Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: _Gia    30/12/2015    0 recensioni
" Eppure le si parò davanti, con il solito sorriso di chi era bello e consapevole di esserlo, con quel sorriso luminoso nonostante il grigiore perenne che invadeva la vita di tutti loro, un sorriso che da piccola l'aveva fatta più volte incantare e che forse non aveva mai smesso di farlo. "
Post - Settantaquattresimi Hunger Games | Lievemente Everthorne
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Katniss camminava verso la recinzione elettrica. Passi rapidi, lunghe falcate, la paura di essere scoperta. Sentiva come se ogni suo passo fosse monitorato, e probabilmente era proprio così; ma Capitol le aveva strappato via già tutto, non le avrebbe permesso di privarla anche del piacere che per lei era la caccia.
Si spostava velocemente da una casa all’altra, utilizzando le mura di esse per nascondersi, privandosi della modesta bellezza del proprio Distretto. Superò alcune casette, raccolte intorno ad un’umilissima chiesetta, qualche negozietto, qualche fabbricato fatiscente e, soprattutto, svettante tra tutti, il Palazzo di Giustizia, anch’esso abbastanza mal messo ma che Capitol aveva fatto in modo di preservare almeno in parte giusto per qualche ripresa occasionale. Katniss rallentò: superata la piazza si ritrovò a passare tra delle abitazioni cupe, scricchiolanti, giusto un pertugio dove le persone avrebbero potuto dormire per le poche ore libere che gli erano concesse dal lavoro in miniera. Per la maggior parte sembravano abbandonate, senza molti cenni di vita se non per qualche volto sospettoso che la scrutava da dietro la finestra.
Più avanti si ergeva il Forno, forse l’edificio più pericolante dell’intera Panem, l’unico luogo del Distretto in cui la gente avrebbe potuto incontrarsi, scambiare due chiacchiere, acquistare cibo: avere la propria povera vita, insomma.
Lo superò; il Forno era una tappa che avrebbe sicuramente fatto durante il ritorno, magari con qualche bell’animale morto da barattare con qualche moneta. Non che ne avesse un effettivo bisogno; da quando aveva vinto gli Hunger Games aveva più soldi di quanti ne servissero realmente, se lo faceva era solo per sentirsi ancora padrona della sua vita.
Continuò a camminare, attenta a dove metteva i piedi, attenta a non inciampare nell’asfalto rovinato, adesso totalmente sconosciuto ma che prima dei Giochi non aveva segreti, per lei.
Imboccò la direzione che portava alle vecchie miniere, la strada si fece più larga ed accidentata.
Svoltò, a costo di allungare il proprio percorso. Il dolore per il padre era ancora troppo forte, troppo vivo, per ritrovarsi nuovamente in quel luogo. Se ci si fermava a pensare avrebbe ancora potuto sentire il lontano rumore dell’esplosione, e lei era troppo debole, troppo scossa per poterlo sopportare. Finalmente, dopo ancora qualche minuto di camminata a passo svelto, raggiunse la recinzione in ferro che, dopo essersi assicurata non emettesse alcun sibilo di elettricità, scavalcò con l’agilità di chi ormai lo faceva da una vita.
Avvertì pace, tranquillità, quando venne inghiottita dal bosco, in un tunnel verde in cui la luce del sole d’improvviso scompariva, coperta delle fronde degli alberi, e gli odori diventavano umidi e selvatici. Camminò ancora, giusto il tempo di raggiungere l’albero il cui tronco nascondeva il proprio arco e le proprie frecce e, successivamente, per arrivare nel luogo in cui lei e Gale erano soliti incontrarsi. Ma lui non c’era e chissà se sarebbe mai arrivato: troppo impegnato dal nuovo lavoro in miniera, forse anche troppo ferito per ciò che le aveva visto fare durante gli Hunger Games.
Neanche lei avrebbe saputo come aspettarselo: bello come sempre, questo era ovvio, ma corrucciato, nervoso? Forse anche destabilizzato dai ritmi che ultimamente conduceva.
In fondo era un lavoro duro, quello del minatore. E pericoloso. Si rischiava la vita ogni giorno, in molti si ammalavano ai polmoni; non c'erano né controlli né attenzione per la salute: pochi godevano del privilegio di una lunga vecchiaia. Ma lì i tempi erano costantemente difficili, la principale preoccupazione era conservare il lavoro; assicurare un tozzo di pane anche vecchio per la propria famiglia. E in quello, Gale era sempre stato in prima linea. Pensò che l'avrebbe fatta sentire in colpa, che si sarebbe sentita ferita, che il vecchio Gale le sarebbe mancato.
Eppure le si parò davanti, con il solito sorriso di chi era bello e consapevole di esserlo, con quel sorriso luminoso nonostante il grigiore perenne che invadeva la vita di tutti loro, un sorriso che da piccola l'aveva fatta più volte incantare e che forse non aveva mai smesso di farlo.

« Dì la verità, Catnip: ti sono mancato? » 
Le chiese, con la stessa ironia di sempre che spesso la faceva innervosire. Ma quella volta era diverso, in quel momento non avrebbe sperato di sentirgli utilizzare un tono differente. Ma non era tipa da sentimentalismi, nessuno dei due lo era, perciò lo ricambiò con la stessa moneta, alzandosi e imbracciando arco e faretra, incamminandosi non prima di avergli concesso una lieve spallata amichevole.
« Meno di quanto pensassi, Hawthorne. »

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: _Gia