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Autore: Alena18    31/12/2015    7 recensioni
[ATTENZIONE! Se non avete letto 'Il Risveglio - Lo specchio dell'anima' non potete leggere questa storia.]
Camminavo quando lui camminava e mi fermai quando lui si fermò.
Non avevo idea di dove stessimo andando, ma mi fidavo. E probabilmente sbagliavo.
Mi voltai a guardarlo, ma lui non fece lo stesso.
D'un tratto sentii le sue dita intrecciarsi con le mie e non riuscii a non fremere per quel contatto.
-Qualsiasi cosa accada, non lasciare la mia mano- disse per poi stringermi più forte e posare il suo sguardo su di me -E pensami-.
© Tutti i diritti riservati.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Risveglio '
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“La vita non è altro che una maledizione senza fine.”
 
Vedevo tutto molto più chiaro, i colori erano più accesi, gli odori più pungenti, i rumori più forti. Ispirai a fondo, riempiendomi i polmoni d’aria fresca, aria che profumava di pino, di inverno; chiusi gli occhi e mi concentrai su ogni piccolo suono che mi circondava ed udii lo sbattere delle ali di un uccellino nascosto fra i rami di un albero, sentii il gracchiare dei corvi e il fischio del vento che mi avvolgeva il corpo; riaprii gli occhi e sbattei le palpebre più volte, mi guardai intorno, guardai gli alberi imponenti, le foglie secche volteggiare nell’aria, le nuvole grigie ammassarsi l’una sull’altra e, dopo secoli, mi sentii di nuovo forte, forte veramente, percepii di essere invincibile, percepii il desiderio di essere ciò che ero, percepii il mio corpo pieno di ferite invisibili, ma privo dei segni di una sconfitta, percepii di essere di nuovo io, percepii di essere l’abominio. E non c’era sensazione migliore.
Muovere anche solo le dita delle mani mi faceva sentire potente, finalmente potevo avvertire la vita in tutta la sua bellezza, finalmente potevo avvertire familiarità con ogni singolo muscolo perché sì, quello era il mio corpo, il mio vero corpo. Nient’altro aveva importanza.
Con estrema facilità e prontezza mi misi a sedere, la schiena diritta, i muscoli tesi e mi beai ancora di quella sensazione di invincibilità di cui avevo quasi perso il ricordo. Mi osservai attorno e fu all’ora che realizzai veramente dove mi trovassi. Ero nella radura, l’erba che spuntava attraverso la neve era scura, su di essa giacevano sparsi dei corpi. E ricordai. Ricordai l’ansia, la paura, il senso di debolezza. Ricordai Cameron e Peter compiere l’incantesimo, Ester morta e ricordai lei, Maya. La rividi stesa in mezzo ad una pozza di sangue, il suo sangue, le mani giunte in grembo, il corpo freddo e tremante, gli occhi spenti dal dolore. E sentii ancora il soffio leggero del suo debole respiro, il lento battito del suo cuore, il sussurro che era diventata la sua voce mentre mi offriva il suo sangue, mentre mi offriva una vita, una possibilità. Scrutai per bene ogni singola figura, ma non mi sorpresi nel constatare che Cameron non ci fosse, così come Ester, probabilmente si erano ripresi prima di me. Ma quando i miei occhi caddero sul corpo di Peter, quel corpo che avevo tanto odiato, quel corpo che era stato la mia prigione per due secoli, la rabbia si fece viva in me, era incontrollabile, lo era sempre stata e a me piaceva lasciarmi trasportare da ciò che sentivo. E avrei fatto a pezzi quel maledetto corpo ancora privo di sensi se il mio sguardo non avesse incontrato la versione spenta e senza vita di Maya, poco distante da me. In quel momento sentii il mio cuore battere, era l’unica cosa che avevo sempre ignorato quando ero l’abominio, ma adesso sembrava così assordante, così rumoroso ed insistente, quasi faceva male. Non riuscii, per queste ragioni, ad ignorarlo. Velocemente mi avvicinai alla sua figura, pallida e fredda, la osservai e sentii un’altra cosa ancora, una di quelle cose che mai mi era capitato di avvertire durante la mia esistenza da abominio, io sentii dolore. E non c’era sensazione peggiore.
Strinsi i denti e allungai una mano, esitai prima di posarla sul viso di Maya. Poteva sembrare assurdo, ma anche da morta riuscivo a percepire il suo calore bruciare contro la mia pelle gelida. La guardai e capii che non lo meritava, la guardai e provai odio. Odio verso Peter. Odio verso Cameron, verso Ester, verso Jace e odio verso me stesso.
Fu in quell’esatto istante, quando il sangue mi ribolliva nelle vene per la rabbia, che udii dei rumori. Erano dei passi, qualcuno che correva, qualcuno il cui respiro era pesante ed il cui cuore tamburellava contro il petto pompando paura, pompando sangue. Sorrisi perché capii di chi si trattasse e non avrei perso l’occasione di andare a salutare una vecchia conoscenza. Attraversai veloce come la luce la radura raggiungendo la foresta e, solo pochi secondi dopo, gli fui di fronte. Lo vidi fermarsi di scatto, i suoi occhi azzurri si spalancarono per lo stupore, il suo cuore si bloccò di botto per la paura, le sue labbra si schiusero ed io sorrisi compiaciuto nel vedere quella scena.
-Justin- riuscì a pronunciare mentre il suo petto non smetteva di alzarsi e abbassarsi freneticamente.
-In carne e anima, Cameron- risposi allargando ancora di più il mio sorriso.
-Allora ce l’ha fatta- esordì e lo vidi rilassarsi apparentemente –Maya è riuscita ad effettuare lo scambio pur essendo in punto di morte. Devo dire che non me lo aspettavo, l’avevo sottovalutata- continuò questa volta con fare più sfacciato –Tutti noi l’avevamo sottovalutata-.
-Dove vorresti andare a parare, Poniard?- chiesi assottigliando lo sguardo, non comprendendo fino a che punto arrivasse la stupidità di quel ragazzo che osava sfidarmi proprio in quel momento.
-Io? Da nessuna parte, Bieber. Dico solo che adesso sarai soddisfatto, sì, insomma, guardati. Sei di nuovo tu, sei il peggiore eppure lei ha sprecato i suoi ultimi respiri per quell’incantesimo, ha consumato i suoi ultimi battiti per te- affermò mentre sosteneva il mio sguardo –Devi aver recitato una parte da oscar per essere riuscito a conquistare il suo cuore in così poco tempo- proseguì ed io strinsi i pugni dall’irritazione sentendo il gelo crescere in me e notando il ghiaccio formarsi sulla corteccia ruvida degli alberi circostanti –O forse, lei è una ragazza piuttosto fragile e flessibile, non so se mi spiego- sorrise strafottente e non resistetti più. Alzai le mani di fronte a me e decine di schegge di ghiaccio a forma di ago sfrecciarono contro Cameron che prontamente le schivò. Io però ero più veloce. Scattai e l’istante dopo scaraventai lo stregone contro un albero digrignando i denti.
-Mossa sbagliata, Poniard. Provocarmi proprio adesso e per giunta con la consapevolezza che dalla tua parte hai soltanto gli elementi. Non sei nemmeno più un vero stregone e mai hai meritato di esserlo, razza di bastardo- sbottai e lo schiacciai più forte contro il tronco massiccio.
-Vorresti farmi credere che ti importi qualcosa di lei? Oh, andiamo! L’unica persona a cui ti interessi è te stesso- sputò allungando il collo più vicino al mio viso, sfidandomi.
-Tu non sai niente di me, so essere spietato persino con me stesso- sibilai tenendo stretti i denti.
-È speciale, non è vero? Maya, intendo, è riuscita a far provare qualcosa anche a te, l’abominio- disse, adesso più calmo, quasi nostalgico, atteggiamento che mi irritò maggiormente. Spostai il mio braccio, che fino ad all’ora avevo tenuto sul suo petto, sotto il collo di Cameron, premendo forte.
-Era, bastardo, lei era speciale!- sbottai serrando le labbra e notando il viso dello stregone arrossarsi mentre ridacchiava e scuoteva la testa lentamente.
-Dille che mi dispiace per come sono andate le cose- pronunciò improvvisamente serio ed avvertii il sangue andarmi alla testa al suono di quelle parole senza senso.
-Ti dispiace? Ti dispiace, dici? Tu l’hai uccisa, sei stato tu e lei era sangue del tuo sangue!- sbraitai e già mi immaginavo le torture che gli avrei inflitto per il modo in cui mi stava parlando, per ciò che stava dicendo su di lei.
-La vita è più di una linea di sangue che collega due persone- mormorò facendo poi un colpo di tosse, ma sorridendo l’istante dopo. Era troppo, era sempre stato troppo, ed io non mi sarei più contenuto.
-Ti do una notizia, Poniard- sibilai assottigliando lo sguardo ed avvicinandomi al suo volto –La vita è soltanto una linea di sangue destinata a spezzarsi- e con quelle parole gli saltai al collo, lo morsi e scordai tutte le macchinazioni, tutte le torture, semplicemente bevvi sangue umano per la prima volta dopo secoli. Era caldo, dolciastro, vivo e l’avrei succhiato via tutto, ma volevo che lui mi vedesse mentre gli toglievo la vita. Mi staccai reprimendo tutti i miei istinti e lo fissai, il suo sguardo era quasi spento, assente, ma mi vedeva, sapevo che poteva vedermi. Sorrisi prima di spezzargli il collo di netto. Dopo di ché, sparii.
 
Ero ai margini del bosco, pochi alberi mi separavano dalla radura, non sapevo esattamente perché stessi tornando lì, ma non sapevo nemmeno perché invece non avrei dovuto farlo. Ripensavo, stranamente, a Cameron. Non mi pentivo affatto di averlo ucciso, lo avrei rifatto altre mille volte, ma le sue parole continuavano a tornarmi alla memoria. Lei era morta, questa era una cosa tremendamente reale, e non avrei potuto provare a ringraziarla. Perché se c’era una cosa che avevo imparato a conoscere in quei due secoli nel corpo di un altro, era la freddezza bruciante della solitudine. Non c’erano più soddisfazioni, né vittorie, né battaglie, né sangue, né forza, non avevo più neanche una vera forma, e per quanto potessi rifiutarmi di ignorare ogni cosa, alla fine era sempre e solo la mia anima ormai svuotata da tutto. Lei mi aveva dato speranza, in qualche modo, e, in un’altra maniera ancora più sconosciuta, non mi aveva deluso. Lei mi aveva ridato forma, ma adesso non riuscivo a capire se era quella esatta, non mi aspettavo di sentirmi come mi sentivo in quel preciso istante, non mi credevo neanche capace di pensieri profondi. Era strano, ma forse lei mi avrebbe aiutato. Ed io non glielo avrei permesso.
Scossi la testa e mi feci spazio tra i rami appuntiti, un secondo dopo ero nella radura, dall’altra parte una sagoma scura trascinava barcollante un corpo. Fui invaso dalla rabbia, mi partiva dalla punta delle dita, correva attraverso le vene e raggiungeva il cuore, infiammandolo di odio. Arricciai le labbra e scoprii i canini prima ancora di materializzarmi esattamente di fronte a colui che mi aveva portato via tutto. Lo vidi fermarsi di colpo alla mia vista, la sua postura era stanca, il suo sguardo freddo.
-Peter- sibilai stringendo forte i pugni, l’unica cosa che mi tratteneva dall’attaccarlo era il corpo di Maya che, senza vita, stringeva al suo fianco.
-Justin- disse e potei giurare di avvertire provocazione nella sua voce, era un tono che non aveva nulla di spaventato, non c’era traccia di sconfitta in esso, eppure era andata esattamente così, io avevo vinto, io ero io, di nuovo, non era lui il vincitore.
-Lasciala- affermai duro e lui sorrise sfacciato, proprio come poco prima aveva fatto Cameron.
-Forse non l’hai notato, ma è morta- spiegò allargando la sua smorfia, ridacchiando leggermente. Ero disgustato da quel corpo che per secoli era stato mio e avrei voluto farlo a pezzi.
-Lasciala, ho detto- ripetei e la voce mi uscì più profonda e cupa, stava emergendo il mio lato oscuro, quello che non potevo controllare. Lui fece come gli avevo detto, e la lasciò. Il corpo di Maya cadde a terra con un tonfo sordo e la neve si macchiò di sangue. Non mi contenei, mi scagliai contro Peter e, con una spinta, lo scaraventai a qualche metro da dov’eravamo. Emise un lamento soffocato, ma non gli avevo fatto veramente male, quello era il minimo.
-Oh, andiamo! È questo il meglio che sa fare l’abominio?- mi istigò cominciando a rimettersi in piedi. Arrivai da lui, gli sferrai un pugno in viso e un calcio allo stomaco. Il secondo dopo era a terra che gemeva e tossiva, sputando sangue.
-Mi sto riscaldando, bastardo, il meglio deve ancora venire- sputai dandogli un calcio sulla schiena, bloccando il suo tentativo di alzarsi.
-Non mi fai paura, Bieber- sogghignò mostrando una fila di denti macchiati di rosso.
-Vorrà dire che sarà l’ultima emozione che ti regalerò, prendilo come un piccolo presente firmato l’Abominio- pronunciai prima di afferrarlo e scaraventarlo lontano. Lo raggiunsi e sorrisi alla vista di lui impotente –Sai, mentre ero nel tuo lurido corpo, ho pensato di togliermi la vita tante volte, ma non l’ho mai fatto, e sai perché?- chiesi retorico, ma lui mi rispose comunque.
-Perché sei un codardo- pareva certo delle sue parole e così mossi qualche passo più vicino a lui che ancora era steso sulla neve, il viso sporco e ferito, gli occhi puntati su di me.
-Perché aspettavo questo momento, il momento in cui avrei fatto questo- dissi e posai il piede sul suo indice premendo forte e ascoltando lo scricchiolio delle ossa misto al gemito dello stregone –E questo- continuai stavolta posizionando l’intera suola della mia scarpa sulla sua mano schiacciandola, rompendola. E Peter urlò, fu breve, ma gratificante. –Ah, quanto vorrei torturarti, spezzare ogni singolo osso del tuo misero corpo e guardarti morire lentamente, ma il desiderio di ucciderti è troppo forte, mi capisci, vero?- domandai sorridendo cinico, mi sentivo insormontabile, avevo di nuovo la vita nel palmo della mano.
-Vuoi davvero farlo?- chiese lui boccheggiando in cerca d’aria –Vuoi davvero uccidermi?- e se possibile quella domanda mi irritò ancora di più.
-Ci puoi scommettere- ribadii secco.
-Io aspetterei a farlo- consigliò, come se avessi tenuto in considerazione ciò che aveva intenzione di dirmi.
-Due secoli sono davvero un lungo periodo d’attesa- sibilai ed infilai una mano nel suo stomaco. Lui gridò muovendosi a scatti sotto di me, poi strinse le sue dita intorno al mio polso mezzo sporco del suo sangue e si tirò più vicino al mio volto.
Senza molta aria riuscì a sbiascicare qualche parola –Uccidimi e non la riavrai mai più-. E per qualche strana e ignota ragione mi bloccai. Restai a fissarlo per qualche secondo, per la mente mi passava di tutto e allo stesso tempo niente, poi scoprii i canini e spalancai gli occhi rossi stringendo il pugno nella pancia dello stregone.
-Non giocare con me- sputai e lui sorrise leggermente.
-Sapevo che non mi avresti ucciso- sogghignò tossendo subito dopo.
-Posso ancora farlo- dissi a denti stretti –Voglio ancora farlo-.
-Ma non lo farai, io posso ridarle la vita- mi sfidò e avrei voluto strappargli subito il cuore, ma c’era sempre una via di fuga, ero stato testimone di molte morti e nella stessa gente morta avevo visto la vita, di nuovo. Niente era mai stato come sembrava. Perché non quella volta?
Tolsi la mano dal suo corpo e lo afferrai dalla camicia sporca, era in uno stato disgustoso, tutto grazie a me… e a Maya. Ora era giunto il momento di tornarle il favore. Così mi morsi il polso che subito dopo premetti contro la bocca di Peter affinché guarisse, non potevo credere di star facendo ciò, ma le dovevo la vita.
-Bevi, bastardo- sibilai contenendo gli istinti sovrumani –E riportala indietro-.      
 
 
Oh oh oh *risatadaBabboNatale*!
Lo so, sono già partita male, due mesi di ritardo e siamo solo al primo capitolo, sono un’inguaribile ritardataria, colpevole Babbo Natale!
Eh, allora, come vi è parso questo primo capitolo? A parte sanguinoso (ma non quanto il prologo), si intende. So che c’è ancora molto, molto mistero, mi sto portando avanti ancora tutti quei punti irrisolti della prima parte, e non vi dico quanto ancora c’è da scoprire su questo secondo nucleo della storia, uff, devo cominciare a giocare a carte più scoperte, altrimenti va a finire che mi imbroglio anch’io, ma non preoccupatevi, farò del mio meglio per far sì che tutti voi capiate ciò che accade;)
Bene, vi lascio al vostro anno nuovo e a proposito di questo vi faccio tanti auguri e vi auguro anche tanta fortuna e felicità!

A presto e recensite, mi raccomando:)
Baci

Alena18 xxx
  
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