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Autore: ThorinOakenshield    03/01/2016    3 recensioni
Che dire? Innanzitutto che non si tratta di uno slash! Questa è una storia a capitoli sul rapporto di amicizia che intercorre tra Bilbo e Thorin.
Mi sono presa molte licenze ed è la prima fanfiction che scrivo, quindi siate clementi! xD
Allora, le vicende si svolgono dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti e Thorin ha ottenuto il suo titolo di Re sotto la Montagna; Bilbo si è talmente affezionato ai nani che ha deciso di passare le vacanze a Erebor. Tutti i suoi amici sono entusiasti di questa decisione e, tra l'incoronazione di Thorin e vari festini, saranno tutti euforici e persi nella gioia del momento, ma qualcosa di terribile romperà l'incanto...
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bolg, fino a pochi secondi fa, era sul punto di sferrare un attacco mortale a un Dwalin a terra, tenendo il bastone da combattimento in alto sopra il capo. Non si sarebbe mai aspettato che Thorin Scudodiquercia avesse avuto forza a sufficienza per colpirlo a tradimento.
Dunque, ora il figlio di Azog aveva gli occhi spalancati dallo stupore. In bocca avvertì presto il sapore metallico del sangue.
Il Re sotto la Montagna, ringhiando come se fosse stato un leone o un’altra fiera inferocita, si sporse dolorante verso Bolg e gli recise le gambe con un solo colpo di sciabola, schizzando sangue sulle facce dei suoi amici.
Il corpo dell’orco si accasciò al suolo ormai privato di ogni forza vitale.
Questa fu la fine di Bolg l’Orco.
 
A rigor di logica, Bilbo e Dwalin dovevano essere contenti, visto che quel pezzo di lerciume era morto nel modo più doloroso e vergognoso che possa esistere. Però Thorin era pur sempre gravemente ferito.
“Oin!” gridò Dwalin con tutto il fiato che aveva in gola, mentre lo hobbit si trovava fermo accanto a lui, a fissare con occhi sgranati il suo migliore amico inerme sul terreno macchiato di sangue.
Il medico della Compagnia non giunse.
Gli occhi del guerriero pelato cominciarono a pizzicargli, ma represse le lacrime: era un nano e per giunta un soldato, non poteva permettersi di piangere come una donnicciola. Senza contare che il suo Re non era ancora morto, era troppo presto per darsi per vinto.
Notando che Oin ci stava mettendo troppo tempo per arrivare, Dwalin lo appellò nuovamente, spinto da una furia indescrivibile.
Gli altri nani spuntarono dagli alberi come margherite da un prato. Avevano da poco sistemato gli ultimi orchi ed erano dipinti di rosso scuro dalla testa ai piedi.
Scorgendo Thorin Scudodiquercia riverso su un letto di sangue, il cuore si bloccò nel petto a tutti quanti. Balin cominciò a singhiozzare.
Il nano dalla barba canuta non era l’unico ad essersi lasciato andare alle lacrime, poiché Bilbo Baggins era diventato da un bel po’ preda dei singulti e il suo faccino era tutto arrossato. Lucciconi salati e di dolore gli rigavano copiosamente le guance paffute da bambino.
Oin non si permise di farsi impressionare, bisognava agire in fretta: prese velocemente una benda e si apprestò a bendare la profonda ferita del Re. Dovette fare numerosi giri e stringere molto, visto che il sangue non ne voleva sapere di smetterla di sgorgare dal fianco del nano.
Subito dopo, il dottore afferrò Thorin per le braccia, mentre Bombur per le gambe. L’intenzione era quella di stenderlo in una grotta lì vicino, per poi occuparsi maggiormente di lui.
Il resto della Compagnia seguì i due nani come se fossero state delle ombre, mentre il Re sotto la Montagna avvertiva le palpebre farsi sempre più pesanti, il respiro meno regolare e ogni cosa intorno a lui sempre più sfocata e confusa.
Le voci concitate e impaurite dei suoi amici giungevano come echi alle sue orecchie. Prima di sprofondare in un sonno profondo, l’ultima cosa che Scudodiquercia vide fu il volto preoccupato dello scassinatore. Con le poche forze che gli erano rimaste, allungò il braccio verso di lui.
 
Com’è strana la vita: fino a poco tempo fa era Thorin quello che si struggeva per il signor Baggins, mentre lo osservava venir disteso su un letto, completamente privo di sensi.
Adesso lo hobbit comprendeva come doveva essersi sentito il nano nel momento in cui era stato riportato a Erebor dopo l’attacco di Bolg e i suoi.
Mentre i nani circondavano il corpo del capo e parlavano l’uno sopra l’altro, Bilbo tirò fuori dalla tasche la ghianda e la strinse in un pugno. Si portò la mano all’altezza della bocca e vi depositò un rapido bacio, tenendo gli occhi serrati. “Chiunque mi stia ascoltando, ti prego, salvalo” sussurrò con una voce talmente flebile che nessuno lo udì. In ogni caso, anche se avesse pregato a voce alta alcun nano avrebbe sentito le sue parole, perché l’agitazione era talmente immensa che copriva ogni suono.
Oin aveva racimolato delle ragnatele e le aveva messe sulla ferita di Thorin perché, a suo avviso, esse risultavano sorprendentemente utili quando si trattava di frenare un’emorragia. “Dell’acqua fredda!” disse il medico a gran voce, guardando i suoi compagni uno ad uno. “Chi va a raccogliere un po’ di acqua nel bosco?”
“V… vado io” balbettò lo hobbit alzando timidamente il ditino, come se fosse stato uno scolaretto intento a rispondere a un quesito della maestra.
Oin chinò il capo in segno di assenso.
Dopo aver tratto un profondo sospiro, Bilbo uscì dalla caverna. Voleva rendersi utile, oltre ad allontanarsi da quella situazione spiacevole: non ce la faceva più di vedere il suo migliore amico in quelle condizioni.
 
Non era stato difficile trovare dell’acqua in quella boscaglia, poiché era gremita di pozzanghere e, non lontano da lì, scorreva un piccolo ruscello. Il liquido era oltremodo ghiacciato, l’ideale per un’emorragia spropositata come quella di Scudodiquercia.
I nani formavano un fitto crocchio dinanzi al corpo di Thorin. Il signor Baggins li raggiunse e consegnò loro l’acqua che aveva raccolto nella borraccia.
I suoi amici continuarono a trafficare sulla ferita del loro Re e, con gran sollievo di Bilbo, tutto stava procedendo alla perfezione. A parere di Oin, presto l’emorragia si sarebbe fermata e a Thorin non sarebbe bastato altro che un po’ di riposo per rimettersi in sesto.
Lo hobbit ci sperava tanto.
 
Ancora una volta ebbe l’impressione di essere tornato indietro nel tempo: dormire in quella caverna buia, fredda e bagnata gli riportò alla mente il frangente in cui si era trovato con i nani a coricarsi in quell’antro nelle Montagna Nebbiose, al sicuro dai giganti di pietra.
Dormire per modo di dire, pensò infastidito lo hobbit dopo che l’ennesima goccia d’acqua gli era finita sul naso. Stizzito, si spostò, ma il soffitto sgocciolava da tutte le parti.
“Mastro Baggins, sei sveglio?”
Bilbo fece un salto sul posto e, per un attimo, quella voce pensò di essersela sognata. Si voltò alla ricerca della fonte di quel suono profondo e, l’unica cosa che riuscì a vedere, furono due brillanti occhioni blu. Le iridi del nano erano talmente chiare che persino l’oscurità più assoluta non riusciva a privare l’osservatore della gioia di ammirarle.
Thorin Scudodiquercia era sdraiato su un fianco e aveva un mezzo sorriso dolcissimo che gli increspava le labbra.
Colmo di gioia e ancora preoccupato di trovarsi in un bel sogno, lo hobbit alzò gli zigomi. “Sei vivo…”
 
Gli altri nani della Compagnia stavano dormendo della grossa. Bombur stava emettendo continuamente dei rumorosissimi ronfi che, tuttavia, sembravano non disturbare i due chiacchieroni che stavano conversando amabilmente attigui all’entrata della grotta, illuminati dai pallidi raggi lunari.
“Sicuro di stare bene?” chiese Bilbo con un filo di voce, allungando timidamente il braccio, come per vezzeggiare la ferita dell’amico.
Thorin incurvò nuovamente le labbra. “Rilassati, mastro Baggins, ho passato di peggio.” E qui la sua mente corse inevitabilmente su quel fiume ghiacciato di mesi prima.
Bilbo Baggins chinò il capo e si grattò la nuca. “Be’, in ogni caso volevo dirti…”
“Scusa.”
Lo hobbit lo guardò con occhi spalancati. “Co… cosa?” Voleva porgergli una domanda o gli aveva semplicemente chiesto perdono?
Senza guardarlo negli occhi, come se si vergognasse di ammettere di avere sbagliato, il Re sotto la Montagna rispose: “Volevo chiederti scusa per come ti ho trattato prima dell’arrivo degli orchi.”
Il grande Thorin Scudodiquercia che chiede scusa per la quarta volta? Pensò attonito il signor Baggins. Devo avere un qualche potere speciale.
Thorin fece una smorfia di fastidio perché, di fatto, gli disturbava dover confessare quello che stava per dire. “Ammetto di avere spesso attacchi di megalomania, in passato mia sorella molte volte mi ha rimproverato per questo.”
Lo hobbit si trovava seduto davanti a lui, a gambe incrociate, e ora il suo volto era rilassato in un amichevole sorriso. “Non preoccuparti, Thorin” gli disse. “Ognuno di noi ha i suoi difetti.” Arrossì. “Io, per esempio, a volte non riesco a tenere a freno la lingua. Che posso farci? Ho ereditato questa parte del mio carattere dai Tuc, per questo sono stato irrispettoso nei tuoi confronti e anch’io voglio chiederti scusa.”
Scudodiquercia sorrise a sua volta e porse la mano al suo piccolo amico. “Nessun rancore?”
Bilbo osservò stupito il braccio allungato verso di lui. A volte faticava ancora ad abituarsi alla confidenza che c’era tra lui e il Re dei Nani.
Quando si fu ripreso dai suoi pensieri, lo hobbit ricambiò il sorriso e strinse la mano calda e grossa del nano con la sua piccola e morbida. “Nessun rancore.”
Prima di coricarsi, Thorin ci tenne a dire una cosa a Bilbo. Lo chiamò.
Il signor Baggins si voltò a guardarlo.
Il Re sotto la Montagna incollò gli occhi sul terreno gelido come la pietra con cui era stata modellata Erebor. Non era sua consuetudine dire qualcosa di dolce o gentile, poiché le sue esperienze passate e il suo titolo gli avevano imposto di indossare una maschera di freddezza e impassibilità. Persino con i suoi nipoti, quand’erano piccoli, si lasciava difficilmente andare a dimostrazioni di affetto.
Però aveva finalmente ritrovato il suo amico dopo tante peripezie, colui con cui aveva affrontato di tutto e di più e con il quale poteva permettersi di sembrare umano una volta ogni tanto. E poi in quella grotta isolata e solitaria non c’era nessun diplomatico, nessun generale, nessun funzionario e quant’altro.
Quindi, dopo essersi concesso un sospiro, Thorin mormorò: “Sono molto felice che tu abbia ritrovato la memoria.”
Bilbo sorrise intenerito prima di cadere tra le braccia di qualche sogno meraviglioso. “Buonanotte, Thorin.”

 
 
 
   
 
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