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Autore: Kim WinterNight    28/12/2015    3 recensioni
«Ciao, cari lettori.
Mi presento: mi chiamo Albertina, per gli amici Berty. Ho quindici anni e vivo in Italia, precisamente in un paese fittizio che chiamerò… mmh… Bettola town.
Okay, lo so, il nome può sembrare buffo e non attinente al nostro caro Stato Italiano (Repubblica fondata sul Lavoro e bla bla bla), ma sfido chiunque a trovare un nome migliore di questo!»
Spero che la storia vi piaccia.
Non sono solita scrivere comici, però per queste vicende sono davvero ispirata e ho preso spunto da un sogno che ho fatto recentemente.
NOTE: tutti i personaggi sono di mia modesta invenzione e qualsiasi riferimenti a luoghi o persone è puramente casuale.
Genere: Demenziale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una sfida con me stessa!




L'assemblea musicale si avvicina e io sono costretta a vedere Pippo quasi ogni giorno. Ha molto da fare a scuola, si occuperò di tutta la parte tecnica dell'organizzazione. In genere il tutto viene messo nelle mani poco esperte di studenti dilettanti, ma quest'anno a quanto pare vogliono che si concluda con il botto.

A me la cosa non interessa. Parlo di Checco ovviamente, di lui non mi importa. Da quando ha detto che avrebbe voluto baciarmi, non gli ho più rivolto la parola. Queste cose non fanno per me e non voglio assolutamente che gli passino certe idee per la testa.

Intanto, mia madre ne sarebbe troppo contenta e orgogliosa e questo mi fa venire il voltastomaco già di per sé; inoltre, il mondo maschile è qualcosa che non rientra nei miei pensieri, come invece succede a tutte le mie coetanee. Anche Tita dice sempre che sono un caso perso, ma parla bene lei che ha trovato la sua felicità con Gabri e sembrava non desiderare altro! Ecco, non la giudico, ognuno è giusto che trovi il suo equilibrio nel modo che ritiene più appropriato, e se per lei questo significa stare con Gabriel, affari suoi. Sono felice per loro, sono due persone che da sole non riuscirebbero a combinare niente di sensato, ma che insieme si completano e sono una forza.

Io invece non sono così e pare che molte persone fatichino a capirlo.

Mauro, ad esempio. Dopo quel brutto incidente – brutto per lui, divertentissimo per me ed eccitate per il ragazzo più gay dell'istituto che mi ha dato una mano – mi lancia occhiate di fuoco come se stesse meditando qualcosa, come se tramasse alle mie spalle ma non riuscisse a mettere in atto un bel niente. Lui è un buono a nulla, un inetto sociale che spera sempre di attirare l'attenzione e di coltivare il suo ego all'infinito.

Camminando in corridoio durante la ricreazione, muoio di caldo. Giugno è iniziato due giorni fa e io non ne posso più di venire in questa schifosissima scuola.

Maria Vittoria mi sta opprimendo con le sue stupidaggini su quanto sia importante avere la media del nove in matematica, solo perché lei la insegna. Pretende forse che io diventi come lei anche in campo professionale, ma è un'altra di quelle persone che non hanno ancora capito effettivamente come sono fatta.

Non capisco neanche perché Checco la idolatri così tanto, possibile che non abbia mai subito le angherie di mia madre e non l'abbia odiata come succede a me? Ma pensare a lui non mi aiuta certo a sentirmi meno nervosa.

E non mi aiuta neanche il fatto che l'ho appena visto entrare nell'atrio e mi sono leggermente irrigidita.

Giaco, che mi sta accanto, sembra accorgersene e la cosa mi irrita. Gli ho semplicemente accennato che siamo usciti insieme, ma solo per raccontargli del concerto folle a cui ho assistito. Giaco è appassionata di situazioni strane, lui per certi aspetti mi somiglia e sa come divertirsi.

Il problema è che io non voglio neanche vedere Checco, ormai è sulla mia lista nera e lo vedo allo stesso livello di Mauro.

E in questo momento cruciale, proprio mentre i nostri sguardi per un attimo si incrociano, mi viene un'idea geniale. Già, Mauro è sempre una buona fonte d'ispirazione per i miei piani colmi di malefica dolcezza.

«Ecco il tuo fidanzato!» grida Giaco.

Gli mollo una gomitata a caso e lo sento imprecare malamente, ma lo ignoro. Oggi è particolarmente irritante.

«Brutta stronza!» mi insulta.

«Te la sei cercata, ignorante!»

In quel momento passa Mauro accanto a noi e la mia idea prende ancora più forma nella mia mente, è arrivato un momento in cui sento di dover mettere da parte per un attimo la mia dignità.

Lascio Giaco a massaggiarsi le costole e mi fiondo vicino a Mauro, lanciando un'occhiata a Checco che si avvicina alla macchinetta del caffè.

Afferro il braccio di Mauro e lui, spaventato, si volta e rimane sorpreso nel trovarmi accanto a lui che gli sorrido a trentadue denti.

«Ciao Mauro, lo so che probabilmente mi odi...» comincio.

«No, macché, figurati! Mi hai ridicolizzato di fronte a tutti, ma questo per te non ha alcuna importanza, Albertina» mi accusa con tono acido.

Reprimo l'istinto di sputargli in faccia e di dirgli tutto quello che penso di lui, compreso il fatto che mi fa schifo e che gli rivolgo la parola solo perché mi serve.

«Lo so, sono stata pessima, ma tu sai come sono fatta. Mi perdoni?» me ne esco invece, sperando di risultare convincente. Il tempo stringe, ma se Checco mi vede mentre parlo con Mauro e gli stringo il braccio, dovrebbe già bastare.

«Perché dovrei?»

«Perché sei un bravo ragazzo... lo so, mi dispiace di averti combinato quello scherzo, a volte mi comporto come una bambina!»

Sto continuando a gettarmi merda addosso, ma questo è per una giusta causa, sfido chiunque di voi a dirmi il contrario!

«Ma...»

«Ci tengo!» salto su avvicinandomi ancora a lui. «Mi sono accorta di che brava persona tu sia» sussurro, reprimendo un conato di vomito. Stare così vicino a quest'essere mi costa fatica, ma io sono una persona abbastanza coraggiosa, non ho apura delle sfide e questo è risaputo. Così, mentre notavo Checco entrare a scuola, mi sono detta: “Albertina, dannazione, ti sfido! Fa' vedere a quello sbruffone di Filippo con chi ha a che fare!”. E per questo, Mauro è la persona giusta, me lo sento.

«Posso provarci...» cede Mauro, da perfetto idiota. Ecco, vedete cosa intendo quando dico che è perfetto per questo ruolo?!

«Sì, ti prego!» squittisco.

Sento lo sguardo di Giaco addosso, so che mi sta prendendo per pazza, ma io ho qualcosa di importante da raggiungere! Prima o poi capirà!

«Mauro», deglutisco, sperando che lui interpreti quest'esitazione in amniera positiva, «la verità è che... tu mi piaci, però in quel momento non ero... pronta ad ammetterlo» concludo.

Non faccio in tempo a riprendere fiato che Mauro si avventa su di me, e riesco a malapena ad evitare che mi baci. Non posso proprio sopportare anche questo, è già troppo che io stia fingendo di desiderarlo.

Lascio che mi abbracci e per evitare che avvicini la sua bocca alla mia, nascondo il viso sul suo petto tentando di non inspirare troppo. Mi sta seriamente prendendo male, la nausea è qualcosa che non sono mai stata brava a controllare, specialmente se di mezzo ci sono dei ragazzi – Mauro in particolare è un altissimo conduttore di questo fenomeno.

L'unico che non mi ha provocato quest'effetto collaterale è Checco, ma io non lascerò che qualcosa di anomalo mi faccia diventare come mia madre nei confronti di mio padre. Io di uomini non ne voglio sapere, a volte penso che sarei dovuta nascere lesbica. Peccato che non lo si possa diventare dall'oggi al domani, sono certa che una ragazza potrebbe andarmi meglio per molti motivi.

Ma per ora devo fare i conti con Mauro che sembra un animale in calore e mi tocca in maniera fastidiosa la schiena, i fianchi, i capelli...

La colazione rischia di venir sprecata, cerco di appigliarmi al mio senso civico e di pensare a quante persone avrebbero voluto mangiare quello che ho mangiato io stamattina e non si sognerebbero mai di rimetterlo per colpa di un essere spregevole come Mauro. La tecnica sperimentata sul momento sembra funzionare, però mi scosto lo stesso da Mauro e gli afferro riluttante la mano.

«Ci prendiamo un caffè, ti va?» domando, sperando non gli venga in mente di fare qualcosa di cui potrebbe pentirsi. Penso che per i prossimi giorni dovrò girare con un coltello a serramanico appresso, ho la vaga impressione che sarà molto difficile sbarazzarmi nuovamente di lui dopo questa messinscena. Perché finisco sempre per impantanarmi in queste situazioni di merda?

E pensare che all'inizio sembrava tutto così semplice: fingere di essere innamorata di Mauro, sfilare mano nella mano con lui di fronte a quell'allocco di Checco e fargli così passare la voglia di rompermi le palle. Non avevo però messo in conto il fatto che Mauro è un adolescente egocentrico e in preda agli ormoni che non vedeva l'ora di mettermi le mani addosso, provocandomi un fastidio indescrivibile.

La vita è una grande puttana, ragazzi miei!

Giaco mi fulmina con una lunga e significativa occhiata, mentre Tita e Gabri lo raggiungono. Tutti e tre mi guardano come se fossi appena scesa da una navicella spaziale, così lancio loro uno sguardo che spero gli faccia capire che sto fingendo, che potrò spiegargli tutto in un secondo momento.

Loro sono gli unici di cui mi importa, il parere del resto della scuola mi lascia del tutto indifferente, non ci presto minimamente attenzione.

Io e Mauro arriviamo di fronte alla macchinetta e proprio in quel momento Checco, dopo essersi chinato per ritirare il suo caffè, si volta nella nostra direzione e ci nota.

Non saprei proprio descrivere la sua espressione, sta di fatto che sento un disagio diverso, che unito al disgusto che già sto provando da un po', mi convince a mollare la mano di quel viscido di Mauro. Con la scusa di cercare qualche moneta, mi allontano leggermente da lui.

Improvvisamente non ho più tanta voglia di recitare, ma il ricordo della sfida che mi sono lanciata mi fa capire che non posso più tirarmi indietro. Solo i vigliacchi abbandonano il campo di battaglia!

«Ciao» fa Mauro beffardo, rivolto a Checco. So che sta facendo l'idiota perché crede davvero che io ormai sia sua e che quindi il suo “rivale” non ha più alcuna speranza. Il problema è che nessuno dei due ha ancora afferrato il concetto: non c'è anima viva che abbia una minima speranza di accoppiarsi con me, punto e basta.

Evito di farlo presente, mi limito ad osservare la scena, mentre Checco fa un semplice cenno con il capo e ci oltrepassa senza neanche degnarmi di uno sguardo.

Rimango basita, c'è qualcosa nel suo atteggiamento che mi fa incazzare, incazzare sul serio.

Come si permette di trattarmi con sufficienza? Quello ad essere fuori di sé, ora, dovrebbe essere lui, non io! Ha un modo di fare che non sopporto, così do accidentalmente un colpo a Mauro, il quale si rovescia il caffè macchiato appena preso sulla maglietta e comincia a borbottare cose incomprensibili.

Non me ne frega un cazzo, ecco la verità.

«Ciao, Filippo! Tutto bene? Non si saluta più?» sbotto facendo un passo avanti.

Lui si ferma e, dopo essersi girato, fa un sorrisetto idiota e scuote il capo.

«Non hai niente da dire?» aggiungo. Questa situazione surreale mi fa sentire strana, è come se Mauro non esistesse neanche più.

«Fa male essere ignorati, vero?» dice Checco con ironia, ma nei suoi occhi non c'è alcuna traccia di sorriso né divertimento.

E poi se ne va, lasciandomi qui a strepitare come una deficiente. Non fa male, è fastidioso, non si doveva permettere! Ma crede davvero di essere così importante? Povero illuso!

Mauro mi circonda le spalle con un braccio e io subito mi irrigidisco. Ne ho abbastanza, così me lo scrollo di dosso e balzo indietro.

«Non toccarmi, idiota! Pensi davvero che volessi stare con te? Ma vedi di riprenderti!» sbraito, strappandogli di mano il bicchiere semivuoto e scagliandoglielo addosso senza alcun ritegno.

«Non ci posso credere, io...» farfuglia sgranando gli occhi.

«Ti ripeto ancora una volta che devi scendere dal piedistallo, non ti sopporto e non cambierò mai idea!»

«Mi hai usato per far ingelosire quel... tipo!»

«Faccio come mi pare, non sono affari tuoi, Mauro! Cavoli tuoi che credi a tutto e basta veramente poco per alimentare quell'ego che ti ritrovi! Lasciami in pace!»

Me ne vado incazzata come una belva, ma i miei amici mi bloccano all'inizio del corridoio.

«Cos'hai combinato Berty? Oh dio...» sospira Tita esasperata.

«Sei impazzita?» domanda Gabri indignato.

«Devi darci delle spiegazioni, è un must!» strilla Giaco afferrandomi per un braccio.

Così, mentre racconto quello che è successo per filo e per segno, non riesco a far a meno di pensare alle motivazioni che mi hanno spinto a comportarmi in questo modo.

Checco mi ha fatto innervosire parecchio, inoltre è stato un vero maleducato a non salutarmi e a non reagire minimamente a quello che è successo, speravo di fargli capire che non può avermi ma lui sembra non essersi neanche accorto che stavo passeggiando con Mauro come se stessimo insieme.

L'unico problema è che alla fine non ho risolto niente, non ho raggiunto nessun obiettivo, se non quello di vincere la scommessa con me stessa.

Peccato che stavolta la cosa non riesce ad assumere la solita importanza.

Perché? Cosa sta succedendo? Sto impazzendo?

  
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