2
Che mi
dorme dentro;
Avverto
tutto il giorno il suo torcersi lieve e
delicato, la sua malignità”
[Sylvia
Plath]
Massachusetts. Due anni prima.
“Io...
non...”
“La
domanda è molto semplice,
amico. Dove diavolo sono i soldi? Sappiamo che in questa casa
c’è un bel
gruzzolo. Quindi muoviti”.
Doveva
essere una cosa facile.
Un
colpo studiato per raggranellare
un po’ di denaro.
Ognuno
avrebbe avuto la sua parte e
sarebbe finita lì. Niente complicazioni.
Lily
aveva già rubato. Non in una
casa così grande, ma l’aveva fatto. La prima volta
era andato tutto storto.
Aveva dovuto nascondersi (nel garage della famiglia adottiva di Emma,
tra
l’altro), ma solo perché era inesperta, era una
ragazzina e i due tizi che
avevano organizzato la rapina erano disorganizzati. Uno di loro le
aveva
piazzato in mano una pistola e nessuna l’aveva avvisata di
ciò che stava per
accadere.
Il
ragazzo che era con lei quella
sera sembrava più preparato. Aveva già fatto
qualche grossa rapina. Si chiamava
Murphy. O almeno, quello era il nome con cui si era presentato, ma
immaginava
che non fosse quello vero. Non era certo un problema, dato che anche
lei usava
un nome falso.
“Ho trovato la
cassaforte”, disse Lily. Il
passamontagna era un po’ stretto e aveva caldo. I suoi occhi
scrutarono la
cassaforte a muro.
“Bella
grande?”, chiese Murphy.
“Abbastanza”.
“Sgancia
la combinazione. Adesso”.
Il
tizio e sua moglie erano
abbastanza terrorizzati da non opporre la benché minima
resistenza. Rannicchiati
sul divano, fissavano il tizio che li minacciava con una pistola.
L’uomo
sganciò la combinazione,
balbettando.
“La
tua data di nascita. Ma che
puttanata. Sai che se fossi morto d’infarto avrei cominciato
da quella?
Scegline una più difficile, la prossima volta”.
Murphy gridò la sequenza di
numeri a Lily.
“Non
sono sorda. Ho capito”,
commentò lei, mentre pigiava i tasti. Pochi secondi dopo la
cassaforte si aprì
con uno scatto.
“Visto?
Abbiamo quasi finito. Via
il dente, via il dolore!”
Lily
roteò gli occhi e mise il
denaro che trovò nella cassaforte nel sacco che le aveva
dato Murphy. Lo fece
in fretta, dicendosi che ce n’era abbastanza per tutti e due.
Abbastanza per
filare via. Per trovarsi un altro posto dove stare. Magari qualche
posto un po’
più isolato, dove lei non avrebbe perso il controllo, dove
non ci sarebbe stato
nessuno che avrebbe rischiato di diventare la vittima di tutte le sue
scelte
sbagliate.
“Svignamocela”,
suggerì Lily,
mentre già si avviava verso la porta sul retro.
Murphy
non si mosse. “Mi diverte un
sacco vedere quelli come te in mutande. Mi ricordi mio padre, non so se
te l’ho
detto”.
“Murphy,
sbrigati!”
Poi
sentirono le sirene. Auto della
polizia in avvicinamento.
Lily
si rese conto che erano
davvero in un mare di guai. Gli occhi di Murphy dietro al passamontagna
si
allargarono in maniera spropositata.
“Hai
chiamato la polizia?!”, gridò,
puntando la pistola.
Il
padrone di casa aveva i capelli
grigi e scompigliati, era pallido come ricotta e rigido come un palo.
Sua
moglie singhiozzava.
“Rispondimi,
figlio di puttana!”.
Spinse la canna contro la sua faccia.
Lily
era pronta ad andarsene senza
di lui. Poco gliene importava di Murphy. Non aveva la minima intenzione
di farsi
beccare e le sirene dannate erano sempre più vicine.
“C’è...
l’allarme. È collegato...
alla centrale di polizia...”, farfugliò
l’uomo, scostando il viso per sfuggire
alla pistola.
“L’ho
disattivato! Il cazzo di
allarme l’ho disattivato prima di entrare in questa fottuta
casa!”
Lily
si diresse verso il retro.
“Ce
n’è un altro... era...”
Murphy
gli sparò.
***
Storybrooke.
La sera prima.
“Ti
dispiace se resto in città per
cercarlo?”, domandò lei.
“No,
è un’ottima idea”.
Anche
Lily credeva fosse un’ottima
idea. Aveva detto a Malefica che sarebbe rimasta per un po’ e
sua madre l’aveva
abbracciata, sentendosi immensamente felice.
Ma
non appena mise piede nel suo
appartamento, Lily venne colpita da una strana sensazione. Una forma
densa e
gelida di inquietudine.
Accese
tutte le luci e fece il giro
delle stanze, assicurandosi che ogni cosa fosse esattamente come
l’aveva
lasciata quando era uscita. E lo era, in effetti. Non c’era
nulla fuori posto. Nessuno
era entrato di nascosto mentre lei non c’era.
Eppure...
Si
fermò, raggelata, guardandosi
intorno con meraviglia e domandosi che cosa diavolo le avesse preso.
Prese il
ciondolo e lo strinse forte. Il pezzo dell’uovo di drago da
cui era uscita le
sembrò molto più solido, consistente.
Non
c’era niente che non andasse in
casa. Era qualcosa... che ruotava intorno a lei. Anzi, dentro di lei.
Il cuore
le batteva all’impazzata e la cute era fredda,
improvvisamente troppo scarsa
per ricoprire il cranio. Avvertiva un peso al centro del petto, come se
l’oscurità che aveva sempre portato con
sé si stesse condensando in un punto,
come se stesse cambiando forma.
Non
avvertiva dolore.
Era
molto più intenso del dolore.
Forse
l’oscurità stava rompendo gli
argini, quasi fosse stata un fiume vorticoso che, a furia di essere
alimentato,
alla fine straripava, inondando ogni cosa.
Il
mondo si inclinò brutalmente da
un lato e Lily barcollò. Incontrò il bordo del
tavolo e vi si aggrappò per non
cadere.
Le
occorse qualche minuto per
riprendere il controllo. Aveva ancora il ciondolo stretto nella mano
destra.
Da
qualche parte, una finestra
lasciata aperta cigolò e si chiuse, sbattendo.
Lily
fece un salto e per poco non
cacciò un urlo.
***
Storybrooke.
Il giorno dopo.
Tutti
tacevano.
Per
qualche momento lo stupore impedì a Lily di reagire. Aveva
l’impressione che
fosse tutto assurdo. Aveva visto Emma solo la sera prima e avevano
parlato
della sua collana, del fatto che avrebbe potuto condurla da suo padre.
Era
proprio quello che aveva in mente di fare. Lasciare che sua madre le
insegnasse
ad essere un drago feroce e spaventoso... e possibilmente in grado di
controllarsi. Poi avrebbe dato un’occhiata in giro. Non
sapeva se suo padre
fosse a Storybrooke. Era anche possibile che si trovasse nella Foresta
Incantata e che fosse ignaro di tutto, ma avrebbe comunque fatto
qualche
indagine.
E
adesso...
Le
stavano davvero dicendo che Emma... era il nuovo Signore Oscuro?
E
ne sono davvero così sorpresa?
Ripensò
alla terribile sensazione provata la sera prima. Alla sensazione
raggelante che
l’oscurità stesse cambiando forma dentro di lei,
che la stesse divorando.
Non
la stava divorando. Forse stava cambiando
sul serio. Perché Emma, la sua legittima proprietaria, era
cambiata.
Lily
sollevò lo sguardo, incrociando quello di tutti gli altri.
Poi allungò una mano
verso il pugnale.
Regina
l’afferrò per il polso. – No.
Lei
ritirò il braccio, sciogliendo la presa. – E
perché siamo qui? Cosa dovrei fare
io?
-
Aiutarci ad aprire un portale. Che ci condurrà da Emma.
– Regina le mostrò la
bacchetta, deponendola accanto al pugnale.
-
Io dovrei usare la magia per attivare la bacchetta? Non so nemmeno
controllare
la mia trasformazione. E dovresti saperlo bene!
-
Già. Una bella osservazione – commentò
Uncino.
Regina
ignorò il commento. – L’Apprendista...
ci ha detto che nella bacchetta è
contenuta la luce. Ma per attivarla servono... tutte e due le facce
della
medaglia.
-
Quindi serve oscurità. La mia – Lily
aprì il palmo, quello che Regina aveva
tagliato per procurarsi il sangue che sarebbe stato utile
all’Autore. Il taglio
non c’era più, perché Malefica
l’aveva guarito. Ma lei espose comunque la mano
per ricordarglielo.
-
Vedila in questo modo. Hai sempre pensato di essere stata maledetta.
– Regina
si sporse in avanti. Dietro di lei David e Neve si scambiarono
un’occhiata. – E
avevi ragione. Il potenziale oscuro che hanno trasferito dentro di te
ti ha
procurato non pochi guai. Adesso è giunto il momento di
usare quell’oscurità
per fare del bene. Per trovare Emma.
-
La mia oscurità non fa del bene. È pericolosa.
Forse
ora che Emma è cambiata... lo
è più di prima.
-
Unita alla luce custodita nella bacchetta farà esattamente
ciò che deve fare.
Aprirà il passaggio che ci condurrà da Emma.
– Lo sguardo di Regina era scuro e
determinato. – Prendi la decisione giusta, Lily. So che puoi
farlo.
***
Massachusetts.
Due anni prima.
“L’hai
ammazzato, Murphy”, disse
Lily, mentre la macchina, una vecchia Chevrolet rubata, sfrecciava
lungo le
strade a quell’ora praticamente deserte.
Il
suo complice sedeva accanto a
lei con una sigaretta infilata tra le labbra, gli occhi arrossati che
si
limitavano a guardare fuori dal finestrino senza vedere nulla di
particolare.
Non aveva detto una parola da quando erano fuggiti da quella casa,
correndo più
veloci che potevano. Avevano raggiunto la macchina e Lily aveva messo
in moto
quando Murphy non aveva ancora chiuso la portiera. Ormai Lowell e la
contea di
Middlesex erano lontane quasi un centinaio di chilometri.
Nessun’auto della
polizia in vista. Nessuna notizia alla radio. Non ancora. La stazione
su cui
erano sintonizzati stava trasmettendo un vecchio successo country di
Johnny
Cash.
‘Born
to lose, I’ve lived my life in vain. Ev’ry dream
has only brought me pain...’
“Non
era così che doveva andare.
Avevi detto che sarebbe stato un lavoro facile e pulito. Che non ci
sarebbe
nemmeno stato bisogno di usare la pistola!”
“Ma
stai un po’ zitta, cazzo!”
“Perché
l’hai ucciso? Non faceva
parte del piano!”
‘All
my life I’ve always been so blue. Born to lose and now
I’m losing you’
Murphy
si voltò di scatto verso di
lei. “L’ho ucciso perché mi ha
fregato!”
“Oh,
no! La colpa è solo tua.
Avresti dovuto sapere di quel secondo allarme”.
“Ho
studiato la casa e il
circondario per giorni!”
“Allora
non l’hai studiata
abbastanza!”
“Guarda
la strada. Se facciamo un
incidente siamo fregati per davvero. E poi quello che conta sono i
soldi, no?
Li abbiamo. Punto. Il colpo è andato bene.
C’è un bel gruzzolo. Non me ne
aspettavo così tanti”.
Guidò
ancora per una quindicina di
chilometri, contraendo la mascella e cercando di controllare la voglia
di
strangolare Murphy. Poi superò un cartello con la scritta:
AREA DI SERVIZIO. 2
KM. E si rese conto che il serbatoio era quasi vuoto. La spia della
riserva era
già accesa. Johnny Cash aveva finito di ricordarle quanto
fosse incasinata la
sua vita.
“Dobbiamo
fermarci. Siamo a secco”,
annunciò Lily.
“Se
l’area di servizio non è vuota
non ci pensare neanche. Non mi interessa quanto siamo lontani, meglio
proseguire fino alla prossima. L’auto
reggerà”.
L’area
di servizio era deserta.
Forse ciò era anche dovuto al cartello che recitava: DIVIETO
DI SOSTA NOTTURNA
PER CAMPER, CAMION E FURGONI. Quindi parcheggiarono e scesero. Erano le
cinque
e quindici.
Lily
andò a controllare i
distributori di benzina, mentre l’altro si dirigeva verso i
bagni. Non sembrava
più nervoso. Probabilmente non aveva progettato
l’omicidio, ma non l’aveva
nemmeno escluso. O forse... non era il suo primo omicidio,
perciò ci aveva
fatto l’abitudine. Lily, dal canto suo, era furente. Qualcosa
nella sua testa
batteva forte, batteva come un maglio. Non riusciva a rilassare i
muscoli e
mentre prendeva la pompa di benzina per infilarla nella bocca del
serbatoio le
sue mani tremavano. Sentiva l’oscurità,
quell’oscurità che l’accompagnava da
sempre, salire da dentro, dall’abisso profondo, come una
creatura affamata.
Avrebbe
dovuto saperlo. Avrebbe
dovuto saperlo che sarebbe finita così.
Finiva
sempre così. Finiva sempre
male.
‘Perché
non provi a fare scelte
migliori?!’
“Stai
zitta”, sibilò, dando uno
strattone alla pompa. “Stai zitta anche tu”.
***
Storybrooke.
Oggi.
-
Non è una buona idea, vero? – sussurrò
Uncino ad Henry, riferendosi a Lily e a
quello che stavano facendo con la bacchetta.
-
E perché no? Lily era un’amica di Emma e ha...
sai, una parte di mia madre
dentro di sé. Che altro potrebbe servirci?
-
La tua penna. – Ci pensava praticamente da quando era
successo. Il ragazzino
era il nuovo Autore. Significava che aveva il potere di cambiare le
cose. Di riscriverle. L’aveva
già fatto,
riportandoli indietro da quella realtà alternativa in cui
lui non era altro che
un mozzo allergico al rum, incapace di battersi e soprattutto
impacciato con le
donne. Doveva esserci un modo per riscrivere ciò che era
accaduto e riportare indietro
Emma. Risistemare quel maledetto disastro. –
Dov’è la penna? Ce l’hai con te?
-
Beh... – iniziò Henry.
-
Potresti usarla. Usala per cancellare l’oscurità e
salvare Emma.
-
Non ce l’ho più, la penna. L’ho rotta.
Uncino
lo guardò, rabbuiato. Per una frazione di secondo
provò il forte impulso di
afferrare Henry per il colletto della giacca. - Tu... cosa?
-
Era troppo potente. Hai visto che cos’è successo
all’Autore. Lui...
Vi
fu un colpo secco, di una porta che veniva sbattuta e poi Malefica fece
il suo
ingresso nell’appartamento. Rivolse ai presenti una lunga
occhiata
interrogativa. Poi vide il pugnale e la bacchetta.
-
Che cosa sta succedendo qui dentro? – chiese sua madre.
Nessuno
rispose. Lily stringeva la bacchetta.
-
Che cos’è quella?
Regina
era già abbondantemente stufa di mettere al corrente
chiunque di ciò che era
accaduto. E tuttavia dovette farlo.
-
Il succo di questa storia è che vuoi usare mia figlia per
attivare una
bacchetta che apparteneva ad uno dei maghi più potenti che
siano mai esistiti. –
fu il commento di Malefica, quando ebbe finito di raccontare.
-
Senti... – iniziò Lily, alzandosi.
-
È l’unica persona che può aiutarci.
– continuò Regina.
Malefica
per poco non le rise in faccia. - L’unica?
-
L’altra è mia sorella. Non ho la minima intenzione
di chiedere a mia sorella di
attivare la bacchetta!
-
Lascia che lo faccia – disse Lily, osservando sua madre.
– Posso farla
funzionare. È solo una bacchetta...
Malefica
afferrò il braccio della figlia. – No. Non
sappiamo come si comporterà quando
sarà attivata.
-
Sentite, signora... – intervenne Uncino, facendo qualche
passo avanti. La sua
rabbia era palese. Serrava la mascella in continuazione. Sapere di non
avere
nemmeno la possibilità di usare la penna lo aveva reso
ancora più furioso. –
Non siete voi che decidete qui. Abbiamo perso già abbastanza
tempo. Vostra
figlia è... l’altra faccia della medaglia, mi
dicono. Lasciatela provare e se
non funzionerà ce ne andremo. Sono abbastanza convinto che
non funzionerà, in
effetti.
Malefica
lo fissò come se lui fosse stato il più
disgustoso degli scarafaggi. Poi si
rivolse di nuovo a Regina. - Proverò io. Dammi la bacchetta.
-
Non funzionerà e lo sai bene – intervenne Regina.
– Con me non ha funzionato.
-
Fino a poco tempo fa sapevo essere abbastanza terribile. Lo sono stata
per
molti anni. Se è l’oscurità
ciò che serve, credo di averne ancora un po’.
-
Lascia perdere, mamma. – disse Lily, cogliendo tutti alla
sprovvista. La sua
voce si era fatta più dura. Anche se l’aveva
chiamata “mamma”, sembrava
l’avesse detto unicamente per attirarne
l’attenzione. I suoi occhi la
scrutavano come si può scrutare qualcuno che ha appena
raccontato la peggiore
delle barzellette. – Ti hanno fatto troppe coccole. Se la
Regina Cattiva non è
in grado di usare questa cosa, figuriamoci se ne saresti capace tu. E
poi non
avevi detto che non ti dispiaceva la mia oscurità?
Malefica
aprì la bocca per ribattere. Era costernata. Ci mise qualche
istante a
raccapezzarsi. – Non è la tua oscurità
che mi preoccupa!
-
Malefica, possiamo parlare in privato? – disse Regina, prima
che la situazione
precipitasse.
***
Massachusetts.
Due anni prima.
“Hai
sistemato tutto?”, chiese
Murphy non appena tornò da lei.
“Ho
fatto il pieno. Per il resto
non c’è proprio niente che possa essere
sistemato”. Lily era appoggiata ai
distributori, con le mani infilate nelle tasche della giacca e il vento
che le
scompigliava i capelli lunghi. Evitava di guardarlo.
“Non
essere così apprensiva,
Odile”, le rispose Murphy, chiamandola con il suo nome falso.
“Non ci
beccheranno. Non abbiamo lasciato tracce. La polizia non era ancora
arrivata
quando abbiamo tagliato la corda. Nessuno ha visto la
macchina”.
“Non
è solo questo che mi
preoccupa! Dovevi per forza ucciderlo?”
“Non
dirmi che ti dispiace per
lui”. Murphy allargò le braccia. Portava ancora i
guanti e la pistola era
infilata nei jeans. I suoi occhi grigi risaltavano nella
semioscurità. Erano
argentei. “Pensa solo ai soldi. Con quei soldi faremo quello
che vogliamo e
andremo dove vogliamo”.
‘No,
non andremo dove vogliamo. So
che intendi uccidermi, Murphy. Forse non subito. Adesso ti servo. Ma lo
farai’.
“E
poi...”. Murphy le sorrise,
ammiccante. Si avvicinò a lei, fino a quando la sua faccia
non fu a pochi
centimetri dal suo viso. Gli puzzava l’alito di tabacco e di
birra. “È stato
davvero eccitante, non pensi? Siamo proprio una bella
squadra”.
Lily
non disse niente e non si
ritrasse. Lasciò che si avvicinasse ancora e che si chinasse
su di lei per
baciarla.
Poi
allungò una mano e gli sfilò la
pistola dai calzoni.
“Ehi,
ma...”, fece lui,
sinceramente sorpreso.
Lily
lo colpì in fronte con il
calcio della .38 e lo guardò cascare per terra, mentre il
sangue gli sprizzava
dalla ferita. Gridò di dolore e lanciò una
virulenta imprecazione.
“Che
cazzo...? Ma sei impazzita! Mi
hai colpito!”, esclamò, ansimante. “Mi
hai colpito, stronza!”
Lei
gli diede un calcio in mezzo
alle gambe e poi uno nello stomaco con il tacco dello stivale.
“Tu non sai con
chi hai a che fare. Mi avevi detto che sarebbe stato un lavoro pulito,
invece
hai ammazzato un tizio. La colpa è solo tua! Avresti dovuto
sparare a te
stesso. Sei così idiota da non esserti preoccupato del fatto
che potessero
esserci altri allarmi! E non te ne importa niente!”
“Ma
fottiti!”, gridò Murphy,
cercando di alzarsi. Cadde di nuovo e si portò una mano alla
fronte. Il sangue
gli inondava la faccia. “Se non fosse stato per me non
avresti mai avuto quei
soldi!”
“Se
non fosse stato per te, non
sarei nemmeno in questo casino!”
“Guarda
che non te l’ho chiesto io
di unirti alla rapina. Quindi te lo ripeto: fottiti! E si fotta pure
tua madre!”
A
quel punto la belva nera emerse
dal suo abisso, digrignando i denti e con lo sguardo acceso come brace.
Lily la
percepì. Seppe che stava per perdere il controllo, ma non
fece niente per
impedirlo. Una nebbia rossa le oscurò la vista.
Con
il primo calcio centrò Murphy
in un fianco. Lui urlò di nuovo. Il secondo calcio lo
raggiunse alla testa e lo
mise a tacere.
Lo
colpì ancora.
E
ancora. E ancora. E ancora.
‘Fottiti
e si fotta pure tua madre’
“Mia
madre è un drago”, disse Lily,
mentre seguitava a colpirlo. “Mia madre è un drago
e se fosse qui ti avrebbe
già dilaniato”.
La
nebbia rossa si diradò
lentamente.
Murphy
giaceva immobile
sull’asfalto. La sua faccia era un grumo di sangue e capelli.
Cercò
di recuperare un po’ di
lucidità. Il cuore le batteva fortissimo, quasi fosse in
procinto di sfondare
la cassa toracica.
Sarebbe
arrivato qualcuno, adesso.
Ne era sicura. Un camion o un’automobile avrebbe svoltato,
entrando nell’area
di servizio e la prima cosa che il guidatore avrebbe visto sarebbe
stato
Murphy. E lei. Soprattutto lei con lo stivale sporco di sangue e gli
occhi da
folle. Se fosse accaduto, Lily forse avrebbe avuto il tempo di
scappare. O
peggio ancora... avrebbe perso un’altra volta il controllo e
avrebbe ucciso di
nuovo. E poi di nuovo. Avrebbe ucciso... continuando
all’infinito. Le venne in
mente un orribile girotondo di bamboline di carta.
Salì
in macchina e sbatté la
portiera. Due secondi dopo la Chevrolet partì, sgommando.
Lanciò un’occhiata
nello specchietto retrovisore e vide il corpo di Murphy a terra,
abbandonato
come un sacco di stracci. Si diresse all’uscita, accelerando
brutalmente. La
strada era libera. Un vero miracolo. Notò i fari di
un’auto, ma era ancora
molto lontana e c’era la possibilità che nemmeno
si fermasse nell’area di
servizio.
Lily
non si perse troppo dietro
quei pensieri e guidò per altri cinquanta chilometri senza
fermarsi. Ogni tanto
superava il limite di velocità e poi decelerava per non
correre rischi. Il
senso di angoscia continuava a seguirla. Non era l’omicidio
ad assillarla. Era
proprio quello il punto. Non era l’aver ucciso Murphy a farla
sentire male. Era
proprio l’idea di non sentirsi minimamente in colpa e
sconvolta per ciò che
aveva combinato a renderla furiosa. Una persona normale avrebbe provato
disgusto per se stessa, forse avrebbe provato rimorso anche se Murphy
non era
certo uno stinco di santo. Una persona normale avrebbe perso il sonno
ricordando la testa maciullata del ragazzo. Lei no. Qualsiasi cosa
facesse le
si rivoltava sempre contro. Fosse una cosa giusta o sbagliata, la
storia non cambiava.
L’unica cosa che temeva era di essere beccata e accusata
d’omicidio. Il che
significava passare anni in carcere.
Ed
era furiosa anche con le persone
che l’avevano fatta diventare così. Che
l’avevano maledetta.
‘Loro
volevano proteggere Emma’, aveva
detto l’uomo sull’autobus. ‘Volevano che
fosse buona’.
E
ciò comportava che qualcun altro
dovesse essere riempito di oscurità.
Li
odiava e li voleva morti.
‘Perché
non provi a fare scelte
migliori?!’
Cinquanta
chilometri dopo
l’omicidio si fermò in un’altra area di
servizio e usò l’autolavaggio per dare
una pulita alla Chevrolet. Si fiondò nel primo bagno libero
per guardarsi alla
specchio, sicura di avere un aspetto spaventoso. Invece no. Gli occhi
erano un
po’ cerchiati, ma quello non era una novità. Si
gettò in faccia un po’ d’acqua
gelata. Poi ripartì e fece una nuova sosta dopo altri
quaranta chilometri.
Aveva svoltato a sinistra invece di proseguire sulla Route 92.
Trovò un
ristorante ancora deserto, si portò sul retro della
costruzione e imboccò una
strada sterrata che conduceva nel bel mezzo dei campi.
Qui
fece ciò che andava fatto.
Prese il denaro e la borsa che aveva messo nel bagagliaio prima della
rapina,
immaginando che quella sarebbe stata, in ogni caso, l’ultima
notte a Lowell. Poi
prese la tanica di benzina che aveva riempito dopo aver fatto il pieno.
La
sparse dappertutto.
Infine
diede fuoco all’auto.
La
guardò bruciare. Le fiamme
ruggirono e si proiettarono verso l’alto. La Chevrolet
esplose con un rombo
soffocato e una sfera di fuoco si levò dal baule della
macchina. Era molto
luminosa, troppo per poterla guardare, ma Lily restò
comunque a fissare le
fiamme per qualche minuto, affascinata. Il lunotto posteriore esplose
verso l’interno.
Pezzi di metallo volteggiarono nell’aria.
Quando
si rimise in cammino erano
le otto e quindici.
***
Storybrooke.
Oggi.
-
Che cosa stai cercando di fare?! – esclamò
Malefica, dopo che Regina l’ebbe
accompagnata fuori dall’appartamento.
-
Sto cercando di salvare Emma.
-
Usando mia figlia?
Regina
roteò gli occhi. – Tua figlia è
l’unica che può azionare la bacchetta. Se lo
chiedessi a Zelena si rivolterebbe contro di me. Non possiamo
permettercelo.
-
Diciamo che tu non puoi
permettertelo. – precisò Malefica, aggrottando le
sopracciglia. - Perché sei
totalmente incapace di gestire tua sorella.
-
Mia sorella è ingestibile per chiunque! Adesso è
senza poteri, ma se le tolgo
il bracciale se ne approfitterà di certo. Ed è
molto potente.
Malefica
sembrava sorda. Parlava come se non avesse sentito le sue risposte. -
Per te
sarebbe un bene se prendesse il largo! Porta in grembo il figlio del
tuo uomo.
-
Forse! Forse sarebbe un bene! Peccato che, se lo facesse, non solo si
porterebbe via il figlio di Robin, ma noi non saremo in grado di
trovare Emma!
Vi
fu un breve istante di silenzio. Lei e la sua vecchia amica si
fissarono.
-
Non sai nemmeno quali potrebbero essere gli effetti di quella
bacchetta! –
Malefica si avvicinò, minacciosamente. Era molto
più alta di lei, quindi Regina
dovette alzare la testa per guardarla in faccia.
-
La bacchetta non farà del male a Lily. Tua figlia
è l’altra faccia della
medaglia. Senza di lei non possiamo aprire il portale.
-
Se non sbaglio ci hai già provato una volta.
-
Come?
-
Lily me l’ha raccontato. L’hai ferita per prenderti
il suo sangue e usarlo per
scrivere il tuo maledetto lieto fine. – Adesso gli occhi di
Malefica, che di
solito erano grandi e celesti, si erano accesi come tizzoni ardenti.
Erano
talmente vicini che Regina riuscì a vedere il fuoco bruciare
nelle iridi. – Ed
ora... vuoi usarla di nuovo. Tanto a te non importa niente, vero? Se
succede
qualcosa a Lily a te non importa.
-
Non è così...
-
Lei non sa controllare la sua trasformazione. Non controlla
l’oscurità che ha
dentro. Nessuno gliel’ha mai insegnato. Non trovi anche tu
che sia rischioso
che entri in contatto con un’altra fonte di magia?
– Malefica strinse il
colletto della sua giacca con una mano. – Ho appena ritrovato
mia figlia. Non
permetterò che corra dei pericoli.
Regina
sentiva il sangue ribollirle nelle vene. Non staccava gli occhi da
quelli
dell’altra e non aveva la minima intenzione di cedere. Ma
comprendeva fin
troppo bene che cosa volesse dire amare un figlio e fare di tutto per
proteggerlo.
Soprattutto quando quel figlio ti era appena stato restituito.
-
So quanto ti piace cavalcare i draghi, Regina –
continuò Malefica, con la voce
incrinata dalla rabbia. –
Ma sai una
cosa? Se dovessi fare del male a mia figlia, ti assicuro che non
cavalcherai
nessun drago. Finirai dritta nella bocca del drago. E verrai dilaniata.
Regina
appoggiò una mano sul braccio di Malefica, inducendola a
lasciarla andare. Chiuse
gli occhi per un attimo e trasse un profondo respiro. - Non voglio fare
del male
a tua figlia. Ho solo bisogno che mi aiuti. Che mi aiuti con la
bacchetta. L’avrebbe
fatto l’Apprendista, ma lui ormai è morto. Pensa
anche a tua figlia. Lei ha il
potenziale oscuro di Emma dentro di sé. Ha sempre pensato di
essere pericolosa.
Si è isolata... apposta perché credeva che fosse
la soluzione migliore per
evitare di fare del male a qualcuno.
Malefica
non disse niente.
-
Quando io ed Emma l’abbiamo trovata... era piena di rabbia.
Lo è tuttora, lo
so. Ma questo potrebbe essere un inizio, non credi? Se usa la sua
oscurità per
portarci da Emma... farà una cosa giusta. Malefica, dobbiamo
aprire quel
portale e trovarla. Lei...
Malefica
seguitò a fissarla.
-
Lei mi ha salvato la vita. È diventata l’Oscuro
per proteggere me. Se non fosse
stato per Emma ci sarebbe il mio nome su quel pugnale.
“Ci
deve essere un altro modo!”
“Non
c’è. Hai faticato troppo per
vedere la tua felicità distrutta”.
Per
un attimo regnò il silenzio.
-
Adesso... non ho molta scelta. – continuò Regina.
- Devo trovarla. Dobbiamo trovarla,
prima che l’oscurità
prenda il sopravvento.
-
Che cosa dovrei fare? Pronunciare un incantesimo? –
domandò la ragazza.
-
Niente incantesimi – rispose Regina. Le spiegò
come aveva agito lei quando
aveva cercato di usarla per aprire il portale.
-
Credo che mi piaccia questo ruolo da Harry Potter. –
commentò Lily, portandosi
la bacchetta davanti al viso.
-
Harry Potter? – chiese Uncino, sollevando un sopracciglio.
-
Era un mago – spiegò Henry.
Regina
ignorò quelle esternazioni e si concentrò Lily,
in attesa che facesse quello
che tutti si aspettavano che facesse.
“Prendi
la decisione giusta, Lily.
So che puoi farlo”.
Quella
era una cosa che avrebbe potuto dirle anche Emma, se fosse stata
presente.
“Perché
non provi a fare scelte
migliori?!”
-
D’accordo. Vediamo di farla funzionare – disse
Lily.
Sollevò
la bacchetta, puntandola verso il soffitto e disegnano un cerchio
immaginario
nell’aria...
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Angolo
autrice:
La
frase: Le venne in mente un orribile
girotondo
di bamboline di carta. Non è mia. È
leggermente modificata, ma è tratta da
un romanzo di Stephen King, Chi perde
paga.