Buona Lettura!
“Il Natale, bambino mio, è
l'amore in azione.
Ogni volta che amiamo, ogni
volta che doniamo,
è Natale.”
~
Dale Evans
La neve scende
lieve, calma come se non avesse nessuna fretta di ricoprire con il proprio
freddo candore l’intera città.
Natasha la osserva
muta, il suo sembra essere un religioso silenzio.
È la sera della Vigilia
e la letale spia se ne sta placida difronte alla finestra serrata – perfino i cattivi se ne stanno buoni a
Natale, riflette svogliata – il suo riflesso sbiadisce fra le variopinte
luci che decorano la via dove si trova il suo appartamento.
La neve, a Natasha,
piace, non tanto perché le ricorda il suo paese natio – e non ci tiene proprio
molto a ricordarlo – ma perché le riporta alla mente spezzoni legati alla sua infanzia,
quando i suoi genitori e i suoi fratelli erano ancora vivi, può ricordare le
risate che si disperdono fra quegli infiniti cristalli d’acqua, gli innocenti
giochi in quel morbido e freddo manto, il calore degli abiti che sua madre le
faceva indossare…
Il sorriso si stende
spontaneo su quelle labbra tanto carnose quanto screpolate, quello è il motivo
per cui a Natasha piace la neve, perché è l’unico momento in cui sente un
concreto legame con la sua famiglia.
Il Natale, invece,
per lei non ha un grande significato – diciamo pure che per lei non ne ha proprio
– non è credente, non ha parenti in vita con cui organizzare pranzi e cene di
rito e le feste allo S.H.I.E.L.D. le evita come fossero la peggior calamità
sulla faccia di questa terra.
Non ha nessun
ricordo di Natali particolarmente speciali, non che alla Red Room si
adoperassero per rimembrare a tutte loro che fosse il venticinque dicembre, o
capodanno o qualsivoglia altra festa comandata. Forse è per quello – anzi
sicuramente per quello – che il Natale per Natasha è qualcosa di inconsistente
per non dire estraneo. La sua età dell’innocenza era stata immolata ad una
causa più alta, lo spirito natalizio – che tanti adulti professano con un
fervore che rasenta quasi il fanatismo – per lei non è che “un qualcosa” di
incomprensibile, un concetto probabilmente basilare ma di cui lei rifugge il
significato. È per questo che la sera della Vigilia se ne sta davanti alla
finestra imbrattata di neve con un bicchiere di vodka fra le mani ad osservare
l’esterno. Perché lei, puntualmente, in quel periodo dell’anno si sente diversa, - e non perché a differenza di
più di tre quarti della popolazione mondiale, sa come uccidere un uomo in più
di mille e un modi. – ma più semplicemente perché quel dannato spirito natalizio lei, non lo sente. È forse perché non ha
più una famiglia? Forse è la sua mancanza di impegno? È il suo sentirsi
inadeguata davanti ad una festività che coinvolge in modo totale gli affetti e
la sfera emotiva a farle declinare ogni volta l’invito di Clint di passare il
Natale con lui e la sua famiglia? Probabile. Natasha odia sentirsi inadeguata,
è una sensazione che non tollera.
Sospira – spera
forse che quel gesto le porti via l’amarezza e perché no, un po’ di solitudine
che si porta appresso – e sposta lo sguardo sul bicchiere, oramai vuoto, che si
gira fra le mani con espressione assorta. Improvvisamente un pensiero le
attraversa la mente. Sorride nuovamente Natasha, anche se stavolta il suo, è un
sorriso malandrino. È un’idea azzardata ma forse esiste una persona che può
spiegarle lo “spirito natalizio”.
Steve Rogers osserva
con profondo sconforto i tre oggetti disposti ordinatamente sul basso tavolino
in legno del suo appartamento, terribilmente indeciso sul da farsi.
È la sera della
Vigilia, è riuscito – solo dio sa come! – a dribblare la festa natalizia allo
S.H.I.E.L.D. – che poi, chi si immaginava
che Fury sapesse cosa fosse il Natale e che riuscisse pure ad organizzare una
festa! Si ritrova a pensare perplesso il capitano – ha consumato del cibo
cinese preso alla rosticceria all’angolo – la cucina cinese è stata per lui una
rivelazione – e ora è il momento di scegliere.
Sente il campanello
suonare brevemente e dentro di sé prova sollievo, si allontana per andare a
vedere di chi si tratta – sa che il momento della scelta è solo rimandato -.
Steve quasi non
crede ai suoi occhi: Natasha è difronte a lui, larghi pantaloni in flanella (Natasha e la flanella!?) infilati in un paio
di anfibi spuntano dal cappotto scuro che indossa, i capelli le ricadono in
voluttuose onde scomposte sul viso e sulle spalle, ha l’espressione
corrucciata, come se si stesse chiedendo il motivo di qualcosa, e tormenta con
i denti candidi e perfetti il labbro inferiore vermiglio e pieno.
Il capitano trova
quel gesto terribilmente tenero ma anche sensuale
e per una millesima frazione di secondo pensa che vorrebbe fossero le sue, di
labbra, ad essere torturate in quel modo; sente improvvisamente le gote andare
a fuoco, segno inequivocabile che lo avverte di essere appena arrossito come un
tredicenne, e si costringe a mettere fine a quei pensieri così destabilizzanti,
così fuori luogo e così estranei al suo essere.
Non che Steve non ha
o non provi quel genere di bisogni –
è pur sempre un essere umano, perdio! – e sa riconoscere una bella donna quando
ce l’ha davanti – e Natasha è una bellissima donna – ma è anche una sua
collega, e quei pensieri lo prendono alla sprovvista un po’ troppo spesso negli
ultimi tempi, e lui ha troppo rispetto per lei e fin troppo autocontrollo per
abbandonarsi ad essi.
«Ehm… Steve?» lo
richiama la rossa guardandolo con un sopracciglio levato pericolosamente verso
l’alto, quasi si stesse chiedendo se il “rimanere incantato a fissarla” fosse
uno dei sintomi tardivi da stress post-congelamento – anche se é quasi certa
che non esista una sindrome da post-congelamento -.
«Uh. Ah! Ehi! Vuoi
entrare?» dice infine e un po’ pateticamente conviene con sé stesso.
La russa annuisce
lieve «Sì. Se non disturbo» ora che si trova lì con lui, Natasha sembra aver
perso la sua consueta spavalderia.
«No! Affatto. Entra
pure» risponde cercando di nascondere la sua sorpresa e spostandosi
elegantemente per farla entrare. La donna si guarda incuriosita attorno,
cercando di cogliere più particolari possibili per capire quanto di lui è
riversato in quell’appartamento. Natasha non lo fa apposta, è una cosa che le
viene spontanea, uno strascico del suo addestramento russo.
«E così hai
“marinato” anche tu la festa dello S.H.I.E.L.D.?!» domanda con un sorriso
sornione – ah! Ecco Natasha e la sua solita irriverenza! - «Non pensavo che ne
fossi in grado, capitano!» continua con tono leggero, Steve sente la brusca
risposta risalire lungo la gola ma poi si blocca notando il tono morbido e la
scintilla di genuino divertimento che imbratta i suoi occhi smeraldini. Si
limita perciò ad alzare le spalle mentre un piccolo sorriso si stira anche
sulle sue di labbra «Non credo di essere tagliato per certi tipi di eventi»
mormora lievemente imbarazzato.
«Siamo in due,
allora.» celia lei con un sorriso divertito dietro cui si nasconde della
comprensione, poi l’occhio le cade sul tavolino del salotto «DVD?».
Il capitano sembra
stranamente a disagio, Natasha piega il capo di lato come se così potesse
osservarlo meglio «Sì. La mia intenzione era di guardarne… ehm almeno uno… solo
che non ho idea di cosa… e poi-» non conclude la frase, non volendo ammettere
una cosa tanto stupida; ma avrebbe dovuto prevederlo Nat capisce al volo il suo
problema.
«Non sai usare il
lettore dvd!» esclama come se avesse risposto in modo corretto ad
un’inesistente domanda. Il capitano si morde la lingua ma infine annuisce
sconfitto.
La risata leggera e
cristallina della rossa si propaga come un eco musicale per tutto il soggiorno
e Steve invece di prendersela, resta affascinato da quel suono tanto genuino
quanto raro.
«È stato Clint a
regalarmelo, io… io stavo per leggere il libretto di istruzioni!» borbotta a
difesa, grattandosi la nuca al colmo dell’imbarazzo.
Natasha sente
un’immensa tenerezza crescerle dentro nel vedere l’aitante e leggendario
Captain America diviso fra l’imbarazzo e l’indispettito e il suo cuore
inaspettatamente si stringe in una dolce morsa, decide allora di distogliere lo
sguardo e di non infierire ulteriormente.
La spia gli propone
di sistemargli il lettore e Steve, cavaliere come sempre, le dà una mano – o
quanto meno ci prova, o forse cerca solamente di non starle troppo tra i piedi
– mentre armeggia con cavi audio e prese varie, Natasha percepisce uno strano
senso di familiarità, lì nella casa del capitano, alle prese con un piccolo
problema domestico, la donna si sente molto più a casa di quanto non lo sia mai
stata nel suo appartamento.
Le sembra di
ritrovarsi in una quotidianità anomala per lei, fatta di gesti semplici e
banali parole, di uno sfiorarsi lieve quasi accidentale e fugaci sguardi
complici privi di malizia o di avvertimenti.
«Nat tutto okay?»
domanda Steve non riuscendo a nascondere una nota di premura nella sua voce profonda
e roca. La spia si volta sorpresa, facendo scontrare i suoi occhi smeraldini
con quelli caldi e azzurrissimi dell’uomo. Sente la gola improvvisamente secca,
si è appena resa conto dell’intensità celeste dei suoi occhi, le sembra quasi di
guardarli per la prima volta: ricordano il cielo d’estate, limpido e privo di
nuvole, con un bagliore malinconico a tratti celato che rende quell’azzurro
incredibilmente liquido.
Si limita ad
annuire, Natasha accennando ad un piccolo sorriso vacuo.
«Dimmi è così che
passi i tuoi Natali? Senti una specie di richiamo e vai ad aiutare le persone
con scarse capacità tecnologiche?» scherza il capitano, porgendole una mano per
aiutarla ad alzarsi dal tappeto, Natasha osserva le sue dita magre e sottili
vagare sull’ampio palmo segnato da infinite linee, prima di percepire la presa
ferrea ma gentile del supersoldato; è talmente concentrata sulle loro mani
intrecciate che finisce per sbilanciarsi non appena si sente tirare in piedi,
ma Steve prontamente l’afferra e la russa si ritrova a fissare intensamente i
suoi pettorali sodi e fin troppo “aperti”.
«Scusami, credo di
non aver dosato bene la forza.» mormora lui. Se Natasha fosse completamente
lucida si accorgerebbe del respiro spezzato del capitano, di quanto averla così
vicina – fra le sue braccia – lo mandi in confusione, senza contare le gote
completamente rosse. Natasha l’avrebbe di certo notato non si trovasse nella
stessa condizione di lui.
«Io… non festeggio
il Natale di solito.» parla mantenendo un tono di voce basso, in modo da
controllarlo e tenendo gli occhi ben puntati sui loro piedi – niente contatto
visivo, niente imbarazzo - «Me ne sto rinchiusa in casa fino al ventisei, insieme
ad una bottiglia vodka.» continua
sincera, non sa il perché ma di fronte al capitano la sua baldanza e le sue
bugie muoiono, lasciando che a parlare sia la cruda verità. Si decide ad alzare
appena lo sguardo, ha paura. Ha paura di trovare un’insostenibile pietà in
quegli occhi così puri, di riuscire a vedere quanto la sua vita sia misera e
vuota ma resta sorpresa, niente del genere è riflesso nel suo sguardo, anzi le
sembra di scorgere della comprensione e il suo cuore di nuovo le gioca quello
scherzetto, la presa su di esso è talmente dolce da essere insopportabile.
«Almeno tu puoi
ubriacarti, io nemmeno quello.» cerca di smorzare il tono duro e malinconico
con un sorrisetto a cui la spia risponde con una smorfia divertita.
È passato del tempo
dal suo scongelamento e Steve per la prima volta percepisce un senso di
comunanza, di familiarità. Comprende che anche se Natasha fa parte di quel
secolo, la realtà in cui è nata e vissuta era diversa, estranea da quella in
cui vive oggi. Due persone che non solo lottano per proteggere altre vite, ma
anche la propria, che combattono per non disgregarsi, per tenere insieme
frammenti di vita così differenti fra loro.
«E io che pensavo
che potessi trasmettermi un po’ di spirito natalizio!» sospira teatralmente la
rossa con un piccolo sorriso sornione, spostando la conversazione su note più
leggere, ironiche. Il capitano ridacchia, grato.
«Per questo ci sono
i film!» risponde Steve spostandosi verso i dvd sparsi sul tavolino. Entrambi
non riescono a trattenere un brivido, il gelo li ha avvolti non appena si sono
separati da quell’abbraccio, che non sapevano di
agognare ma a cui si stanno fin troppo velocemente abituando.
«Allora…» dice il
supersoldato mostrandoli alla compagna «Suggerimenti?». Natasha legge i titoli
– che le dicono poco o niente, non è una grande esperta di film natalizi –
finché uno, cattura la sua attenzione e lo indica con sicurezza.
«Nightmare before
Christmas?» esclama perplesso Steve, che fra tutti è proprio quello che meno lo
convince, leva lo sguardo su di lei pronto a protestare ma alla vista dei suoi
occhi accesi – per non dire speranzosi – si arrende silenziosamente e
acconsente paziente – come un adulto indulgente – in cambio Natasha gli regala
un inaspettato e candido sorriso luminoso, ammutolisce colpito e dolorosamente
comprende che per vedere nuovamente quel sorriso sarebbe disposto a fare
qualsiasi cosa. Qualsiasi.
Il film è iniziato e
Steve è presissimo, certo è parecchio confuso ed inquietato e non sa decidersi
se è più adatto ad Halloween o a Natale, ma in definitiva gli piace. Con la
coda dell’occhio lancia uno sguardo in direzione di Natasha, semidistesa sul
divano a pochissimi centimetri da lui, – per alcuni versi sono troppi, per
altri versi, troppo pochi – che ha gli occhi fissi sullo schermo e le labbra
rossissime tese spontaneamente verso l’alto. Gli sembra di capire che il film
le piaccia e pure molto.
E mentre in
sottofondo il protagonista tutto ossa canta in piena rivelazione “What’s this?” Steve si perde nella
visione di una Natasha rilassata e sorridente, e la guarda come se la vedesse
per la prima volta… ed è bella, bella per davvero.
E brilla ogni finestra o
non so che cosa sia
quel piccolo calore mai
provato in vita mia.
I capelli rossi,
come il cielo infiammato dal sole morente, scendono in onde sinuose su un’unica
spalla, il profilo del suo viso niveo, delicato e piacevole; con gli occhi
percorre le labbra rubre, piene e tumide – si sente quasi soffocare al pensiero
di poterle sfiorare con le sue – lo sguardo non si ferma, malgrado il suo
proprietario lo vorrebbe, e scende sul petto, dove il seno pieno e sodo si alza
ed abbassa al ritmo del suo respiro. Bruscamente Steve distoglie lo sguardo e
si obbliga a seguire il film e dentro di sé mentre cresce la consapevolezza,
spera anche con ogni fibra del suo super corpo, che la russa non si sia accorta di
nulla.
È qui! È qui il posto dove
io vorrei restare per magia.
Vorrei scaldarmi il cuore e
ridere e vivere, adesso voglio vivere!
A quanto pare i due
Avengers sembrano regrediti a ragazzini di tredici anni in balia del primo
amore. Perché qualche minuto più tardi, anche Natasha lancia un’occhiata al bel
capitano che vorrebbe essere fugace ma che diventa inevitabilmente quasi
famelica.
Sospira Natasha,
osserva quel profilo distinto, i tratti marcati, la braccia muscolose e
protettive abbandonate sul divano, le labbra ben disegnate in quel momento
socchiuse e immagina di mordicchiare quel labbro inferiore più carnoso, si
chiede che gusto abbiano le labbra di Steve.
Guarda quell’uomo
che nel profondo desidera e non solo in modo carnale; alla fine abbassa lo
sguardo, lascia che i capelli le scivolino leggeri davanti al volto, creando
così una separazione netta da quel soldato gentile e valoroso che sa, non potrà
mai avere.
i miei pensieri son per lui
ma non si accorge
dell’emozione
che accende in me
chissà se capirà,
se il fato lo vorrà!
Eppure non sa
perché, quella sera non riesce a darsi per vinta, sente le dolci e tristi
parole di Sally* scivolare sulle note di una malinconica melodia e qualcosa si
scioglie in lei.
Percepisce il suo
cuore espandersi fino a farle male, se il Natale è davvero la festa della
condivisione, del non sentirsi soli e abbandonati, dello spendersi per gli
altri, dei caldi sorrisi… Natasha capisce che per lei il Natale non è una
festa… ma una persona, e quella persona è Steve.
Il suo partner, con
cui condivide pericolose missioni ma anche piccole verità, che resta con lei
alla fine di tutto, che non l’abbandonerebbe nemmeno a discapito della propria
vita, che provoca a morte fino a poi agognare il suo perdono, dissimile ma al
tempo stesso affine a lei, senza più radici, in una realtà che non è più quella
a cui erano abituati.
Natasha vorrebbe
condividere la propria vera sofferenza con quell’uomo leggendario e al tempo
stesso alleviare la sua, anche solo di poco e invece si limita, lentamente
quasi timidamente, a far scivolare la sua mano magra e pallida in quella ruvida
e grande del capitano. Se Babbo Natale esistesse, Natasha gli chiederebbe solamente che Steve ricambi la sua
stretta.
E il capitano, il
cuore in tumulto nel percepire quella piccola mano accanto alla sua, dopo un
attimo di incertezza e timidezza – in cui Nat pensa di aver compiuto la più
grande cazzata di tutta la sua esistenza – le prende la mano, la stringe. Nulla
più, eppure ad entrambi basta.
Il film è terminato
e Steve ha stampato in faccia un sorriso ebete, cerca bene di non farsi vedere
dalla causa diretta di quel sorriso, ma ben presto scopre che è inutile.
Natasha dorme rilassata contro il fianco del capitano, i capelli hanno
praticamente invaso metà del suo corpo.
Delicatamente la
solleva e la conduce fra le braccia nella sua camera personale, è tardi e lui
non ha cuore – diciamo la verità, non ha nessuna intenzione – di svegliarla; la
deposita fra le lenzuola, afferra uno dei cuscini con tutta l’intenzione di
andarsene a dormire sul divano, la cavalleria non è morta e Steve Rogers è un
gentiluomo fino al midollo, ma qualcosa lo trattiene.
La mano di Natasha è
stretta sul suo polso, gli occhi verdi liquidi ed impiastricciati di sonno lo
fissano imperscrutabili:
«Resta con me.»
Un ordine? Una
richiesta? Non importa, Steve non riesce a protestare, o meglio non vuole, in
cuor suo lo desiderava disperatamente ma il suo rigido e controllato animo da
capitano glielo impediva.
Natasha gli ricorda
quasi una tenera bambina capricciosa a volte, lo osserva seria mentre si stende
a fianco a lei e tira le coperte, il suo sguardo chiede – pretende – qualcosa, le si fa più vicino e Steve automaticamente
alza il braccio, lei con una smorfia divertita e compiaciuta si sistema sul suo
petto.
Non servono parole
per spiegarsi, per parlare di ciò che sta succedendo fra loro, se il corpo
agisce in modo spontaneo incastrandosi perfettamente con l’altro e l’anima ha
trovato pace accanto nell’altra.
Natasha distende il
palmo della mano per proteggere i suoi occhi feriti dalla luce del mezzodì. Si
stiracchia senza fretta, distende i muscoli e li rilassa prima di riprendere il
contatto con la realtà. Una realtà che in quel momento le fa paura, forse ha
semplicemente sognato, forse in verità si è ubriacata di vodka fino a stordirsi
e ha immaginato di essere circondata dalle braccia di Steve Rogers.
E difatti si sveglia
ed è sola. Una sorda amarezza l’assale, prima di stemperarsi nell’incertezza,
perché quella non è la sua stanza; proprio no.
Si guarda attorno e
sospira, si trova nella stanza di Steve, fra le sue lenzuola che portano il suo
odore mischiato stavolta, al suo. I nervi di Natasha si distendono, non sa
perché ma si sente in pace, sente di non essere sola, non più.
Si volta e l’occhio
cade sul comodino alla sua destra e sbatte ripetutamente le palpebre sorpresa.
In un candido foglio
rettangolare, leggero e delicato al tocco, tanto che ha davvero paura che possa
strapparsi fra le sue dita tremanti, vi è lei. La sua copia in matita e
pastello dorme profondamente, la bocca rilassata e dischiusa, i capelli sparsi
che paiono lingue di fuoco sullo sfondo latteo, le chiare palpebre trapuntate
da folte ciglia arcuate celano gli occhi, una mano abbandonata sopra la testa e
l’altra accanto alle labbra.
Avrebbe voglia di
piangere come una bambina, Natasha, può quasi sentire le lacrime pungerle gli
occhi, troppo estasiata, troppo sopraffatta per dire alcunché, si gira con un
piccolo sorriso ad increspare le labbra verso l’autore della Natasha dormiente.
Lo trova e si bea della sua sola presenza.
Steve si gratta la
nuca imbarazzato ed evita il contatto con i suoi occhi.
«Steve…» dice infine
la donna alzandosi e andandogli incontro con passo leggero.
«Buon Natale»
sussurra semplicemente lui con le labbra sulla sua fronte, non si fida ancora
di guardarla in volto.
«Ma io non ti ho
fatto nulla.» celia la russa osservandolo con il capo inclinato e pensierosa,
il capitano scuote il capo per dissentire:
«Sei qui.» è quello
il suo regalo. Natasha è lì con lui, non desidera altro. La spia è spiazzata, chiude
gli occhi commossa ma poi li riapre, il suo sguardo è sicuro e luminoso.
«Buon Natale,
Capitano» mormora mentre si alza sulle punte per depositare su quelle labbra
ben disegnate un casto e dolce bacio. Steve arrossisce, mentre lei ridacchia
sinceramente divertita ed intenerita.
«Ehm, hai fame?»
domanda lui cercando di recuperare un briciolo di contegno, la donna per tutta
risposta lo prende per mano e lo trascina in cucina ridendo.
«Oggi a che film tocca?».
The End
_______________________________________________________________________________________________________________________
Eccoci qui! Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta, è dolce e senza pretese... insomma natalizia ;) (almeno spero!)
Le frasi in corsivo sono rispettivamente di "What's this?" e "Sally's
song" del film "Nightmare before Christmas", film che io amo alla
follia e che mi ha aiutato a scrivere questa ff! Non so ma credo che a
Natasha possa davvero piacere come film! ;) Non so, che ne
pensate?
Beh a questo punto io vi ringrazio e vi auguro Buone Feste e ci rivediamo a Gennaio!
Asia