noi al figlio».
Come
era comparso, Harry
Potter svanì tra i tizzoni e noi rimanemmo soli.
Lentamente
mi alzai. Ero
sconvolto. Non credevo che mi sarei trovato in una situazione simile,
né che un
ragazzo con cui avevo condiviso tutto il possibile, potesse tradirmi in
questa
maniera. Era devastante. «Non posso crederci»
mormorai per l'ennesima volta.
«Vieni
con me». Rose mi prese
per mano e con calma mi portò fuori dall'infermeria. Daisy
stava meglio e
presto si sarebbe ripresa. Secondo la Warner non c'erano ferite o altri
problemi se non una forte disidratazione.
Intimamente
grati per queste
notizie, tornammo al settimo piano.
Credevo
che Rose volesse
andare nella torre di Grifondoro, ma si fermò davanti al
muro delle necessità e
prese a camminare avanti e indietro.
«Che
stai facendo?» chiesi.
«Hai
bisogno di riprenderti e
non di stare nel dormitorio. Devi sfogarti o scoppierai» ed
aprì la porta che
era appena comparsa sulla parete.
Entrammo
in una sala molto
grande, con un enorme camino sul fondo, cuscini, e tappeti.
Più vicini a noi,
manichini per quintane, bersagli e mazze erano disposti in ordine
sparso,
appesi al soffitto o disposti su rastrelliere.
«Che
cosa sono questi?»
chiesi perplesso.
«Sono
tutte cose che puoi
colpire, che puoi rompere. Puoi sfogarti come ti pare qui dentro,
oppure puoi
parlare con me. Io sarò seduta là in fondo,
davanti al camino» rispose
allontanandosi e lasciandomi solo a scegliere.
La
mia rabbia era assoluta e,
guardandomi intorno, mi venne davvero voglia di spaccare tutto, come
avrei
voluto spaccare lui. Presi una mazza leggermente più lunga
di quella di un
battitore e colpii violentemente un manichino lì accanto. Il
colpo si riverberò
nel braccio causando una fastidiosa vibrazione, ma mi sentii bene.
Soddisfatto.
Colpii ancora e di nuovo mi sentii bene. Colpii ancora e ancora e la
voglia di
colpirlo cresceva. Colpii e colpii e lo colpii. Nella mia mente era lui.
Lo
colpii per tutte le risate
che mi erano state rivolte, lo colpii per gli scherni e gli scherzi, lo
colpii
per la mia umiliazione e, soprattutto, lo colpii per aver desiderato la
mia
morte.
Quando
lasciai cadere la
mazza che si era rotta, avevo il fiatone. Non so quanto rimasi
lì a colpire e
poi a guardare il manichino completamente distrutto.
Quando
alzai lo sguardo verso
il fondo della sala, Rose era seduta, con le ginocchia al petto e mi
fissava.
Avanzai
verso di lei e mi
lasciai cadere sul tappeto, al suo fianco.
«Ti
amo» dissi solo, prima di
prenderla tra le braccia e baciarla come se fosse l'ultima cosa al
mondo che mi
fosse concesso di fare. La sentii sorridere sotto le mie labbra e
approfondii
il bacio spostandomi poi a mordicchiarle la mandibola, la guancia e poi
la
pelle sotto l'orecchio.
Al
suo sospiro estatico,
proseguii scendendo al collo e le sfilai la maglia e, subito dopo, i
pantaloni
e gli slip.
Coricata
davanti alle fiamme
del camino che disegnavano caldi arabeschi sulla sua pelle lattea...
era
stupenda. «Sei bellissima» ripetei a voce alta
quello che la mia mente stava
ripetendo all'infinito.
Lei
mi sorrise e allungò le
braccia verso di me, che mi ero sollevato per ammirarla meglio.
Ci
baciammo ancora, poi
iniziai a scendere, carezzando la sua pelle con le dita e con le
labbra.
I
suoi ansimi riempivano la
stanza e mi eccitavano ancora di più.
Arrivai
ai seni e lentamente
li avvolsi nelle mie mani. Perfette colline adatte alle mie dita.
Baciai lembi
di pelle sino ad arrivare alla sommità, più scura
e impudicamente eretta a
offrirsi a me.
Succhiai
il capezzolo, forte
e la sentii gemere e inarcarsi. Le sue mani stringevano la mia casacca,
come se
non sapessero dove appigliarsi, come se stessero affogando e dovessero
trovare
un sostegno.
Succhiai,
sfregai,
mordicchiai, leccai. Tutto il repertorio, tutto quello che mi veniva
istintivo
fare il per suo e il mio piacere.
Non
si tratteneva più, i suoi
gemiti erano sempre più forti.
Scivolai
ancora più in basso,
a baciarle il ventre, a leccare la pelle intorno all'ombelico, e poi
ancora più
in basso, sul monte di Venere, a scoprirne il tesoro.
Le
allargai dolcemente le
gambe e mi posizionai di fronte alla sua entrata. Aspirai il suo odore.
Eccitata. E leccai scatenando il suo grido.
Mi
avventai su di lei come se
fosse il mio pasto. Aiutandomi con le dita, leccai, mordicchiai e bevvi
la sua
eccitazione. Stuzzicai sino al parossismo il clitoride. Entrai
lentamente in lei
con un dito e la stimolai. Era strettissima. Sfregai diverse volte, poi
infilai
un altro dito, schiacciando il fascio di nervi con il pollice. In quel
momento
sentii le pareti vaginali stringermi a ondate le dita, mentre Rose si
irrigidiva e rilasciava un urlo liberatorio.
Sfilai
piano le dita da lei e
mi coricai al suo fianco, prendendola tra le braccia e appellando una
coperta
lì vicino. Era rilassata, completamente sfatta e mi guardava
con gli occhi
socchiusi e le labbra aperte a un dolce sorriso.
«Ti
amo» sussurrò prima di
appoggiarsi e chiudere gli occhi. Poi aggrottò la fronte.
«E tu… non?»
indicando vagamente in basso.
Sorrisi.
«Non preoccuparti.
Sarà un'altra volta, adesso dormi. Sei esausta».
Il
mio amichetto del sud non
era per niente d'accordo e la stretta al inguine me lo fece capire
chiaramente.
Ma non mi importava. Non l'avrei costretta a fare qualcosa, visto
quanto era
stanca. Ci sarebbe stato tutto il tempo un'altra volta.
Durante
il resto della notte
mi svegliai di soprassalto. Un dolore fortissimo al petto mi aveva
strappato al
sonno ristoratore.
Le
fiamme guizzavano ancora
nel camino e Rose era sempre allacciata al mio fianco, nuda e
bellissima.
Le
diedi un bacio sulla
tempia e sistemai meglio la coperta perché non prendesse
freddo, quando lo
sguardo finì sulla mia mano. Non era la mano flaccida e
tozza di Shaula. Quella
era la mano di Scorpius.
Mi
spostai cercando di non
svegliare Rose e cercai uno specchio. Agitato mi tastai il viso.
Sentivo il mio
naso, le mie guance. Tirai i capelli davanti agli occhi. Erano corti e
mossi
e... biondi.
Il
pigiama pendeva floscio,
troppo grande per il mio fisico. Sollevai la casacca e feci scorrere la
mano
sulla pancia. Non c'erano più i rotoloni di ciccia. Quello
era il petto segnato
dalle fasce muscolari che mi erano venute a forza di esercizi nella
palestra
babbana.
Non
potevo crederci. La
maledizione era stata spezzata.
Raccolsi
il mantello e la
bacchetta e corsi fuori dalla stanza. Dovevo trovare uno specchio e
convincermi
che quello che sentivo era reale. Mi feci un pizzicotto e sentii il
dolore. No,
non stavo dormendo.
Mi
guardai attorno e corsi al
piano di sotto, nel bagno dismesso, dove c'erano ancora specchi
scheggiati che
sarebbero bastati a farmi vedere se davvero ero tornato me stesso.
L'alba
era passata da un
pezzo e gli studenti stavano andando in sala grande per la colazione.
Arrivai
al bagno senza fiato
e entrai di getto poi mi bloccai.
Un
grande specchio a parete
era affisso sul muro di fronte alla porta. L'immagine che rimandava era
quella
di un ragazzo biondo, alto e decisamente attraente, con addosso un
mantello
sbilenco da cui spuntavano i calzoni flosci di un pigiama azzurro
polvere.
«Sono
io... sono tornato»
mormorai toccandomi la guancia.
Ero
io ed ero salvo. Non
sarei più morto ad agosto. Sarei vissuto per tantissimi
anni. Avevo un'intera
vita davanti.
«Rose!»
gridai. L'avevo
lasciata sola nella stanza delle necessità. Dovevo correre
da lei prima che non
mi trovasse al suo fianco. Sarebbe stata felice di vedermi tornato al
mio aspetto
originario e, adesso, saremmo potuti stare insieme senza alcun
problema.
Ero
davvero felice, tutto si
era sistemato per il meglio e io avevo trovato una ragazza incredibile
e mi ero
innamorato.
Trasfigurai
i miei abiti,
facendomi calzare i vestiti e la divisa di Hogwarts e corsi come un
forsennato
al settimo piano.
La
porta sulla parete era
scomparsa, ma probabilmente la stanza celava la privacy delle persone
al suo
interno.
Camminai
avanti e indietro
pensando intensamente a Rose che mi aspettava dentro. L'avrei svegliata
con un
bacio, come le favole babbane che tanto piacevano a mia madre.
«Rose»
chiamai appena
entrato.
Ero
tornato nella stanza
degli allenamenti, dove mi ero sfogato con rabbia. Il manichino rotto a
terra
mi fece ricordare cosa era successo nella notte precedente e a chi
andava il
mio odio. Ma di lei nessuna traccia. Il camino era spento e la coperta
piegata
su un lato del tappeto dove ci eravamo amati.
Cazzo!
Mai,
mai, mai far svegliare
una ragazza sola nel letto dove c'eri stato insieme. Era il miglior
metodo per
allontanarla e io avevo fatto quello a Rose.
Scossi
la testa risoluto. Non
mi sarei scoraggiato. Non appena mi avesse visto, avrebbe capito cosa
era
successo e mi avrebbe perdonato. In caso contrario avrei camminato a
carponi
sui carboni ardenti per gli anni avvenire pur di tornare con lei.
Non
potendo andare nel
dormitorio dei Grifondoro, adesso che ero ritornato me stesso, scesi
direttamente nella sala grande per la colazione. Magari una
dichiarazione
plateale in ginocchio avrebbe ammorbidito la mia ragazza.
Non
misi in conto dello shock
che avrei causato entrando con il mio aspetto, né che, dopo
un rapido sguardo
al tavolo dei grifoni, constatato che non era presente la rossa che
volevo, la
mia attenzione si era rivolta tutta verso il tavolo dei Serpeverde,
verso i
miei compagni di dormitorio, verso i miei amici.
Il
silenzio calò sulla sala
mentre io cominciai a camminare verso il mio vecchio tavolo. Delphina,
Blaike,
Lucinda, Theodore e Claire che erano rivolti con la schiena al muro, mi
videro
arrivare e subito scattarono in piedi.
«Scorpius!
Sei tornato!»
gridò il mio migliore amico mentre scavalcava la panca e
aggirava il tavolo per
venirmi incontro.
«Ben
tornato, Scorp» fece eco
Lucinda. Non sembrava più lo squalo assetato di sangue di
qualche tempo prima.
Ghignai al solo pensiero di quando avrebbe saputo tutto e collegato le
sue
pessime figure.
Quel
pensiero però fu subito
accantonato per fissarsi su quella figura che ancora mi dava le spalle,
ingobbita con la testa piegata a fissare il piatto.
Anche
Tyson e Cassandra si
erano alzati per salutarmi, felici di trovarsi insieme. Dovevo ancora
digerire
il modo di come si erano comportati ma ero quasi certo che li avrei
perdonati.
«Come
ci sei riuscito?»
chiese Blaike dopo avermi abbracciato.
«Abbiamo
scoperto chi era la
strega e il suo complice» risposi atono, scatenando la
meraviglia del moro.
In
quel momento entrarono i
gufi della posta del mattino e consegnarono anche diverse copie della
gazzetta
del profeta. In prima pagina, a lettere cubitali, si leggeva il titolo:
CATTURATA EMYLI REVENCLAW
ACCUSATA DELL’OMICIDIO MEDIANTE MALEDIZIONE DI QUATTRO
MAGHI E DEL TENTATO OMICIDIO DI ALTRI TRE.
La
preside McGranitt ci aveva
raggiunti e ascoltava con attenzione, pronta a intervenire.
Non
appena il brusio per la
nuova notizia si fece sempre più forte, Blaike si
voltò verso l’unico che
ancora non si era alzato.
«Perché?»
urlai con quanto
fiato avevo in corpo «Perché, Nigel? Eravamo
amici! Cosa ti ho fatto per
volermi morto? Perché?». Era vero. Il tradimento
da parte di chi amavi, ti
strappava una parte di cuore, per sempre. E io ne sentivo tutta la
parte
sanguinante e dolorosa.
Nigel
sollevò la testa ma non
fece in tempo a voltarsi verso di noi che Blaike l’aveva
afferrato per la
collottola e lo aveva trascinato in piedi oltre la panca.
«Sei
un pezzo di merda!» urlò
prima di tirargli un pugno sul naso con tutta la forza e la rabbia che
aveva in
corpo.
Nigel
cadde a terra come un
sacco e non tentò neanche di alzarsi. Lacrime cocenti
scorrevano sulle sue
guance e anche su quelle mie e di Blaike. Eravamo sempre stati amici
noi tre.
Più legati di altri. Io e Blaike ci conoscevamo da
piccolissimi, ma avevamo
accettato Nigel come un fratello non appena conosciuto a scuola. Da
allora eravamo
stati inseparabili.
«Voglio
sapere il perché!»
urlai ancora più forte.
Nessuno
fiatava. Tutti
volevano sentire la risposta, sapere la storia, capire
perché ero tornato e
avessi cominciato a litigare.
«E’
stata mia madre» rispose
flebile.
«Non
dare la colpa a tua
madre! Tu potevi aiutarmi con il contro incantesimo e invece hai fatto
sparire
il libro, i miei appunti, hai rubato quegli occhiali che ti spuntano
dalla
tasca e hai colpito Blaike! Sai che ho sentito te e tua madre parlare.
Tu
dovevi sorvegliarci e stare attento che io non avessi speranza di
farcela! Hai
quasi ucciso Daisy!» rimasi in sospeso un attimo. Il simbolo
era di suo padre,
ma lui non l’aveva più usato dopo che era tornato
dalla famiglia, perché faceva
parte della sua vecchia vita. Lui aveva lasciato
l’amante… l’aveva tradita… e
Daisy aveva riconosciuto il vecchio simbolo che lei stessa usava e
sapeva chi
lo stava ancora utilizzando…
«Hai
quasi ucciso tua
sorella!» gridai sconvolto.
Nigel
alzò la testa di scatto
e fece una smorfia «Sorellastra! Se non fosse stato per lei,
mio padre sarebbe
rimasto con noi, invece di tornare da quelle! Ha sempre cercato di
farci andare
d’accordo ma lei è così…
insignificante!» sputò come un insulto.
Era
questo il tradimento per
il quale la madre di Nigel aveva ucciso. Si era sentita tradita
dall’amante che
era tornato dalla moglie e dalla figlia ufficiali.
«Come
mai ti chiami, Speers?»
chiese Cassandra riferendosi al nome della madre. Mi venne quasi da
ridere, tra
tutte le cose che poteva chiedere, sapere del suo cognome era quella
meno
interessante.
«E’
il cognome del mio
patrigno. Lui è morto anni fa e la mamma…
è uscita di testa» mormorò. In un
certo senso mi faceva pena. Era stata dura per lui. Poi però
pensavo a tutte
quelle persone morte e non trovavo scusanti. Era complice, non le aveva
uccise
lui, ma avrebbe potuto fermarla e farla aiutare, invece non aveva fatto
nulla.
«Perché
io?» chiesi. Volevo
saperlo.
«La
mamma vedeva come te la
spassavi senza avere rispetto e la giornata della festa delle stelle
aveva
bevuto… mi spiace, Scorpius. Che tu ci creda o meno, mi
dispiace».
«Signor
Speers, venga con me.
Dobbiamo aspettare gli auror che la prenderanno in custodia nel mio
ufficio»
disse la McGranitt, facendo rialzare Nigel da terra. Nel punto dove
Blaike
l’aveva colpito, si stava formando un vistoso livido
violaceo.
Il
professor Chan e il
professor Paciock si affiancarono alla preside per accompagnare il
ragazzo al
settimo piano.
Seguii
il gruppetto con lo
sguardo. Ero svuotato. Avevo perso un amico e forse anche la fiducia
nel
genere, eppure sentivo ancora del calore attorno a me.
Stavo
per sedermi, esausto
per le tante emozioni di quei due giorni, quando sentimmo delle urla
provenienti dall’atrio del castello. Alcuni di noi furono
più veloci di altri
ad arrivare e quando giungemmo oltre il portone della sala grande,
vedemmo una
scena agghiacciante, almeno per me.
Sulle
scale erano accucciate,
abbracciate insieme e con la bacchetta sguainata, Rose e Daisy. Erano
pallide e
accanto a loro c’era il buco di un incantesimo deviato.
Più
su la signora Warner
guardava in cagnesco il ragazzo svenuto sul pavimento, attorniato dai
professori.
«Cosa
è successo?» fece una
voce accanto a me.
«Il
signor Speers ha
attaccato la signorina Smith ed è stato
schiantato» riassunse secca la preside.
Poi diede ordine ai due professori di portare Nigel in infermeria ed
evocò il
suo patronus per convocare urgentemente Harry Potter a Hogwarts.
Io
tentai di svicolare, per
raggiungere Rose che cercava di consolare una Daisy in lacrime, ma non
riuscii
a fare che un paio di passi, prima di essere risucchiato dagli altri
studenti
all’interno della sala grande, dove la preside ci aveva
ordinato di rientrare.
«Rose,
Rose» gridai, ma lei
non alzò la testa e, sostenendo una Daisy sconvolta, si
diresse verso il primo
piano, probabilmente per tornare in infermeria.
Dovevo
parlarle. Spiegarmi e
chiarire tutto quanto. Stavamo insieme, per Merlino!
Sedetti
nella sala grande e
venni attorniato dai miei compagni di Serpeverde.
«Scorpius,
si può sapere cosa
è successo?» chiese Claire, sedendosi accanto a me.
«Ti
ricordi la festa delle
stelle dell’anno scorso?», al suo annuire,
proseguii e raccontai per sommi
capi, tutta la storia. Evitai solo di rivelare di essere stata Shaula,
altrimenti Theodore ci sarebbe rimasto troppo male. Qualcuno
però capì
ugualmente ed arrossì, mimando un
‘scusami’ molto accorato, che mi fece
ghignare dalla soddisfazione.
«Quindi
sei stato trasformato
in un’altra persona? E come mai non ti abbiamo mai
visto?» chiese Goyle.
«Mi
facevano seguire corsi
separati» risposi evasivo. Sembrò essere
soddisfatto della mia risposta e
mangiò l’ultimo muffin rimasto sulla tavola con
enorme soddisfazione. «Povera
Daisy. Il fratellastro che voleva ucciderla. E dire che è
una cosina tanto dolce
e carina».
Blaike
lo guardò scettico e
io gli diedi una spallata per farlo tacere. «Dovresti provare
a frequentarla. È
una gran brava ragazza… ti piacerebbe» dissi
convinto e quando il suo sorriso
si fece più largo, pregai che la Smith fosse abbastanza
forte da subire i suoi
assalti romantici.
«Magari
puoi far arrivare
altri fiori canterini» suggerì Zabini.
«Il professor Paciock sarebbe contento».
Al
tavolo degli insegnanti,
la professoressa Balloi si alzò e tramite un sonorus,
invitò tutti gli studenti
a recarsi alle loro lezioni.
«Abbiamo
due ore di
incantesimi, ora. Spero che tu non sia rimasto indietro, visto che tra
poco ci
saranno i M.A.G.O.» disse Cassandra e io annuii.
«Me
lo ricordo, non
preoccuparti».
Delphina
mi abbracciò stretto
e io feci altrettanto. Era stata cattiva con Shaula, ma mi voleva bene
e io
avevo bisogno di questo calore dopo il gelo causato da Nigel.
«Mi sei mancato,
Scorp» disse.
«Anche
tu, Delph» risposi. Le
diedi un bacetto sopra la testa e alzai la mia.
In
quel momento, ferma sulla
porta della sala c’era Rose, attorniata dai suoi cugini che,
probabilmente, la
stavano aggiornando sugli ultimi avvenimenti ai quali non aveva
assistito.
Feci
per raggiungerla ma
venni intercettato prima da Gazza, il vecchissimo custode.
«La preside
McGranitt vuole vederti, Malfoy».
Non
ero felice di
interrompere la mia ricerca della rossa, ma se la McGranitt voleva
vedermi,
probabilmente era una cosa importante che avrebbe terminato il casino
nel quale
mi ero ritrovato.
Quando
bussai alla porta della
torre, questa si aprì e mi fece salire sulla scala a
chiocciola che mi portò
direttamente all’interno dell’ufficio. Qui, in
piedi accanto alla scrivania,
aspettavano i miei genitori.
«Scorpius!»
urlò mia madre,
abbracciandomi stretto. Mio padre si limitò a darmi qualche
pacca sulla spalla,
con un sorriso sulla faccia da ringraziare le orecchie che lo
contenevano.
«Abbiamo
saputo questa
mattina e siamo venuti qui subito» disse mia madre
guardandomi attenta.
«E’
tutto a posto?» chiese
mio padre.
«Tutto
a posto» confermai. «La
maledizione è stata annullata e io sono salvo».
«Naturalmente
faremo dei
controlli» si intromise la vecchia gattaccia «Ma
credo di poter affermare che
il signor Malfoy non rischi più la vita»
terminò sorridendo.
Rimasi
un po’ di tempo nello
studio, raccontando ai miei genitori, quanto era successo, senza
soffermarmi
troppo sul ruolo di Rose. Prima di presentarla ufficialmente dovevo
risolvere
con lei. In quel frangente, seppi che Nigel era stato trasferito al San
Mungo
sotto scorta e poi sarebbe stato interrogato dagli auror e processato.
Daisy
era in compagnia dei suoi genitori che erano stati avvisati del
ritrovamento ed
erano appena arrivati. Ero sicuro che si sarebbe ripresa.
«Signor
Malfoy. Manca meno di
un mese agli esami per i M.A.G.O. ritengo che debba tornare al suo
dormitorio
in Serpeverde, sino al diploma. Non possiamo lasciarla in Grifondoro,
onde
mantenere il segreto, sempre che lei lo voglia» disse la
preside.
«Non
mi vergogno di quello
che è successo, ma per non mettere in imbarazzo tutti quelli
che mi hanno
denigrato, preferirei che non si sapesse niente. Ritornerò a
Serpeverde»
dichiarai.
«Questo
le fa molto onore,
signor Malfoy. Se posso osare, nella disgrazia di questa maledizione,
quello
che è accaduto le è servito molto per crescere
come persona. Sono fiera di lei».
Mai nella mia vita mi sarei aspettato dei complimenti così
plateali da parte
della gattaccia.
Quando
uscii dalla
presidenza, dopo aver salutato i miei genitori, erano già
passate quasi tre ore
e tra poco le lezioni si sarebbero interrotte per il pranzo.
Decisi
quindi di aspettare
Rose direttamente in sala grande, ma quando lei non si fece vedere e
neanche i
suoi cugini mi seppero dire dove era andata a nascondersi, mi misi a
cercarla
per tutto il castello.
Feci
una capatina nel
dormitorio dei Serpeverde, per prendere un oggetto che mi avrebbe
senz’altro
aiutato nella mia operazione ‘farti perdonare da Rose
Weasley’.
Per
accelerare la ricerca,
entrai nella torre dei Grifondoro per parlare con Albus e chiedergli la
mappa.
Gli sguardi stupiti e attoniti degli altri ragazzi riuniti nella sala
comune
furono impagabili.
«Malfoy,
come hai fatto ad
entrare?».
«So
la parola d’ordine,
Thomas» risposi tranquillo. «Sai se Albus
è in camera?» chiesi.
«L’ho
visto salire poco fa…
non avrai mica intenzione di salire? Tu non dovresti neanche essere
qui»
protestò.
«Ho
bisogno di parlargli».
Alle
mie spalle sentii la
voce di Lucy «Tranquillo, Scopius, vado io a chiamarlo e a
prendere la mappa».
«Grazie,
Lucy» risposi
sorridendo. Almeno non tutti i Grifondoro erano ostili.
Pochi
istanti dopo, Potter e
Weasley mi avevano accerchiato.
«Prima
di parlare con voi
devo trovare Rose» iniziai.
«Non
prenderla in giro adesso
che sei tornato normale o ti faremo fuori noi. Prima di
agosto» minacciò Albus
ficcandomi in mano l’agognata mappa.
Dissi
la formula e guardai
frenetico tutti i piani e i giardini del castello. Niente. Questo
voleva dire
una cosa sola. Stanza delle necessità. Senza ringraziare,
tesi la mappa al
proprietario e corsi fuori dalla torre, diretto al muro senza porta
nell’ala
est del settimo piano.
‘Il
posto dove si trova Rose’
pensai intensamente mentre passavo tre volte davanti ai mattoni della
parete.
Finalmente, al terzo passaggio, la porta si palesò e la
aprii di getto.
All’interno c’era Rose, seduta con le ginocchia al
petto che fissava le fiamme
del camino con aria pensierosa.
«Rose,
ti ho trovata
finalmente» esalai mentre mi sedevo accanto a lei.
Restai
un attimo in silenzio
poi la sentii dire: «Mi hai trovata».
«Hai
visto? Abbiamo sconfitto
la maledizione» le dissi con voce felice. Lei
annuì solamente.
«Rose,
parlami. Che succede?».
L’atmosfera non era quella che avrei sperato dal momento che
ero tornato
normale.
«Tu
sei tornato Scorpius, e
adesso potrai tornare a fare lo stupido come facevi prima»
rispose atona.
La
presi per le spalle e la
feci girare verso di me. I suoi occhi erano lucidi, sull’orlo
delle lacrime e
per niente al mondo avrei voluto che le versasse.
«E’
questo che pensi di me?
Che potrei dimenticarmi di quello che provo per te? Che potrei
lasciarti
andare? Io non voglio lasciarti andare, Rose. Ti amo e la maledizione
si è
spezzata per questo motivo. Noi ci amiamo e nessuno deve e
può dividerci».
Lei
mi guardò con lo sguardo
stupito e ancora più lucido. «Davvero vuoi me? Te
ne sei andato questa mattina.
Pensavo che ti fossi stancato di aspettare…» e
arrossì.
«Rose,
sono andato a
guardarmi allo specchio perché ero tornato normale e avevo
bisogno di vederlo.
Sono tornato subito ma tu eri già andata via… poi
Nigel e la McGranitt… è tutto
il giorno che ti sto cercando per ripeterti quanto ti amo. Voglio te.
Solo te»
ripetei prima di baciarla.
Un
bacio lungo appassionato e
innamorato, per toglierle ogni dubbio.
«Anche
io ti amo, Scopius»
esalò quando ci staccammo.
«Per
questo voglio regalarti
l’anello dei Malfoy, così non avrai più
dubbi su quanto ti amo e voglio stare
con te».
Presi
la scatoletta ed
estrassi l’anello antico che le infilai
all’anulare. Un anello di fidanzamento
per gridare a tutti che Rose Weasley era la ragazza di Scorpius Malfoy.
---ooOoo---
Angolino
mio:
è
finita.
Tutti i pezzi sono tornati al loro posto, o quasi (se vi viene in mente
qualche
cosa di sospeso ditemelo).
I ragazzi
devono ancora diplomarsi e poi salutare le sicure pareti di Hogwarts e
affrontare il mondo degli adulti.
Come
promesso ho inserito i nick di tutti quelli che hanno recensito fino al
capitolo 22. Per le nuove voci mi dispiace ma non ho più
occasione di fare
altrettanto quindi ringrazio qui. HermioneJeanGranger97 (avrei tolto 97
e avrei
fatto partecipare Hermione in una scena), MalfoyAmalia (una lontana
cugina o
una futura discendente), PollyWonka (sicuramente una professoressa,
magari agli
esami del mago).
Vi rimando
al prossimo ultimo capitolo dove affronteremo i M.A.G.O., ma
soprattutto i
genitori Weasley e Malfoy. E tranquilli, io amo Ron e non ho alcuna
intenzione
di farlo svenire. (anche perché sarebbe assurdo per un
auror).
A domani o venerdì per l'ultimo capitolo
Baciotti