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Autore: Josephine_    06/01/2016    12 recensioni
Rin adorava l’atmosfera natalizia. Le strade affollate, le vetrine scintillanti, le canzoni che riecheggiavano nelle piazze addobbate a festa, gli abeti decorati e quell’odore di cannella e zabaione che colorava l’aria fredda dell’inverno erano per lei fonte di gioia e meraviglia ogni anno. Sì, il Natale le era sempre piaciuto –fin da bambina- e le piaceva anche adesso che i suoi genitori l’avevano smollata lì a New York per passare dei festeggiamenti “alternativi” –come li aveva definiti sua madre- alle Bahamas. Certo, inizialmente era rimasta male all’idea di trascorrere da sola la sera della vigilia e il pranzo di natale, ma dopotutto un po’ di riposo poteva solo farle bene visto che nelle ultime due settimane non aveva mai avuto un giorno libero dal lavoro; sì, a ben pensarci pregustava l’idea di passare le feste spaparanzata sul divano con la sola compagnia dei suoi due spasimanti Netflix e Chardonnay.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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25 dicembre, Atto IV: "Di come l'eroina viene riportata brutalmente coi piedi per terra"







- Rin!! Rin!! – si sentì scuotere per le spalle e finalmente aprì gli occhi, incontrando il musetto allegro di Inushiro – E’ arrivato Babbo Natale, devi venire a vedere i regali! –
Dalle scale le giunse la voce di Kagome – Ti avevo detto di non svegliarla! Ma perché non mi ascolti mai? –
- Buongiorno Inushiro… - biascicò Rin stropicciandosi gli occhi – Che cosa hai ricevuto di bello? –
- Non lo so ancora… La mamma ha detto che dobbiamo aprirli tutti insieme, perciò sono venuto a svegliarvi! – annunciò tutto soddisfatto.
- Allora andiamo a vedere, che dici? –
- Grazie Rin! Giuro che non volevo darti fastidio, ma la mamma rompeva. –
La donna si affacciò in quel momento alla porta – Mi auguro tu non sia così spericolato da tentare la stessa cosa anche con tuo zio… -
Una voce strascicata li raggiunse da fuori – Non ce n’è bisogno. –
Sesshomaru se ne stava in piedi sul pianerottolo, già lavato e vestito di tutto punto con un paio di jeans chiari e un maglione grigio dallo scollo a v; Rin si ritrovò a pensare che in tenuta sportiva lo preferiva ancora di più che in versione elegante, e un nodo le strinse lo stomaco quando lui le posò addosso gli occhi ambrati indugiando sulla felpa sformata, i pantaloni larghi e… le pantofole pelose.
- Uhm… forse è meglio che prima mi cambi, vi raggiungo giù okay? – azzardò.
- Non dire sciocchezze, vai benissimo così! –
- La mamma ha ragione, e poi ti stanno bene le codine. –
Già, pure le codine; sospirò – E va bene. Andiamo a vedere cosa ci ha portato Babbo Natale! –

 
 
 
Fu adorabile la faccia che fece Inushiro davanti ai regali; scartò il modellino di un aeroplano da guerra, a detta di Inuyasha molto simile a quello che aveva guidato lui, poi un libro di storie sui demoni, infine il set da baseball che gli aveva regalato lo zio. Gli si illuminarono gli occhi, e un sorriso felice gli riempì le guance paffute.
- Grazie! Grazie mille, zio! –  
Sesshomaru lo guardò con sufficienza – Sono ancora in tempo a riprendermelo, se ne combini una delle tue. –
- Giuro che farò il bravissimo! – era proprio contento del regalo, tanto che si sporse in avanti e gli abbracciò una gamba, lasciandolo un po’ interdetto per l’inaspettata dimostrazione.
- E voi cosa vi siete regalati? – fece Rin alla coppia.
Inuyasha si espresse in uno dei suoi migliori sorrisi soddisfatti – Io le ho regalato un viaggio alle Bahamas… sai l’idea me l’hai data tu con la storia dei tuoi genitori, ho fatto qualche telefonata prima di cena e indovinate? –
- Partiamo tra due settimane!! – concluse Kagome entusiasta.
- Un momento… e io?! – fece Inushiro.
- Tu starai dai nonni… e poi comunque ci sono anche Rin e Sesshomaru! –
Lei sobbalzò, il demone accanto invece non fece una piega – Scordatelo. Io devo lavorare, e anche Rin. –
- Uhm… sono convinto che riuscirò a farti cambiare idea. –
- Beh, i miei genitori sono sempre molto disponibili, sono sicura che lo faranno volentieri. Come mai sono avanzati due pacchetti? - Kagome indicò i piedi dell’albero, dove restavano ancora due scatole rettangolari, una grande e una più piccola, e poi guardò con soddisfazione prima Rin e poi Sesshomaru.
- Oh, ehm… io ti ho preso un pensierino. – se l’erano già fatto quel discorso, ma ironicamente questo non lo rendeva più facile.
- Anche io. – lui inarcò leggermente le labbra mentre le porgeva la confezione blu – Prima tu. –
- O-okay… Grazie… -
- Non dovresti aprirlo, prima di ringraziarmi? –
- Ah, sì! E’ vero… –
Okay, se avesse continuato così sarebbe svenuta prima di ancora di vedere il misterioso regalo. Si sedette sul divano e scartò con delicatezza la carta blu scuro della confezione. Ne estrasse una scatola nera con sopra impresso il nome di una marca che non conosceva, ma che indovinò essere piuttosto costosa; aprì anche quella, e scostando la carta velina tastò una stoffa lucida e setosa, che sollevò davanti agli occhi. Era una veste da camera realizzata su modello dei kimoni giapponesi, dalle maniche ampie e il tessuto lucido di un arancione caldo che ricordava molto la luce dei tramonti.
- E’… bellissimo. Grazie, davvero, è un regalo bellissimo. Il mio non è assolutamente all’altezza… - arrossì mentre ancora stringeva tra le mani la stoffa liscia della vestaglia.
Sesshomaru inarcò un sopracciglio – Questo è da vedere. Di solito sei efficiente per quanto riguarda queste cose. –
- Ma perché parli sempre come se fossi a una riunione di lavoro? – sbuffò Inuyasha – Dai, aprilo, sono curioso anche io. Quando hai avuto il tempo di comprare un regalo? –
- Storia lunga. – biascicò lei, distogliendo lo sguardo e puntandolo sulle mani affusolate del demone intente ad aprire la confezione.
Lui tacque qualche secondo prima di estrarne un paio di guanti neri di pelle, lisci e spessi, molto eleganti.
- In realtà poi ho pensato che tu non senti il freddo quindi si è rivelato un regalo inutile, però… ecco… lì per lì mi sembravano adatti. –
Sesshomaru per certi versi la stupì, per altri confermò l’idea che si era costruita su di lui: le rivolse quello che poteva essere considerato un mezzo sorriso di sufficienza e continuò a guardarla con la supponenza che lo caratterizzava, ma per una volta le sue parole furono di una gentilezza genuina, e del tutto inattesa.
- Grazie, sono molto belli. Direi che è confermato che te la cavi con i regali. –
Rin sentì la felicità colorarle le guance e si aprì in un sorriso spontaneo – Sono contenta che ti piacciano. Per quanto mi riguarda credo che passerò tutta la giornata con questa vestaglia! –
Lui fece schioccare la lingua sul palato – Kagome non te lo permetterà, ricordi che ti aveva parlato del laghetto? –
- Sì, il laghetto! – esclamò Inushiro – Andiamo a pattinare!! –
 
 
 
 

Era una splendida giornata di sole, senza una nuvola a coprire il cielo azzurro; l’aria fredda le pizzicò la pelle non appena mise il naso fuori di casa, costringendola a stringersi maggiormente nel cappottino blu e a calarsi il cappellino grigio sulle orecchie.
Inuyasha era andato nel boschetto a tagliare un po’ di legna, aiutato da Sesshomaru, mentre Kagome era rimasta in cucina a preparare le prime cose per il pranzo, per cui alla fine erano rimasti solo lei e Inushiro, che la guardava sorridente tutto imbacuccato in un giubbotto rosso da neve.
- Eccoci arrivati! –
Agitò le braccia davanti allo spettacolo che la natura offriva loro: sul retro della casa, ad appena pochi metri di camminata tra gli alberi, spuntava uno stagno grande quanto un campo da pallavolo, completamente ghiacciato e circondato da una staccionata di legno chiaro. Un piccolo angolo di paradiso, fu la prima cosa che venne in mente a Rin.
- Allora ci mettiamo i pattini? Ti avverto, non sono molto brava, quindi ti chiedo di non farmi cadere. –
Il piccolo mise su un broncio offeso – Ma per chi mi hai preso? Io sono un campione, e i campioni sono corretti con gli avversari. –
Lei ridacchiò, poi indossarono i pattini; fortunatamente quelli che Kagome le aveva prestato le calzavano a pennello, per cui non ebbe neanche bisogno di togliersi i calzini –cosa che le avrebbe fatto patire le pene dell’inferno. Scese sul ghiaccio lentamente, entusiasta nel constatare quanto muoversi le risultasse spontaneo e istintivo; scivolò in avanti con la gamba sinistra, poi con la destra, e ancora la sinistra, cominciando ad acquistare velocità e sicurezza. Inushiro la seguiva da dietro, improvvisando piccole giravolte e tenendo l’equilibrio con le braccia aperte.
- Te la cavi bene. – commentò Rin.
- Anche tu, sai? Dovresti essere meno rigida. Se prendo le mie freccette ti colpisco subito… -
- Non ci pensare neanche… ti ho chiesto una tregua se ben ricordi. –
- Uffa… - borbottò il bambino.
- Ah, che bella giornata! Sono proprio felice! –
Ed effettivamente non avrebbe potuto chiedere di meglio, con i pattini ai piedi, l’aria del mattino a raffreddarle il viso, e il sole a illuminare la perfetta distesa di ghiaccio sotto di lei. 
- Sei proprio tonta. – ridacchiò Inushiro, superandola e facendole una linguaccia.
- Per favore, puoi smettere di somigliare a tuo zio? Non ti fa bene, sei ancora piccolo. –
- Ma lo zio è un grande! Non lo pensi anche tu? –
Lei per un momento perse l’equilibrio, fortuna che il bambino era voltato dall’altra parte – S-sì, ma anche tuo padre non se la cava male. –
- Papà si lascia convincere sempre dalla mamma!! – protestò lui – Invece lo zio fa sempre quello che vuole. –
- Non credo sia così facile, sai? E poi il tuo papà è innamorato della tua mamma e per questo cerca sempre di accontentarla. –
- Parli proprio come una bambina! –
- Ah, grazie molte. –
Si erano spinti fino al centro del laghetto, dove avevano preso a tracciare con i piedi un percorso a forma di otto, scambiandosi ogni volta di direzione. Rimasero qualche minuto a fare quel gioco prima che Inushiro accusasse i primi segnali della noia.
- Ho voglia di giocare a baseball. –
- Chiedi a Inuyasha, io me ne tiro fuori… -
- Chiederò allo zio, dopotutto il regalo è suo! –
- Ah… sì, potrei venire a vedervi. – il bambino le rivolse un’occhiata divertita e lei si affrettò subito ad aggiungere – Non adesso, rimango ancora un po’ a pattinare… vi raggiungo dopo, con calma. –
Rin rimase sola sulla piccola pista da pattinaggio e solo a quel punto osò rilassarsi veramente, cominciando a percorrerne il perimetro sfilando lenta e aggraziata sul ghiaccio. Era una bella sensazione quella del vento tra i capelli, una sensazione che la riportava all’età dell’infanzia e della prima adolescenza, quando il Natale era sinonimo di relax, famiglia, tanto buon cibo e pupazzi di neve. Sapeva di nostalgia e di casa, e se si concentrava poteva quasi sentire sua madre chiamarla dal portico con una brocca colma di zabaione in mano, che portava con sé quell’odore acre e penetrante che tanto adorava. Rin pattinò sul ghiaccio ancora e ancora, a tratti anche azzardando qualche giravolta su se stessa, e a un certo punto le parve pure di risentire le note di All I want for Christmas is you e allora iniziò a muoversi a tempo, tenendosi in equilibrio con le braccia mentre sfilava all’indietro lungo tutta la pista. Si fermò esattamente al centro del laghetto, sollevando spruzzi di ghiaccio con la frenata, e il sole era così caldo e l’aria così piacevole che avrebbe pure potuto tardare di un po’ il suo rientro, giusto di qualche minuto. Tracciò un sentiero a otto e lo percorse un paio di volte prima di cominciare un veloce slalom lungo tutto il perimetro, poi tornò al centro e volteggiò su se stessa sorridendo al paesaggio che le scorreva davanti agli occhi. Purtroppo però quella giostra durò poco, perché una lama si incagliò nel ghiaccio facendole perdere l’equilibrio e cadere malamente a terra, di ginocchia.
Un lamento le lasciò le labbra, ma non fu niente in confronto al panico che si impossessò di lei non appena vide la superficie liscia del ghiaccio cominciare a riempirsi di tante minuscole crepe.
- Tutto apposto? – alzò gli occhi di scatto, e lui era lì davanti a lei, senza neanche il giubbotto, che la guardava con qualcosa di molto simile all’apprensione – Dovresti toglierti di lì. –
- Sì… io… lo so. – aveva il fiatone, e più cercava di rimettersi in piedi più lo specchio d’acqua fremeva e scricchiolava.
Riuscì a tornare dritta, ma ad ogni movimento dei suoi muscoli il ghiaccio sotto di lei vibrava e minacciava di spezzarsi, lasciandola cadere nell’acqua gelata. Il terrore si impossessò di lei, l’aria le venne meno, le gambe le tremavano e Rin non era per niente sicura che non l’avrebbero tradita.
- Io… io non ci riesco. – balbettò – H-ho paura. –
Sesshomaru inarcò un sopracciglio – Ma sai pattinare, dov’è il problema? –
- Aspetta… da quanto sei lì? –
– Da poco. - Lui le regalò uno dei suoi migliori sorrisi di scherno prima di scavalcare agilmente la staccionata e atterrare sul ghiaccio senza fare una piega.
- Che… che fai? –
- Ti vengo a prendere. Se non ti vuoi muovere è l’unica soluzione, o preferisci restare lì tutto il giorno? –
- No, io… è che adesso fa caldo e il ghiaccio è più fine, e con te sopra… -
Rin non riusciva a staccare gli occhi dalla ragnatela di crepe che si stava formando sotto di lei e che avrebbe potuto spezzarsi da un momento all’altro sotto il suo peso malfermo, ma Sesshomaru ignorò del tutto il suo delirio e cominciò ad andarle in contro lentamente, poggiando gli stivaletti marroni sul ghiaccio senza produrre il minimo rumore.
- Non guardare in basso, guarda me. – le ordinò, e Rin avrebbe voluto rispondergli che probabilmente era più sicuro per lei concentrarsi sull’acqua gelida piuttosto che sui suoi occhi gialli, ma si ritrovò comunque ad alzare la testa e a guardarlo, calamitata da quella camminata lenta e felina.
Erano ormai a pochi metri di distanza e già si chiedeva come avesse potuto sentirsi così in pericolo con lui accanto, così vicino, pronto a salvarla, ma la sua piccola gioia si ritrasformò in paura quando il ghiaccio si incrinò ulteriormente attorno a loro, premuto dal peso di Sesshomaru.
- Ecco… no… fermati, se ti avvicini ancora il ghiaccio si spezzerà. – sussurrò, gli occhi di nuovo fissi sulla superficie trasparente.
- Se guardi di nuovo giù ti licenzio. – le disse semplicemente lui, continuando a camminare – Allunga le braccia verso di me, piano. –
Lei fece come gli veniva ordinato – S-scusami… è che da piccola mi è capitata una cosa simile, e se ripenso a quanto era fredda l’acqua, era una cosa insopportabile… come tanti spilli bollenti sulla pelle. –
Sesshomaru fece un altro passo in avanti e stavolta il ghiaccio non si smosse, così decise di continuare su quella linea e avanzò anche con l’altro piede, poi di nuovo il destro, e adesso era ad appena un metro da lei, che lo guardava imbambolata con ancora le braccia protese come una bambina spaventata.
Lui alzò le proprie e le prese le mani con le sue, intrecciando piano le dita e poi tirandola a sé; Rin scivolò dolcemente sul ghiaccio accorciando la loro distanza e ritrovandosi improvvisamente premuta contro la stoffa calda del maglione, le mani ancora unite a quelle di lui.
Pensò di trovarsi proprio in un sogno, o in un film, o in un libro, con tutta quella neve e lui che la stringeva -perché sicuramente quella non poteva essere la realtà, era troppo bella per esserlo-, ma prima che potesse crogiolarsi ancora nella sua atmosfera da fiaba il ghiaccio sotto i loro piedi cedette all’improvviso.
Rin chiuse gli occhi e rilasciò un grido di paura, ma subito si accorse che invece di cadere era come se restasse sospesa in aria; si costrinse a riaprire gli occhi e quando guardò in basso vide che era ad appena qualche centimetro da terra, con il ghiaccio sotto di lei che aveva aperto un misero buco nell’acqua. Si voltò verso Sesshomaru, che la teneva ben salda per la vita, e lui le rivolse un sorriso sghembo.
- Presa. – commentò solamente, e lei avrebbe voluto che il cuore non le battesse così forte nel petto perché lui poteva sentirlo benissimo, ma dopotutto cosa le importava, avrebbe potuto dare la colpa alla paura.
Le venne da sorridere, poi da ridere – Grazie mille. Avrei dovuto capire subito che sei perfettamente in grado di salvare una donzella in difficoltà… un po’ come Superman! –
Lui scosse la testa – Ti ho già detto che guardi troppi film? –
Rin era già pronta a ribattere ed erano ancora felicemente sospesi in aria, con lei premuta contro il suo fianco e lui che la guardava dall’alto con quell’espressione che era semplicemente adorabile, ma dal bordo del recinto giunse la voce offesa di Inushiro.
- Cioè a me hai detto di no, ma con Rin invece ci giochi! Uffa! – mise su un bel broncio che Rin sospettò fosse tutta eredità paterna – Mamma ha detto che è pronto in tavola. –
Okay, ad essere sincera si era aspettata che Sesshomaru lasciasse la presa e la facesse cadere giù per dissimulare qualsiasi vicinanza, e invece lui aveva continuato a sostenerla anche se adesso erano in piedi al limitare del laghetto.
- Arriviamo. – commentò blandamente, per poi squadrarla da capo a piedi – Dovresti dare un’occhiata a quel ginocchio. –
- S-sì. –
Rientrarono in silenzio, accompagnati dall’unico suono dei loro passi sulla neve ammorbidita dal sole, ed effettivamente il ginocchio destro le faceva un male cane, per cui fu spontaneo a un certo punto aggrapparsi al braccio di lui e continuare a camminargli accanto senza che nessuno dei due dicesse una parola.
 
 
 
 

Il pranzo che Kagome aveva preparato era ancora più suntuoso della cena del giorno prima, e i commensali si scagliarono col cibo come se fosse la prima volta dopo anni che mangiavano qualcosa di commestibile. Rin spiegò la propria voracità col fatto che vivendo da sola il più delle volte si cucinava dei cibi precotti, e la faccia che Kagome fece a quella rivelazione fu tutta un programma. Le raccomandò di andare più spesso a cena dai suoi o magari al ristorante, e a quel punto lei scoppiò a ridere.
- E con chi ci dovrei andare al ristorante? –
- Ma con un uomo, ovviamente! Immagino che ne avrai molti che ti vengono dietro, sei così carina! – esclamò Kagome unendo le mani davanti a sé, del tutto ignara del disagio che le aveva provocato.
- Uhm, credo che la realtà delle cose ti smentisca. – confessò.
- Non hai un ragazzo? – si informò Inuyasha – Magari anche fuori New York… -
- Nessun ragazzo. – Rin avrebbe preferito riempirsi la bocca di riso al curry pur di non parlare – Era uno dei requisiti dell’annuncio per il mio lavoro… -
- Cosa? Sesshomaru sei un pervertito! – lo rimproverò il fratello, e lei subito si inalberò.
- Ma no! Cos’hai capito!? L’annuncio richiedeva massima disponibilità tutti i giorni, il che includeva anche essere libero da affetti particolari, non avere problemi di famiglia né sentimentali… e all’epoca mi ero lasciata da qualche mese e non mi pareva il vero di buttarmi nel lavoro. -
- E in ufficio? C’è nessuno che ti piace? –
Okay, adesso sì che la situazione era diventata imbarazzante, e sicuramente la sua faccia color pomodoro non l’avrebbe aiutata a uscirne.
- A lavoro… - masticò – Nel mio ufficio uno è gay e l’altro è già fidanzato… e negli altri uffici sono tutti dei pomposi che preferiscono… uhm… esperienze a breve termine. –
- Ah… - sospirò Kagome – Che peccato! Eppure non avresti difficoltà a trovare qualcuno, dico davvero. –
Inuyasha annuì - Sesshomaru, dovresti proprio darle delle ferie che si possano considerare tali! Se continui così l’unico uomo che vedrà da qui ai prossimi dieci anni sarai tu! –
Rin avrebbe voluto sprofondare nella sedia e non riemergevi mai più.
- Vedrò cosa posso fare. – commentò Sesshomaru, e non sembrava seccato, o divertito, o in qualche modo coinvolto nella conversazione: non sembrava niente, imperscrutabile come suo solito.
- Ma no, non importa. A me va bene così; dai, vi do forse l’impressione di una ragazza che ha bisogno di un uomo accanto? –
- Beh no! Sarà piuttosto lui ad aver bisogno di te, questo è ovvio! – Kagome le fece l’occhiolino e quell’unico complimento fu in grado di ridarle un po’ di tranquillità.
Servirono il dessert tra i complimenti sprecati di Inuyasha e i borbottii di Inushiro, ancora palesemente offeso nei confronti del suo zio preferito che lo aveva smollato per giocare con una femmina; per quanto però il bambino provasse a catturare la sua attenzione, l’altro sembrava completamente assente dalla conversazione, tanto che a un certo punto Rin si ritrovò a chiedergli, con una voce pigolante che non gli apparteneva, se andava tutto bene.
- Sto pensando a prima, al laghetto. – disse con voce bassa e strascicata.
Lei avvampò – P-prima? –
- Sì, stavo pensando a una cosa che hai detto. –
- Che… che ho detto? –
Il demone si voltò verso tutti i presenti – Stavo andando a prendere una cesta per la legna in eccesso e l’ho vista pattinare… sei piuttosto brava. Però era caldo e il ghiaccio ha cominciato a cedere, e tu ti sei bloccata e non sapevi come uscirne. Sei rimasta pietrificata e hai detto che da piccola ti era capitato di cadere nell’acqua gelata… - fece una pausa studiata, infinita, durante la quale tutti trattennero il fiato – Stavo pensando che, in quanto essere umana, non ha senso che tu oggi sia uscita a pattinare se ti era capitata una cosa del genere. Va contro il tuo istinto, sbaglio? –
Rin scoppiò a ridere davanti all’espressione pensierosa del demone.
- Beh, c’è da dire che i miei genitori sono delle persone particolari, il loro motto è “tu sei il tuo limite”. Il giorno dopo essere caduta nel laghetto mi hanno riportata lì e hanno voluto che riprovassi a pattinare… Devo ammettere di averli odiati particolarmente quella volta, e stavo addirittura per mettermi a piangere, ma alla fine sono tornata sul ghiaccio e non ho più avuto paura… solo che prima, ecco, mi dispiace di essermi bloccata, è che non me l’aspettavo… perché mi guardi così? –
- Quella è la faccia che fa quando prova sincera ammirazione. – le rivelò Inuyasha.
- Non ammirazione – lo corresse Sesshomaru con uno sbuffo – Approvazione. Anche se i tuoi genitori avrebbero pure potuto insegnarti a gestire meglio la paura. Come va il ginocchio? –
Rin arrossì, e dio com’era bello quando la guardava in quel modo – Meglio… grazie. –
Inushiro, che proprio non ne poteva più di essere lasciato ai margini della conversazione, sbatté le manine sul tavolo e si espresse in una smorfia cocciuta – Accendiamo il fuoco per le castagne? –
Il padre si passò una mano tra i capelli bianchi, arruffandoli ancora di più – Beh… la legna nel camino è quasi finita, dobbiamo prenderne altra. Sesshomaru vieni con me? –
L’altro sbuffò – Se non posso farne a meno. –

 
 

Rimasero lei, Kagome e Inushiro a sparecchiare la tavola, poi mamma e figlio si sedettero sul divano davanti al fuoco e presero a sfogliare il libro di fiabe che lui aveva ricevuto per Natale. Rin ne approfittò per andare in bagno a mettersi un po’ di ghiaccio spray sul ginocchio, visto che nonostante il suo buon viso a cattivo gioco le faceva ancora parecchio male –e accidenti com’era gonfio, sembrava una palla da biliardo, e la stoffa ruvida dei jeans non era per niente comoda. Si prese qualche attimo per studiarlo, ma alla fine convenne sul fatto che non era nulla di grave, e che sarebbe stata in forma entro qualche giorno; menomale, perché in quelle condizioni non sarebbe stato proprio uno spasso seguire Sesshomaru a giro per la città. Nel pensare a lui un groppo le serrò la gola, rilasciando tante piccole farfalle che presero a svolazzarle nello stomaco –dio, quanto si sentiva patetica! Eppure quando era in sua presenza non poteva fare a meno di sentirsi felice, protetta, rassicurata; non poteva fare a meno di guardarlo, parlargli e volere le sue attenzioni tutte per sé, e l’episodio di quella mattina era stato così bello, così intenso, che non riusciva a credere che entro poche ore sarebbe tornato tutto come prima –la schifosa normalità, con lui che a malapena le rivolgeva la parola e lei che passava le serate a bere vino e a guardare la televisione.
Rin uscì dal bagno un po’ felice e un po’ triste, ma comunque più felice che triste se pensava a come la guardavano quegli occhi, a quel sorriso pigro e alle sue braccia strette attorno alla vita in una presa sicura ma premurosa –sì, doveva proprio goderseli tutti quei momenti.
Sfilò silenziosa accanto alla porta socchiusa della cucina, ma si bloccò dopo appena un metro quando sentì due voci al suo interno.
- Non capisco perché ne vuoi parlare. – disse una bassa e strascicata, quella di Sesshomaru.
- Non importa il perché, ho solo fatto una considerazione; lei è carina, intelligente, simpatica… una ragazza come si deve, una brava ragazza. –
Rin aveva il brutto presentimento di conoscerla piuttosto bene, questa brava ragazza di cui stavano parlando, e il cuore le si fermò in petto quando sentì la risposta dell’altro.
- Lo so, è per questo che lavora per me. E’ sveglia e non si perde mai d’animo, ma non è mica perfetta. –
- Non esiste la persona perfetta, mi sorprende che tu sia così stupido da fare un discorso del genere! –
- A chi hai dato dello stupido? – ringhiò l’altro.
- A te! Insomma, hai l’occasione di provarci con una tipa apposto e di staccarti definitivamente da quella frigida di Kagura… e poi si vede che nutri una particolare… uhm… simpatia per lei. E’ l’unica che guardi senza quella luce assassina negli occhi, e anche lei si imbambola sempre quando ci sei tu intorno, si vede proprio che le piaci, come fai a non capirlo? –
- Guarda che non sono cieco. – frecciò Sesshomaru, e Rin dall’altra parte della porta dovette reggersi al muro perché le gambe le cedettero – Mi guarda come se fossi un dio, una creatura ultraterrena, perché è questo che sono. Tutti gli umani hanno quella luce negli occhi quando ci vedono, ognuno di loro sarebbe disposto a buttarsi da un ponte se glielo chiedessimo con un certo tono di voce, e tu vuoi che me ne approfitti con la mia segretaria? Vedo che vuoi molto bene a Rin. –
- Vaffanculo, non intendevo mica questo! Sei tu che non le vuoi bene, perché l’hai trascinata qui per Natale e ti comporti pure come se non te ne importasse niente di lei… -
- Ma perché non ti fai un po’ i cazzi tuoi? Solo perché tu hai scelto una vita da codardo insieme alla tua compagna non vuol dire che debba farlo anche io… io sto benissimo così, da solo. –
- La mia compagna ha un nome: Kagome. E abbiamo anche un figlio, e non potremmo essere più felici. Non voglio intromettermi nella tua vita, vorrei… solo che a volte non fossi così stronzo con chi ti vuole bene. –
- Io sono il suo datore di lavoro e lei è stata pagata per venire qui, e adesso perché ti sei fatto queste strane idee? Per di più non la trovo così splendida come dite voi, mi sembra una persona noiosa. –
- Noiosa? – esclamò Inuyasha a voce più alta del dovuto – Tu non sai di cosa stai parlando! –
Rin approfittò del volume della conversazione per allontanarsi silenziosamente, strisciando la spalla contro il muro perché sapeva che non sarebbe riuscita a stare in piedi. Rientrò in salotto come un automa, e con un tono neutro che non riconobbe come il proprio disse che avrebbe fumato una sigaretta mentre aspettavano che gli altri due finissero con la legna.
Uscì fuori e non sentì minimamente le prime tre boccate che fece; solo alla quarta riuscì a rilassare le spalle, e un paio di lacrime calde le solcarono la pelle fredda delle guance. Beh, cosa aveva da sentirsi triste? Dopotutto lo aveva sempre saputo che non c’era niente in cui sperare, che si trattava solo di un sogno nella sua testa e che non c’era modo che lui potesse ricambiare i suoi sentimenti, ma sentirselo dire –o meglio, origliarlo da dietro una porta- era tutt’altra storia: lui era a conoscenza della sua cotta, se non ne era sicuro per lo meno lo aveva intuito, eppure aveva continuato a stare al gioco, a ridere del suo imbarazzo, e le aveva addirittura fatto un regalo! Adesso si sentiva anche un po’ presa in giro, e altre lacrime di frustrazione scesero a far compagnia alle precedenti.
Si stropicciò gli occhi con la manica del maglione solo quando sentì la porta scorrevole aprirsi dietro di sé.
- Kagome mi ha detto che eri a fumare, hai una sigaretta? –
Non si voltò, non ne ebbe il coraggio, ma le parole le uscirono prima che potesse impedirselo.
- No, non ce l’ho. Le ho lasciate dentro. –
Lui dovette indovinare qualcosa dal tono della sua voce, perché sembrò accigliarsi – Tutto okay? –
- Sì, tutto apposto. Volevo solo prendere una boccata d’aria da sola. –
- Ah… come vuoi. – sembrava indifferente alla cosa e per questo lo odiò, e lo odiò ancora di più quando le appoggiò la giacca sulle spalle – Così non prendi freddo. –
Quando finalmente trovò la rabbia e il coraggio di voltarsi e guardarlo, Sesshomaru era già rientrato in casa.
 
 











25 dicembre, Atto V: "Di miracoli di natale e di piccole gioie inattese"







 
Il resto del pomeriggio le era passato davanti senza che Rin lo vedesse davvero. Si era sforzata di sorridere difronte all’espressione contenta di Inushiro che sgranocchiava le castagne, aveva partecipato alla conversazione accesa tra Kagome e Inuyasha sugli animali abbandonati durante le feste natalizie, poi aveva aiutato a pulire e a rigovernare la cucina e si era offerta anche di passare l’aspirapolvere in salotto, il tutto per avere sempre qualcosa da fare ed evitare così di guardare in faccia Sesshomaru, che da parte sua aveva capito subito che c’era qualche tassello fuori posto; continuava a osservarla di sottecchi, a distanza di sicurezza dopo l’episodio in veranda, e per quanto Rin fremesse al pensiero di voltarsi e sputargli in faccia qualche cattiveria, si era invece costretta a fare finta di niente e ad evitarlo –per quanto fosse possibile in casa di suo fratello.
Non erano neanche andati a prepararsi nello stesso momento: solo quando aveva sentito scorrere l’acqua della doccia lei si era decisa a salire in camera, dove aveva impilato gli indumenti in valigia con una lentezza che aveva del maniacale le erano passati davanti agli occhi il maglione color crema della sera prima, le parigine nere, infine la confezione elegante della vestaglia che lui le aveva regalato –quella l’aveva cacciata ben bene in fondo, perché era lì che doveva stare.
Per paura di incontrarlo sul pianerottolo aveva persino rinunciato all’idea di farsi una doccia, preferendo restare tra le pareti sicure della propria stanza, e per ingannare il tempo –e l’ansia- si era ritrovata a fumare la poca erba che aveva, cosicché adesso si sentiva pure un po’ fatta e terribilmente in colpa per quella ripicca da adolescente –ed era una cappa di fumo quella che si era creata o aveva solo gli occhi stanchi?


Bussarono alla porta e Rin trasalì; per un momento pensò di non rispondere, poi il buonsenso ebbe la meglio.
- Si? –
Era lui – Hai già finito di preparare la valigia? –
- Sì… - okay, forse non aveva proprio finito – Finisco… di raccogliere le ultime cose e ti raggiungo giù, okay? –
Una pausa, poi un sospiro – Va bene. Ti aspetto. –
Rin si rese conto che aveva trattenuto il fiato tutto il tempo in cui avevano parlato, e adesso le spese le stava pagando quel muscolo atrofizzato che aveva come cuore. Con uno sbuffo si alzò in piedi e ripose in valigia la trousse, la spazzola, i prodotti per il bagno e, ultime ma non per importanza, le ciabatte pelose; riifece il letto anche se sapeva benissimo che Kagome avrebbe cambiato le lenzuola quella sera stessa, aprì la finestra per far entrare l’aria e infine –proprio perché non le era rimasto altro da fare per perdere tempo- uscì col trolley e la borsa.
Okay, portare i bagagli giù per le scale non era affatto facile e probabilmente se fosse scesa con Sesshomaru avrebbe pensato a tutto lui, ma adesso non aveva tempo per pentimenti simili, visto che la valigia si era bloccata tra la porta del bagno di servizio e l’angolo delle scale –ma perché doveva sempre sudare per portare a termine i gesti più semplici??
- Serve una mano? –
Rin sobbalzò perché non lo aveva sentito arrivare, ma la risposta secca che le era nata in gola rimase bloccata lì quando si voltò e lo vide alto e rigido come sempre, che la guardava con l’ombra di un sorriso sul volto pallido.
- Uhm… - aveva pensato che sarebbe morta se lo avesse guardato ancora negli occhi, e invece era ancora viva, le gambe le reggevano, il cuore le batteva a un ritmo sostenuto ma non preoccupante… e come al solito lei se ne stava imbambolata senza dire niente – La… valigia si è bloccata, m-mi dai una mano? –
Sesshomaru la scavalcò e con un unico movimento fluido sollevo la valigia come se fosse stata vuota.
- Va tutto bene? – indagò ancora, e Rin si sentì in dovere di rispondergli perché non capitava spesso che il suo capo facesse così tante domande.
- Sì, certo, tutto bene. Andiamo? –
Ma lui sembrò non bersela, perché fece un passo in avanti e azzerò completamente la loro distanza, guardandola dall’alto con due occhi seri e profondi che la trapassarono come proiettili; Rin sentì le guance tingersi di rosso e il cuore cominciare a farle le capriole nel petto, e pensò che era fatta, che lui sapeva tutto e che adesso l’avrebbe sbugiardata proprio lì, senza pietà. Sesshomaru inarcò lentamente un sopracciglio mentre continuava a fissarla, e lei si preparò al peggio.
- Hai fumato? – le sussurrò a un palmo di naso.
- Eh? No… cioè… solo un po’, ma la reggo bene. Non sono fatta. –
- Come vuoi. –
Il demone si allontanò bruscamente che ancora la guardava divertito, e Rin si sentì improvvisamente disorientata da quel cambio repentino, da quella lontananza che adesso lo faceva sembrare di nuovo così irraggiungibile.
- Sto bene, davvero. Tu eri a fare la doccia e non sapevo cosa fare… -
- Guarda che non sono tuo padre – le rispose lui inarcando le sopracciglia e cominciando a scendere – Pensavo solo che almeno al ritorno avresti evitato di dormire. –
- Oh! Ma no, starò sveglia, giuro. – e non era una promessa così tanto rassicurante se pensava al niente che si sarebbero detti in tre ore di viaggio.
 
 


Kagome e Iuyasha la salutarono con un abbraccio che non aveva niente di entusiasta.
- Tornerai a farci visita, vero? A noi farebbe tanto piacere! – esclamò Kagome quando i due uomini andarono a caricare le valigie.
- Piacerebbe un sacco anche a me, siete una famiglia stupenda e Inushiro… è semplicemente adorabile. –
Il bambino in questione le rivolse un sorriso soddisfatto – Vedi mamma? Lo dicono tutti che sono un bravo bambino! –
- Sì, un piccolo diavolo travestito da angioletto… - lei gli spettinò i capelli e lui si fece serio.
- Senti, Rin, non sei mica arrabbiata per prima? Non ce l’avevo con te, ma con lo zio… -
Lei si intenerì subito – Ma no che non sono arrabbiata! E tranquillo, ti capisco benissimo, fa arrabbiare sempre tanto anche me. – già, le riusciva facile confessarsi davanti a un bambino di cinque anni.
Kagome le si avvicinò in modo che solo lei potesse sentirla – Lo sai che non lo fa apposta, vero? Devi solo tenere duro. –
- Che vi state dicendo?? Mamma! Posso sentire anche io? Perché no?! –
- Cose tra ragazze, sono sicura che non ti interesserebbero. – ridacchiò Kagome, mentre Rin ancora sbatteva le palpebre e cercava di interpretare le parole dell’amica.
Alla fine, quello che le uscì fu un pigolio anche troppo acuto – Grazie… di tutto. Sono molto felice di avervi conosciuti, e spero davvero che ci sarà occasione di rivedersi. –
- Lo speriamo anche noi. – le rivolse un sorriso radioso e poi si rivolse al piccolo accanto a lei – Sai che Inushiro ha un regalo? Solo che è molto timido per queste cose… un po’ come il padre. –
- Un regalo? Per me? Wow, grazie mille, sarà bellissimo! –
- Ma se ancora non sai cos’è! – okay, quel bambino somigliava troppo allo zio, forse avrebbe dovuto indagare.
- Beh, potresti darmelo, per iniziare. –
Inushiro estrasse dalla tasca un foglio di carta ripiegato su sé stesso talmente tante volte che Rin faticò un po’ per aprirlo. Quando alla fine l’immagine si distese davanti ai suoi occhi le venne da sorridere spontaneamente, come di rado le era successo quel giorno: il disegno raffigurava lei sul laghetto ghiacciato, con sopra Inushiro alla guida di un aeroplano rosso.
- Ah, tu sì che sai come farti adorare! E’ bellissimo, proprio come avevo detto. – gli schioccò un bacio sulla guancia, e lui si ritrasse bruscamente con un’espressione imbarazzata.
- Sì, però adesso vacci piano… -
- Avete finito con i saluti? – le sorprese da dietro Inuyasha – Mio fratello è in macchina che ti aspetta. -
- Bene, direi che è ora di andare. Vi ringrazio ancora per quello che avete fatto per me, siete degli ospiti impeccabili. –
- Questo dovremmo dirlo noi di te! Fate buon viaggio… e in bocca al lupo per tutto, mi raccomando. – le fece l’occhiolino, e beh, non avrebbe potuto essere più esplicito di così.
Si sentiva una cretina, ma davvero tutti in quella casa si erano accorti della cotta che cercava di nascondere da due anni?? E poi con che faccia speranzosa facevano tutti il tifo per lei, come se non sapessero in che razza di impresa disumana era andata a cacciarsi!! La cosa la fece sentire un po’ allo scoperto ma le sollevò anche il morale, perché dopotutto era sempre bello un po’ di appoggio in situazioni come quella.
- Grazie ragazzi, alla prossima. –
Lanciò un bacio al volo prima di precipitarsi –o meglio incespicare, viste le condizioni della sua gamba destra- verso la macchina, dove Sesshomaru era intento a controllare il telefono. Fece ciao con la mano dal finestrino finchè la famiglia non sparì dietro la curva del vialetto innevato, e solo a quel punto si azzardò a voltarsi verso il conducente.
- Stavi mandando delle mail? –
- Controllavo gli appuntamenti… sono sempre più convinto di annullare la conferenza sulla beneficenza del 30 gennaio. –
Lei si accigliò subito – La trovo una pessima idea, sai? E se lo farai… uhm… non ti parlerò più. –
- Tanto lo stai già facendo, no? –
Ecco, beccata – Non è vero, adesso stiamo parlando… e ho iniziato io la conversazione. –
- Giusto. – convenne lui – Allora ti va di dirmi cosa è successo oggi pomeriggio? –
- Niente… io avevo bisogno di stare un po’ per fatti miei, perché sai… di solito il Natale lo passo con i miei e invece ora loro sono lontani, ecco, e anche se ci siamo sentiti stamattina ho accusato un po’ di nostalgia. – improvvisò.
- Capisco. –
- Davvero? – mormorò.
Lui la guardò dallo specchietto retrovisore, e per una volta i suoi occhi sembrarono due soli brucianti pronti a riscaldarla.
 - Ci provo. –
 E nessuno dei due disse niente per un bel po’.
 


Rin si voltò verso il finestrino con il proposito di guardare il paesaggio per tutto il viaggio; l’idea di essere di nuovo a contatto con quel volto da adone le metteva l’ansia se solo pensava a tutte le inutili capriole che avrebbe fatto il suo povero cuore, che per quel giorno ne aveva già abbastanza di essere preso e sbattuto come una pallina da tennis. Ironicamente, tanti auguri di Buon Natale, Rin! Ecco il regalo che hai trovato sotto l’albero: la nuda e cruda verità. Beh, era l’ora che diventasse adulta e smettesse con le sue stupide cotte per persone –o demoni- assolutamente fuori dalla sua portata. Per di più lui l’aveva definita noiosa, noiosa! Lei poteva dirsi tutto tranne che noiosa, e se nell’ultimo periodo era diventata un po’ più seria era solo perché era stato lui a imporglielo, con quegli orari da manicomio e la storia del tailleur e dei tacchi! Le venne voglia di girarsi e sputargli addosso tutta una sfilza di insulti meritati, ma lanciò un’occhiata all’orologio e si costrinse a rimanere con la testa premuta contro il finestrino: alla loro velocità -210 chilometri orari- mancava solo un’ora al rientro, e non valeva la pena rovinarsi la vita per prendersi chissà quale stupida soddisfazione; no, doveva aspettare e soffrire ancora un po’, e una volta a casa avrebbe curato il suo orgoglio ferito con una bella bottiglia di vino e una chiamata skype alle sue amiche. Dio, quanto aspettava quel momento.
- Non è che se continui così riesci a convincermi a fare comunque quella conferenza… -
Rin inarcò entrambe le sopracciglia ma non si voltò – Non c’entra la conferenza, non è che penso sempre al lavoro. – e non era assolutamente una frecciatina.
Lui rimase interdetto – Lo so. E’ che non capisco il tuo comportamento, di solito sei molto più… incline alla conversazione. –
- Di solito tu parli solo se interpellato. – borbottò lei.
- Appunto, stai invertendo i ruoli. –
- Sono solo un po’ stanca… -
- A me sembri di pessimo umore, ancora peggio di quando siamo partiti. E’ successo qualcosa, hai bisogno di qualche giorno libero dal lavoro? –
Lavoro, lavoro, lavoro; adesso che ci faceva caso tutto ciò di cui parlavano era strettamente legato al lavoro, quindi come poteva sorprendersi se lui la definiva noiosa?
- No, niente giorno libero. Ho già avuto la mia vacanza, seppur non convenzionale. – il pensiero di Inushiro, Kagome e Inuyasha la rassicurò un po’, facendola sorridere, e poi le venne in mente un’altra cosa – Sai che tuo nipote mi ha fatto un disegno? E’ molto bravo per avere cinque anni, anzi, direi che ne dimostra almeno il doppio! –
Sesshomaru annuì senza spostare gli occhi dalla strada – I bambini mezzodemone crescono più in fretta degli esseri umani, e fortunatamente Inushiro non ha ereditato tutta l’idiozia del padre. –
Rin non riuscì a trattenere un altro sorriso – Ti vuole molto bene, a me ha detto che vuole diventare proprio come te. Io ho provato a sconsigliarglielo… -
- Perché? – la interruppe lui, lo sguardo corrucciato – Non sono forse un buon esempio? –
- Ehm… io… uhm… ecco, diciamo che non sei il modello che consiglierei a un bambino di cinque anni. M-ma tanto quello che dico io non ha importanza, voglio dire, anche Inushiro mi ha detto che non capisco niente e che vuole restare della sua idea… è piuttosto cocciuto. -
- Lo so, questo l’ha preso tutto dalla mia famiglia. –
Sesshomaru prese una curva a tutta velocità e Rin venne sbalzata in avanti, ma la mano di lui arrivò a bloccarla laddove la cintura fu troppo lenta.
- Tutto bene? –
- S-sì… se solo evitassi di guidare come un pazzo! Dio, e se penso al fatto che non hai neanche la patente! –
- Rilassati, ti sei accorta ora che stiamo andando veloci? –
- No ovviamente, ma prima di adesso non mi avevi messa in pericolo! –
Sesshomaru rallentò di poco e si voltò a guardarla con l’espressione più seria che lei gli avesse mai visto, la maschella stretta e le labbra tese in una linea sottile.
- Con me non saresti mai in pericolo. – le disse semplicemente, per poi guardare di nuovo la strada.
- La… la… - accidenti, proprio adesso doveva iniziare a balbettare, e probabilmente stava anche iperventilando – La tua guida dice il contrario. –
Lui inarcò un sopracciglio e premette più a fondo sul pedale dell’acceleratore, ottenendo come risultato che Rin si spalmasse ancora di più sul sedile chiudendo gli occhi e rilasciando un gridolino strozzato.
- Rallenta!! Non è per niente divertente! – sbottò con le palpebre ancora serrate.
- Fidati che lo è. – la schernì, rallentando subito dopo – Peccato che sia durato poco, siamo già in città. –
Lei riaprì gli occhi di scatto solo per vedere la superstrada di New York vorticarle attorno con le sue mille corsie, e un moto di angoscia l’attanagliò allo stomaco. Ecco che finalmente si svegliava dal sogno –proprio come ci si svegliava dai sogni, ovvero aprendo gli occhi- e ripiombava nella noiosa realtà che era la sua vita di tutti i giorni. I palazzi e le strade della città le passarono davanti come odiosi promemoria, e anche le luci e gli alberi addobbati avevano perso la loro attrattiva: erano scialbi, sciupati, e richiamavano a un’allegria fasulla che di certo lei non condivideva; distolse lo sguardo, infastidita, e lo diresse ai comandi della radio –la cosa che in quel momento la disturbava meno.
- Siamo arrivati. –
Non le chiese il perché del suo improvviso silenzio, e quando parlò lo fece con un tono caldo che le fece venire voglia di piangere. Rin guardò fuori dal finestrino e la sua casa era lì, l’appartamento al terzo piano di un palazzone in mattoni rossi con le grondaie rugginose.
- Bene… – avrebbe voluto trovare qualcos’altro da dire, ma Sesshomaru aprì lo sportello praticamente ignorandola e quando lei lo raggiunse aveva già finito di scaricare i bagagli e la aspettava davanti al portone – Grazie, ma da qui posso fare da sola. - 
Il demone inarcò un sopracciglio - Con quel ginocchio? –
- Non fa più così male. – bugia, immensa bugia, lo sentiva pulsare sotto la stoffa dei jeans stretti.
- Come vuoi. Fammi sapere se ti serve qualche giorno, nel caso avrò bisogno di sostituirti. –
- No, sto bene, davvero. –
Ecco, non le piaceva per niente doverlo guardare dal basso, con le spalle che sembravano ancora più larghe e i capelli che creavano un contrasto fin troppo bello con la stoffa blu del maglione; dulcis in fundo, aveva anche finito gli argomenti di conversazione, e non le veniva in mente altro per prolungare ancora quell’ultimo momento di vicinanza.
- Bene. – commentò lui piatto, prendendo in mano il portafogli – Avevamo concordato cinquecento, vero? –
Rin sussultò e sbatté le palpebre un paio di volte prima di realizzare.
- Cosa? No! Non li voglio i soldi. E’ stata una vacanza… non si è trattato di lavoro. – almeno non per lei, pensò con amarezza.
Lui sembrò sorpreso – Eravamo d’accordo, questi soldi ti spettano. –
Certo era un’idea estrema quella di voler buttare nel cesso tutto il compenso, ma se lo avesse accettato avrebbe significato davvero che tutto il tempo trascorso insieme a lui era stato solo misero, obbligato e freddo lavoro –e c’era una piccola parte di lei che voleva continuare a sognare e a dargli del tu tutta la vita.
- Io… no, non li voglio. Mi sono divertita, e nessuno viene pagato per divertirsi… tranne gli assaggiatori di gelato o quelli che testano le montagne russe… ehm, insomma, sono stata bene, i soldi non li voglio. Quindi la ringrazio molto, anche per stamattina… e per il regalo… è stato un pensiero gentile da parte sua. –
- Ricominci con la forma referenziale? –
Rin gli sorrise, ma aveva un che di triste – Siamo tornati e non c’è più suo fratello… quindi lei è solo il mio capo, e è giusto così. –
Lui era il suo capo, era giusto così.
- Non siamo ancora in ufficio, e anche in ufficio puoi non farlo. –
- Davvero? – lo guardò di sottecchi, timorosa, e lo vide annuire – E… m-ma gli altri colleghi, cosa penseranno? –
- Cosa dovrebbero pensare? – alzò le sopracciglia e un sorriso divertito gli comparì sul volto, e Rin lo odiò perché quella era la prova crudele e definitiva che lui si stava prendendo gioco di lei.
Strinse i denti – Non lo so, non è una cosa che si aspetteranno, ecco tutto, per come lei è fatto. Adesso vado, buonanotte… e di nuovo grazie. –
Sì, grazie per il salvataggio di quella mattina, per la vestaglia di seta arancione, per averle presentato la sua famiglia e averle mostrato un tassello segreto della propria vita -ma anche di averla disprezzata, sminuita davanti al fratello, per essersi preso gioco di lei e per guardarla dall’alto sempre con quel ghigno stampato in faccia… sì, davvero grazie mille Sesshomaru.
- Buonanotte Rin. –
Si era già voltato quando lei lo richiamò – Aspetta. – non sapeva neanche come continuare, così tergiversò – Dopodomani in ufficio alle otto, ma prima devo passare in lavanderia e a ordinare un mazzo di fiori per quel cliente in ospedale. –
- Esatto. –
- Bene… - silenzio.
- C’è altro? – incalzò lui.
Certo che c’era, c’era una marea d’altro che Rin avrebbe voluto buttargli addosso come il più pesante dei fardelli, ma che purtroppo doveva tenere per sé se voleva salvare almeno un po’ di orgoglio e il posto di lavoro.
- No, niente. Solo… - una cosa, una doveva proprio dirgliela – Io… non penso di essere una persona noiosa. Mi dispiace che tu pensi che io sia noiosa. Cose come “una gran lavoratrice”, “una ragazza equilibrata”… odio quando mi viene detto. Perché sono frustrata all’idea che la gente veda quella me, quella che sono tredici ore al giorno tutti i giorni. Io sono una persona oltre che una lavoratrice, e non mi ritengo affatto noiosa. –
Lo guardò con vergogna, ma sicuramente fiera e convinta come poche volte aveva osato essere, e lui inizialmente parve non capire le sue parole, poi le soppesò e il suo volto assunse un’espressione prima sorpresa, poi irritata –il che per un momento la spaventò.
Lo vide passarsi una mano sulla fronte con lo sguardo più scocciato che le avesse mai visto – Hai sentito la conversazione con Inuyasha. –
- No! Non… non ho sentito niente, ero in bagno e… passavo di lì, ho sentito solo quello. Però, uhm, mi è rimasto impresso e volevo dirtelo… -
Che disastro.
- Hai sentito solo quello? – inarcò un sopracciglio e lei si sentì arrossire sotto il peso di una bugia che non avrebbe mai saputo dire – So che hai l’abitudine di origliare. –
Beccata. – Beh… sì lo so che mi hai sorpresa un sacco di volte, ma se questa volta non te ne sei accorto… vuol dire… che non stavo origliando. Non ho sentito altro… anche se immagino che stavate parlando male di me, e adesso che ci penso non capisco proprio come ho fatto a resistere alla tentazione… -
- Davvero, me lo chiedo anche io. – la guardava con gli occhi che erano due fessure, deliberatamente provocatorio, e un sorriso pigro che avrebbe fatto gola a chiunque. 
- Già. Ma non mi interessa cosa stavate dicendo… era solo l’aggettivo noiosa che mi ha infastidita. –
- Quindi era per questo che eri di cattivo umore, oggi? –
Al diavolo, si era andata a ficcare proprio in una situazione di merda – Un po’. – ammise – Ma non solo per quello. Comunque è tutto apposto, va bene così. –
- Non fa differenza? –
Riconobbe subito le parole che si erano detti la sera prima, probabilmente a quella stessa ora, e il cuore prese a batterle furioso nel petto mentre una strana rabbia le imporporò le guance: le stava imponendo una confessione, una sconfitta definitiva, perché qualsiasi sua risposta l’avrebbe sbugiardata.
- Certo che fa differenza. – mormorò – Ma non è importante. Buonanotte Sesshomaru, ci vediamo giovedì. –
Si voltò di scatto, e aveva già un piede oltre al portone quando lui la richiamò con voce bassa.
- Rin… - si era avvicinato di molto, con un’espressione seria che per un momento la spaventò – Non avresti dovuto sentire quella conversazione… Inuyasha ha la brutta abitudine di intromettersi negli affari degli altri, e io perdo subito la pazienza, ma non avrei dovuto dire quelle cose di te. Non penso che tu sia noiosa, ed è stato scorretto. –
Le sembrò sinceramente dispiaciuto, per questo si ammorbidì un po’ – Grazie, lo apprezzo molto. Ma dopotutto sei il mio capo, puoi avere di me l’idea che vuoi. –
Sesshomaru la ignorò totalmente – Detto questo, per rimediare al torto vorrei portarti a cena fuori, domani, se non hai altri impegni. –
Rin non era sicura di aver capito bene; le aveva… le aveva appena… no, no, non era così. O forse sì?
Si indicò con l’indice, gli occhi ancora sgranati dallo stupore - Io? A cena fuori… con te. –
- Esatto. – aveva uno sguardo strano, caldo ma inquisitorio, e le labbra leggermente tirate all’insù in un ghigno divertito che poteva benissimo passare per un sorriso.
- Ehm… va bene. Ma, voglio dire, se lo fai per una semplice questione di educazione devo dirti che per me è troppo… cioè se ci tieni va bene una bottiglia di vino, tu hai dei gusti fantastici e-
- Respira, Rin. Passo a prenderti alle sette. –
- Okay… -
Ancora non riusciva a crederci, ancora non le sembrava vero: come era riuscita a passare da triste segretaria sfigata a ragazza che ha un appuntamento con l’amore della sua vita? E il tutto era successo in meno di cinque minuti: un attimo prima si stava crogiolando nella disperazione della sua cotta non corrisposta e quello dopo si ritrovava ad almeno dieci metri da terra, con la testa tra le nuvole e la voglia di urlare da quanto era contenta.
Sesshomaru azzerò lentamente la loro distanza e l’ultima cosa che vide Rin prima di chiudere gli occhi furono due iridi ambrate e una cascata di capelli argentei. Il bacio arrivò dolce e inaspettato, a stampo, e la prima cosa che pensò lei fu che le sue labbra erano più morbide di come sembravano; ed erano calde, come la mano che le aveva messo su un fianco per attirarla maggiormente a sé.
Rin ne approfittò subito, e non solo perché aspettava quel momento da due anni; lo afferrò per la stoffa del maglione e si tirò su in punta di piedi, e a quel punto lui si fece più intransigente e le mordicchiò il labbro inferiore costringendola a dischiudere la bocca. Le stuzzicò il palato con la lingua umida e lei ricambiò accarezzandolo piano con la propria; si baciarono ancora, più a fondo, e Sesshomaru ormai l’aveva intrappolata tra il suo corpo e il portone, e niente era bello quanto baciarlo, stringerlo e averlo lì tutto per sé.


Aveva ancora gli occhi chiusi quando lui si staccò con gentilezza, e solo a quel punto si concesse di riaprirli per controllare se effettivamente si erano appena baciati o se a causa del suo alcolismo aveva appena molestato un estraneo –magari un barbone.
Sesshomaru la guardava a un palmo di distanza con un sorriso piuttosto irriverente a dare un po’ di colore al volto marmoreo. Le iridi gialle indagavano dappertutto sul volto di Rin, sulle guance arrossate, sugli occhi lucidi, sulle labbra gonfie per i morsi ricevuti. Forse si preoccupò pure di averle fatto male, perché le passò un dito leggero sul labbro ingiuriato e poi si chinò di nuovo a baciarla, stavolta un bacio semplice e gentile –un bacio di coppia, insomma, uno di quei baci rubati e totalmente adorabili che si scambiavano i fidanzati quando dovevano salutarsi.
- Domani alle sette. Buonanotte, Rin. –
Le accarezzò la testa come avrebbe fatto con una bambina, poi si voltò e rientrò in macchina che ancora la fissava con quella faccia da schiaffi che si ritrovava, completa di sorriso soddisfatto e sguardo vittorioso –era odioso, e lei era proprio una stupida. Lo vide partire ingranando subito la terza marcia e rimase ancora qualche secondo imbambolata, ferma in mezzo alla strada, prima di rendersi conto che faceva un freddo cane e che, dulcis in fundo, doveva portare le valige da sola fino al terzo piano –quello però non era un vero problema se pensava che con tutta quell’adrenalina in corpo avrebbe potuto correre tranquillamente alla maratona di New York. Rin sorrise spontaneamente alla notte, alle luci dei lampioni e dei palazzi affacciati sulla strada; riconobbe Kohaku che le stava venendo in contro dal marciapiede opposto agitando una mano guantata, e capì che quella realtà era meglio di qualsiasi altro sogno.
- Hey, tanti auguri di Buon Natale! – le schioccò due baci sulle guance ma niente da fare, attorno a sé sentiva ancora il profumo leggero di Sesshomaru - Alla fine ho visto che sei partita. –
- Oh, è stata un’improvvisata… sono andata a Pittsburgh a trovare… amici. –
- E’ andato tutto bene? –
- Alla grande. – sorrise. Sì, era andata proprio alla grande – Tu? La tua cena in famiglia? –
E mentre Kohaku saliva le scale del palazzo con un sacco della spesa in una mano e il suo trolley nell’altra prodigandosi nel racconto dettagliato della sua disfatta natalizia, Rin rimuginò ancora un po’ sugli eventi degli ultimi tre giorni. Tre giorni –non tre mesi, tre anni, tre settimane, ma giorni. Aveva lavorato lì per due anni –due anni!- senza essere minimamente notata, e adesso in tre giorni cambiava tutto; le aveva chiesto un appuntamento -un vero appuntamento, senza soldi, lavoro, famiglia, solo loro due- e se da un lato era la cosa migliore che le potesse capitare, dall’altro era un completo disastro se pensava ai pochi vestiti eleganti che aveva nell’armadio… ma a quello ci avrebbe pensato domani, e grazie al cielo che esisteva lo shopping online.
Un piccolo miracolo di Natale, ecco cos’era stato. Magari sarebbe finito nel giro di poche ore, magari sarebbe durato per sempre, ma non le importava proprio di niente finché aveva quel sapore dolce ancora tra le labbra.
- Lo so che non mi stai ascoltando… -
- Eh? – Rin tornò con i piedi per terra quando si scontrò con l’espressione divertita di Kohaku – Ma fatti un favore, per la prossima volta in cui andrai a trovare… amici: non dire mai più “alla grande”, non sei mica al college. –
Alzò gli occhi al cielo – Grazie maestro, prenderò nota. –
Ma che ci poteva fare se tutto era andato inaspettatamente, meravigliosamente e indiscutibilmente alla grande? Ed era un po’ che non le capitava che le cose andassero così bene. 
- Strano, non avevano messo neve a New York… - commentò Kohaku, accarezzandosi il mento, e solo in quel momento Rin si accorse che fuori dalla grande finestra del pianerottolo il paesaggio grigio di New York aveva cominciato a colorarsi di tanti piccoli fiocchi bianchi.
Sorrise – Sarà un miracolo di Natale. –
- Quest’erba è il vero miracolo, vuoi assaggiare? –
- Rovini sempre l’atmosfera! Ma va bene, giusto il tempo di posare le mie cose. –
Quando rientrò in casa dell’amico, pochi minuti dopo, indossava il pigiama e una stupenda vestaglia di seta color del tramonto.
- E’ un regalo. – rispose allo sguardo sorpreso dell’amico.
- Carino! -
E non lo disse mica che il vero regalo era stato un altro, un bacio al sapore fresco di menta che solo a ricordarlo le venivano le vertigini.
- Buon Natale a te. – Kohaku inaugurò lo spinello e glielo passò subito.
- Già, buon Natale a me. –
Ancora nevicava quando Rin tornò nel proprio appartamento, e il silenzio ovattato della città addormentata la cullò dolcemente finché non si assopì, con la vestaglia ripiegata sul cuscino accanto a sé e il pollice a sfiorare la piccola crosta sul labbro laddove lui l’aveva morsa. A mezzanotte le arrivò un’e-mail, ma lei già dormiva.
 
Cancella la conferenza stampa del 30 dicembre. Spostala al 31 sera all’orfanotrofio sulla sesta. Sarai la mia accompagnatrice. S.  

















 
Mmmmmmm non so se mi odierete per come ho concluso la storia, fatto sta che è nata come un intermezzo e anche il finale è, di conseguenza, molto aperto. Per lo meno è un lietofine, dai!!! Io che di solito sono così inclemente ho voluto far durare le torture di Rin non più di qualche giorno, non è una cosa apprezzabile?? No eh?
Neanche il fatto che per la festa della Befana vi ho regalato ben due atti al posto di uno??
No, niente da fare.
Come al solito ringrazio tantissimo chi ha recensito, scusatemi se non vi ho risposto personalmente ma ho letto e riletto ogni parola delle vostre recensioni e mi hanno fatto tutte un sacco piacere :) Spero che al di là di tutto la storia vi sia piaciuta come è piaciuto a me scriverla: è nata come una cosa di poche pretese e si conclude così, con un sogno che si avvera e tanti altri che ne nascono -come dovrebbe essere il natale, insomma, anche se per me equivale più che altro a chili di mascarpone e prosecco schifosissimo.
Spero che abbiate passato delle buone feste, vi faccio gli auguri per il rientro (help) e ancora grazie, grazie e grazie :) Questa storia è dedicata a tutti quelli che mi hanno recensito -siete fantastici, sì, e adesso devo proprio riprendere in mano la mia altra storia se non voglio essere soggetta a lapidazione.............
bacioni i i i i
  
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