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Autore: Slytherin_Eve    06/01/2016    3 recensioni
PRE CIVIL WAR
Steve Rogers prende il comando dei nuovi Avengers. L'Hydra si sta ricomponendo sotto la guida di nuovi, misteriosi individui. Rumlow è tornato, e con lui anche James Barnes. Elle Selvig, figlia del famoso astrofisico, si ritrova implicata in una storia più grande di lei quando accetta un lavoro come consulente presso la nuova base Avengers, spinta anche dalla sua amicizia con Natasha Romanoff. Ma non è detto che i guai ti trovino sempre per primi.
"Non tutto andrà come deve andare, ma certe cose seguono esattamente il filo nefasto del destino."
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Ciao a tutti! E' Eve che vi parla.
Questo capitolo, beh, lo capirete dal titolo. Godetevelo, è bello lungo - 22 pagine di Word! Perchè la settimana prossima non potrò aggiornare.
Vi lascio alla fine con i commenti, così non spoilero niente.
Questo capitolo è dedicato alla gloriosa Giulietta Becaccina, perchè ha indovinato l'arcano del capitolo di Natale e, inoltre, ha inventato lei gli Stelle. Cioè, voglio sentire le ovazioni! Visto che io, come la cara Delta, con i nomi delle Ship sono negata.
Anche questo capitolo non è stato - purtroppo - Betato. E, come sempre, ci sono degli errori di battitura. È quasi certamente almeno un congiuntivo è sbagliato - l'ho visto con i miei occhi! D: . Domani in giornata correggo i particolari.p, scusatemi ancora. Buona Lettura!
Eve


Atto 18: Stelle


If there is a light, You can always see;
And there is a world, We can always be.
If there is a dark, That we shouldn't doubt;

And there is a light, Don't let it go out.”

U2


Gennaio 2016


Selvig, di qui!

La voce familiare la fece voltare istintivamente verso il lungo corridoio scuro, le vecchie porte in lamiera divelte dai loro cardini arrugginiti, e dei rigoli di muffa scura che colavano lungo le pareti umide.

Corse verso la voce familiare, anche se ancora non riusciva ad associare un volto a quel tono basso e rilassato. Sentiva che qualcosa non andava, lo sentiva nell'eco scuro dell'edificio, nel clima ovattato che la circondava completamente, quasi fosse immersa in una sostanza gelatinosa che la separava dalla realtà.

Seguì la voce conosciuta, un rigolo di sudore freddo che le colava lungo la schiena. Portava la divisa mimetica del S.A.S., e teneva fra le mani un pesante fucile da assalto. Alzò la canna del fucile, dirigendosi verso la poca luce che entrava fiocamente dall'ultima porta aperta, dietro lo svincolo di quel corridoio che le sembrava eterno. Restò sulla porta un secondo, prima di entrare con passi leggeri nella stanza, l'arma levata davanti al viso. Non sentiva i suoi poteri scorrere dentro di lei, non sentiva nulla nella sua testa a parte il palpitare del suo cuore. Entrò guardandosi attorno, per poi dirigersi verso uno scheletro rosso ed oro a terra. Mollò il fucile a terra, un urlo ghiacciato nella gola, quando vide gli occhi castani di Tony Stark spalancati, senza vita, senza nemmeno una scintilla di quella sagacia che aveva imparato a sopportare nel corso dei loro, sempre più frequenti, incontri.

Si gettò a terra, sulle ginocchia, premendo le mani sul grosso foro al centro del petto dell'uomo, cercando di impedire al sangue scarlatto di fluire fuori dal corpo martoriato.

Stark!” Gli diede un leggero colpo al viso, sperando di vedere un guizzo in quegli occhi vitrei, un cenno verso il suo viso contratto in un'espressione terrorizzata. Ritornò a fare pressione contro il suo petto, con entrambe le mani, anche se nella sua mente si stava facendo largo la realtà. L'uomo davanti a lei era morto.

Ho dovuto.” La voce familiare la fece voltare, mentre lei istintivamente si portava le mani ai capelli, imbrattandosi la fronte di sangue, le dita fra i capelli in un gesto disperato. Qualcosa colpì il terreno vicino a lei, rimbalzando quasi comicamente fra la polvere di quello stanzone in rovina. Elle istintivamente seguì il piccolo oggetto metallico con lo sguardo, riconoscendo il piccolo reattore dell'armatura di Iron Man.

Stark non era più collegato al reattore quando era solo Tony, ma lo era quando era Iron Man.

Il cerchio insanguinato non dava segni di vita, nemmeno un breve lampeggiare che potesse darle speranza. Si voltò verso l'uomo che avanzava verso di lei, senza espressione.

Cosa hai fatto, James?


~


Si svegliò ricoperta di sudore, senza riconoscere per un secondo la stanza di Natasha a casa di River e della signora West. Si alzò di scatto, guardandosi le mani con aria sconvolta, incredula di non trovarle luride di sangue sopra la grossa coperta patchwork, probabilmente regalo di Laura alla partner del marito. Respirò profondamente, le mani che andavano istintivamente a intrecciarsi nei capelli chiari.

Elle, tutto ok?” Natasha aprì un occhio, la voce impastata e River addormentata contro il suo petto. Elle annuì appena, prendendo ampie boccate d'aria. “Un incubo.” Nat annuì.

Meglio o peggio dell'ultima settimana?” Chiese sarcasticamente, passando una mano sui riccioli della bambina che le solleticavano il naso. Elle si strinse nelle spalle, sdraiandosi di nuovo con il volto rivolto verso l'amica. “Domani dobbiamo proprio andarci al meeting?” Chiese stancamente. La russa annuì.

Non possiamo mancare. Stanno parlando del nostro futuro.” Sussurrò, gli occhi verdi che la guardavano senza timore, viso a viso. Elle si passò una mano sul volto. “Chi ce l'ha fatto fare, Nat...” Commentò piano. La rossa sospirò, un leggero sorriso sulle labbra. “Sarà la millesima volta che facciamo questo discorso. Sai bene perché lo facciamo.” Si strinse meglio contro la bambina, coprendole con una mano l'orecchio. “Ricordi quando sono tornata da quella missione in Medio Oriente e mi hai spazzolato i capelli per tre ore finché non mi sono calmata?” Chiese piano Nat, le belle labbra carnose strette in un'espressione discreta. Elle annuì appena.

Avrei dovuto fare lo stesso, prima di arrivare in Wakanda, e quando eravamo li. Non ho rispettato il nostro patto.” Sussurrò appena, abbassando lo sguardo.

Elle le sorrise. “Siamo adulte, e tu eri spaventata. Non devi sentirti in colpa.”

Tu mi hai sempre fatto da cuscino, in tutte le cadute più rovinose.” Esalò appena la rossa. “Sei una delle poche persone delle quali mi fido... Anche se so che non mi stai dicendo tutto, riguardo a quanto è successo in Wakanda.”

La Svedese sospirò appena. “Nat...”

La rossa la interruppe con uno sguardo. “Maria probabilmente sa. Lei ti affiderebbe anche la sua stessa vita... Ma qui c'è qualcosa di più importante di noi, in ballo.”

Indicò con il mento la bambina, sempre coprendole l'orecchio. “Cerca di ragionare con la testa, Elle. Stai coprendo un criminale.”

Elle rimase in silenzio, guardandola senza espressione, la coperta che la copriva fino al mento. Passò una mano sui capelli della bambina, evitando lo sguardo diretto dell'amica.

Lo troverò.” Commentò Nat. “E forse prima riuscirò a salvarti. Ma, ti prego, ragiona.” La voce dell'amica era diventata un sussurro quasi inudibile. “Quando sono tornata da quella missione in Medio Oriente, era stato il Soldato d'Inverno a spararmi.” Elle alzò lo sguardo, annuendo all'amica. “Lo so.”

River alzò una mano, prendendo quella della donna e tenendole due dita strette nel piccolo palmo. “Spero solo che tu sia sicura di quello che stai facendo.”

Elle e Nat rimasero a fissarsi ancora qualche secondo, scambiandosi un tacito abbraccio. Elle sospirò. “So quello che sto facendo quasi quanto te. E non ti impedirò di fare il tuo lavoro, se pensi che sia la cosa giusta. Ma...” Si strinse nelle spalle, accarezzando con le dita la mano della bambina. “...Perdonami se non posso essere d'accordo.” Rialzò lo sguardo in quello verde smeraldo della russa. “In ogni caso, ti voglio bene. Per quello che vale.”

Nat annuì, sorridendo appena, mentre si rilassava contro il materasso. Elle la guardò scivolare in un sonno esausto, profondo e senza sogni, per poi spostare lo sguardo sul soffitto bagnato dalle luci della strada. Rabbrividì nella coperta, il sogno dal quale si era da poco destata che riprendeva il controllo della sua immaginazione. Si passò una mano sul viso, sperando di riuscire ad addormentarsi prima del suono della sveglia, che le avrebbe riportate ai due lati del tavolo delle trattative.


~


Steve si sentiva un animale in gabbia, passeggiando nervosamente avanti ed indietro nella stanza, lungo la parete d'ingresso; e ripiegando continuamente le maniche della giacca marrone scuro e riabbassandole a pochi passi di distanza. Cercava di sincronizzare il suo respiro con la camminata, ignorando lo sguardo perplesso di Samuel che, seduto su una delle sedie in pelle, il gomito comodamente appoggiato al bracciolo e la testa inclinata di lato, lo guardava rassegnato.

Va bene che la situazione è difficile...” Commentò sospirando. “Ma non abbiamo ancora bisogno di scavare una trincea ai lati del tavolo. A meno che tu non tema il lancio di una ventiquattr'ore.”

Steve si fermò di colpo, incrociando le braccia. “Quando arrivano gli altri?”

Samuel guardò uno dei fogli sul tavolo con sguardo assente. “Elle e Nat dovrebbero arrivare a momenti. Oggi sono le uniche convocate, come tutti gli altri giorni.” Scosse il capo. “E' assurdo che non vogliano Wanda. O Visione.”

Ritengono la signorina Maximoff troppo imprevedibile.” Commentò una voce acuta, mentre i due uomini entravano nella stanza. Steve sorrise fra sé e sé, voltandosi verso la nuova arrivata. “Cosa ti porta da queste parti, Sharon?” Chiese cordialmente. Lei non riuscì a trattenere un sorriso. “Fury ha pensato che aveste bisogno di una mano. Qualcuno di obiettivo.”

Natasha entrò, guardandola perplessa, dopo aver sentito tutto il discorso. “Obiettiva, eh?” Commentò sarcasticamente, osservando da oltre il bavero della giacca di pelle lo sguardo perso che la bionda lanciava all'amico. Steve la ignorò.

Buongiorno, Nat. E' stata una buona idea tornare a casa, stanotte?” Chiese, avvicinandosi all'amica. Samuel si sporse verso i due, facendo scorrere la sedia lontano dal tavolo. “Vuole sapere se Elle è arrivata con te.” Commentò in un ghigno. Si sporse verso Sharon, che aveva osservato lo scambio con sguardo perso. “Samuel Wilson, comunque.” Commentò, dandogli la mano. La donna la strinse, sorridendogli. “Sharon Carter.” Samuel annuì. “Immaginavo. La tua fama ti precede, Sharon.” La donna arrossì leggermente, sistemandosi i capelli lisci dietro l'orecchio. Tornò a guardare Steve, che guardava l'amico con una mezza smorfia esasperata sulle labbra.

Allora, a chi pestiamo i piedi, oggi?!” Chiese una voce tranquilla. Tutti si voltarono verso l'ingresso, dove Elle stava entrando con un grosso scatolone di cartone fra le braccia sottili, avvolte in una camicia azzurra. Steve in due passi fu accanto a lei, prendendole lo scatolone dalle mani con un sorriso. Elle ricambiò appena, la pelle del viso che diventava leggermente rosata. “Dove lo appoggio?” Chiese Steve. Nat e Samuel si guardarono divertiti, mentre Sharon si mordeva un labbro, le sopracciglia contratte.

Non so, qual'è il lato oscuro oggi?” Chiese la svedese, indicando il tavolo. Steve fece una mezza risata, lo scatolone comodamente appoggiato fra il braccio ed il fianco. “Anche se ancora non abbiamo visto Star Wars, ho colto la citazione.”

Elle si sfregò le mani arrossate dal freddo fra loro, scoppiando a ridere. I due girarono attorno al tavolo. “Steve Rogers: nonostante il disgelo, riesce ad aspettare che facciano un settimo capitolo della saga prima di recuperare gli altri sei. Hai ancora quel taccuino?” Si misero all'altro lato del tavolo rispetto a Nat e Samuel.

Steve annuì alla ragazza, mentre Natasha si schiariva la voce, divertita. “Ragazzi...”

Elle e Steve si voltarono in contemporanea, lui con il taccuino a mezz'aria e lei che stava per afferrarlo. Elle si accorse della figura alta e longilinea che la fissava con aria agghiacciata.

Tu devi essere la famosa Selvig.” Esclamò con tono rassegnato la donna. Elle annuì, sporgendosi lungo il tavolo verso di lei. L'altra fece lo stesso,porgendole la mano. “Sharon Carter.”

Entrambe si strinsero vigorosamente le mani, Elle con una minuscola ruga di preoccupazione in mezzo alle sopracciglia definite. Annuì appena, aspettando che l'altra mollasse per prima la presa ed allontanandosi dal tavolo.
“Parente di quella, Carter?” Chiese, indicando Steve con un dito. L'uomo rimase impalato, cercando con lo sguardo Nat o Samuel. I due si guardavano, sogghignando. Mancavano solo i popcorn.

Si, lei è la nipote di Peggy.” Rispose piano Steve, grattandosi un punto indefinito sul collo con la mano libera. Elle si voltò sorridendo verso una Sharon immobile, a metà fra il confuso ed il terrorizzato. “E' un onore conoscerti! Sarà veramente utile averti qui con noi!” Esclamò entusiasta, indicandola con entrambe le mani.

Sharon cercò lo sguardo di Steve, confusa. L'uomo mise una mano sulla spalla della svedese, facendola voltare verso di lui. Le mise in mano il taccuino di pelle liso. “Almeno qualcuno sembra di buon umore prima di questa ennesima giornata passata seduti a discutere del nulla.” Commentò Natasha, incredula, cadendo a peso morto su una sedia accanto a Samuel.

Elle si appoggiò sul tavolo con la piccola agenda fra le mani, Steve puntellato con una mano sul tavolo accanto a lei che alternava sguardi tra l'agenda e il volto della donna. Elle indicò un paio di voci, ridendo con una mano davanti alle labbra.

Sharon si sedette in silenzio accanto a Natasha, lo sguardo perso contro i due che confabulavano poco lontano. “Da quanto va avanti?” Chiese in un sospiro. Nat le appoggiò una mano alla spalla, sorridendo rassegnata. “Non è ancora cominciata, in realtà.

~



L'ennesima mattinata passata a discutere il nulla.

Steve non aveva mai capito la politica. L'unico momento interessante era quando Elle aveva esposto le loro cartelle di idoneità al servizio, quelle che aveva compilato al suo arrivo nel quartier generale. Non c'erano parole di particolare stima nei suoi confronti, e questo aveva fatto involontariamente sorridere entrambi, ma veniva giudicato una persona ragionevole ed attenta, del tutto valida a guidare la squadra. Aveva anche esposto una serie di test di intelligenza e di personalità, cercando di inculcare in quelle teste affamate di potere che i suoi compagni erano del tutto in grado di gestire il problema mutanti.

Soltanto un certo Senatore Johnson aveva messo in dubbio la validità di quei test, in quanto la stessa relatrice era una mutante, ed Elle aveva preso una ampio respiro prima di rispondergli. “...Anche il suo medico è un essere umano. Mette per questo in dubbio il suo parere?” Steve aveva cercato di nascondere un sorriso a quell'affermazione. Quando era stata risentita ancora sul caso Barnes, Elle aveva dato le stesse risposte che le cinque volte precedenti: James Barnes andava curato. E non sarebbe pericoloso, finché l'Hydra non lo avesse ritrovato.

Aveva notato, come le altre cinque volte, uno stano movimento delle mani, un minimo segnale di incertezza che soltanto lui, e Natasha che lo fissava dall'altra parte del tavolo con sguardo torvo, sembravano aver colto.

Si era segnato di chiedere spiegazioni ad entrambe il prima possibile, ma sul momento aveva istintivamente appoggiato una mano sul ginocchio dell'amica, quando questa si era seduta, stremata da quell'interrogatorio serrato. Elle gli aveva sorriso appena, il tavolo davanti a lei ingombro di carte e cartelle.

Appena avevano dichiarato quella seduta conclusa, quando Elle aveva raccolto tutto e si era volatilizzata in una macchia azzurra e bianca. Anche Sharon era sparita in fretta, affermando di dover tornare in città. Lo aveva guardato per un paio di secondi, prima di salutarlo con un cenno del capo.

Allora, Capitano...” Samuel lo affiancò, mentre si dirigevano pigramente verso la mensa. “Pensi di deciderti o no?”

Steve alzò lo sguardo sull'amico, le sopracciglia arcuate. “Cosa?”

Le chiedi di uscire o no?” Esclamò esasperato. Steve scosse il capo. “Non mi sembra il momento adatto per parlare di questioni amorose. “

Samuel sbuffò infastidito. Natasha si avvicinò ai due. “Non eri tu quello che 'Bisogna cogliere il momento!'” Lo scimmiottò divertita. Steve si voltò a guardarla male. “Direi che abbiamo fin troppe cose a cui pensare, ora. Non c'è bisogno di aggiungere altro carico, né ad Elle né a me.” Commentò piano, guardandosi attorno. Natasha fece per ribattere, ma lui la zittì alzando una mano davanti ai due. “Non vuol dire che non lo farò mai. Ci sono ancora delle cose da sistemare, prima.”

Natasha alzò gli occhi al cielo. “Ci saranno sempre cose da sistemare. O hai paura di essere rifiutato?”

Impossibile.” Esclamò Samuel, sarcastico. Steve si voltò di nuovo verso Nat, senza dire nulla. La rossa sospirò. “Ho capito, ci vuole uno dei miei interventi.”

I due uomini la presero per le braccia in contemporanea. “Non ci provare nemmeno, Nat!” Esclamò Steve, mentre i tre scoppiavano a ridere.

Entrarono nella mensa ridendo fra loro, mentre tutti i pochi impiegati rimati si voltavano a guardarli sorpresi. Elle stava in un angolo, ala fine di un lungo tavolo quasi completamente vuoto, insieme con Wanda. Stavano chiacchierando tranquillamente, ma si vedeva che si erano messe in quella posizione lontana da tutti a causa degli sguardi spaventati che venivano lanciati loro. Samuel sospirò, mentre i tre si dirigevano in quella direzione.


-


E lui dov'è, ora?” Chiese Elle, passando la forchetta sopra allo sformato di patate che veniva servito quel giorno. Wanda, il mento appoggiato alla mano, sorrise raggiante. “Ha detto che doveva andare da Stark. Per aiutarlo a finire il progetto per la tua divisa.”

Ah, la divisa.” Si ricordò Elle, guardando ancora più svogliatamente il piatto. “Stark mi farà una cosa da pornodiva, ne sono sicura.” Wanda rise. “Per quello è andato Visione. Ha il disegno che gli hai fatto fare, verrà esattamente come la vuoi.”

Elle fece un gesto vago con la mano. “Ma non stavamo parlando di me! Sei tu quella che ha avuto un Natale notevole.” Wanda arrossì. “E delle vacanze altrettanto interessanti.”

Sono solo un paio di baci! Per fortuna quel pomeriggio ho parlato con Steve, altrimenti non mi sarei mai decisa.”

Steve?” Elle era stata presa in contropiede. “Steve Rogers? Il nostro Steve?”

Wanda annuì. “Mi ha fatto tutto un discorso sul fatto che dovevo pensarci.” Commentò piano. “Anche se, a quanto vedo, anche lui potrebbe darsi una svegliata.”

Elle la guardo sconvolta, mentre da dietro arrivavano gli altri tre compagni di merende. Nat si scostò i capelli vermigli dietro la testa con un gesto stizzito, mentre prendeva posto accanto all'amica. Samuel guardò Wanda, mulinando le sopracciglia. “Ciao, Giulietta.” Commentò galante. La Sokoviana quasi non si strozzò con il boccone che stava masticando. Steve le diede un paio di colpi sulla schiena, guardando seriamente Samuel. “Lasciala stare almeno per un poco, Sam.” Commentò esasperato. Natasha indicò il biondo con il dito. “Solo perché hai paura di essere il prossimo?”

Steve la guardo sconsolato, mentre Elle faceva finta di nulla, lo sguardo fisso sul contenuto del suo piatto. “Piuttosto, se non andasse avanti con gli Avengers, potresti mandare il curriculum per lavorare nella mensa.” Commentò la bionda. “Qualsiasi cosa sarebbe meglio di questa poltiglia.” Steve sogghignò, guardandosi intorno.

A questo proposito, questo pomeriggio vado in città...” Proseguì Elle. “...A qualcuno serve un passaggio?”

Dove vai?” Chiese subito Rogers. Elle finì di masticare, con il tovagliolo di carta davanti alla bocca. “Stark Tower.” Commentò senza specificare.

Per l'uniforme?” Chiese ancora Steve. Elle annuì, versandosi un bicchiere d'acqua. “Vengo con te, ho bisogno di parlare direttamente con Stark.” Elle annuì pensierosa. “Basta che non sia mentre mi minaccia con un ago.”

Wanda si alzò, sorridendo. “No, grazie, penso che non uscirò oggi. Ho un allenamento con Nat alle tre.” Commentò, mentre la rossa annuiva. Samuel si strinse nelle spalle. “Vengo ad assistere!” Esclamò divertito. “Ovviamente, faccio il tifo per Wanda.” Anche Natasha e Samuel si alzarono, in tempo perché la russa gli tirasse un colpo al braccio. I tre si allontanarono, mentre Elle ancora stava finendo di mangiare. Steve si spostò di fronte a lei, appoggiandosi con i gomiti al tavolo.

Ricordi i bei vecchi tempi? Quando cenavamo assieme parlando delle nostre famiglie e degli amici.” Chiese lui, rilassandosi. “Passavamo le ore a parlare di sciocchezze.”

Elle sollevò la forchetta davanti al viso. “Non erano sciocchezze. Era la nostra vita.”

Steve le sorrise, annuendo. “C'è una cosa che volevo chiederti.”

La svedese lo guardò, curiosa, ed annuì. Lui prese un respiro, guardandosi attorno. Si sporse verso di lei, gli occhi blu che saettavano sul suo viso alla ricerca di indizi. Elle rimase immobile, gli occhi chiari che scrutavano i suoi con curiosità.

Davvero, quel giorno a Lagos, non hai visto Barnes?”


~


Elle emise un sospiro strozzato all'ennesima punzecchiatura di ago.

Era rimasta un'ora nel SUV con Steve, in silenzio religioso. Nessuno dei due aveva aperto più bocca da quando l'uomo le aveva posto la domanda. Silenzio per la strada. Silenzio nell'ascensore. Silenzio quando Stark si era assentato un attimo per rispondere al telefono.

La donna stava in piedi, al centro del laboratorio di Stark, a guardare il vento di gennaio, fuori dalla grande vetrata, spazzare impetuoso i tetti di New York. La luce al neon illuminava in modo freddo la stanza, ed evidentemente non permetteva a Stark di vedere chiaramente cosa stava facendo. Il risultato era che l'uomo sghignazzava, continuando a pungerla con il grosso ago con il quale stava imbastendo i pezzi di pelle morbida della sua nuova divisa. Nemmeno lui sembrava in vena di chiacchiere come di solito. C'era uno strano clima di pesantezza, spezzato solo all'ennesima puntura, emise un sibilo infastidito.

Steve, a braccia conserte vicino alla parete interna, sospirò.

"Potresti evitare di pungerla?" sputò fra i denti, scocciato. "Ci serve intera."

"Tranquillo, Capitano..." Stark sogghignò "...non te la sciupo troppo."

Stark fiutava certe cose da una distanza inimmaginabile, ed il fatto che Rogers stesse impalato a due metri da lui a guardarlo fare lavori di sartoria da almeno un'ora e mezza era un indizio troppo succoso per non prenderlo un po' in giro.

"Allora, Elle." La ragazza mugugnò. “Pensavo che sarebbe carino fare una bella rimpatriata qui alla torre. Sai, per festeggiare degnamente la tua entrata negli Avengers." La ragazza bionda alzò gli occhi al cielo. "Arriva al punto, Stark."

"Vorrei che tu venissi ancora alla Stark Tower. Per analizzarti." Sputò senza troppi giri di parole Stark, alzando appena lo sguardo dal lavoro che stava facendo. "Ovviamente niente sezionamenti, il nostro bio-organista di fiducia ha deciso di prendersi una meritata vacanza..." Steve strinse ancora di più le braccia al petto, lo sguardo serio che saettava fra i due. Elle sospirò.

Ce ne vuole di fegato, perché tu decida di sezionarmi da viva. Me lo aspetterei solo da te.”

Si era aspettata una domanda del genere da Stark, nel momento stesso in cui era entrata in quel laboratorio. La situazione fra i due uomini era tesa, ma allo stesso tempo Elle immaginava che di Stark ancora ci si potesse fidare.

Le venne in mente il sogno della notte prima, facendola rabbrividire. Lo sguardo andò subito al miliardario, che la guadava dal basso con espressione divertita.

Sono convinto che a Banner saresti piaciuta molto. Hai un caratterino.” Commentò l'uomo, prima di mettersi l'ago fra le labbra. Strinse fra le dita i due lembi che si univano sulla coscia, riprendendolo fra le dita.

"Per questo Nat ti gira al largo." Esclamò Elle, il momento di empatia verso Stark che si era già dissolto. "Perché parlo di Banner?"

"Perché giri il coltello nella piaga. Non sono tutti felici come te e Pepper." Steve precedette la ragazza, esasperato. Stark si strinse nelle spalle, ricominciando a cucire. "Beh, pensavo che si sarebbe consolata con questo bel fusto dietro di me..." Indicò con il pollice Rogers, alle sue spalle.

Elle rimase immobile, rigida come un manichino, fissando fuori dalla finestra.

Steve e Natasha? Sul serio?

Steve alzò gli occhi al cielo. "Io e Natasha siamo ottimi amici." si avvicinò ai due, fissando Elle con sguardo deciso. "Siamo solo ottimi amici."

Stark fischiò. "Lei mi ha raccontato di averti baciato, sai, quando hanno sparato a Fury."

Elle rimase pietrificata. Si ricordava i racconti dei tre, Steve Nat e Samuel, che combattevano insieme contro l'Hydra e il suo leader, Pierce.

Aveva apprezzato quei racconti, ovviamente, ma in quel momento avrebbe voluto solo scendere da quello sgabello e colpire entrambi gli uomini davanti a lei con un paio di pugni ben assestati. E poi andare a chiedere spiegazioni all'amica.

"Era per sviare gli agenti dell'Hydra che ci stavano pedinando." Steve guardò con astio Stark, che sogghignava sotto i baffetti. “Immagino lo sforzo mentale per riuscire a sopportare quell'onere.”

Steve sospirò esasperato, mentre Elle incrociava le braccia e fissava fuori dal vetro, in silenzio. “Abbiamo quasi finito. Poi, dovrò darti una mano a levarla. Giusto perché tu non faccia saltare i punti dell'imbastitura.”

Steve si schiarì la voce. “Non può aiutarla qualcun altro?”

Tipo tu?” Stark sogghignò, mettendo l'ultimo punto. Elle scese, facendo qualche passo avvolta da quella pelle scura. Si diresse verso la stanza dove aveva lasciato i suoi vestiti, seguita da Stark. Steve sospirò, appoggiandosi ad un tavolo da lavoro ingombro di attrezzi. Sarebbe stato un pomeriggio lungo.

Elle uscì in canottiera e jeans, i capelli che le cadevano su una spalla e lo sguardo contratto dal nervosismo. Non si avvicinò nemmeno, lanciando il borsone a terra vicino alla porta ed estraendo il cellulare dalla tasca posteriore.

Selvig, Selvig, Selvig... Torna domani, e lavoreremo a quello del quale abbiamo parlato.” Esclamò Stark, mulinando le sopracciglia. Elle sbuffò, senza staccare gli occhi dallo schermo dell'iPhone. “Magari potremmo raccontarci cose interessanti. Un segreto in cambio di un segreto, sai...”

Rogers lo fulminò con lo sguardo, mentre Elle ricominciava a battere sulla tastiera senza degnarlo di un'occhiata.

"Nonostante i miei poteri, del quale sei al corrente da forse un mese, non sono abituata a farmi gli affari degli altri. Devo supporre che la tua vita sia così monotona da dover parlare delle mie scarse avventure amorose?"

Steve ridacchiò. “Colpito!” Stark sogghignò.

"Beh, se ti interessano veramente gli aneddoti della mia vita privata, posso raccontartene giusto uno accaduto due notti fa quando io e Pepper siamo riusciti a vederci dopo una sua riunione in Francia. Sono volato fino al suo albergo e..."

"Stark, ti prego!" borbottò Steve, allontanandosi con le braccia dal tavolo da lavoro con espressione schifata. Stark guardò eloquentemente Elle, che, anche se era ancora abbastanza furiosa, non poté trattenersi dal ridacchiare.

Quando salirono nell'auto, per tornare a casa, Elle si voltò verso Steve, che stava inserendo la cintura di sicurezza. Mise la prima, guardandolo. “So che non ci conosciamo molto. E che non sono sempre stata una chiara, con te. Ma, per quanto riguarda Barnes, devi fidarti di me.” La bionda scosse il capo, cercando di comunicargli con lo sguardo tutta la sicurezza che poteva. Rogers rimase a fissarla per un secondo. Elle prese un ampio respiro. “Fidati di me. E' al sicuro.”

Steve rimase immobile, mentre Elle non riusciva a sostenere il suo sguardo, picchiettando nervosamente con le dita sul volante. Steve sorrise appena.

Ok.”

Elle si voltò a guardarlo, torturandosi il labbro inferiore. “Ok cosa?”

Ok, mi fido di te.”

La svedese sorrise appena, uscendo dal parcheggio e imboccando la strada principale. Steve rimase appoggiato a guardare fuori dal finestrino, sorridendo fra sé e sé.


~



Natasha uscì dalla doccia in una nuvola di vapore, infilandosi un accappatoio verde scuro e frizionandosi con decisione i capelli. Dopo una giornata di allenamenti, era pronta a mettersi dei vestiti comodi per scendere alla mensa, e passare la serata a letto a fare zapping.

Vide una figura scura seduta sulla sua poltrona, nella penombra della stanza, e quasi non sobbalzò prima di riconoscere il profilo familiare di Steve.

"Rogers, che ci fai nella mia stanza a quest'ora?"

"Stark oggi ne ha combinata una delle sue.” Lei alzò gli occhi al cielo, mentre l'altro si appoggiava esasperato allo schienale della poltrona. “Elle tornerà domani mattina da lui, e non oso pensare a cosa ha in mente."

Natasha si sedette sul letto, mettendosi le mani sul viso. "Che ha fatto? O peggio..." Osservò con attenzione l'espressione di Rogers, dopo essersi chinata ad accendere la luce del comodino.

"Ha detto ad Elle che io e te ci siamo baciati." Natasha emise un sospiro esasperato. “Stark è sempre Stark.”Gli posò una mano sul ginocchio, incerta se mettersi a ridere o a piangere.

"Devi cercarla e parlargli. Sarà a rimuginare chissà dove.”Steve ridacchiò. “Sul tetto, presumo. Anche se, vedendo la sua espressione, pensavo sarebbe corsa da te.”

Magari è andata da Maria?” Chiese la rossa, scostandosi i capelli dal viso. Steve negò. “Maria torna domani, aveva due giorni di permesso.”

Furono distratti da alcuni colpi alla porta. “Nat! Mi hanno detto che sei in camera, posso entrare?”

Natasha guardò Steve con un sorriso enigmatico, mentre si alzava per andare ad aprire all'amica. Le due avanzarono nella stanza, mentre Natasha rifaceva il nodo dell'accappatoio, preparandosi velocemente un discorso mentale. Elle si sedette sul letto, come se fosse la sua stanza. Non sembrava arrabbiata, solo pensierosa.

"Sono stata da Stark, oggi..." Cominciò la svedese, con tono piatto.

Natasha si girò, volendo invitare Steve nella conversazione. Ma l'uomo era sparito.

Scrutò il pavimento, incredula, cercando nel contempo di non farsi notare dall'amica. Un angolo dello scendiletto era piegato, vicino al suo comodino. Natasha alzò gli occhi al cielo.

"Lo so che Stark è una spina nel fianco..." Commentò Elle, interpretando il suo gesto. A Natasha veniva da ridere, ma si trattenne con una smorfia. L'amica si sdraiò, appoggiandosi con i gomiti al materasso.

"Mi ha raccontato delle cose..." Natasha sentì muoversi Rogers sotto il letto e dondolò il piede per tirargli un calcio. Ma poi, come faceva Captain America a nascondersi in così poco spazio? Avrebbe voluto stendersi a terra per vedere quello spettacolo di persona.

"Mi ha detto che tu e Rogers... A dire il vero, non ho capito bene." commentò Elle, voltando il busto verso di lei. "Più o meno quando spararono a Fury, non avevo più tua notizie... Ricordo che Maria mi parlò di una messinscena..."

"Perché non hai semplicemente letto nella sua mente?" Natasha si spostò i capelli dietro l'orecchio, scrutandola. "Potevi vedere direttamente dalla mente di Steve cosa era successo. Senza arrovellarti per, quanto? Un'ora?" Guardò l'amica con un sorriso divertito.

Elle scosse la testa. "Non ho mai letto nella mente di Rogers e non comincerò ora."

Natasha poteva giurare di aver sentito il sollievo di Rogers pizzicarle i piedi nudi. Si strinse meglio nell'accappatoio, pettinandosi i capelli con le dita.

"Non usi mai i tuoi poteri qui dentro?" Elle fece di no con la testa, chiudendo gli occhi.

"Ogni tanto vi cerco, ma non ascolto mai cosa state pensando... Di solito di notte, quando mi sento sola... Per sapere se state bene."

Natasha si sdraiò accanto all'amica. "Lo fai anche con Rogers?"

Elle arrossì leggermente, rilassandosi nel tepore delle confidenze. "Soprattutto, con Rogers."

Natasha sorrise dolcemente. “Sono così contenta per te.” Elle si strinse nelle spalle, voltandosi a guardare il soffitto. “Chissà.”

"Allora non c'è nulla che devo sapere su..." Chiese conferma la svedese.

Assolutamente no!” Natasha alzò gli occhi al cielo. “Non penso che ci possa essere una persona meno adatta a me in quel senso di Rogers!”

Elle le lanciò un'occhiata poco convinta, alzandosi. "Scusa, non ti eri nemmeno cambiata..."

"Come se tu non mi avessi mai visto con o senza accappatoio!" Rise la rossa. Elle annuì.

"Tipo dopo Nuova Dehli..." Le due evidentemente si capirono, perché scoppiarono a ridere, guardandosi. Natasha la indicò con entrambe le braccia. "Eri a pezzi! Sei rimasta nella vasca da bagno per tre ore, ho dovuto cambiarti l'acqua per scaldarti almeno sei volte!" Elle la seguì nella risata, avviandosi verso la porta. “Allora ci vediamo dopo, Nat.”

Uscì senza fare quasi nessun rumore. Nat crollò sul letto, emettendo un respiro strozzato.

"Steve, puoi uscire." borbottò. "Abbiamo appena fregato una delle menti più potenti dell'universo."

L'uomo rotolò fuori dal suo nascondiglio, il viso arrossato per l'imbarazzo. “Da quando tu ti nascondi sotto i letti?” Chiese la rossa, squadrandolo. Steve si strinse nelle spalle. “Se devo essere sincero, non lo so...”


Quella sera, tutti videro Steve Rogers aggirarsi per la mensa comune con un sorriso simile ad una paresi facciale. Era sempre stato un uomo gentile, il tipico bravo ragazzo. Il nuovo secolo lo aveva un po' inquinato, facendogli imparare modi più burberi. Ma quella sera, Steve sembrava essere tornato agli anni quaranta.

Ormai, tutti al quartier generale avevano capito che polarizzare l'umore di Captain America riusciva soltanto ad una persona, una ragazzetta di ventisei anni dai capelli chiarissimi e dagli occhi quasi fosforescenti.

Elle Selvig però non si fece vedere, passando circa tre ore chiusa nell'ufficio di Maria con quest'ultima e Stark, cercando di sistemare il modello per la sua armatura.


~


Erano le tre del pomeriggio di una chiarissima giornata di Gennaio inoltrato. Una luce abbagliante entrava dalla vetrata, mentre tutti gli Avengers e Fury si trovavano nella grande sala al piano terra dell'edificio, la palestra dove si allenavano.

Doveva essere la presentazione di Elle, con armatura e tutto il resto, alla squadra.

Rogers stava avvolgendo le maniche della camicia blu scuro, sotto lo sguardo sornione di Samuel, alla quale la conversazione origliata il giorno prima era stata riferita con poche ore di ritardo. Steve aveva passato quasi un'ora, chiuso in camera con Natasha, a discuterne ed a chiederle consiglio.

Il pensiero di Elle Selvig e Natasha Romanoff che fanno il bagno insieme dopo una battaglia aveva perseguitato anche Samuel, che aveva suggerito di correre subito da Fury per investire in un paio di vasche da bagno per le ragazze.

In quel momento, Natasha e Wanda arrivarono insieme. Wanda si accostò a Visione, sussurrandogli qualcosa nell'orecchio. Samuel gli diede un colpo leggero sulla spalla, mentre Natasha si avvicinava.

"Sono quasi pronti... Stark ha fatto delle modifiche dell'ultimo secondo..." Fury, a braccia conserte, attendeva in silenzio. Rhodes si sfregò le mani, sorridendo a trentadue denti. Ogni lavoro del suo amico lo rendeva sempre entusiasta come un bambino.

Maria entrò nella stanza, il volto impassibile, le labbra leggermente sollevate in un sorriso. Si mise fra Fury e Steve, annuendo vigorosamente. "E' uno dei migliori lavori di Stark!"

Stark entrò nella stanza, fermandosi sulla porta. Guardò i presenti.

Premessa: sono sicuro che questo sarà uno dei miei lavori migliori. A meno che qualche creatura ultra dimensionale non venga a reclamare il copyright."

Si avvicinò alla porta, prendendo la mano di Elle, ed accompagnandola teatralmente verso il centro della sala.

Elle guardò i presenti, imbarazzata da tutte quelle attenzioni. Maria l'aveva aiutata ad intrecciarsi i capelli, che già dalle tempie si dividevano in tante elaborate trecce per poi sciogliersi nella coda di cavallo. Si grattò la testa, arrossendo un poco.

La tuta progettata da Stark seguiva l'immagine di quella che le aveva messo Vali durante la sua visita imprevista ad Alfheim. Era di pelle, blu scura con inserti neri sul ventre, sull'esterno delle braccia e sull'interno delle cosce. Aveva un pugnale fissato sopra al ginocchio destro e due fondine sotto le ascelle munite di due pistole beretta, come da abitudine per l'agente. Le maniche finivano sui polsi sottili, e poi portava dei guanti neri che finivano a mezzo dito, utili per chi impugnava molte armi, e che proteggevano le nocche. A differenza della tuta di Natasha, quella di Elle aveva un leggero colletto ed aveva la chiusura a zip sulla schiena. Sulla spalla sinistra, il simbolo con la A degli Avengers era argentato. Portava dei grossi anfibi neri, con un altro sottile pugnale infilato accanto al collo del piede.

"La cosa che preferisco, a parte la mia atletica modella-" cominciò Stark, avvicinandosi alla sua creazione sotto gli sguardi divertiti dei presenti "-è questo." Alzò la mano di Elle, la destra, facendo vedere a tutti il palmo. Sottili linee argentate scorrevano dai polsi, andando poi sotto alle nocche rinforzate dei guanti. Sul dito indice , correva un grosso anello d'acciaio, simile ad un'armatura e con la punta appuntita, ad artiglio. Stark le lasciò il braccio. "Elle, prego..." Indicò un grosso sasso, che probabilmente avevano portato dentro apposta per quella dimostrazione. Elle sorrise, indicandolo con il solo dito metallico, . Un fiotto di luce blu colpì il sasso, che si sgretolò in tanta polvere grigia, vorticando in maniera simile ad una cometa. Elle sorrise, ed un nuovo fiotto di luce lo colpì, facendolo tornare un un crepitio alla sua forma normale. Wanda fece un urlo, applaudendo. Samuel la seguì con una risata, mentre Natasha diede una spallata a Steve, ridendo.

"Ci sono altre mille trucchetti da circo, che la nostra amica sa fare." commentò Stark "Ma questo è uno di quelli che preferisco."

E' semplice manipolazione della materia: dopo qualche esperimento, abbiamo capito che la mente di Elle può, tramite semplici operazioni, modificare lo stato delle cose a suo piacimento. Un misto di fisica, biologia e roba da alieni. Si trattava solo di riuscire a incanalare l'energia attraverso un punto di proiezione, come ad esempio le dita. ”

Maria si avvicinò ed estrasse una pistola. Steve fece per obiettare, ma Stark lo fermò con una mano sulla spalla, mettendosi vicino a lui. "Penso che sia in tuo onore, Capitano..."

Maria puntò la pistola contro Elle, che le diede il fianco. La bionda annuì, mentre Maria premeva il grilletto.

Con un ampio gesto della mano, una membrana rotonda si sviluppò dalla punta delle sue dita. Il proiettile penetrò nella superficie lucente, rallentando dentro di essa e cadendo a terra. Partì un altro scroscio di applausi, mentre Steve sentiva i polmoni riprendere a funzionare.

Tutti si avvicinarono ad Elle, dandole pacche sulle spalle e toccando il tessuto della tuta. Lei sorrideva a tutti i volti che incontrava, mostrando il guanto a Wanda o parlando delle cuciture sulla schiena con Samuel.

Fu con piacere che Steve la vide cercare il suo sguardo fra quello degli altri, un po' persa in mezzo a tutte quelle attenzioni. Fu solo quando Rhodes percorse un un dito le cuciture sul fianco, complimentandosi con Stark per la sutura della pelle scura, che Steve decise di avvicinarsi. Fulminò l'amico, mettendosi di fronte alla ragazza. Natasha, che lo aveva notato parlando con l'amica, si allontanò ghignando. Elle si girò di scatto, con un sobbalzo.

"Stark..." esclamò lui, guardandola negli occhi. L'uomo si avvicinò, appoggiandosi alla sua spalla. "Dimmi Capt."

"Hai fatto un eccellente lavoro. Mi resta solo una domanda..." Elle alzò il mento, guardandolo con un sogghigno. "Quale sarà il tuo nome in codice?"

Elle si guardò le mani, un secondo. Tutti si zittirono. “Nome in codice? Non ci avevo pensato.”

Visione si avvicinò alla ragazza. "Eclipse." disse poi, guardando Elle negli occhi. "Deve essere Eclipse."

Elle capì subito cosa intendeva l'androide, ricordando la sua conversazione con Vali.

"Il giorno della tua nascita, ci fu' la più spettacolare e terribile eclissi della stella al centro del nostro universo, ed i pianeti assunsero una particolare conformazione." Visione puntò un dito verso l'alto, ed Elle annuì sorridendo.

"Eclipse sia." commentò Stark, dando una manata alla schiena a Steve. "Ora però andiamo a toglierla, così possiamo festeggiare. Offro io."


~


Ovviamente il locale proposto da Stark sarebbe stato fuori portata per tutti loro. Era buio, claustrofobico e pieno di superfici riflettenti. La musica era a dir poco assordante, i drink stranamente non mancavano di alcool e tutti, dopo i primi due, si sentivano decisamente più a loro agio.

Seduti ad un tavolo, su un mezzanino dal quale si poteva vedere la pista da ballo, Samuel faceva girare la bottiglia di birra corona appena finita sostenendo che avrebbe baciato chiunque fosse uscito. Quando la bottiglia indicò un dubbioso Steve, seduto in mezzo fra Stark e Natasha, quasi si soffocò con la sua seconda birra. Ritirò la scommessa, facendo sghignazzare Rhodes e Stark. “Io ti avrei baciato, Rogers.” Commentò Stark, appoggiandosi alla sua spalla. Natasha alzò gli occhi al cielo.

Visione aveva assunto la sua forma umana, e si guardava attorno curioso. Anche Wanda era piuttosto sorpresa -non c'erano locali del genere, in Sokovia. Per un secondo sorrise, toccandosi la collanina, e pensando che sarebbe piaciuto a suo fratello.

Elle si era tolta l'uniforme, infilandosi un semplice vestito verde giada, i capelli ancora raccolti ed intrecciati. Maria ne prese una ciocca fra le dita, sorridendo. "Come fate voi europee ad avere i capelli così lunghi e morbidi!" indicò anche Wanda, i cui capelli erano quasi più lunghi di quelli della bionda.

Elle si strinse nelle spalle, bevendo un sorso di Mojito. Wanda passò davanti all'amica con il busto, sussurrando qualcosa a Maria, che rise.

"Nat!" la chiamò Maria. La rossa si voltò. "Andiamo a fare un giro in pista? E' mesi che programmiamo un'uscita, ma non riusciamo mai a combinare nulla." Wanda, dietro di lei, stirò le labbra in un sorriso quasi inquietante. Natasha si alzò, prendendo il suo drink rosa ed abbassando con l'altra mano la gonna del vestito scuro. Fece un cenno di assenso con il capo, la cannuccia fra le labbra.

Wanda si alzò, traballando leggermente, un po' per colpa dell'alcool un po' a causa dei tacchi degli stivali. Elle la seguì. "Andiamo, prima che non mi senta più i piedi." Borbottò, capendo di non avere voce in capitolo. Le quattro si allontanarono, prendendosi a braccetto fra loro e ridendo come un normale gruppo di amiche. Samuel e Steve le seguirono con lo sguardo, il primo ancora con la birra fra le mani. "Invidio le ragazze. Sono così... vive." commentò piano, portandosi la bottiglia alla bocca. Stark le indicò con un cenno del capo. "Io ho ancora energie, fra poco le raggiungo." Rhodes scoppiò a ridere. "La festa non prosegue senza Tony Stark!" Esclamò, tirando un pugno alla spalla dell'amico.

"Piuttosto..." Stark era decisamente ebbro, mentre si appoggiava di peso a Steve.

Non capisco come questo bell'uomo, con una rispettabilissima reputazione ed un lavoro avventuroso, non sia ricoperto da ragazze adoranti.”

Rogers fece un'espressione esasperata, cercando aiuto nello sguardo di Samuel.

"Andiamo a ballare, Steve..." comprese l'amico, alzandosi. "E' troppo tempo che non vengo in un club come questo per non sfogarmi un po'..." Steve lo seguì di malavoglia, la birra in mano. Stark dietro di loro scoppiò a ridere. “Vai a caccia anche per me, Capiscle!”

"Stark è andato." commentò Samuel, guardandolo. "E' sempre stato così?"

"Anche peggio." commentò Steve, appoggiandosi alla parete. Samuel ghignò.

"Si stanno proprio divertendo..." commentò Samuel. Maria e Natasha ballavano ridendo, mentre Elle cercava di non perderle di vista. Qualcuno evidentemente provò a sollevarle l'orlo della gonna, ma fu gettato in malo modo in mezzo alla folla. Wanda le sussurrò qualcosa nell'orecchio, a disagio, per poi retrocedere verso le scalette che portavano al bar. Raggiunse i due uomini, sospirando. "Decisamente non è posto per me. Vado da Visione..." Commentò sorridendo. Steve la guardò con una smorfia divertita. "Avete chiarito?"

Wanda arrossì, annuendo. Gli diede le spalle e andò a sedersi vicino all'androide, che le circondò la vita con un braccio, dopo un secondo di esitazione. Steve e Samuel li guardavano, sorridendo come due ebeti.

"C'è troppo amore da queste parti..." Stark passo dietro a Samuel, appoggiandosi al muro accanto a Rogers. "Dove sono finiti i miei cuori solitari?"

Samuel sghignazzò. "Conta pure su di me. Dopo il divorzio, ora l'unica donna per me è Cynthia."

Stark lo fissò un secondo. "L'amante?"

"La figlia." commentò piccato Steve, mentre Samuel sghignazzava ancora.

Il vocalist del locale fece un appello a tutti, mentre il DJ cambiava canzone. Stark si buttò nella mischia, raggiungendo Natasha e coinvolgendola in un ballo scatenato. Vicino a lei, Elle e Maria scoppiarono a ridere. Maria teneva ancora in mano il bicchiere, quando notò un gruppo di ragazzi che conosceva.. Si avvicinò a loro, sotto lo sguardo rassegnato di Elle, che le prese istintivamente il bicchiere dalle mani. Non fece in tempo ad appoggiarlo su uno dei cubi a lato della pista che Stark la prese da un fianco, beandosi di ballare con ben due ragazze. Samuel rise.

"Stark è esattamente come lo avevo immaginato." commentò, appoggiando la birra su un tavolino sospeso, appeso ad una colonna. Dietro di questa, una coppia si baciava appassionatamente, e Steve voltò lo guardo imbarazzato. Rhodes si avvicinò agli amici, ballando con Nat.

"Coraggio, buttati!" Samuel lo guardò, ridendo, ed iniziò a scendere verso la pista con fare sicuro. Steve lo seguì di malavoglia, le orecchie che gli ronzavano per la troppa confusione. Tutti si strusciavano in modo piuttosto imbarazzante: era piuttosto diverso dai locali dove si ballava Blues nei suoi anni. Una donna si appiccicò alla sua camicia, strofinandosi contro di lui lasciva. La scostò delicatamente, prendendola per le spalle ed ignorando la sua espressione sconvolta, proseguendo verso gli amici.

Elle e Natasha avevano ripreso a ballare fra loro, ridendo e stando vicine. Si vedeva che condividevano anni di conoscenza: ballavano in modo piuttosto coordinato, e probabilmente non era la prima volta che uscivano insieme.

Samuel, vicino a lui, le fissava divertito. Natasha li guardò con un sorriso sornione, muovendosi sinuosamente. "Non pensavo di aver preso i pantaloni di una taglia in meno..." Disse Samuel, tirando la cintura con il pollice. Steve gli tirò una spallata, rimproverandolo con lo sguardo.

Le due ridevano come delle ragazzine. Maria lasciò il gruppo di conoscenti e tornò dalle amiche, prendendo le mani di Elle ed alzandole in alto. Natasha si mise in mezzo, ed iniziarono ad oscillare, ridendo.

"Hanno decisamente bevuto." commentò Steve, muovendosi pigramente a ritmo. Stark si avviluppò alle ragazze, sghignazzando.

Rhodes prese Elle per mano, facendola allontanare di un passo dalle amiche. Lei lo seguì, lanciando uno sguardo eloquente a Wilson e Steve. Wilson sospirò.

"Certo che Rhodey è testardo." Steve incrociò le braccia.

Rhodes fece per appoggiare le mani sui fianchi di Elle, che sorrise imbarazzata. Steve pote' giurare di averla vista arrossire da quella distanza. L'uomo la strinse a sé, mentre lei gli metteva le braccia sul petto e sussurrava qualcosa. Lui rise.

"Cosa intendi?" borbottò Steve. Samuel ghignò. "Tutti sanno che Rhodes trova attraente Elle. Dicono anche che le abbia chiesto di uscire."

Steve li guardò un secondo, prima di fare due passi nella loro direzione, e picchiettare due colpi sulla spalla di Rhodes. Questo lo guardò, ridacchiando, e fece un passo indietro a braccia alzate. Elle si morse il labbro, guardando in un'altra direzione mentre Steve le passava un braccio intorno alla vita.

"Hai bevuto troppo. Usciamo un attimo." Disse lui, strizzando gli occhi. Elle annuì, senza guardarlo, e camminò verso l'uscita. “Sei già stata qui?” Chiese, cercando di sovrastare il rumore del locale. Elle scosse il capo. “Questi posti sono tutti uguali.”

Steve allungò un braccio, prendendole la mano per non perderla.

Rhodes e Natasha si scambiarono un ghigno, da un lato all'altro della pista.


~


Elle sospirò, strisciando seduta sulle scalette del club.

Steve camminava avanti ed indietro davanti a lei, le braccia appoggiate sui fianchi.

"Stai per farmi una paternale?" Chiese lei, stirando le gambe pallide e guardandosi la punta delle scarpe nere che Natasha l'aveva costretta ad indossare.

"Cielo, no." commentò lui, voltandosi un secondo a guardarla. Poi riprese a camminare. Lei sbuffò.

"Ho fame..." borbottò la donna. "E freddo."

Era gennaio, e portava solo il sottile vestito verde giada, attillato e con due sottili maniche traslucide. Si strinse nelle braccia.

Steve la guardò un secondo, poi si sedette vicino a lei, circondandole le spalle con un braccio, cercando di non incontrare il suo sguardo per non mostrarle quanto era imbarazzato. Elle trattenne il respiro. La mano che lui aveva stretto le prudeva da morire, come se avesse stretto un tizzone infuocato fra le mani. Ora anche tutte le spalle avrebbero formicolato per ore. Ma ne valeva la pena. Lo sentì sospirare, mentre affondava nella sua stretta, benedicendo il tasso alcolico che le circolava nel sangue e che la rendeva così tranquilla. Steve sorrise contro la sua nuca. “Sei più calma del solito. Normalmente, mi avresti mandato al diavolo e saresti tornata a prenderti la giacca.” Elle si strinse nelle spalle, rabbrividendo ancora.

"Tanto domani succederà qualcosa, scoprirai qualche altro potere o ti racconteranno chissà cosa su di me, sentirai che la tua fiducia è stata tradita e mi mancherai per un altro mese, se non di più..." sussurrò lei. Steve si irrigidì, stringendola leggermente di più. “Meglio se mi godo il momento.” Concluse lei, raggomitolandosi ancora di più contro di lui, che per risposta le baciò la testa, sui capelli biondi.

"Forse possiamo trovare un modo per evitarlo." esordì lui. "Siamo adulti, possiamo parlarne."

"...l'ultima volta non mi sembravi nelle condizioni. Pensavo avresti scannato me, o Fury, o entrambi." Steve annuì sui suoi capelli, sorridendo.

"E tu sei scappata come una ladra..." Commentò piano. Lei sospirò. "Mi avevi abbattuta."

"E guarda cosa ne è uscito...Eclipse..." Commentò lui, allontanandosi leggermente per guardarla in viso. Elle guardava la parete fatiscente dell'edificio dall'altra parte del vicolo, come se sopra vi fosse scritta in graffiti una verità universale. L'uomo sospirò.

"Tu e Natasha... ballate spesso?" ridacchiò Steve, per spezzare il clima teso.

"Perché?" Chiese Elle ghignando "Abbiamo urtato la tua sensibilità?"

Steve si grattò il mento con la mano libera. "Diciamo che eravate interessanti da osservare." Elle rise. "E' Nat, è lei quella disinibita."

"Anche tu eri... piuttosto convincente."

"Io sono abituata a picchiarli gli uomini, non a sedurli." Commentò spiccia lei, guardandosi imbarazzata i piedi. "Non è uno spettacolo che si ripete spesso."

Lui rise. "Per fortuna! Stavate facendo venire un infarto a metà degli uomini in sala." Elle arrossì, mentre il silenzio scendeva di nuovo.

"Ci hai più ripensato?" chiese a bruciapelo lei. "A quella notte che abbiamo dormito insieme." Lui annuì.

"Non dormivo così serenamente da anni." ammise lui. Lei sorrise mesta.

"Puoi venire a dormire da me quando vuoi, Capitano." Disse alzandosi, fingendosi sicura. Lui la guardò sorridendo.

Elle pensò che voleva prenderlo, urlargli in faccia che non capiva. Se lui volesse essere suo amico, o se provava qualcosa, come lei lo provava per lui. Se anche lui avrebbe voluto prenderla e baciarla anche in quel momento, in quel vicolo disabitato. Ma nessun indizio arrivò da Rogers, che rimase a fissarla con quella smorfia sorridente. Gli avrebbe volentieri tirato un pugno per spaccargli tutti quei bei denti bianchi. Invece sbuffò, insofferente."Ho voglia di biscotti.."

Lui la guardava dal basso, ancora con le braccia aperte. "Elle..."

"O magari di ciambelle. Con glassa alla banana." proseguì lei imperterrita, guardando verso la strada. Lui non pote' fare a meno di sorridere: Elle stava con le braccia stese attorno al busto, con quel vestito attillato e le scarpe alte, la coda di cavallo leggermente sfatta e gli occhi stanchi. E comunque la trovava bellissima.

"Andiamo a casa." Propose, alzandosi. “O da qualche altra parte. C'è freddo, e questo posto è troppo...”

...Troppo da Stark.” Concluse lei, annuendo. Lui le prese la mano, facendole un cenno verso l'ingresso. "Andiamo a prendere le giacche." Lei la guardò, come se stesse soppesando la sua proposta. Steve fece un'espressione comicamente esasperata.

"E tornando ci fermiamo da Dunkin' Donuts a prendere da mangiare." Subito Elle sorrise, senza riuscire a trattenersi. La donna fece un saltello verso di lui, che allungò una mano. Lei la prese senza pensarci, facendo attenzione ai gradini.

Quando Wanda e Visione li videro prendere le giacche e la borsa di Elle dalle loro sedie, li guardarono interdetti.

"Per fortuna sono venuto con la moto..." Commentò Steve, asciutto. "Visione, Wanda, noi andiamo alla base, ci vediamo domani. Dì a tutti che domani facciamo vacanza: è domenica. E ci meritiamo un po' di pace."

Wanda probabilmente non aveva ascoltato nulla; il suo sguardo passava da Steve all'amica, che la guardava da dietro il bavero del cappotto con sguardo imbarazzato. La mora annuì lo stesso, voltandosi verso Visione che a sua volta sorrise a Rogers. "Sarà fatto, Capitano."

Steve si voltò, dirigendosi verso l'uscita. Allungò una mano, in mezzo alla confusione del locale, cercando con le dita quelle fredde e sottili della ragazza.

Elle si voltò appena, facendo in tempo a vedere Wanda mimarle un 'Ne Parliamo Domani'. Strinse di più la mano dell'uomo, che per risposta si voltò a sorriderle.


~


Elle si sedette sulla moto, usando una mano per tenere abbassata la gonna. Steve sganciò dal manubrio un casco a scodella nero, guardandolo un attimo. Si voltò verso di lei, mettendoglielo sulla testa: le stava enorme, abbassandosi fino a coprirle gli occhi.

"Tu usi il casco?" Commentò Elle, cercando di non scoppiare a ridere. La sua espressione era talmente comica che, invece, scoppiò a ridere lui.

"Quando non sono in missione, per non attirare l'attenzione. Andare in moto senza casco è illegale." commentò lui. "E poi..." proseguì salendo sul mezzo. "Quando mi capita di portare una bella ragazza con me, devo avere un casco." Elle arrossì, allacciandosi la cinghia sotto il mento con uno sbuffo.

"Ti capita spesso di cadere?" Mugugnò sarcastica. "Nel caso, potrei guidare io..."

Lui scoppiò a ridere, prendendole le mani e mettendosele nelle tasche imbottite del giubbotto di pelle scura. Elle rimase – per l'ennesima volta -stupita. Non le estrasse, le tasche erano calde e morbide e lei era senza guanti. Mandò al diavolo la sua coscienza, che le ripeteva che senza alcool e adrenalina, il giorno dopo, si sarebbe pentita di tutta quella disinibizione. Scivolò avanti sul sellino e si strinse forte alla vita dell'altro, appoggiando il mento sulla sua spalla. "Dove andiamo?" Sentiva le mani nelle sue tasche premere contro il ventre rigido. Si chiese se Steve stesse tirando gli addominali per fare colpo su di lei o se fosse involontario. Ridacchiò. Doveva aver bevuto un bel po'.

"Ti porto a fare un giro; vivo a New York da molti più anni di te, alla fine."

Elle rise ancora più forte. "Un centinaio, circa!" Steve abbassò il capo, chiudendo la cavalletta della moto con un sogghigno.

La vicinanza di lei aveva una pessima influenza su di lui: da quando Steve Rogers sogghignava, con tono vagamente malefico?

"Ho di sicuro più esperienza di tutti i ragazzi che puoi aver avuto fin ora..." La guardò con la coda dell'occhio, mettendo in moto. Elle era basita: stava flirtando con lei? Steve Rogers?

Girò il viso, sfiorandogli la mascella con il naso, vicino all'orecchio. "Dici?"

L'uomo ebbe un brivido, che lei avvertì chiaramente. "Dico." Mise la prima marcia, accelerando leggermente. Arretrò con la moto fino alla strada. "Stanotte sei mia: nessuna Wanda o Natasha o Samuel o mutazioni genetiche che ci possono interrompere." Elle rise. All'improvviso non era più assonnata. Però aveva ancora fame. "Sia. Andiamo, Capitano." sussurrò nel suo orecchio.

Natasha li vide uscendo dal locale. Sorrise a Samuel, che si stringeva le mani, commosso.

"Forse è la volta buona che arriva un piccolo Captain Svezia." mugolò, gli occhi luccicanti, un misto di emozione e alcool nella voce. Natasha scoppiò a ridere, convulsamente, colpendolo con un pugno allo sterno.

"Direi che è meglio se vi chiamo un taxi!" commentò Stark poco lontano, tornando dentro il locale.


~


Le luci di natale illuminavano ancora le vie di Brooklyn quasi a giorno. Nonostante l'ora tarda, le strade erano ancora affollate e Steve aveva paura di perdere Elle fra la calca di gente che lo spintonava in tutte le direzioni. Continuava a ripeterselo, nonostante sapesse che era solo una scusa per non lasciarle la mano ghiacciata. Elle aveva estratto dalla borsa una grossa sciarpa di lana, e con il cappotto scuro di peltro sembrava del tutto a suo agio nonostante il freddo pungente. Si guardava attorno, indicando qualsiasi cosa e sorridendo. Non sembrava nemmeno la stessa persona che aveva visto al quartier generale, allenarsi e combattere. Si girò saltellando alla vista di un furgoncino che vendeva bibite calde. Steve non pote' non ridere a quella vista.

"Elle Selvig, agente speciale e Avenger, che saltella per una cioccolata calda!" Commentò tirandola verso di se. Estrasse il cellulare che gli aveva dato Stark, avviando la fotocamera. "Sorridi!"

Elle alzò la sciarpa fino agli occhi. "Ho il naso rosso." Steve la strinse a se'. "Non è vero."

"Faccio questa foto solo se la fai con me." Contrattò lei. Lui ridacchiò, avvicinando un passante.

"Potresti farci una foto?"

Il giovane, avvolto in una pesante felpa rossa, rimase momentaneamente interdetto. Aprì e richiuse la bocca un paio di volte, chiedendosi dove avesse già visto quell'uomo. Elle notò il disegno della maschera di Iron Man sulla felpa e scoppiò a ridere. Il ragazzo accettò.

Steve tornò verso Elle, passandole un braccio attorno al fianco. Elle si appoggiò a lui, che le abbassò delicatamente la sciarpa con la mano libera. Il ragazzo scattò mentre i due si guardavano, e li osservò imbarazzato. Steve si avvicinò leggermente ad Elle, baciandole il naso arrossato dal freddo.

"Adesso il tuo naso è rosso." Commentò, allontanandosi per prendere il telefono. Il ragazzo lo guardo. "Tu sei Captain America?" Chiese entusiasta. Steve ridacchiò, grattandosi la testa. "Si, ma non dirlo in giro." Si guardò attorno, leggermente preoccupato. Il ragazzo fece un saltello. "No lo dico a nessuno, ma possiamo fare una foto insieme?" chiese esultante. Steve annuì, voltandosi per vedere la folla.

"Posso chiedere alla tua ragazza di farcela?" chiese, estraendo l'iPhone dalla tasca

frontale della felpa. Steve arrossì fino alla punta dei capelli, voltandosi verso Elle con sguardo colpevole. Forse si aspettava di ricevere uno schiaffo o qualcosa di peggio. Elle invece sorrise al ragazzo, avvicinandosi. Prese il telefono e li inquadrò, facendo due passi indietro. "Steve, sorridi." Esclamò lei con tono divertito, guardandolo. Steve sorrise in camera, tenendo un braccio sopra le spalle del ragazzo. Elle scattò un paio di volte, sorridendo. Porse il telefono al ragazzo, facendogli segno di fare silenzio, sorridendo con un dito sulle labbra. Lui guardò la foto, entusiasta, salutandoli. "Grazie, e complimenti, hai trovato proprio una bella ragazza!" Commentò il giovane. "Spero di trovarne una anche io un giorno!"

Steve si voltò a guardare Elle, sorridendole. "Sicuramente."

I due ripresero a camminare, imbarazzati. Elle aveva infilato le mani nelle tasche del cappotto. "Allora, quella cioccolata?" Steve indicò il furgone. Elle sorrise, dirigendosi in quella direzione.

Il furgone era dall'altro lato della strada da dove stavano arrivando, in mezzo ad un incrocio a T che dava sulla strada principale. Tutta la viabilità era stata bloccata, e scoprirono che tutto il viale che dava sull'Hudson era stato riempito da una infinita serie di bancarelle. Brooklyn era diventata una zona alla moda di NY, si era riempita di Hipsters alla quale piaceva produrre cianfrusaglie o comprare oggetti vintage. Elle sorrise, guardando tutto quel via vai di gente, alle due di notte, con le luci appese sulla strada che si riflettevano nell'acqua del fiume. Si girò a guardarlo, gli occhi lucidi per tutta quella luce. "Tu lo sapevi?" Steve annuì. "Lo fanno ogni sabato sera di Gennaio. E' il genere di confusione che mi piace."

Si avvicinarono al furgone. L'uomo si sporse per vedere anche Elle, sorridendo ad entrambi. "Cosa posso offrirvi, signori?" Steve ordinò un caffè lungo con il caramello. Elle si alzò sulle punte, nonostante i tacchi. "E per la graziosa signorina?" "Una cioccolata calda con panna, grazie." Elle si riabbassò, estraendo il portafoglio. Steve gli mise una mano sopra, facendo cenno di no con il capo.

"Faccio io." Elle protestò "Non è gusto, mi sentirò in debito." "Dovremo tornare un'altra volta, così potrai sdebitarti." Commentò lui, facendo una smorfia divertita. Elle lo guardò, annuendo piano. Si morse un labbro, voltandosi per lasciar passare i ragazzi in fila dietro di loro. Steve afferrò i due bicchieri da asporto, seguendola.

"Allora tu vieni da qui..." Commentò lei, sedendosi sul muretto che costeggiava le sponde del fiume. Lui si appoggiò vicino a lei, passandole il bicchiere con la scritta H.C. a pennarello nero sul lato. Lei lo prese fra le mani, stringendolo per scaldarle.
"Da me, questa temperatura c'è a Ottobre." ridacchiò lei.

"Da quanto non torni in Svezia?" chiese lui, prendendo un sorso di caffè bollente. "Anni. Ogni tanto Erik va a controllare la vecchia casa... Ma io di solito non vado." Alzò lo sguardo su di lui, che guardava verso il vuoto. "Nemmeno io sono mai tornato nella mia vecchia casa." Si strinse nelle spalle. "Non vorrei mai andarci da solo."

Elle annuì. "E' qui vicino?" Lui annuì. "Circa tre isolati da qui."

Abitavo qui quando facevo la scuola d'arte." Elle quasi si soffocava con la cioccolata calda. "Captain America faceva la scuola d'arte. Non mi abituerò mai." Steve la guardò.

"Non Captain America. Steve Rogers." Elle capì e si scusò con un sorriso. "Non l'avrei mai detto,comunque."

"Ogni tanto disegno ancora. Mi hai visto. Ma..." Le pizzicò il caso fra le dita, ridacchiando. "Non te li farò mai vedere. Non dimentico che sei anche una psicologa..." Elle agitò le braccia, implorandolo. Una goccia di cioccolata bollente le macchiò la mano, facendola imprecare.

"Ti sei scottata?" chiese lui, smettendo di ridacchiare. Appoggiò il suo caffè sul muretto, prendendole la mano. Elle sospirò. "Sarò anche una super eroina, adesso, ma di certo sono la super eroina più goffa della storia della categoria." Steve ridacchiò.

Le prese la mano, sollevandola verso di lui. La guardò un attimo, prima di avvicinare le labbra e catturare la goccia di cioccolata colpevole della scottatura con la lingua. Elle sgranò gli occhi. Improvvisamente aveva un gran caldo. Rimase a fissarlo, mentre lui sorrideva per la sua espressione sconvolta e le baciava la zona scottata. L'uomo riprese il suo caffè con nonchalance. "Andiamo a fare una passeggiata?"

In quel preciso momento, Elle dubitò di poter arrivare viva a fine serata. Si sarebbe sciolta sul pavimento, se lo sentiva.


~


Elle si era diretta decisa verso una bancarella, dicendo che aveva visto un oggetto che sarebbe piaciuto a River. Steve la guardò allontanarsi, una figura sottile avvolta da un enorme cappotto nero. Sorrise, estraendo il cellulare. Cercò la foto che avevano scattato prima, sentendosi un adolescente pieno di ferormoni. Lui e Elle erano stretti in un abbraccio, e si guardavano da vicino, entrambi avvolti in abiti invernali e sotto le luci di natale. Nella foto dopo, era chinato a baciarle in naso. Elle aveva gli occhi chiusi, il volto strizzato in una risata, mentre lui sorrideva con le labbra contro il suo naso arrossato. Selezionò la foto, e la mandò a Natasha. Il messaggio che ricevette per risposta non aveva nessun senso, e suppose che l'amica avesse proseguito la festa in via privata, alla base. Sperò che non facessero troppo casino, ma in quel momento gli importava poco.

Alzò lo sguardo, e vide Elle chiacchierare con una signora piuttosto anziana, vestita in stile Hippie ed avvolta in una grossa sciarpa colorata. Le due ridevano.

"Che combini?" Chiese, avvicinandosi. Elle gli fece un sorriso a trentadue denti.

"E questo bel giovanotto chi è?" Domandò la signora, guardandolo dalla punta delle scarpe alla punta dei capelli. Elle rimase immobile, guardandolo. "Lui è..." Socchiuse un secondo gli occhi, mentre Steve la guardava ridacchiando. Non aveva mai visto Elle così in difficoltà con le parole. "...Lui è Steve." Concluse, indicandolo. Steve la abbracciò da dietro, lasciandosi andare all'impulso del momento e stringendola a sé. "Salvata in calcio d'angolo..." Sussurrò al suo orecchio. Elle ridacchiò. "Ma è vero, tu sei Steve..."

La signora della bancarella si era allontanata per seguire degli altri clienti, rendendo inutile quello scambio di battute. Elle indicò con l'indice una scatola a carillon, foderata internamente di stoffa rosa con una ballerina che ballava Il Valzer dei fiori di Tchaikovsky.

"Cercavo qualcosa da regalare a River..." si strinse nelle spalle. "Qualcosa per farmi perdonare." "Per cosa?" chiese Steve, allungando una mano per toccare la scatola con le dita. Il tessuto era liscio. Elle lo guardò sconsolata.

"Avevo promesso di mollare i lavori pericolosi. Ed ora entro nella squadra di super eroi del pianeta..." Guardò in basso. "Le avevo promesso che avrei smesso di fare la guerra per poter stare con lei." La Svedese sorrise fra sé e sé. “E' difficile mentire a quegli occhi.” Steve fece una smorfia triste. “Andiamo, voglio farti vedere una cosa.”

La prese per mano, allontanandosi dalla folla. Elle si lasciò guidare, osservando la testa bionda di Rogers mentre la portava chissà dove.

Steve si fermò davanti ad un monumento, una di quelle sculture in bronzo che raffiguravano qualche personaggio famoso del passato. Fece sedere Elle sul piedistallo della statua, sospirando. Si vedeva tutta la Skyline della città, ed Elle sapeva che ogni luce era una persona che in quel momento stava lavorando, stava con i suoi cari o pensava a qualcuno. Stavano vivendo.

Si voltò verso di lei, prendendole le mani.

"Una volta, qualcuno mi ha detto che fingevo di poter vivere senza la guerra." La guardò negli occhi, serio. "Ho lottato con quelle parole, nella mia mente, per mesi. Cercando di convincermi che non fosse vero, anche se non avevo un vero motivo per cui lottare.” La guardò, riprendendo fiato e cercando di trovare le parole giuste. Elle attese, in silenzio.

Finché, un giorno, non ho visto una donna aprire la porta di casa con una bambina in braccio." La donna sgranò gli occhi. "Ho pensato a tutte le volte che sono andato a correre, e vedevo i bambini giocare al parco. Se noi non avessimo combattuto, per esempio, l'Hydra o peggio, i Chitauri, quanti di questi sarebbero vivi? Quanti sarebbero orfani?" Le lasciò le braccia, aprendole e indicando tutto quello che avevano intorno con un ampio gesto. "Quanto sarebbe rimasto di tutto questo?" Elle lo guardava, le labbra socchiuse. Steve, avvolto nella giacca di pelle scura, con una sciarpa blu e i jeans neri, si guardava attorno, a braccia spalancate. Se qualcuno li avesse visti da fuori, avrebbe giurato che stavano litigando. E non avrebbero potuto avere più torto.

"La verità è che è vero, non posso vivere senza guerra; finché ci sarà un motivo per cui combattere, combatterò." Indicò Elle.

Vorrei qualcosa di diverso per te, Dio solo sa se vorrei saperti sempre al sicuro. Ma anche tu sei così: finché avrai una River da proteggere, o finché ci sarà un Rumlow in circolazione, pronto a ferire o ad uccidere persone innocenti, tu avrai sempre le mani sporche di sangue. Ed io probabilmente avevo bisogno di qualcuno come te, che mi mostrasse ogni giorno perché vale la pena combattere." Si piegò sulle ginocchia davanti a lei, prendendole le mani. "Tu vuoi solo che il mondo sia un posto al migliore, che sia al sicuro." Si portò le mani della ragazza al viso, baciandole entrambe. "Non ti piace la violenza: sei solo in grado di sopportarla." Elle si portò la sua mano al viso. Steve sorrise, rialzandosi. Rimasero in silenzio diverso tempo, appoggiati al marmo freddo della base della statua, ognuno digerendo le proprie rivelazioni. Steve spezzò il silenzio, facendole un buffetto sulla testa. "Sono le tre e mezza. Forse dovremmo tornare a casa."

"Alla base, vorrai dire." Esclamò Elle, alzandosi con calma. Si stirò le braccia, aprendole. "Casa." Replicò lui. Lei sorrise, alzando le mani in segno di resa. "Casa."

Lui fece un passo verso la strada, mentre Elle lo guardava di sottecchi. Allungò la mano a stringere la sua, afferrandola con la punta delle dita, stupendosi come sempre di quanto le mani dell'altro fossero calde, e grandi in confronto alle sue.

Steve si girò a guardarla, calmo, aspettando che lei parlasse.

Elle tirò verso di sé la mano, e l'uomo attaccato a quella mano. Non era abbastanza forte da poter veramente pensare di riuscire a trascinare un uomo della forza di Steve Rogers di peso. Sicuramente aveva accompagnato il suo movimento. Si era arreso a lei, a qualsiasi decisione lei avrebbe preso. Si era scoperto per primo, e tanto bastava ad Elle per sapere cosa fare. Quando lui fu' di fronte a lei, Elle si alzò sulle punte per guardarlo in viso.

"Sono contenta che tu sia rimasto congelato per settant'anni.” Steve ridacchio, mentre Elle cercava di guardarlo in viso, fingendo un'espressione seria. “E sono contenta che tu ti sia messo al comando di un'organizzazione non governativa che adesso rischia di diventare governativa." Lui la guardava negli occhi, l'aria densa di aspettativa e di un accogliente silenzio.

La svedese gli mise le braccia al collo, sorridendo timidamente. Steve le passò le braccia attorno alla vita, sorridendo. "E con questo?"

Elle si avvicinò, piano, toccando le sue labbra con le proprie. Respirò un secondo, sentendone la morbidezza e, soprattutto, il calore. Lei era fredda come il ghiaccio, le dita che gli sfioravano il collo e che gli provocavano dei brividi simili a quando una goccia di pioggia passa attraverso il collo di una maglietta durante un temporale primaverile. Lui invece era caldo e morbido, come il primo morso di una torta familiare ma che resta sempre la preferita.

Steve la strinse piano contro di sé, nascondendo malamente la sorpresa. Elle gli sorrise contro le labbra, allontanandosi un poco ed appoggiando i talloni a terra.

E' la prima volta in tutta la mia vita che devo alzarmi sulle punte per riuscire a baciare un ragazzo.” Commentò, imbarazzata.

Steve la guardò un secondo, le pupille dilatate e le labbra schiuse. Teneva ancora la sua mano fra le proprie, e la tirò verso di sé istintivamente, ripiegandosi a reclamare un altro contatto. Elle si strinse a lui, schiudendo le labbra, sentendo il sapore del caffè amaro che aveva appena bevuto e l'odore del lisciante che avevano usato per stirare la sua camicia. Gli mordicchiò leggermente il labbro inferiore, mentre lui sorrideva sereno. Elle si lasciò avvolgere dalla sua stretta, sparendo un secondo fra le sue braccia.

Lui nascose il viso nell'incavo del suo collo, ancora leggermente stordito. "Sei minuscola."

"Spero ti sia venuta la gobba." Replicò pigramente lei, nascondendo il viso contro la pelle morbida della sua giacca. Lui ridacchiò, le braccia che si stringevano ancora di più attorno alle spalle della donna. Si guardò un attimo attorno, stupendosi di come le cose avessero improvvisamente cambiato colore.

"Mi verrà presto, temo..." Sussurrò, abbassando lo sguardo. Elle lo fissava, il viso parzialmente nascosto dietro la pesante sciarpa, gli occhi azzurri che scintillavano di euforia. Non riuscì a trattenersi, e cercò di nuovo le sue labbra, dolcemente.


xXx



Eccoci con i commenti finali! 

Sappiate che per questo capitolo mi aspetto messaggi, recensioni, piccioni viaggiatori e quant'altro. Ci sono degli approfondimenti nel rapporto fra Nat ed Elle, ci sono comparsate di Samuel, finalmente inizia a vedersi Sharon - Notare bene la tempistica di questa povera donna - e soprattutto ci sono gli Stelle! 

Voglio sentirvi fremere come ragazzine per questa overdose di fluff, oppure voglio sentire gli insulti se trovate i personaggi OOC, voglio sapere qualsiasi cosa, anche solo un "Bella, sto seguendo!" o un "Fai schifo!" E' ben accetto. Io vi ho scritto un papiro di capitolo, ricambiate con anche poche righe per farmi capire come vi sembra. Sono qui per imparare, e voi siete i miei professori, il mio pubblico, il mio target! 

Ringrazio come sempre Delta - mi dispiace, ancora niente Svedese ;) - e Giulietta Beccaccina - mi dispiace, ancora niente Jimmy :P - per la pazienza e per il tempo che mi dedicano. Spero di trovarvi numerosissimi il 20 Gennaio
Eh si, purtroppo per impegni lavorativi non potrò pubblicare fino ad allora, quindi avete tempo per darmi qualche consiglio o spunto o farmi qualche domanda. Come possono testimoniare le mie dolci pulzelle, non mangio nessuno, anzi, sono fin troppo logorroica! ;) 

Una buona Epifania a tutti, 

Eve


   
 
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