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Autore: eugeal    04/01/2016    0 recensioni
I piani di Vaisey sono stati sventati e lo sceriffo è morto.
Ora Robin Hood non è più un fuorilegge e lui e Guy possono affrontare una nuova vita in una Nottingham governata da un altro sceriffo.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Arthur di Kingstone esaminò l'ennesimo rotolo di pergamena cercando di trovare qualche dettaglio utile in mezzo agli elenchi di spese e di profitti del castello, poi lo appoggiò sul tavolo con un sospiro di stanchezza e osservò Guy di Gisborne.
Il cavaliere era intento a controllare attentamente un altro cumulo di documenti ed era talmente concentrato sul proprio lavoro da non accorgersi dello sguardo attento dello sceriffo.
Sir Arthur non sapeva cosa pensare di quell'uomo.
La prima impressione che aveva avuto di lui e di Robin di Locksley era stata pessima: gli erano sembrati due giovani nobili arroganti e incoscienti, capaci di mettere in pericolo la gente con la loro avventatezza e trovarsi a ridere delle loro prodezze.
Non si era fatto alcuno scrupolo nel punire il loro comportamento sconsiderato e aveva constatato che almeno avevano accettato la loro pena senza protestare e senza trovare scuse, riconoscendo le loro colpe. Poi Gisborne lo aveva sorpreso chiedendogli di essere frustato pur di poter tornare a casa e non deludere il figlio.
Lo sceriffo si chiese cosa gli fosse successo per avere la schiena martoriata da tante cicatrici e decise che avrebbe dovuto indagare sul suo passato.
Prima di assumere il suo incarico, Sir Arthur aveva cercato di informarsi su ognuno dei nobili della contea e aveva saputo che Robin di Locksley aveva vissuto nella foresta di Sherwood come fuorilegge per opporsi alle ingiustizie del precedente sceriffo e aiutare i poveri, mentre Guy di Gisborne aveva servito fedelmente Vaisey per anni finché non si era ribellato, alleandosi con Locksley. Ciò non gli aveva impedito di essere quasi giustiziato per tradimento e tentato regicidio, ottenendo la grazia da re Riccardo proprio all'ultimo momento, pochi attimi prima di essere squartato da quattro cavalli in corsa.
Sir Arthur fissò Guy: in quelle ore gli aveva dato l'impressione di essere competente e scrupoloso e non riusciva a conciliare quell'immagine con quella di un assassino spietato e tanto folle da tentare il regicidio.
- Perché lo avete fatto? - Chiese all'improvviso.
Guy alzò lo sguardo dal documento che stava leggendo.
- Cosa, signore?
- Perché avete cercato di uccidere il re?
Gisborne sussultò e abbassò lo sguardo.
- Perché lo sceriffo mi ha ordinato di farlo. La prima volta. La seconda mi ha costretto, minacciando la mia famiglia.
- Avete provato a uccidere il re due volte?
- Sì, signore. - Ammise Guy e lo sceriffo notò che almeno aveva avuto la decenza di arrossire.
- E nonostante tutto avete avuto la grazia. Ditemi, Gisborne, avete intenzione di fare un terzo tentativo?
Guy lo guardò, allibito.
- No!
- Voglio sperare che sia vero.
- Lo è, signore! Ho giurato fedeltà a re Riccardo.
Lo sceriffo lo guardò e decise che sembrava sincero.
- E la vostra parola ha qualche valore, Gisborne?
Guy lo fissò, offeso da quel dubbio.
- Sì, signore. Per me la lealtà è molto importante.
- Siete disposto a giurare fedeltà anche a me?
- Non vi conosco, signore. Ho già commesso l'errore di obbedire ciecamente alla persona sbagliata, non intendo ripeterlo. Vi obbedirò se i vostri ordini non andranno contro la mia coscienza, ma per avere la mia lealtà dovrete guadagnarvela.
Sir Arthur annuì.
- Bene, spero che non avremo modo di deluderci a vicenda allora. - Disse, concludendo quel discorso. - Ora torniamo al lavoro. Avete trovato qualcosa in quei registri?
Guy scosse la testa.
- No signore. Lo sceriffo Vaisey era più accurato nell'annotare le tasse che gli erano dovute che non il resto. So che quei due uomini facevano parte delle famiglie nobili venute a rendergli omaggio quando è diventato sceriffo, ma non riesco a ricordarne i nomi.
- Ricordate il nome di qualche altro nobile presente in quell'occasione?
Guy rifletté: buona parte dei cavalieri neri presenti erano stati arrestati o erano fuggiti dall'Inghilterra quando Vaisey era caduto e lui non conosceva bene i nobili minori, però forse c'era una persona a cui avrebbe potuto rivolgersi.
- Molto probabilmente Lord Bennet era presente.
- Sbaglio o è agli arresti domiciliari per tradimento?
- Non sbagliate, signore. Ma sono quasi sicuro che fosse presente ai festeggiamenti per lo sceriffo.
- Mi assicurerò di farlo interrogare allora. Venite con me, Gisborne.
Lo sceriffo si alzò e Guy lo seguì.
Percorsero alcuni corridoi in silenzio, poi Guy si rivolse allo sceriffo.
- Dove stiamo andando, signore?
- Alle cucine.
Guy lo guardò, perplesso.
- Le cucine?
- Quando ho accettato l'incarico di sceriffo, mi sono ripromesso di essere al corrente di tutto ciò che avviene in questo castello per gestirlo al meglio. Tutti hanno bisogno di mangiare, perciò la dispensa di un castello deve essere ben fornita e la cucina efficiente e senza sprechi. Ho già scoperto che la servitù e i prigionieri di solito ricevevano del cibo a malapena commestibile, ma sono certo che ci siano ancora molte cose da migliorare e ho intenzione di farlo.
- Capisco, Sir Arthur. - Rispose Guy, ancora incerto sul motivo della sua presenza al fianco dello sceriffo.
- Vi state chiedendo perché vi ho chiesto di venire con me, non è vero?
- Ammetto di essermelo domandato.
- Non ho ancora deciso cosa pensare di voi, Gisborne, suppongo che lo scoprirò col tempo, ma è indubbio che attualmente voi siate la persona che conosce meglio il modo in cui funzionano le cose al castello. Ho bisogno della vostra consulenza. Siete disposto a lavorare per me, almeno per i primi tempi?
- Anche se non ho accettato di giurarvi fedeltà?
- Proprio per quello. Mi serve qualcuno che mi dica come stanno le cose veramente e non ciò che vorrei sentire solo per compiacermi.
- Non ho intenzione di tornare a essere il cane dello sceriffo, signore.
- Nessuno ve lo ha chiesto, Gisborne. Se volessi un cane di certo lo sceglierei più docile.
Guy sogghignò, poi tornò serio.
- Perché volete conoscere il castello tanto a fondo? Per svolgere il vostro incarico non è necessario. Finché riuscite a mantenere l'ordine e a versare le tasse della contea alla corona non avrete problemi.
Sir Arthur lo guardò.
- Quello che dite è vero, ma voglio essere uno sceriffo migliore del precedente e svolgere il mio lavoro al meglio delle mie possibilità.
- Allora vi aiuterò, signore.
- Bene. Abbiamo ancora del tempo prima che Archer e Locksley ritornino, desidero visitare i magazzini e le dispense e avere una lista aggiornata dei fornitori del castello.

Robin e Archer cavalcarono fianco a fianco attraverso la foresta di Sherwood, seguiti dai soldati del castello.
Da quando erano tornati dalla Terra Santa, Robin non era tornato spesso nella foresta, troppo impegnato a riprendere la gestione di Locksley e ad adattarsi alla sua nuova vita con Isabella per dedicarsi ad altro.
Lui e i suoi uomini continuavano a prendersi cura dei poveri nei villaggi, ma Robin non tornava al campo da molto tempo. Much era suo ospite a Locksley, Will e Djaq ormai vivevano a Knighton nella loro nuova casa, Meg aveva preso la gestione della casa del padre e solo Little John aveva preferito continuare a vivere nel loro vecchio campo, da solo.
La vita a Sherwood insieme ai suoi compagni sembrava appartenere a un'altra epoca e allo stesso tempo era incredibilmente vicina. Robin aveva la sensazione che da un momento all'altro gli altri fuorilegge sarebbero spuntati tra gli alberi e sarebbero partiti tutti insieme per una delle loro scorribande ai danni di Vaisey.
Represse un sospiro: quel periodo era finito per sempre e avrebbe dovuto esserne felice perché ciò significava che ormai le cose andavano meglio, ma dentro di sé sapeva che una parte di lui ne avrebbe sempre sentito la mancanza.
- Dovremmo quasi esserci. - Disse Archer, distogliendolo dai suoi pensieri. - Credo che quelle siano le tracce dei cavalli dei feriti. Guarda come sono distanziati i segni degli zoccoli, stavano sicuramente correndo al galoppo.
Robin annuì e impugnò l'arco.
Lui e Archer si inoltrarono cautamente tra gli alberi, seguendo a ritroso le impronte nel fango ed entrambi tirarono le redini nello stesso momento: i due cavalieri feriti giunti al castello non erano le uniche vittime dell'agguato.
Ai lati del sentiero giacevano almeno altri cinque o sei corpi e anche tre cavalli erano stesi a terra, morti. Un altro nitriva debolmente, con le zampe spezzate, una freccia nel fianco e gli occhi folli di terrore.
Archer scese da cavallo e si chinò sull'animale per mettere fine alle sue sofferenze, sgozzandolo col proprio pugnale, poi si accorse che l'uomo che lo aveva cavalcato era ancora in sella, schiacciato dal peso dell'animale.
Si chinò su di lui mentre Robin controllava gli altri corpi e lo toccò. Il cavaliere aprì gli occhi di scatto e iniziò a gridare di dolore e di paura.
Archer tentò di rassicurarlo, ma l'uomo era troppo terrorizzato per ascoltare le sue parole e continuò a gridare, cercando debolmente di allontanarsi da lui, ma era ferito, sofferente e intrappolato dal cavallo morto perché potesse riuscire a muoversi. Anche Robin si avvicinò al cavaliere, angosciato nel vedere tanto dolore e si chiese cosa avrebbe potuto fare per aiutarlo. Poco dopo, misericordiosamente, il ferito perse i sensi e sia Archer che Robin si guardarono, sollevati nel non sentire più quelle grida strazianti.
- Preparate una barella. - Ordinò Archer ai soldati. - Tu, galoppa fino al villaggio più vicino e fatti prestare un carro per trasportarlo, anzi, voi due, andate con lui e prendete due carri, non possiamo lasciare qui i morti.
Robin staccò una freccia dal cadavere del cavallo e la guardò.
- Guarda, non è una delle mie, ma ci somiglia. Qualcuno sta veramente cercando di darmi la colpa per questo massacro.
   
 
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