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Autore: Deliquium    30/12/2015    3 recensioni
«Quindi, fammi capire...» tornò a massaggiarsi il mento e a camminare. «Adesso sei nella fase: Non me la dò più a gambe e le prendo di santa ragione?»
«Ma non mi limito a prenderle...» si difese Shura. «E poi... è perché sono più piccolo.»
«Quindi vai ad infastidire la gente più grande? Molto astuto da parte tua.»
«Se voi mi insegnaste a combattere forse non tornerei a casa con una faccia che sembra una melanzana!»
Storia di come il Saint di Capricorn scoprì di avere una spada nel braccio.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Capricorn Shura, Nuovo Personaggio
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Sincretismo'
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Los Sanfermines

 

[ Destino ]

 

«Todo bien, Asura. Sei ancora vivo?»
Shura aprì l'occhio sano e lo strizzò causandosi una fitta alla testa.
Leoš volteggiava allegramente per la stanza. Un essere variopinto che si poneva al di fuori dal tempo, dalle situazioni, dagli altri.
Invidiava l'esistenza frivola di Leoš. La semplicità con cui riusciva a vivere gioiosamente nella Spagna franchista.
Shura abbozzò un sorriso.
«E' grave, Maestro?»
Leoš lo guardò per un secondo.
«No, non preoccuparti. Brutto eri e brutto rimani.»
«Grazie, Maestro. Voi sì che mi illuminate le giornate.»
«In ogni caso, sono fiero di te. A parte il toro che ha tentato di metterti il corno nel..»
«Maestro!»
Leoš roteò distrattamente gli occhi e distese le labbra in un sorriso.
«Forse ti ci vuole … uhm... quanti anni hai?»
Shura serrò gli occhi, infischiandosene del dolore.
«Sei troppo rigido, niño.»
«Beh, mi dispiace tanto.» sbottò, scaraventando via le lenzuola. «Scusate Maestro se sono così “rigido”» Sputò fuori quella parola con una smorfia. «Ma state tranquillo farò in fretta i miei bagagli.»
«E per andare dove?»
«Che domande? Al Santuario.»
«E a fare che?»
Shura lo guardò come se avesse di fronte un idiota.
«Maestro, cosa abbiamo fatto in questi anni? Cosa avete fatto voi?»
Leoš incrociò le braccia.
«Dunque … fammi pensare... Ho fatto l'amore, ho mangiato la paella, ho fatto l'amore, ho giocato...»
«No!» Shura saltò fuori dal letto.
Il dolore era passato in secondo piano.
«Mi avete reso un Gold Saint, Maestro.»
«Tu? Un Gold? Da quando?»
«Ho superato la prova dell'Encierro.»
Leoš scoppiò a ridere.
«No... non è possibile... tu... hai … creduto. Oh, dei!»
Shura si morse il labbro. Avrebbe dovuto immaginarlo.
Leoš non riusciva a smettere di ridere e Shura l'avrebbe affettato volentieri se ne fosse stato in grado. Ottenere il cloth uccidendo il proprio Maestro? Atena avrebbe sicuramente capito. Chiunque avrebbe capito. Da quando aveva messo piede a Pamplona non aveva fatto altro che chiedersi perché? Perché gli era capitato quel crucco che fingeva di essere uno spagnolo? Aveva forse fatto qualcosa di male nelle sue vite precedenti?
Leoš si era seduto. Il gomito piegato, appoggiato alla spalliera della sedia. La mano reggeva la testa, incassata nelle spalle che continuavano a sobbalzare.
Shura taceva. Gli occhi sbarrati. Il volto paonazzo.
«Non guardarmi in quel modo, Asura!»
Lui aggrottò le sopracciglia. Il volto di Leoš presentava un'espressione quasi dolce. A Shura venne in mente il modo in cui lo guardavano i frati quando lui faceva delle domande su sua madre: quel misto di amore, dolore, dispiacere, vergogna. La faccia che fa uno quando non sa che cosa dirti, quali parole usare. Quelle facce non gli sono mai piaciute. Sono le facce di coloro che mentono.
Frate Tristan ha parlato a lungo della menzogna, una sera, davanti al caminetto nel refettorio.
Le persone mentono, gli aveva detto. Ma guardati, Asura, da coloro che mentono per amore. Perché essi sono i più pericolosi.
Shura non aveva capito all'epoca cosa Frate Tristan volesse dirgli e se qualcuno glielo avesse chiesto non se lo sarebbe neppure ricordato. Ma ora, le cose erano cambiate. Di colpo, gli erano tornate in mente quelle parole e le aveva rammentate con una comprensione che prima non aveva avuto.
La dolcezza e l'allegria di Leoš erano sparite.
Distolse lo sguardo, perché, non sopportava di guardare negli occhi il suo Maestro.

Leoš piombò nello sgabuzzino convertito in stanza da letto e se lo caricò sulle spalle, manco fosse un sacco di patate.
«Cominciamo il tuo addestramento.»
«Adesso?»
L'uomo lo mise giù e lo fissò in silenzio per un istante.
«Non era questo che volevi?» disse senza curarsi di celare l'irritazione.
Sì, era questo che voleva. Un Saint. Quello che doveva diventare.
«E' per la lettera che avete ricevuto?»
Leoš lo guardò sorpreso.
«Vi ho visti, Maestro.»
«Ci hai spiati?»
Si strinse nelle spalle.
«Passavo di lì.»
«Oh, casualmente passavi di lì.»
L'uomo si allontanò. Oltre lui, Shura scorgeva una porzione di cielo, parte della casa di fronte: un villino a un piano tinteggiato di giallo.
Si mosse a disagio. Era stato a letto quasi due giorni, alzandosi solo di tanto in tanto. Leoš non gli aveva detto nulla. Era uscito. Era stato fuori ore. Era rientrato. Era riuscito di nuovo. Poi era arrivato quel ragazzino. Per quanto ci pensasse, era certo di non aver sentito la porta aprirsi. Un'istante prima non c'era. L'istante successivo aveva sentito la sua voce. Che era un ragazzino lo aveva visto raggiungendo la cucina in punta di piedi. Ne aveva incrociato lo sguardo per un attimo. Poi, si era affrettato ad allontanarsi, ma non troppo. Era restato in ascolto.

«Non conosco il suo nome. Ma il ragazzino è come te.»
«Un futuro Santo di Atena?»
Leoš annuì.
«L'Ariete e il Venerabile Shion cura personalmente il suo addestramento.» Poi, aggrottando le sopracciglia aggiunse: «Non deve essere facile data la sua malattia.» Shura arricciò le labbra in una smorfia.
«Oh! Un addestramento. Quello che voi state tralasciando da quando sono arrivato.» Gli occhi di Leoš si fecero duri.
«Hai così fretta di morire, Asura?»
L'uomo si avviò verso l'uscita senza attendere risposta.
«Non ho fretta di morire, Maestro.»
Dovette allungare il passo per tenere dietro a Leoš. L'uomo fendeva l'aria. Non lo aveva mai visto così. Affrontare il mondo in quel modo. Come se fosse arrabbiato, come se stesse andando contro un muro invisibile e sapesse che l'unico modo per attraversarlo era non esitare.
Aveva tante domande da porre a Leoš, a cominciare dalla stranezza del suo comportamento. Ormai l'aveva capito, non voleva che diventasse un Saint di Atena. Ed era arrabbiato perché sapeva che non poteva impedirlo. Entrambi sapevano che non era l'addestramento a fare di un Saint ciò che era. Il destino. Il retaggio che si portava dentro. Generazione dopo generazione. Ad Atene si tenevano tornei per assegnare i cloth: meri giochi. Atena sapeva già a chi sarebbe andata l'armatura ancor prima che il vincitore s'inchinasse al suo cospetto.
Queste cose Shura le aveva imparate. Osservando, riflettendo, fidandosi delle sue sensazioni e dei suoi pensieri. Dei suoi ricordi. Non ne aveva la certezza. Quella gliel'avrebbe potuta dare Leoš, e il Santuario. Sempre che fosse stato in grado di andarci. Si fermò. La calura immergeva le strade nel silenzio. I cani camminavano rasentando i muri. Solo loro e i turisti osavano sfidare quel caldo. Shura ne vide due, agitare il braccio per richiamare l'attenzione di un taxi. Cappelli di paglia. Guide turiste che perdevano fogli da tutte le parti. Leoš attraversò la strada senza aspettare il verde.
Shura scattò in avanti, lo superò e gli si fermò davanti.
«Non potete vincere contro il Fato. Io sono il Capricorno.»
Le labbra di Leoš erano una linea sottile.
«Lo so.»
«Quindi, inizieremo ad addestrarci? Farete di me un Saint.»
L'uomo lo scartò e riprese a camminare, fino alla fermata dell'autobus.
«Ti sei già addestrato da solo. Hai combattuto in strada e imparato a incassare. Hai corso l'Encierro. Hai reso la tua mente agile.»
«Ma non è abbastanza. Non sono abbastanza forte.»
«Lo diventerai. Con il tempo.»
Shura strinse i pugni. No. Non era abbastanza. Era uno scherzo. Non poteva paragonarsi certo a un teppista di strada. Lo stava prendendo in giro. Lo aveva preso in giro per tutto questo tempo.
Si fermò. Non avrebbe fatto più un passo. Leoš se ne accorse. Si voltò. Lo fissò in silenzio per qualche momento.
«Non ho un cosmo.» disse Shura tra i denti.
«Sì, invece. E' solo dormiente.»
«E di chi è la colpa?»
Non voleva urlare. Ma la rabbia gli strappò via le parole.
L'autobus venne fuori dalla strada laterale e rallentò. Leoš tese il braccio verso di lui.
«Vieni, Asura.» fu tutto quello che gli rispose.


Note dell'autrice – in Sincretismo la predestinazione è assoluta. Una persona predestinata ad essere Saint lo sarà anche se non farà nulla per esserlo e paradossalmente arriverà a compiere tutte quelle azioni che gli saranno utili per essere Saint: vuoi per scelte personali, vuoi perché sarà indirizzato dagli altri, vuoi anche per qualcosa che prende il nome di caso. Si può dire che io abbia basato tutto ciò che ho scritto finora e tutto ciò che scriverò in futuro per quanto riguarda questa serie sulla predestinazione. Chi non è predestinato ad essere Saint, non lo sarà. Non importa quanto tu possa essere forte, o quanto tu possa impegnarti.

Questa è opera di fantasia.
Saint Seiya, i suoi personaggi e ogni richiamo alla serie citata appartengono a Masami Kuramada. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma solo come omaggio da parte di un fan. Tutti i personaggi, gli episodi e le battute di dialogo sono immaginari, e non vanno riferiti ad alcuna persona vivente né intesi come denigratori. In particolare, i personaggi, le ambientazioni e le situazioni da me create, mi appartengono; per poterli utilizzare altrove, o per riprodurre questa storia o parti di essa è necessario il mio consenso.

   
 
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