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Autore: Kagome Warrior    31/12/2015    0 recensioni
Dopo qualche istante di attesa emise una specie di grugnito che doveva apparire come un assenso a parlare dall’altra parte del telefono, con la sicurezza che lui avrebbe ascoltato.
-Stanno per arrivare, non abbiamo molto tempo. Caro, caro ragazzo.-
-Ne è certa?-
-Si, una vecchia signora certe cose le avverte ormai.-
Colin la sentì ridere appena attraverso il cellulare e poi tossire cosa che lo fece dispiacere: non conosceva i dettagli della sua condizione medica, ma sapeva che doveva essere doloroso.
-Ha parlato con le sue nipoti?-
-Oh si, le mie bambine dovevano sapere: sai forse non ho diritto di rubar loro la vita in questo modo, ma ci sono cose per cui non c’è scelta. Per fortuna amare e proteggere ha sempre una scelta, per quanto dolorosa possa essere, ma il destino…il destino non ti dà possibilità.-
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-La lettera-
 
Non era certa di quanto tempo fosse trascorso dall’istante in cui aveva preso dalla casella postale quella busta bianca che ora giaceva a terra aperta, mentre il suo contenuto era ben saldo tra le sue mani, e il momento in cui si era resa conto di aver letto le parole contenute nella lettera a lei indirizzata almeno tre volte, ma ricordava che era pomeriggio inoltrato e ora il sole era ormai tramontato lasciando spazio alla sera.
Era rimasta seduta tutto il tempo su una delle sedie della cucina e ora si era decisa a posare il foglio per alzarsi e avvicinarsi alla finestra: fuori la città le rimandava indietro luci e rumore, forse in risposta alla confusione che ormai dentro di lei la faceva da padrona.
Il mittente era una donna, che si rivolgeva a lei con una familiarità per Vanessa sconosciuta, ma al contempo piacevole e stranamente confortante: la donna si chiamava Margaret e sembrava volerle davvero bene.
Le diceva che le dispiaceva non averla vista crescere e che di sicuro i soldi che si premurava di mandare a lei e a sua sorella Sarah non sarebbero mai valsi tutto l’amore che avrebbero meritato e che lei aveva desiderato strenuamente dar loro.
Si definiva sua nonna, e anche attraverso le parole ben chiare e delineate da una calligrafia delicata, Vanessa riusciva a percepire la sofferenza e la malinconia dietro di esse.
Doveva aver pianto Margaret, perché in alcuni punti la carta era macchiata e l’inchiostro sfumato, ma il tutto era comunque perfettamente leggibile: le raccontava di sua madre, di suo padre, dell’incidente e della scelta di far adottare sia lei che Sarah nel tentativo di tenerle lontane dal dolore e da cose che, per due bambine allora, sarebbero state troppo pesanti.
Le narrava del suo lavoro, del castello che aveva trasformato in un albergo su una delle colline scozzesi da lei sempre amate, del villaggio ai piedi della collina dove abitavano persone a lei molto care, e poi invitava sia lei che sua sorella a farle visita il più presto possibile, prima che la malattia raggiungesse altre parti del corpo non permettendole più di muoversi, o di parlare come avrebbe voluto.
Vanessa sapeva di essere stata adottata, e sapeva anche come erano morti i suoi genitori, e ricordava alla perfezione la sua infanzia con Sarah, eppure non aveva alcuna memoria di questa donna di nome Margaret Chaste che si definiva sua parente, una consanguinea da parte di sua madre, che le aveva scritto dopo 15 anni trascorsi lontana dal suo passato per dirle che le avrebbe lasciato tutto.
E Sarah? Sarah ricordava forse qualcosa?
La sua sorella gemella non sarebbe rientrata presto: uscire e tornare all’alba era uno sport in cui primeggiava, sembrava quasi un talento, e Vanessa non si spiegava come fosse possibile una tale resistenza.
Lei, dal canto suo, prediligeva girare per la città nello spazio tra il tramonto e l’imbrunire quando il lavoro lo permetteva.
Gestire un piccolo negozio di fiori era stato sempre un forte desiderio sin da quando era bambina: le era sempre sembrato il modo migliore per prendersi cura di qualcosa, e seppur aveva provato grande amore ed empatia prima di tutto per gli animali, i fiori le erano sempre apparsi bistrattati e alquanto lasciati a se stessi e quindi più bisognosi di attenzione, per non parlare del fatto che vederli crescere le piaceva.
Aveva così preso la solenne decisione di laurearsi in botanica e poi aprire la sua attività, che fruttava bene, abbastanza per vivere degnamente, e inoltre le dava anche parecchia libertà gestendosi da sola.
Sarah invece aveva sempre avuto talento per attrarre le persone e convincerle di qualunque cosa, e questo l’aveva portata a chiedere alla gemella di collaborare in una agenzia per eventi in modo da tirarne fuori più guadagno.
E Vanessa, inutile dirlo, aveva accettato senza però rinunciare alla sua adorata autonomia: il negozietto in centro era rimasto, come erano rimasti i soliti clienti che le chiedevano quale fosse il fiore più adatto per un primo appuntamento, o per fare felice una madre, o per fare un regalo di compleanno.
Vanessa consigliava, componeva, spiegava come creare il proprio giardino e poi, una volta girata la chiave nella serratura dopo l’uscita dell’ultimo cliente del giorno, rimaneva a contemplare il tramonto per qualche minuto soddisfatta di quello che aveva costruito.
 
Eppure ora, nonostante ogni convinzione di felicità costruita nel tempo, si sentiva come se qualcuno le avesse fatto notare qualcosa che aveva sempre avuto sotto gli occhi ma che aveva deliberatamente deciso di ignorare: una mancanza e un senso di incompletezza che aveva invano tentato di riempire.
Quasi non avvertì nemmeno il rumore dei campanelli della porta tanto era immersa nei suoi pensieri, così quando Sarah le si avvicinò affiancandola e togliendole il foglio dalle mani, fu solo il suo strillo di stupore a ridestarla dalla trance in cui sembrava piombata.
 
-Margaret Chaste… Margaret Chaste… Margaret Chaste…-
 
Ripeteva sua sorella massaggiandosi la massa di capelli biondi senza guardarla: di certo la sua reazione alla lettera era stata diversa, ma in fondo loro due erano profondamente diverse.
 
-Credo sia la madre di mamma, o almeno questo sembra dire. Ho pensato all’inizio che si fosse sbagliata, ma poi ha scritto di mamma e papà, dettagli che una sconosciuta non avrebbe potuto sapere.-
 
-Dovremmo contattarla!-
 
-Per fare cosa? Non conosciamo questa donna Sarah, o se l’abbiamo conosciuta in qualche modo inspiegabile non ne abbiamo memoria: non credo sia saggio.-
 
-Tu vuoi andarci più di me! E non mentirmi: hai lo sguardo di quando desideri qualcosa ma non vuoi ammetterlo. Male che vada avremo visitato la Scozia e poi un albergo Van? Un albergo!-
 
-E tu già stai pensando di approfittarne vero?-
 
Vanessa rimase qualche istante a guardare Sarah ormai immersa in fantasticherie riguardo la possibilità di espandere oltre oceano il suo business, mentre lei sentiva solo il gelo percuoterle il corpo.
Sarah aveva ragione: lei voleva andare in Scozia, voleva incontrare Margaret e magari chiudere la questione, scoprire che era tutto uno stupido sbaglio, che la signora si era confusa e che le toccava tornare alla sua vita di sempre, ma sentiva anche altro.
Era una campanella di allarme dentro di lei che sembrava avere atteso che qualcuno o qualcosa la attivasse: se davvero quella donna era sua nonna le cose sarebbero cambiate, ogni piccolo tassello passato avrebbe cambiato posizione per far spazio ad altro e forse avrebbe fatto chiarezza sui punti bui nei quali a volte aveva paura di guardare.
 
-Ha mandato anche due biglietti aerei, li avevi visti?-
 
-No. In realtà ho solo letto la lettera.-
 
-Van…-
 
Sarah le circondò le spalle con il braccio destro appoggiandole poi la testa sulla spalla: rimasero così qualche istante prima che Vanessa facesse lo stesso assecondando i gesti della sorella, e quando furono così vicine entrambe chiusero gli occhi.
Era chiaro che qualunque cosa stessero pensando era la stessa, anche se magari avevano metabolizzato la notizia in modo differente: Sarah si era già posta quesiti in passato senza però farne menzione a Vanessa e lo stesso aveva fatto quest’ultima.
Forse pensavano che parlare dei ricordi frammentati di entrambe le avrebbe solo bloccate in un passato che non aveva portato altro che dolore per la perdita dei genitori.
Erano andate avanti, avevano fatto tutto quello che qualunque essere umano avrebbe fatto: avevano costruito altri ricordi, avevano messo le basi per il futuro e ora vivevano esattamente come avevano sempre desiderato.
Erano cresciute, ma quella lettera aveva in un secondo cambiato tutto, mentre le emozioni cominciavano a dominarle, insieme a una vibrante curiosità.
Una curiosità che solo in Scozia avrebbe trovato soddisfazione.
   
 
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