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Autore: Josephine_    31/12/2015    6 recensioni
Rin adorava l’atmosfera natalizia. Le strade affollate, le vetrine scintillanti, le canzoni che riecheggiavano nelle piazze addobbate a festa, gli abeti decorati e quell’odore di cannella e zabaione che colorava l’aria fredda dell’inverno erano per lei fonte di gioia e meraviglia ogni anno. Sì, il Natale le era sempre piaciuto –fin da bambina- e le piaceva anche adesso che i suoi genitori l’avevano smollata lì a New York per passare dei festeggiamenti “alternativi” –come li aveva definiti sua madre- alle Bahamas. Certo, inizialmente era rimasta male all’idea di trascorrere da sola la sera della vigilia e il pranzo di natale, ma dopotutto un po’ di riposo poteva solo farle bene visto che nelle ultime due settimane non aveva mai avuto un giorno libero dal lavoro; sì, a ben pensarci pregustava l’idea di passare le feste spaparanzata sul divano con la sola compagnia dei suoi due spasimanti Netflix e Chardonnay.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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24 dicembre, Atto III: "Della serata perfetta che l'eroina trascorse in compagnia dell'eroe (e della sua famiglia)"














Sesshomaru era uscito dopo appena pochi minuti, per andare dove era un mistero, ma Rin aveva colto al volo l’occasione per farsi una sana doccia ristoratrice in quel bagno che sembrava essere uscito da una suite nuziale. Purtroppo però, sempre per quel fatto che lui era naturalmente più veloce, era ritornato a casa prima del previsto, beccandola nell’esatto momento in cui aprì la porta del bagno mostrandosi nello splendore del proprio accappatoio blu con le paperelle.
- Ha fatto in fretta. – borbottò lei appena se lo trovò davanti – L’avevo sentita uscire. –
- Sono stato giù in città, avevo una commissione. Ti avevo detto di darmi del tu. –
- G-giusto, hai ragione, sono proprio una frana. – arrossì e si sistemò una ciocca bagnata dietro l’orecchio – Allora… io qui avrei finito, se devi usare il bagno. –
- Va bene. –
- Ehm… sì. – attraversò il pianerottolo con lo sguardo fisso sulla moquette, e si sentì immensamente stupida perché se fosse stata più sicura di sé non avrebbe esitato a indugiare nella camminata per mostrargli le gambele gambe, invece era timida fino al midollo e più che sexy e bellissima si sentiva più una delle paperelle che aveva dipinte addosso.
Si chiuse la porta alle spalle senza voltarsi a guardarlo, il cuore che le batteva a mille e le gote arrossate dall’imbarazzo.
Sul letto adocchiò la propria valigia ancora chiusa e vi si fiondò sopra alla ricerca di qualcosa di vagamente decente da indossare per la cena, individuando subito ciò che faceva al caso suo: dell’intimo in raso color crema, una maglia dello stesso colore lunga fino alle ginocchia con lo scollo a barchetta e le maniche a pipistrello, e un paio di jeans scuri piuttosto aderenti –ma non abbastanza da non farla sembrare un pupazzo di neve, tutta bardata e senza un centimetro di pelle scoperta, una volta che si fu vista allo specchio.
Beh, a lei non erano mai piaciuti i vestiti troppo succinti, ma così non si convinceva proprio; si sentiva come se fosse uscita da un collegio femminile o da una fabbrica di zucchero filato, e se ripensava al vestito blu che aveva visto indossare a Kagura l’ultima volta le prendeva lo sconforto. Okay, niente panico, non si era portata dietro molti vestiti ma avrebbe senza dubbio rimediato; scavò a fondo nella valigia e ne estrasse un paio di spesse parigine nere finemente decorate, che sarebbero andate a meraviglia con gli stivaletti neri leggermente alti. Si cambiò velocemente e rimirò compiaciuta il risultato: le calze le arrivavano fino a metà coscia, lasciandole scoperta una piccola porzione di pelle prima che il maglione le scendesse morbido sui fianchi, fasciandola molto di più che con i jeans. Quando era al college e usciva con le amiche si vestiva spesso in quel modo, a volte indossando anche tacchi vertiginosi, e non ricordava esattamente il momento in cui aveva smesso quello stile a nome di uno più pratico e serioso, ma le era mancata l’immagine di sé che adesso vedeva davanti allo specchio.
Si asciugò i capelli e poi li acconciò in una crocchia morbida e voluminosa da cui sfuggivano alcune ciocche, un trucco che aveva imparato recentemente da un tutorial su youtube. Per il trucco decise di osare: blush, rossetto chiaro, matita, rimmel e eyeliner, il tutto condito da una spolverata di brillantini con cui probabilmente esagerò –sì beh, adesso assomigliava al puntale di un albero di natale. Sistemò in fretta e furia il disastro e corresse un’ultima volta la linea curva dell’eyeliner sopra la palpebra, poi fu pronta per andare.
Per finire estrasse dalla valigia un anonimo pacco rettangolare di un nero lucido; era il regalo di Natale che in un raptus di follia aveva comprato il giorno prima nello stesso negozio in cui aveva trovato l’orologio per Inuyasha, e che stupidamente aveva pensato di regalare a Sesshomaru. Fuori dal ristorante si era vergognata a morte per quella debolezza –le era sembrato troppo squallido dichiarare la propria cotta prima di scappare nelle vacanze natalizie, e col senno di poi aveva fatto bene a trattenersi; per di più adesso poteva consegnargli il pacco senza sembrare un’adolescente infatuata nascondendosi dietro la scusa del ringraziamento per l’ospitalità –che bello quando le stelle giravano in suo favore, e dire che quella settimana non aveva neanche letto l’oroscopo!
Rin aprì la porta senza fare rumore e altrettanto silenziosamente scese da sola in sala da pranzo, dove trovò Kagome che aveva appena finito di apparecchiare. Sistemò il regalo sotto l’albero mentre la ragazza era ancora girata di spalle, e nello stesso momento Sesshomaru fece il suo ingresso nella stanza; indossava un paio di pantaloni neri e una camicia bianca con le maniche arrotolate fino ai gomiti –ma come faceva ad essere sempre così dannatamente bello? Rin aveva letto su wikipedia che i demoni avevano un potere di attrazione naturale nei confronti degli umani, ma così era davvero troppo.  
- Ti ho sentita scendere. –
Ah, e lei che pensava di essersi mossa come un gatto!!
- Meglio, - sospirò Kagome – Almeno posso andarmi a cambiare senza lasciarti sola. In cucina ci sono due aperitivi, servitevi pure. –
 


Mhm, buono. Sapeva di fragola e passion fruit, dolce ma lievemente aromatizzato. Sesshomaru invece mise su una faccia schifata al solo sentirne l’odore, facendola ridere.
- Andiamo, Kagome si è impegnata tanto per farli! – protestò lei.
- Ti hanno mai detto, al college o da qualche altra parte, che spesso impegnarsi tanto non basta? – le rivolse lo sguardo di chi la sapeva lunga e aprì uno scaffale in alto da cui estrasse del bourbon e un bicchiere quadrato dal collo intarsiato. Si servì due dita, senza ghiaccio, e cominciò a sorseggiare piano.
- Beh, a me fa piacere darle un po’ di soddisfazione. E poi il sapore non è male, dico davvero. –
- Sono allergico alle fragole, ma Kagome se ne dimentica sempre… anzi ho il sospetto che lo faccia proprio apposta, visto che le mette ovunque. –
- Un demone può avere allergie? – fece lei curiosa – Come un qualsiasi essere umano? –
- Non è allergico – intervenne a quel punto Inuyasha facendo il suo ingresso in un paio di jeans scuri e un maglione rosso – E’ solo che non gli piacciono. –
Bene, questo lo avrebbe annotato nella sua agenda mentale: a Sesshomaru non piacevano le fragole.
- E tua moglie lo sa benissimo. –
- Ma dai, lo sai che Kagome ha sempre la testa altrove. –
- Stai finalmente ammettendo di aver sposato una svampita? –
Inuyasha sospirò – E ci risiamo… -
Rin corse in suo aiuto – A me Kagome piace. E’ una ragazza simpatica e molto buona, e il fatto che stia tra le nuvole non la rende certo meno intelligente. –
Al ragazzo si illuminarono gli occhi – Hai proprio ragione Rin! E’ per tutte queste qualità che ho deciso di sposarla… beh, quelle e Inushiro… -
- Siete una bella coppia, e siete così giovani! A che età avete avuto Inushiro? –
- A ventun’anni, la notizia mi piombò tra capo e collo al secondo anno di college… però Kagome fu molto matura: mise da parte gli studi per due anni e li ha riiniziati solo recentemente, mentre io li ho finiti prima e adesso lavoro a Pittsburgh in uno studio di ingegneri. –
- Wow, e avete fatto tutto da soli! – si stupì lei.
- Perché non parli anche del generoso aiuto di tuo fratello? – frecciò a quel punto Sesshomaru.
- Tsk, sei il solito guastafeste… Per una volta avresti potuto lasciare che mi vantassi un po’, no? –
Kagome li richiamò dalla sala da pranzo, e quando la raggiunsero la trovarono fasciata in un succinto abitino verde petrolio lungo fino al ginocchio, i capelli raccolti in una treccia laterale e il sorriso impreziosito da un rossetto scuro –semplicemente divina, lo pensarono tutti, il marito per primo. Accanto a lei comparve un Inushiro dal labbrino imbronciato, le braccine strette in un maglione blu scuro e i capelli bianchi raccolti in un codino basso.
- Posso chiederti come mai non ci sono i tuoi genitori, Kagome? –
- Mio padre è il presidente di una società che stasera organizzava una serata con tutti i dipendenti… ci avevano invitati ad andare ma noi abbiamo preferito una cosa più intima, e poi dovevamo a tutti i costi essere qui per vedere Babbo Natale, vero Inushiro? –
- Esatto! Resterò sveglio tutta la notte pur di vederlo. –
Si sedettero attorno al grande tavolo quadrato, ognuno al proprio segnaposto. Rin si ritrovò davanti a Sesshomaru, con accanto Kagome e il bambino al lato del capotavola, orgoglioso ma ancora un po’ imbronciato.
Rin si chinò alla sua altezza - Come mai quella faccia? - 
- Uhm… questo maglione mi prude, e io non volevo metterlo. –
- Hai pianto? – fece scandalizzata.
- Certo che no! Solo che mi dà fastidio, voglio togliermelo. –
- Sai, anche il mio vestito prude un sacco, ma tutte le riviste dicono che per essere belli bisogna soffrire… quindi il mio consiglio è di non pensarci, perché sempre le riviste, quelle scientifiche però, dicono che il corpo si abitua velocemente a qualsiasi tessuto. – sciorinò con l’espressione più convinta che aveva, e il bimbo dovette ritenersi piuttosto soddisfatto perché assunse un cipiglio pensieroso e subito dopo sorrise.
- Rin… - la chiamò Sesshomaru – Kagome ti farà una statua se non ci dai un taglio. –
Arrossì – Ma dai, che dici. Scusate, è che… uhm, ci ho preso gusto. –
Kagome scoppiò a ridere – Non ti scusare, sei perfetta. Sono veramente poche le persone che Inushiro trova interessanti. – cominciò a servire l’antipasto mentre il marito versò il vino.
- Sai… - Inuyasha la guardò con un sorrisetto furbo – A volte mi viene il dubbio: che ci fa una come te con Sesshomaru? Sicura di non essere un robot, o un esemplare di una strana razza aliena?? –
Rin si sentì arrossire e nascose la faccia dietro al bicchiere, tracannando il primo di una lunga serie di sorsi.
- Assolutamente no! Andiamo, non sono poi così strana… anzi, mi ritengo piuttosto normale. –
- Beh certo, ma adesso devi proprio dirci come fai a lavorare per lui! E’ proprio vero che è una carogna? –
- Inuyasha! – frecciò la moglie.
- Cos’è una carogna? – chiese il piccolo innocentemente.
- Un animale morto. – spiegò blandamente Sesshomaru.
- Allora Rin? – la punzecchiò ancora il fratello, facendola sprofondare di nuovo nell’imbarazzo, e quello era il secondo o il terzo bicchiere di vino? Una cosa era certa: per sostenere la situazione avrebbe senza dubbio dovuto bere di più.
- Uhm… ecco, non so… -
- Non siamo in ufficio, per cui parla pure liberamente. – la schernì il suo capo, il gomito sul tavolo e la testa appoggiata al palmo della mano in un’espressione fin troppo divertita.
- Allora… sarò sincera. E’ un lavoro pesante, che mi occupa praticamente tutti i giorni di tutta la settimana, ma quando torno a casa la sera per quanto possa sentirmi stanca provo anche molta soddisfazione. Conosco molte persone, apprendo sempre qualcosa di nuovo, e l’ambiente in cui lavoro mi piace perché premia molto l’impegno. All’inizio non è stato facile, devo ammetterlo, ma è bastato… abituarsi. –
- E Sesshomaru com’è? – insistette Inuyasha – Sul posto di lavoro, intendo. -
- Dai, cambiamo argomento, non vedete che è a disagio? – fece Kagome, preoccupata.
- No, va tutto bene! – tanto ormai il danno era fatto – Uhm… lui… è un buon capo. E’ sempre molto serio e composto, ma non alza mai la voce, neanche quando faccio uno dei miei disastri… ed è una persona puntuale, quindi non ti dà mai l’impressione che il suo tempo valga più del tuo, anche se sicuramente lo pensa. I clienti lo temono e lo ammirano al tempo stesso, e forse è proprio questa la chiave del suo successo, questo suo atteggiamento arrogante che… ops, no, cioè, non volevo dire arrogante, non volevo offenderla, cioè… - balbettò, ormai rossa come un peperone, senza azzardarsi a guardarlo in faccia.
- Offenderlo? Per come la vede lui lo stai solo elogiando. – ghignò Inuyasha – Hai sentito come ti ha inquadrato bene la tua segretaria? -  
- Non male. – commentò il diretto interessato da dietro il proprio bicchiere di vino – Ma non è l’unica brava ad osservare. –
- Attenta… - le sussurrò Kagome all’orecchio – Quella faccia non fa presagire niente di buono. – Oh, questo lo sapeva bene.
Sesshomaru si schiarì la gola e poi si rivolse direttamente a lei, inchiodandola alla sedia con gli occhi ambrati.
- Non sei una persona puntuale, e per questo l’orologio sulla tua scrivania è sempre quindici minuti avanti. Non ti piace lasciare l’ufficio se hai persone attorno, nei giorni piovosi dimentichi sempre l’ombrello e quando esci ne rubi uno dalla hall, per poi riportarlo il giorno dopo perché sei una persona stucchevolmente corretta e troppo onesta. Non sai usare la nuova fotocopiatrice e quindi hai rubato il manuale, probabilmente per studiartelo a casa, ma deduco che tu l’abbia perso perché non l’ho visto ricomparire al suo posto. –
Rin boccheggiò, assolutamente presa alla sprovvista – Non l’ho perso! E’ che è pesante e non ho mai posto nella borsa. –
- Devi sapere che i demoni sono degli ottimi osservatori. – le rivelò Kagome.
- I demone hanno un sacco di superpoteri! – intervenne Inushiro, gli occhi ammirati rivolti al padre e allo zio – Fate di nuovo il gioco dello scoiattolo? Per favore!! –
- Il gioco dello scoiattolo? – gli fece eco Rin, contenta del cambio di argomento.
- E’ un gioco che piace tanto a Inushiro… quanti scoiattoli ci sono attorno alla casa? Inuyasha e Sesshomaru dicono un numero e guarda caso non è mai lo stesso! –
- Sedici. – disse prontamente Inuyasha, le orecchie ritte sulla testa.
- Sono almeno ventiquattro… - lo corresse subito il fratello.
- Visto? –
Inushiro rideva e batteva le manine paffute come un re divertito dai giocolieri di corte.
- Ma così non è giusto! Noi non sappiamo quale sia il numero preciso quindi non possiamo decretare il vincitore, e se ognuno di voi avesse sparato un numero a caso? –
- Cosa sentono le mie orecchie? – Inuyasha si sporse teatralmente sul tavolo – Sì, direi che è proprio scetticismo il tuo. – rivolse un’occhiata al fratello – Che fai, ci pensi tu o lo faccio io? –
- Nessun problema. – Sesshomaru era equilibrato come sempre; e adesso che avrebbe fatto? – Metti una mano sul cuore. – le ingiunse.
Rin obbedì e mise il palmo aperto sullo sterno. Il silenzio scese sulla tavola, inquietandola leggermente, e a quel punto il demone cominciò a contare.
- Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. –
Non afferrò subito cosa stesse facendo, ma dopo qualche secondo si accorse che la voce del demone ricalcava precisamente i battiti del proprio cuore, che sentiva battere leggero sotto la stoffa della maglietta; quell’improvvisa consapevolezza la spinse ad alzare gli occhi e a cercare quelli di lui, fermi sul suo volto, chiari e imperscrutabili.
- Quattordici, quindici, sedici, diciassette – aveva aumentato il ritmo della conta perché i battiti erano accelerati all'istante, minacciando di farle esplodere il cuore nel petto – diciotto diciannove venti – continuò imperterrito, per nulla turbato nel vederla paonazza e accaldata.
- Rin, mi aiuti a portare il secondo in tavola? –
- C-certo Kagome, subito. – si alzò forse un po’ troppo in fretta, accusando tutti i precedenti quattro bicchieri di vino, ma con l’aria più disinvolta che trovò fece finta di niente e seguì l’altra in cucina.
- Tutto apposto? – si sentì chiedere quando furono sole.
- Sì, certo. – negare, negare qualsiasi cosa fino alla morte – Tra le altre, il vostro vino è buonissimo. E’ bio anche quello? –
- Ci puoi giurare! Tieni, questo è il tacchino. –
Rientrarono in salotto che lei già era più calma –per lo meno non sentiva più il rimbombare del cuore nelle orecchie- trovando gli uomini della famiglia tutti intenti a parlare di aeroplani.
- Papà ha detto che mi ci farà fare un giro! –
- E dove lo compreresti un aereo? –
- Beh, ci sono pur sempre quelli di linea! –
- Ma io ne voglio uno tutto mio papà! –
Rin si sedette e, neanche serve dirlo, si versò un bicchiere di vino – Ti piacciono gli aeroplani, Inushiro? –
- Un sacco! Quelli e le macchine. –
- Ovviamente è tutto merito del padre… - frecciò Kagome.
- Il mio papà era un aviatore, sai Rin? –
- Un pilota di aerei? E per quale compagnia? –
- No, no, non hai capito! – Inushiro scosse la testolina argentata – Era un aviatore, durante la guerra. E aveva il suo aereo personale. –
Rin sbatté un paio di volte le palpebre nel tentativo di razionalizzare le parole del bambino; certo, in qualsiasi altra circostanza avrebbe pensato a una simpatica storia di fantasia raccontata da un padre al figlio, ma l’uomo –il ragazzo- davanti a sé apparteneva a un’altra razza, una razza in grado di vivere centinaia di anni, e il fatto che avesse partecipato alla seconda guerra mondiale non era poi così assurdo se letto in quella chiave.
- Uhm… tu hai partecipato al conflitto mondiale? –
- Ci puoi giurare! E’ stato in quel periodo che sono arrivato in America, e me sono letteralmente innamorato. Poi mi sono arruolato nell’aviazione e una volta finita la guerra ho studiato ingegneria. Ci ho messo dieci anni per laurearmi, ci credi?! Ma in mia difesa devo dire che non avevo mai studiato niente di così assurdo in tutta la mia vita. –
Rin boccheggiò – Wow, assurdo. Io… scusate se ve lo chiedo, ma quanti anni avete? –
Fu Sesshomaru a rispondere per primo – Duecentosessantadue. –
- Duecentoquindici. –
Ecco, diciamo che se anche aveva sempre saputo che il suo capo era piuttosto vecchio, sicuramente non si era aspettata dei numeri simili –ma perché la pagina di wikipedia sull’argomento era così poco aggiornata?? Fece due rapidi conti e calcolò che i fratelli erano nati alla fine del settecento, in un luogo e in un’epoca opposti a quelli che stavano vivendo adesso. Si ritrovò a immaginare Sesshomaru vestito come un signore dell’epoca, nobile e immortale, e il pensiero le smosse qualcosa di molto caldo giù nello stomaco. Accidenti, non si era resa conto di essere finita dentro Twilight, ma adesso che ci pensava bene forse era la sua punizione per averlo eletto il libro migliore del mondo all’alba dei suoi diciassette –diciassette!- anni.
- Okay, ti vedo piuttosto sotto shock. – ridacchiò Inuyasha.
- Uhm… ma… ma come fate a vivere così a lungo… voglio dire, tu ora hai una famiglia… - balbettò.
- Lo so cosa stai pensando, ma adesso le cose per noi sono diverse rispetto a prima. Guardati intorno: il mondo in cui viviamo è un mondo che privilegia la vostra specie al posto della nostra, e creature come noi sono sempre più rare… e deboli. Per questo la nostra aspettativa di vita si è accorciata molto, arrivando anche ad essere inferiore alla vostra, e spesso ci ammaliamo, insomma… ci siamo umanizzati. Ma dovevi vederci il secolo scorso… quelli sì che erano tempi d’oro, e tutte quelle guerre, una forza! –
- E se giocassimo a Chi non ha…? – propose Kagome – Vedrai, ti piacerà un sacco. E’ un gioco che facciamo ogni tanto… devi indovinare a chi mi riferisco, se a Sesshomaru o a Inuyasha. Chi non ha le orecchie morbide? –
- Hey! Non potevi usare un altro esempio? Lasciate fare a me: chi non ha una moto? –
- Mmm… a te piacciono le auto e gli aerei, quindi avrai anche una moto, no? – azzardò Rin.
- Sbagliato. Io non ho una moto, lui sì. –
- Davvero? Non lo sapevo… non mi sembri un tipo da moto. –
- Perché no? – inarcò un sopracciglio.
Beh, di solito lo vedeva uscire da macchine lussuosissime e super comode, ma l’immagine di lui fasciato in un paio di jeans chiari e un giubbottino di pelle non era poi così malvagia, anzi era fin troppo allettante!
- Oh… ehm, sei sempre in macchina, ma penso sia questione di comodità. –
- La moto la uso solo nei weekend, un giorno posso fartela vedere. –
- S-sì, grazie! Il mio ex aveva una moto, ma non la sapeva guidare per niente bene. – il suo ex?? Oddio, e adesso perché si era messa a parlare di Bobby della quinta liceo?!
- Ah, con Sesshomaru vai tranquilla – la rassicurò Inuyasha – Lo sai che non ha neanche la patente? Eppure nessuno è riuscito ancora a togliergli la macchina da sotto il posteriore. –
- Non hai la patente?! –
- E’ una formalità, e del tutto inutile per un demone. –
- Okay, adesso sta a me! – fece Inushiro – Chi non ha mai guidato un aeroplano? –
- Sesshomaru! – questa volta era andata a colpo sicuro.
- Perché dovrei guidare una cosa del genere quando posso volare? – sbuffò lui.
Rin annotò mentalmente anche questo, avvalorando la tesi secondo la quale il suo capo era praticamente Superman –ma questo non faceva di lei Lois Lane, giusto?
- Chi non è mai finito in prigione? – esclamò Rin, assorbita dal gioco.
- Nessuno dei due. Guarda che siamo furbi! –
- Chi non ha rubato un container di super alcolici durante il proibizionismo? – Kagome alzò gli occhi al cielo.
Rin sgranò gli occhi e nello stesso momento Inuyasha scoppiò a ridere – Quella fu divertente, lo facemmo insieme. Era un periodo difficile, non si trovava della birra neanche al confine col Messico. Te lo dico perché arrivai fino a lì prima di decidere che avrei preso quel maledetto container. – 
- Wow, è tutto così fico! – esclamò Rin – Ancora stento a crederci. –
Sesshomaru, davanti a lei, ghignò – Non ti sembra di aver esagerato con il vino visto che hai usato la parola “fico”? –
- Ma che ci posso fare se è l’aggettivo giusto! – arricciò le labbra contrariata, gli occhi resi lucidi dall’alcol, e a quella vista il demone non poté fare a meno di inarcare la bocca in un sorriso pigro.
- Guardate, Inushiro si è addormentato, e non abbiamo ancora mangiato il dolce! Deve proprio essersi stancato dai nonni… -
- E pensare che voleva rimanere sveglio ad aspettare Babbo Natale! –
- Lo portiamo a letto? Voi intanto potete andare a mettere su il caffè, è tutto in cucina. –
 
 

Sul ripiano della cucina era posizionata una moka in bella vista, ma del caffè nessuna traccia.
- Hai una sigaretta? –
- Certo. Sono nella tasca del cappotto… - la stessa tasca in cui riposava il suo telefono, con un bel messaggio in bella vista sullo schermo: allora come va la tua cena con il megafusto?? – Anzi! Vado a prenderle io! –
Dopotutto era meglio non rischiare. Quando fu di ritorno in cucina lo trovò che le dava le spalle, con i gomiti appoggiati al davanzale della finestra aperta e i capelli che gli ricadevano lunghi sulle spalle.
- Ecco. – gli porse la sigaretta e lui l’accese istantaneamente con uno schiocco delle dita affusolate.
- M-ma come hai fatto?! Sai anche controllare il fuoco? –
Lui la guardò divertito e le fece penzolare l’accendino davanti agli occhi – - - Sono stato così veloce che non te ne sei accorta. –
- Ah… uhm, quindi non hai il potere del fuoco? –
Lui corrugò le sopracciglia e aspirò dalla sigaretta - …Credo che tu veda troppi film. –
Rin si indispettì – Non è colpa mia! E’ che sui demoni ci sono così tante storie e documenti che non si sa mai cosa è vero e cosa no. –
- Puoi chiedere, se vuoi. – rilasciò il fumo e lei pensò che sembrava proprio un sogno, con il volto di lui che emergeva dalla nebbia sottile e tutto quel vino a darle il coraggio di parlare.
- Allora, vediamo. Voglio giocarmela bene. Che abilità speciali hai? – si accese anche lei una sigaretta e si azzardò pure a guardarlo con sfida.
- Tutto qui? Okay... - le mostrò le mani bianche, lisce, affusolate, e subito queste iniziarono a ingrandirsi sotto i suoi occhi, con le dita che si allungavano per terminare in artigli duri e violacei - Sono velenosi. – proseguì Sesshomaru – Hai paura? –
- No. – mentì lei – E’ che non sono cose che si vedono tutti i giorni… - guardò di nuovo in basso, ma le sue mani erano tornate quelle di sempre.
- Posso volare, ma questo lo sai già. Forza sovrumana, super velocità, intelletto superiore. – prese a elencare con fare annoiato – Sono immune alle malattie e posso curare il mio corpo. –
- Ma questo è… incredibile! Insieme al fattore longevità, sai quante ricerche in campo medico si potrebbero fare? E curare un sacco di malattie! -  
- Credi che non lo stiano già facendo? – la guardò come se la ritenesse una perfetta idiota e Rin arrossì dall’imbarazzo – Solo che sono ricerche difficili, e i donatori sono pochi. –
- Tu sei un donatore? –
- No. –
- E perché no? – ormai ci aveva preso gusto, e sapeva che dentro la cornice di quella finestra avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa. 
- Non mi interessa aiutare la tua razza, né di sprecare le mie ore in un ospedale. –
- Per me dovresti farlo, invece. Potresti contribuire a salvare la vita di un sacco di persone che in ospedale ci passano metà della loro vita. E’ un pensiero nobile, se ci pensi. E tu… tu sei fortunato, puoi fare davvero la differenza, in un modo che noialtri non potremo mai. Sei… speciale. –
Sesshomaru la guardò dall’alto con un sorriso sghembo – Guarda che non sono mica l’unico… -
Avvampò - Ma… ma… ma io conosco solo te, per questo lo dico a te! E poi è un consiglio, come quelli che ti do di solito, anche se non richiesti… – improvvisò, e fortunatamente lui ebbe pietà di lei perché la bloccò subito. 
- Va bene, va bene, ci penserò. C’è altro che vuoi sapere? -
Ed effettivamente c’era un’idea, un pensiero, una domanda che le riecheggiava nella testa da più di un’ora, e che le uscì dalle labbra prima che potesse impedirselo, perché dopotutto era curiosa da matti, voleva sapere e vedere che effetto le avrebbe fatto conoscere tutta la verità su di lui.
- Hai mai ucciso un uomo? – e lo disse con lo stesso tono con cui avrebbe detto a sua madre “hai annaffiato le piante?”.
Sesshomaru se fu impressionato non lo diede a vedere; tacque solo qualche secondo di più, come se stesse davvero soppesando le proprie parole..
- Sì. Più di uno. – aggiunse – Sono nato in un’epoca dove si uccideva ogni giorno, per qualsiasi motivo. Mi piaceva uccidere. Credo mi piaccia anche adesso, ma è un po’ che non provo. –
- Ah… -
Beh, adesso Rin era sicura di avere qualche serio deficit mentale: non solo il suo datore di lavoro aveva ammesso di essere un omicida, ma ne avevano parlato come si sarebbe parlato del tempo e, dulcis in fundo, davanti a quelle rivelazioni il suo stupido cuore non faceva una piega. Non aveva paura, non si sentiva turbata –non più del dovuto, insomma. Si sentiva solo immensamente dispiaciuta perché lui avesse vissuto una vita del genere, piena di sangue e di crudeltà, e tutto d’un tratto le faceva un po’ pena vederlo vestito tutto elegante in quegli abiti moderni, lui che era nato per indossare un altro tipo di divisa, e se lo immaginava poteva quasi vederlo e le piaceva tanto quanto quello di adesso.
- Non dici niente? Ti ho spaventata? – le fece con la solita arroganza.
- Non molto. Forse… sono ancora sotto shock, chissà. Ma stavo pensando che una vita così lunga deve essere bellissima ma anche piena di scelte difficili… e uno non può sempre fare la scelta giusta, in duecentosessant’anni di vita, no? Ecco… non che voglia giustificare un omicidio, però… uhm… forse, me lo aspettavo. –
- E non fa differenza? –
C’era un’allusione? Non c’era? – No, non fa differenza. –
Fu sicura di vederlo sorridere, ma durò solo un secondo – Stanno scendendo, e non abbiamo fatto il caffè. –
- Giusto. –
Sesshomaru richiuse la finestra, lei cominciò ad aprire e chiudere gli sportelli del mobile alla ricerca del caffè.
- Dovrebbe essere nel mobile in basso. –
Rin obbedì, ma quando aprì l’anta marrone si trovò faccia a faccia con l’ultima cosa che si sarebbe aspettata di trovare in quella casa.
- Porca puttana! – si lasciò sfuggire in un sussurro, dimenticandosi che qualcuno in quella stanza possedeva il dono del super udito.
- Che c’è? –
- N-niente! – per poco non si mozzò un dito quando richiuse di botto lo sportello.
- Niente? A me non sembra. –
Con uno scatto rapido le fu accanto e riaprì il famigerato, individuando subito la fonte del turbamento di Rin.
- Ma tu guarda… - ghignò, ed estrasse vittorioso una busta piena di quella che sembrava –e odorava di- buonissima erba.
Rin non fece in tempo a palesare il suo stupore per la reazione del demone che Kagome e Inuyasha fecero il loro ingresso in cucina, trovandoli letteralmente con le mani nella busta, ma Sesshomaru non si scompose.
- Anche questa è bio, Kagome? – fece inarcando un sopracciglio.
- N-non è mia, è di Inuyasha! Cioè, insiste lui per fumarla, fosse per me… -
- Fosse per te la scorsa volta rimaneva in camera di Inushiro, e poi vuoi smetterla di metterla nei ripiani bassi? E se la trova e pensa di mangiarsela? –
- Ha la chiusura ermetica, non sa aprirla, contento? – fece la moglie, piccata.
Rin tossì per attirare l’attenzione – Ehm… che dite, vi va di fumare? –
Inuyasha si illuminò – Ecco una saggia decisione. Vado a prendere lo scotch. –
- Per me del bourbon. – Sesshomaru ancora soppesava il sacchettino tra le mani, rivolgendo ogni tanto un’occhiata divertita alla ragazza davanti a sé che lo guardava come se avesse appena visto un alieno.
 
 

Si sedettero in salotto, le ragazze sul divano e gli uomini su due poltrone rosse di velluto, ognuno con in mano il proprio bicchiere; Rin si azzardò a chiedere una birra e Kagome gliene portò una artigianale, dal sapore amaro e luppolato.
- Allora… - Inuyasha aveva appena finito di montare il bong - Adesso proverete l’erba più buona della zona. –
Diede fuoco all’estremità e aspirò dal tubo di vetro, rilasciando poi una nuvola di fumo denso e bianco dall’odore pungente.
Il secondo fu Sesshomaru, che senza indugio premette le labbra sullo strumento e tirò su una quantità spropositata di fumo. Quando espirò, la nebbia attorno a loro si fece ancora più densa, offuscandole il cervello e calandola in un’atmosfera onirica da cui mai avrebbe voluto risvegliarsi, e che pure sarebbe scomparsa in poche ore. Perché Rin lo sapeva, che quella realtà era fittizia e che prima o poi quella vera sarebbe piombata a dividerli. Lo sapeva, eppure non poteva impedirsi di coltivare un minimo di speranza in fondo al cuore, e anche un po’ di egoistica gioia per quel desiderio di Natale che le era stato concesso. Per di più si sentiva una completa idiota, e un po’ provava rabbia verso sé stessa, se pensava che lui aveva ammesso di essere un assassino e la cosa non l’aveva minimamente scossa; non lo odiava, non lo temeva, non lo schifava, e anzi continuava a osservarlo, a pensarlo, a volerlo in un modo malsano che le ricordava troppo i libri che leggeva da ragazzina. 
Si riscosse quando Sesshomaru le passò il bong, inchiodandola con due occhi sapienti e un sorriso sghembo a increspargli il volto, e lei non ci pensò due volte a posare le labbra laddove lui aveva messo le sue. Diede fuoco all’erba e inalò a pieni polmoni l’aria densa che si formò all’interno della canna, avvertendo il fumo acre invaderle i polmoni e alleggerirle la testa come accadeva sempre. Si sforzò di sentire il suo sapore, non ci riuscì.
L’ultima a fumare fu Kagome, che si nascose dietro i capelli neri mentre tirava.
- Sapete… - iniziò Inuyasha -  Stavo pensando, perché dovete andarvene proprio domani sera? Non è prudente guidare di notte, e poi potreste restare qualche giorno in più. – si passò una mano tra i capelli disordinati, palesemente in imbarazzo.
La moglie gli passò il bong, ma Sesshomaru fu più veloce di lui nell’intercettarlo; quando riemerse da dietro la nube di fumo bianca, aveva gli occhi leggermente lucidi e l’espressione rilassata.
- Non ci credo che sei arrivato al punto di desiderare la mia presenza. –
- Non è che la desidero… è che siamo in vacanza, e qua abbiamo le stanze libere, sai che a Inushiro farebbe piacere. –
Rin sorrise – Anche a me farebbe piacere, ma proprio non si può fare. –
- E perché? – fece Kagome con la delusione dipinta in faccia.
L’altra aspirò una lunga boccata e chiuse gli occhi prima di sbuffare – Il 27, il 29 e il 30 dicembre abbiamo delle conferenze. Cioè, le ha lui, io mi occupo della logistica. –
L’altro annuì, poi si passò una mano sul mento – Vorrei annullare quella del 30, ci pensi tu Rin? Mandagli una mail. –
Per un momento le sembrò di aver sentito male – Come annullare? Non posso contattarli domani, è il giorno di Natale! E stiamo parlando di un orfanotrofio… una serata di beneficenza! Devi andarci. –
Sesshomaru la guardò come se nessuno avesse mai osato contraddirlo – E’ la meno importante e la più evitabile. – inspirò ancora, i capelli argentei che gli ricadevano sul viso, e ancora Rin non poté fare a meno di trovarlo maledettamente affascinante –almeno quanto era stronzo.  
- Non la trovo una buona idea, anzi se vorrai farlo credo che dovrai farlo da solo! – sbottò, afferrando il bong e inspirando a fondo.
- Da quando sei diventata così audace? –
Le andò di traverso il fumo, facendola tossire – Ti… ti ho solo detto come la penso. –
- Secondo me Rin ha ragione. – azzardò Kagome.
- Già, pensa se tra i ragazzi di quell’orfanotrofio ci fosse Inushiro… non vorresti che avesse una speranza? E tu sei importante in questi ambienti… -
- Ma perché vi ascolto? Okay, ci penserò, contenti? E se dovrò, manderò da solo quella mail. –
Inuyasha rise e afferrò il bong – Perfetto! Famiglia 1, Sesshomaru 0! – e batté il cinque prima alla moglie e poi anche a Rin.
- Hey – le fece lui quando si voltò – Ricordati che lavori per me. – e la inchiodò con un'occhiata seria e arrogante. 
Lei gli restituì lo sguardo e poi rise forse un po’ troppo liberamente, ma ormai era ubriaca e anche un po’ fatta e non le importava di niente - Stai cercando di farmi paura? –
- Chissà, forse. – era così bello quando le sorrideva così e la guardava come se vedesse solo lei –avrebbe voluto sentirsi in quel modo tutta la vita.
- Se non potete restare… - fece Kagome a quel punto – Fate almeno in modo di svegliarvi presto domani! Così apriamo i regali e magari usciamo un po’. –
- Volevo far vedere a Rin il laghetto prima, ma fuori non si vedeva niente. –
- Oh, con questo buio proprio no. Ma domattina lo adorerai, e adesso è tutto ghiacciato. Sai pattinare? –
- Da bambina lo facevo sempre! Purtroppo non sapevo che ce ne fosse uno e non ho portato i pattini, avrei potuto noleggiarli… -
- Ma ti presto i miei, ovvio. Anche se con Inushiro nei paraggi sarà difficile che tu possa rilassarti un po’! –
- Mi farà compagnia! Voialtri pattinate? – entrambi i fratelli inarcarono le sopracciglia e lei scrollò le spalle – Non sapete cosa vi perdete. –
Inuyasha soffocò uno sbadiglio – Guarda che noi possiamo camminare benissimo sul ghiaccio, senza quei cosi infernali ai piedi… miss scettica. –
- Non ci credo che mi hai dato un soprannome dopo appena un giorno che mi conosci, e per giunta così brutto! – assunse un’aria fintamente scandalizzata e lui scoppiò a ridere.
- La gente adora i miei soprannomi, non sai di cosa parli. E adesso vi do la buonanotte, devo ancora sistemare i regali di Inushiro sotto l’albero, Babbo Natale è un po’ smemorato quest’anno… -
- Inuyasha! – trillò la moglie – Davvero te ne eri scordato? Sei sempre il solito!! – ma né a Rin né a Sesshomaru sfuggì la pacca sul sedere che gli tirò quando furono spariti in corridoio.
Rin si alzò e li seguì, imitata da Sesshomaru, e insieme aiutarono la coppia a sistemare i pacchetti colorati sotto l’albero, lei stando bene attenta a non far vedere la confezione nera che aveva sistemato in un angolino nascosto. Si diedero la buonanotte davanti al primo pianerottolo, poi loro due continuarono a salire fino alle camere.
 

Arrivata davanti alla porta della propria stanza Rin aveva il cuore che le batteva all’impazzata nel petto e la testa completamente offuscata –non era neanche sicura di reggersi decentemente in piedi, e menomale che alla fine aveva deciso di portarsi dietro gli stivaletti e non gli odiosi tacchi di Kagura.
Il tempo stava per scadere, si stavano già dando le spalle e non appena avessero richiuso le porte la magia di quella sera si sarebbe spezzata del tutto, per questo Rin prese l’ultima dose di coraggio che le restava e la concentrò tutta in gola.
- Sono stata bene stasera, Inuyasha e Kagome mi piacciono molto… ed è stato un bel Natale. Devo… devo ringraziarti. –
- Piacciono più a te che a me, sai? –
- Devo ammettere che ancora non ho capito il rapporto che hai con tuo fratello, ma sento che è qualcosa di buono, e sì, anche sincero. –
- Senti? Adesso non esagerare con le frasi da frikkettona. –
Lei arrossì e gonfiò le guance per l’irritazione – Ma… ma uffa! Voleva solo essere un pensiero gentile, non devi sempre essere così cinico. –
- A proposito del fatto che sono un datore di lavoro cinico e bastardo… - fece lui, rivolgendole uno di quei sorrisi che avrebbero sciolto anche un iceberg – Kagome mi ha obbligato a comprarti un regalo… voleva che te lo dessi domani, ma io odio queste cose, quindi sai, ho voluto dirtelo. –
- Oh, ma… non c’era bisogno. Kagome esagera sempre. E… ehm, anche io ti ho preso qualcosa… non è nulla di che, giusto un pensiero per ringraziarti di… dell’ospitalità. –
Sesshomaru si fece seriamente stupito – E quando hai avuto il tempo di comprarlo? –
- Ehm… - non gli sfuggeva proprio nulla, eh? E perché lei continuava a balbettare come una stupida? – Non chiedermelo, per favore. Diciamo che è stata una cosa in extremis. – okay, non aveva migliorato per niente la propria posizione – Comunque buonanotte, e grazie ancora… Io… Ci vediamo domani. –
- Buonanotte, Rin. E buon Natale. –
Rimase un attimo interdetta: nessuno aveva fatto gli auguri di Natale, nessuno si era neanche accorto che fosse già Natale, e lui, che quella festa la odiava e la disprezzava in mille modi possibili, se ne era ricordato e aveva fatto gli auguri a lei, per prima a lei, forse solo a lei –un po’ ci sperava, che fosse così.
- Buon Natale anche a te… – 
Si guardarono qualche istante di troppo, o per lo meno per lei fu troppo, perché quando finalmente entrò in camera ed ebbe il coraggio di chiudersi la porta alle spalle il cuore le batteva furioso nel petto e un sorriso da ebete le riempiva le guance. Andò a letto e le ci volle almeno un’ora per addormentarsi, persa com’era nelle proprie fantasie attorno a due occhi dorati –e tutto ciò che vi stava intorno- che riposavano appena qualche metro in più in là. E più ci pensava e più si rendeva conto di quanto fosse stupida e incondizionata la sua cotta, e più lo capiva e più si odiava e più realizzava che non avrebbe potuto essere diversamente, che forse per cambiare le cose avrebbe dovuto licenziarsi e trovarsi un altro lavoro, magari con un capo grasso e pelato e magari pure gay, e solo dopo essersi rigirata più volte tra le coperte arrivò alla conclusione migliore: si sarebbe goduta quel sogno finché fosse durato, e alla fine si sarebbe svegliata con le buone o con le cattive, ed era giusto così, dopotutto –perché era Natale solo una volta l’anno, e non tutti i giorni.




















 
Ed eccomi col terzo capitolo!!! giusto in tempo per augurarvi un buon capodanno e un felicissimo anno nuovo, pieno di tutte le cose belle che desiderate! Degli auguri speciali vanno a chi segue le mie storie e magari anche una volta sola ha lasciato una recensione, siete praticamente il fulcro della mia ispirazione, quindi grazie infinite per tutte le idee e gli spunti che mi date!! :* Il prossimo capitolo sarà l'ultimo o forse no (sono ancora un po' indecisa al riguardo, ehm) e ci sarà un clichè classico classico che nelle storie natalizie è proprio un must: una bella pattinata sul ghiaccio. Oooooossììì vorrei tanto riempire questa storia di tenerezza, se solo i miei personaggi non fossero tutt'altro che teneri!!!! Un bacione a tutte voi e ancora tanti auguri di buon anno :)))))
  
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