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Autore: ZereJoke94    30/12/2015    1 recensioni
[Henry Cavill]
Appoggiai la testa sul volante e respirai profondamente, pensando che dopo l'anno che avevo appena passato, le cose non potevano fare altro che migliorare. Non era proprio possibile che qualcosa andasse peggio.
....
....
"-Non è un caso se quasi tutti si tengono alla larga da lui- Iniziò, -In fondo lui stesso non chiede altro che essere lasciato in pace, quindi perchè non farlo?-"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 9
-Cosa ti ha fatto pensare di avere il diritto di fare quello che hai appena fatto?!- Morivo dalla voglia di prendere Jake a sberle, visto lo stato di totale isteria in cui ero in quel momento.
Eravamo all’esterno del pub, nello stesso punto dove poco prima mi trovavo con Gideon.
Lui si strinse nelle spalle -Ho solo pensato che quello squilibrato ti stesse dando fastidio. Non mi sembra il caso di farne una tragedia-
-Pensi che sarei rimasta qui come una cretina, se fosse stato così? So badare a me stessa, e so giudicare le persone, cosa di cui tu non mi sembri tanto capace- Mi morsi la lingua. Avevo parlato troppo.
Jake sgranò leggermente gli occhi e si avvicinò a me di un passo –Che stai dicendo? Anna, non so cosa ti stia frullando per la testa- Mi prese il viso tra le mani e automaticamente mi irrigidii -Ma non devi parlare con quello, ok?-
-Jake- Posai le mie mani sulle sue e provai ad usare un tono di voce il più dolce possibile -So quello che devo fare-
-A quanto pare no!- Si scostò bruscamente e iniziò a camminare avanti e indietro mentre gesticolava animatamente -Gideon Lancaster vive in una specie di capanna a Holecreek, da solo. Non si taglia la barba da…non lo so, credo cinque anni. Non rivolge la parola a nessuno tranne che alla sua famiglia  presumo e quando tornò da Dio solo sa dove ridotto ad una specie di zombie, a sua madre per poco non prese un colpo! Francamente non so cosa esca a fare da quella specie di tana che si è costruito! –
Mancava solamente che iniziasse a battere i piedi, poi gli avrei messo in mano un bel lecca lecca e una macchinina giocattolo.
-Jake, ti stai rendendo ridicolo- Mi limitai a commentare.
-Certo- Fece per rientrare, ma evidentemente ci ripensò, perché si voltò e disse -E’ pericoloso. Chiedi a tua nonna, lei sa-
Sentii il sangue defluirmi dal viso. La serata era terminata.
 
 
“Chiedi a tua nonna, lei sa”.
Ma che ne sapeva Jake se mia nonna fosse o meno a conoscenza di qualcosa?
Oltretutto lei stessa mi aveva detto di non sapere niente di preciso…mi aveva mentito? Ma cosa c’era di tanto orribile da non poter essere detto su quell’uomo? Dove diavolo era stato? E soprattutto, che cosa era successo?
 
 
Mi sciacquai il viso e osservai la mia immagine riflessa allo specchio. Erano le nove del mattino seguente.
Non avevo dormito granchè e il motivo era soltanto uno. Non avevo fatto altro che pensare a quello che mi aveva detto Jake. Dovevo parlare con la nonna?
Osservai le profonde occhiaie scure che mi cerchiavano gli occhi, “No, meglio lasciar perdere per ora”. La curiosità mi divorava, curiosità mista a paura. Ero terrorizzata da ciò che avrei potuto scoprire.
 
Quel pomeriggio al lavoro non feci altro che guai, sbagliai un paio di volte a segnare gli appuntamenti e il risultato finale fu un calendario pieno di cancellature e disegnini idioti, che avevo fatto mentre ero altrove con la testa. Verso le 18:30 Jeff uscì dal suo studio e si fermò davanti alla mia porta.
-Puoi andare Anna. Per oggi abbiamo finito, l’ultimo appuntamento è saltato- Si massaggiò le mani, sembrava parecchio stanco.
-Niente di grave spero- Risposi mentre mi alzavo dalla sedia e raccoglievo le mie cose, felice di tornare  a casa mezz’ora prima.
Lui rise –Oh no, credo si sia trattato di un attacco di fifa last minute-
Lo osservai, a primo impatto non somigliava a Gideon, ma se lo si guardava bene ci si accorgeva che avevano la stessa bocca, la stessa espressione quando ridevano. Avevo visto Gideon “ridere” un paio di volte, sorridere più che altro, ma fu una cosa che notai comunque.
Parlammo del più e del meno per altri cinque minuti e poi ci salutammo.
Faceva piuttosto caldo quel giorno, e c’era ancora molta luce. Giugno era il mio mese preferito. Mi sentii improvvisamente di buonumore e mi sciolsi i capelli che prima avevo raccolto in una coda alta.
Non appena fui salita in macchina abbassai il finestrino e accesi la radio; in molti si giravano nella mia direzione quando sentivano la musica che proveniva dall’abitacolo, ma non mi importava. Storsi il naso quando giunsi al solito semaforo che, ovviamente, non poteva che essere rosso. Abbassai il volume, mi  fermai e attesi.
Tamburellavo con le dita sul volante e mi misi a leggere i vari cartelli posizionati nell’incrocio. Sentii lo stomaco contrarsi quando lessi “Holecreek”.
E se invece di continuare a spappolarmi il cervello di domande che da sole non avrebbero avuto risposta, fossi andata direttamente da lui? In fondo avevamo un discorso in sospeso, no?
Rimasi li ferma a riflettere se continuare per la mia strada o se svoltare a sinistra. Magari era vero quello che Jessica aveva detto una volta… mi avrebbe fatto a pezzetti e mi avrebbe usato per concimare il giardino?
In ogni caso sarebbe stata pura invadenza presentarsi cosi a casa sua che, tra parentesi, non sapevo neanche dove fosse di preciso. Sapevo solo che era ad Holecreek, con cui si intendeva tutta la zona del torrente.
Qualcuno suonò furiosamente il clacson alle mie spalle e fui strappata dai miei pensieri. Dopo un istante premetti l’acceleratore.
 
La casa era veramente a due passi dal torrente e ringraziai Dio che non fosse dall’altra parte rispetto al sentiero che avevo percorso dalla strada per arrivarci. Era piuttosto grande ma semplice, tutta in legno chiaro, a primo impatto mi diede l’idea di una baita. L’aveva veramente costruita da solo? Parcheggiai e scesi, il più silenziosamente possibile, il che non aveva molto senso, perché non ero andata li per spiarlo, ma per incontrarlo.
 
Era veramente un bel posto in cui vivere, trasmetteva tranquillità, e il rumore dell’acqua così vicina ventiquattro ore su ventiquattro doveva essere qualcosa di fantastico. La casa era circondata da alberi. Uno aveva il tronco talmente piegato che ci si poteva salire sopra e sedervisi. Mi domandai se Gideon se ne stesse mai seduto li da solo.
Nonostante i dubbi che ad ogni passo aumentavano, mi avvicinai sempre di più finchè non scorsi il fuoristrada scuro parcheggiato nel lato della costruzione che prima mi era nascosto. Mi bloccai. Ma che cavolo stavo facendo? Dovevo essere impazzita…
-Che ci fai qui?- Chiese una voce profonda, alle mie spalle.
Chiusi gli occhi un istante, maledicendomi in tutte le lingue che conoscevo, prima di girarmi.
Gideon se ne stava li, con un tronco largo almeno trenta centimetri sulla spalla destra. Una maglietta bianca con sopra una camicia di jeans aperta e soprattutto molto vissuta, come lo erano i jeans che indossava sotto. Al solito.
Nonostante l’imbarazzo, pensai che fosse indicibilmente sexy.
-Ho pensato che fosse giusto concludere il discorso di ieri sera- Mi fingevo disinvolta e sicura di me, quando in realtà non ero sicura di niente.
Mi superò senza rispondere e posò il tronco a pochi passi dal fuoristrada. Lo seguii senza pensarci due volte e solo in quel momento notai che su quel lato della casa c’era un'altra porta, un garage ipotizzai, vista la grandezza.
Lui si pulì le mani sui jeans e inaspettatamente fece un sorrisetto sarcastico -Hai controllato che Sullivan non ti abbia seguita, spero. Non vorrei mi cogliesse di nuovo nell’atto di infastidirti-
“Che permaloso!”
-Perdonalo per la scenata di ieri sera…-
Mi fissò per qualche secondo con gli occhi quasi sbarrati, e notai una macchiolina più scura nella sua iride sinistra. Decisi che quello non fosse il momento più opportuno per dirgli che aveva gli occhi più belli e strani che avessi mai visto in vita mia.
-Scusalo. Non so che altro dirti-
Ero sempre così poco brillante nel rispondergli. Ma non ero abituata a persone come lui.
-Non è per lui, Anna. Non è stata una sorpresa per me che abbia pensato quello che ha pensato. In effetti, hai avuto un bel fegato a venire qui da sola, viste tutte le belle cose che ti avranno raccontato di me-
Mi strinsi nelle spalle -Pettegolezzi…-
Lui sospirò e sembrò pensare un attimo; -Forse è meglio che tu te ne vada adesso-
Sbuffai esasperata. Bisognava fare chissà che cosa per avere una conversazione normale con lui? O bisognava davvero essere fortunati e prenderlo in un momento in cui era incline alla normalità?
-Non penso proprio- Incrociai le braccia automaticamente –Vorrei che finissi di dirmi quello che mi stavi dicendo ieri sera-
Lui si appoggiò alla sua auto e mi guardò con un’espressione strana, non avrei saputo dire se fosse più sorpresa o divertita.
-Mi sono scusato per come mi sono comportato. Mi piacerebbe che avessimo un rapporto amichevole- Mi scrutava mentre parlava, come a voler leggere ogni mia minuscola reazione a ciò che mi stava dicendo.
“Un rapporto amichevole”. Sentii lo stomaco rigirarsi insieme a una sensazione di pesantezza al petto che non mi piacque affatto. Ma mascherai bene la delusione atroce, almeno credo, e mi inventai che dovevo tornare a casa da mia nonna.
 
GIDEON
La delusione che le lessi in faccia mi fece male e mi spaventò. L’avevo appena delusa, oltre che umiliata.
La guardai, e soprattutto la lasciai partire a razzo con quella vecchia auto che si ostinava a tenere, dopo aver balbettato qualcosa a proposito di sua nonna, del fatto che era in ritardo.
Mi ero sbilanciato troppo la sera prima, mi ero lasciato andare. Dopotutto la scenata del suo amico non era stata completamente inutile, anzi. Se non fosse arrivato ad interromperci probabilmente le avrei detto qualcosa che mi ero ripromesso di non dire più a nessuna donna.
Ora l’unico problema era Susan, e sperai con tutto me stesso che non le dicesse niente, ma se non lo aveva fatto fin ora…
L’ideale sarebbe stato che si convincesse che ero pazzo, come credevano un po’ tutti a Woodbourne e lasciasse perdere qualunque cosa si fosse messa in testa e, cosa ancora più importante, che mi stesse lontano.
Mi bloccai, colto alla sprovvista da un pensiero che mi fece risalire un brivido lungo la schiena. Ma io volevo stare lontano da lei?
   
 
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