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Autore: Mary P_Stark    08/01/2016    2 recensioni
Lithar mac Lir, gemella di Rohnyn, porta con sé da millenni un misterioso segreto, di cui solo Muath e poche altre persone sono al corrente. Complice la sua innata irruenza, scopre finalmente parte di alcune tessere del puzzle di cui è composta la sua esistenza, ma questo la porta a fuggire dall'unica casa - e famiglia - che lei abbia mai avuto. Lontana dai fratelli tanto amati, Lithar cercherà di venire a patti con ciò che ha scoperto e, complice l'aiuto di Rey Doherty - Guardiano di un Santuario di mannari - aprirà le porte ai suoi ricordi e alla sua genia. Poiché vi è molto da scoprire, in lei, oltre alla sua discendenza fomoriana e di creatura millenaria, e solo assieme a Rey, Lithar potrà scoprire chi realmente è. - 4^ PARTE DELLA SERIE 'SAGA DEI FOMORIANI' - Riferimenti alla storia nei racconti precedenti
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei Fomoriani'
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15.
 
 
 
 

Mi lappai le labbra, inaridite e screpolate e, sempre fissando la donna innanzi a me, mi domandai cosa fosse successo, se fossi finita in un incubo a occhi aperti.

Ero nell'infermeria del Santuario, non ero stata spostata ma...

Rey! Dov'era finito Rey?!

Premetti con le mani per sollevarmi a sedere, ma il mio corpo si rifiutò di obbedire agli ordini e, con un tonfo, ricaddi indietro sul materasso.

“Resta ferma. Sei ancora debole, e il tuo corpo si sta rigenerando lentamente. Hai donato più sangue del necessario, e ora non potresti muoverti neppure volendo.”

La voce di Muath risuonò atona, controllata, e il suo viso mi apparve imperscrutabile, ancor più del solito.

Seduta su una delle sedie dell'infermeria, lei che superava abbondantemente i due metri di altezza, appariva anacronistica e fuori posto, in quel luogo.

Eppure era lì, e i miei fratelli si trovavano poco distanti, appollaiati sui lettini restanti e tutti con gli occhi puntati su Muath.

Come biasimarli, del resto? Nessuno di loro poteva dire di avere avuto dei buoni trascorsi, con lei.

Perciò, perché si trovava qui? E come era riuscita a raggiungere la fattoria di Rey?

Kevin scelse quel momento per piagnucolare, desideroso con tutta probabilità di ricevere sostentamento e attenzioni.

Muath si volse allora verso Sheridan, che la stava fissando con aperta diffidenza e sospetto, e mormorò quieta: “Il bambino ha fame?”

“E' stata una notte piuttosto concitata, perciò credo che abbia bisogno di uno spuntino di riserva” le rispose atona Sheridan, aprendo la camiciola per offrirgli il latte.

“Anche Rohnyn strepitava a quel modo, quando aveva fame” chiosò a sorpresa Muath, tornando a guardarmi. “Tu, invece, ti limitavi a mettere il broncio e a singhiozzare.”

Distolsi lo sguardo e, nuovamente, il posto vuoto accanto a me mi mandò in agitazione.

“Stheta? Rey dov'è?” chiesi con voce roca, senza avere il coraggio di guardare mio fratello.

Lui mi raggiunse, ponendosi accanto al letto dalla parte opposta a quella dove si trovava Muath e, sorridendomi appena, disse: “Sta bene. E' nella sala post-operatoria. Quando...”

Si interruppe, lanciando un'occhiata a sua madre, dopodiché proseguì. “Lo abbiamo spostato perché potesse riprendersi in santa pace.”

“Non lo avrei comunque ucciso, anche se fosse rimasto qui accanto a Litha” protestò piccata Muath, ma Stheta non vi fece alcun caso.

“Permettetemi di essere un velo prevenuto nei vostri confronti, madre. Abbiamo avuto ampie prove della vostra riottosità nei confronti dei nostri congiunti, per cui...”

Rohnyn avvolse le spalle di Sheridan per diretta conseguenza, come se le parole del fratello avessero risvegliato antiche ferite, e io gli sorrisi in risposta.

Vederli tutti lì, sani e salvi – anche se incerottati all'altezza dei gomiti – mi diede la forza di guardare nuovamente in viso Muath e, seria, le domandai: “Perché sei qui?”

“Pensavi davvero che non mi sarei resa conto di quello che stavi combinando? Che ti piaccia o meno, tu sei mia figlia. E io saprò sempre se sei in pericolo.”

Il ricordo del mio risveglio nell'infermeria della senturion scelse proprio quel momento, per intrufolarsi nella mia mente confusa.

Rammentai il suo volto preoccupato, le occhiate che Muath lanciò a una addormentata Ciara, e quel che mi disse al mio risveglio.

Nessuno ti ucciderà, finché io vivrò.

“Ho parlato con la mamma. Qui” le dissi sommessamente, toccandomi la fronte con un dito.

“Quindi ci era riuscita...” mormorò in risposta, annuendo lievemente. “Temevo non avesse avuto tempo sufficiente.”

“Tu... sapevi?” esalai, confusa.

Muath scrollò un poco le spalle, replicando: “La sostenni fisicamente finché non morì. Verso la fine della cerimonia, parlò così fiocamente che non fui certa avesse portato a termine l'incantesimo. La comparsa dei glifi mi fece pensare che lei potesse parlarti ma, visto che tu non mi dicesti mai nulla, immaginai che la procedura non fosse stata completata con successo. Inoltre, mancando l'elemento più importante, e cioè un tuo parente che potesse dare avvio al processo di apertura dei ricordi, immaginai che avresti portato quei segni fin nella tomba.”

“Non mi hai ancora detto perché sei qui” insistetti, accigliandomi un poco.

Muath, allora, indicò il mio collo e, mesta, mormorò: “Dovevo disattivare la rihall. Se fosse rimasta, avrebbe interferito con i tuoi poteri divini, impedendoti di riprenderti. I poteri dei Tuatha e quelli dei fomoíre non vanno esattamente d'accordo. Per rigenerarti, dovevi essere interamente Tuatha, e la rihall avrebbe creato problemi.”

“Ma... e il sangue... dei miei fratelli, allora?”

“Il sangue, in sé, non crea problemi. Hai entrambi i ceppi, dentro di te. Ma la rihall è altro discorso. E' più di un semplice marchio, e tu lo sai bene.”

Certo, la rihall mi permetteva di vivere sotto i mari, di poter mutare in delfino, di nuotare più veloce di qualsiasi altro essere vivente.

In pratica, mi consentiva di essere fomoriana in tutto e per tutto.

Fu a quel punto che rammentai un particolare.

Quando i miei poteri di dea erano scaturiti per venire in mio soccorso, la rihall aveva bruciato come fuoco, sulla mia pelle.

Come intuendo i miei pensieri, Muath lanciò un’occhiata veloce a Stheta, prima di dire: “Mi hanno detto che ti sei… esibita. E immagino che la rihall ti abbia fatto male.”

Annuii, non volendo dire altro.

“Come dicevo prima. La rihall non è solo un segno distintivo di una casata, ma qualcosa di molto più profondo. Quando i tuoi poteri di Tuatha sono emersi, hanno cozzato contro quelli dei fomoíre, e forse è stato un bene, o avresti raso al suolo tutto.”

Deglutii a fatica, non immaginando davvero una cosa simile.

Muath sorrise appena, quasi divertita dal mio timore, e mormorò: “Dopotutto, ti è servita anche la tua parte fomoriana, pur se sembri odiarla tanto.”

Preferii non rispondere a quell’imbeccata e, con un sospiro, domandai: “E ora?”

Lei, per tutta risposta, si levò in piedi e, scrutandomi dall'alto, disse soltanto: “Se, un domani, vorrai rimettere piede a Mag Mell, dovrai chiedermelo perché lo vuoi davvero, non per una decisione presa da altri, o da un tuo capriccio. Nel frattempo, la tua pelle di delfino la custodirò io. Senza una rihall attiva, ora, non ti servirebbe a nulla, e non penso tu voglia chiedere ai tuoi fratelli una pinta del loro sangue, e un’oncia della loro carne, perché te la riattivino.”

Scossi il capo e, levandomi a sedere con l'aiuto di Stheta, vidi finalmente chi aveva accompagnato Muath fino al Santuario.

Ciara mi sorrise dalla porta d'entrata dell'infermeria, mentre Krilash, levandosi a sua volta in piedi, mi disse: “Torno tra poco. Devo andare a creare un po' di atmosfera.”

Li guardai allontanarsi assieme, senza avere la forza di chiedere e, con un sospiro, mi appoggiai a Stheta, che si accomodò sul letto per sorreggermi meglio.

“Non hai idea di quanto ci abbia sorpresi vederla piombare qui, nel bel mezzo della notte, assieme a Ciara.”

“Rohnyn ha quasi dato di matto, mentre io mi sono nascosta dietro a Stheta” ridacchiò Sheridan, sorridendomi nel sistemare la camiciola.

Kevin, ora, pareva molto soddisfatto.

Rachel ridacchiò nel ripensare alla scena e, annuendo, dichiarò: “Ammetto che, per poco, non è venuto un colpo anche a me. E Krilash ha sbraitato per un minuto buono, prima che Ciara riuscisse a tranquillizzarlo.”

“Ciara era rimasta a Mag Mell per tenere d'occhio Fay, vero?” domandai, sorridendo a Rachel, che annuì.

Da quando Fay era entrata nelle senturion, non era mai stata del tutto sola.

In barba alle regole vigenti, un soldato scelto da Ciara si era premurato di tenerla d’occhio in ogni momento.

E Ciara si era messa a totale disposizione di questo soldato, perché potesse conferire con lei a qualsiasi ora del giorno o della notte.

Avevo ipotizzato subito che la sua mancanza, al funerale, fosse dipesa da questo, ma saperlo mi rassicurò.

Tenevo molto alla figlia adottiva di Krilash, e saperla al sicuro era una consolazione.

“Per accompagnare Muath sulla terraferma, Ciara ha obbligato due soldati della guardia a presidiare la senturion ogni minuto, durante la sua assenza. E spero lo abbiano fatto, perché non voglio pensare alle conseguenze. Mia moglie sa essere piuttosto dispotica, quando vuole” ironizzò Stheta, cullandomi contro di sé.

Sorrisi a quel commento e, lasciandomi andare al suo calore protettivo, permisi a me stessa di riprendermi dallo sforzo fisico compiuto per salvare Rey.

Avrei avuto tempo più tardi per soppesare quanto Muath mi aveva detto.
 
***

Mi risvegliai molto tempo dopo e, quando scorsi due profondità color cioccolato sorridermi liete, esalai: “Rey...”

“Ciao” replicò, chinandosi a baciarmi.

Sorrisi contro la sua bocca e, grazie al suo aiuto, mi misi a sedere sul lettino d'ospedale dov'ero ancora distesa.

Lo guardai con intensità, alla ricerca di qualche indizio rivelatore ma, in realtà, non vidi altro che Rey, con i suoi profondi occhi scuri, il suo sorriso ironico e il suo viso allegro.

“Come ti senti?” gli domandai, muovendo istintivamente una mano verso il suo addome.

Lui, per tutta risposta, sollevò la maglia di cotone che indossava e mi mostrò la sutura rosea e in via di guarigione.

Vagamente sorpresa, esalai: “Ma come... stai già guarendo?”

A quel punto, Rey mi carezzò il viso, i capelli intricati e scompigliati e replicò alla mia domanda con un tocco di ironia. “Litha, sono sei giorni che stai dormendo.”

Cosa?!” esclamai, strabuzzando gli occhi.

Mi guardai intorno, notando la totale assenza della mia famiglia e dei due licantropi che, la notte del ferimento di Rey, avevano rischiato di morire.

Completamente stravolta e confusa, tornai a guardare Rey in cerca di spiegazioni.

Con la sua consueta calma olimpica, prese le mie mani tra le sue e disse: “Dopo il breve risveglio che hai avuto, hai dormito in stato semi comatoso per diverso tempo. Ti abbiamo alimentata con le flebo...”

Si interruppe per indicare l'ago che avevo nel braccio destro, e io sibilai sconcertata.

“...dopodiché, abbiamo aspettato. Stheta mi ha assicurato che stavi bene, anche se non mi pareva del tutto convinto neppure lui. Krilash e Rachel sono tornati a Mag Mell perché volevano vedere come se la stava cavando Fay, mentre Stheta, Rohnyn e Sheridan sono ancora alla fattoria. Quando sono venuto qui, stavano mostrando le pecore a Kevin.”

Mi sorrise nel dirlo, e io annuii.

“Quindi... hai visto Muath?”

“Per la verità, no. Ero ancora addormentato, quando se n'è andata. Ma Rohnyn mi ha detto che è passata da me. Non ha detto nulla, si è limitata a guardarmi e poi è uscita. Questo, stando al racconto di tuo fratello.”

Sbuffai, ma dissi atona: “Beh, per lo meno non ha cercato di ammazzarti. E' già un passo avanti rispetto al passato.”

“Te la senti di alzarti? O preferisci riposare ancora un po'?”

“No, me la sento... ma aiutami, per favore” asserii, sfilando le gambe da sotto le lenzuola.

Sia io che Rey ci bloccammo sul colpo, quando i nostri occhi si posarono sui miei piedi.

Anche se pallidi, quasi invisibili se non a un occhio attento, riuscii a scorgere gli antichi glifi che, il tocco di Rey, aveva cancellato.

Ora erano lì, poco più che mere apparizioni, eppure riuscivamo a vederli entrambi, e ricoprivano ogni centimetro di pelle visibile.

Proprio come la notte in cui avevo avuto accesso ai miei poteri divini.

“Ma cosa...?” esalai, levando un piede per poggiarlo sul bordo del letto.

Rey, subito, mi sfiorò la pelle con un dito e, sibilando per la sorpresa e lo sconcerto, allontanò la mano quando, sulla sua pelle, comparvero i medesimi glifi sottopelle.

“Porca... la... miseria!” esclamò, fissandosi la mano come se la vedesse per la prima volta.

La nostra dinastia può rinascere, ora... i Tuatha, dopotutto, non sono stati distrutti... Bress ha fallito.

“Mamma?” esalai, facendo tanto d'occhi.

Il tuo sangue divino lo ha reso simile a te, cancellando le debolezze del suo essere un mortale, così come il tuo sangue fomoriano ti ha permesso di sopravvivere ai secoli, unica sopravvissuta in un mondo che più non crede alle sue antiche divinità.

Rey impallidì visibilmente e, a tentoni, cercò lo schienale della sedia per appoggiarvisi.

A quanto pareva, non aveva ricevuto solo il mio sangue, ma anche la mia eredità.

Non solo Tuatha, ma anche fomoriano e umano. Una nuova stirpe di dèi, non più legata a un culto, ma indipendente da tutto e da tutti. Una nuova era, un nuovo corso. Siate padroni di questa eredità e usatela con saggezza, figli miei.

“Oh. Mio. Dio.”

Rey crollò definitivamente sulla sedia, il viso coperto da mani tremanti e io, dopo essere uscita dal letto, lo strinsi a me e mormorai: “Impareremo insieme, Rey. Un passo alla volta, un giorno alla volta.”

Lui gracchiò una risata e, con la sua solita ironia, mi disse: “Parli bene, tu. Eri già pronta psicologicamente a vivere per un sacco di tempo. Io no.”

“Pensa solo a questo, Rey. Il tempo non sarà più un ostacolo, per noi, ma solo un vantaggio” gli ricordai, scostando le mani dal suo viso per osservarlo negli occhi ancora turbati.

Rey allora ghignò, si levò lentamente in piedi e replicò: “Un'eternità con te. Non dovrebbe essere poi tanto male. Ma penso che andrò a rimettere lo stesso, se non ti turba troppo.”

Ciò detto, mi lasciò andare in gran fretta e si diresse verso il bagno, accompagnato dalla mia risata liberatoria.

Un attimo dopo, piena di comprensione e compassione, lo raggiunsi.

Dopotutto, non erano notizie che si ricevevano tutti i giorni.
 
***

Lo sconcerto della mia famiglia non fu inferiore a quello di Rey che, a distanza di diverse ore da quella scoperta, ancora faticava a crederci.

Nel terminare di dire ciò che sapevo, mostrai nuovamente loro le mani e domandai per la centesima volta: “Davvero non vedete nulla?”

“Litha, ti ho appena detto che non si vede niente. Niente. Sturati le orecchie, sorellina” brontolò Rohnyn, ormai esasperato.

“Detto con la tua consueta delicatezza, vero, amore?” ironizzò per diretta conseguenza Sheridan, intenta a far saltare sulle ginocchia il figlioletto.

“Ah-ah” mugugnò il marito. “E' solo che, nell'ultima ora, lo ha chiesto almeno venti volte! Dovrebbe averlo capito, ormai, che noi non vediamo i glifi.”

Sheridan, allora, mi guardò con estrema comprensione e celiò: “Hai tutta la mia simpatia, Litha, per averlo sopportato per quattromila anni. Era così rompiscatole anche da piccolo?”

Risi, dando una pacca sul braccio a Rohnyn e, scrollando le spalle, replicai: “Forse lo ero anch'io, per cui...”

“Alle donne è permesso. Specie se crescono con un branco di maschi” dichiarò perentoria mia cognata, guadagnandosi le occhiatacce di marito e cognato.

Rey si limitò a sorridere divertito.

“E dire che pensavo che i tuoi problemi di acidità dipendessero dalla gravidanza. Invece, vedo che sono connaturati in te” chiosò Stheta, intrecciando le braccia sul petto come a sfidarla a ribattere.

Ma Sheridan non ci fece neppure caso e, flemmatica, replicò: “Ho ancora il fucile con cui ti ho sparato, sai, cognatuccio?”

La risata di Rey, a quel punto, sgorgò come un torrente montano, fresca e limpida e, tergendosi una lacrima di ilarità, dichiarò: “Giuro, siete la famiglia più stramba, amorevole e calorosa che io abbia mai conosciuto.”

“Grazie, caro. E ora ne fai parte integrante. Vuoi che spari anche a te, per farti sentire più a tuo agio?”

“No, ho già dato, ma ti ringrazio per la gentilezza, Sherry” ribatté Rey, dandosi una pacca sull'addome.

“Ops, chiedo scusa. La mia lingua vaga senza controllo, a volte” si scusò Sheridan, sorridendo contrita.

“E' ora che ti riporti a casa, prima che Rey ci ripensi e fugga a gambe levate per colpa tua” sostenne Rohnyn, levandosi in piedi. “A ogni modo, non mi fido molto a lasciare il negozio nelle mani di Konag. Non è esattamente il suo mestiere.”

“Qui va tutto bene, fratello. Non devi temere per me o per Rey.”

Mi levai in piedi a mia volta per abbracciarlo e, nello stringermi a lui, mormorai commossa: “Non penserò mai più che voi non siete la mia famiglia. Mai più.”

“Ti converrà, o verrò qui solo per sculacciarti, sappilo. Anche se sei una dea a tutti gli effetti, ora.”

“Vieni comunque, venite tutti in ogni caso. Più volte che potete, e noi faremo lo stesso” rammentai loro, sorridendo anche a Stheta, che mi abbracciò non appena lasciai Rohnyn.

“Abbastanza da non dimenticarci di te, e non così tanto da farti detestare la nostra presenza.”

“Non succederà, poco ma sicuro.”

Sheridan fu meno sdolcinata, ma tremai quando abbandonai il suo abbraccio.

Baciai Kevin sulla fronte, promettendogli che gli avrei fatto visita un mondo di volte dopodiché, con calma, raggiungemmo l'auto di Rohnyn.

Fu con mestizia mista a speranza che li salutai e, nel veder allontanarsi l'auto lungo lo stradello, mi domandai quando li avrei rivisti.

Mi lasciai andare contro il corpo caldo e solido di Rey, che mi avvolse la vita con le braccia e, sorridendo nel veder giungere al trotto Viv e Parcy, mormorai: “E ora, che facciamo?”

“Conner ci darà ancora fastidio?” mi domandò a sorpresa Rey, lo sguardo perso nell'orizzonte limpido del primo pomeriggio.

“Ho cancellato dalla sua memoria ciò che è accaduto, ma continuerà a essere un Cacciatore, se è questo che mi chiedi.”

Annuì, mi ricondusse verso casa e, nell'aprire la porta d'entrata, mi sorrise e dichiarò: “Affronteremo i problemi quando busseranno alla nostra porta. Non ho intenzione di andare a cercarli di proposito.”

“Come vuoi tu. Inoltre, dobbiamo anche capire cosa sei in grado di fare, giusto?”

“Una cosa la so fare di sicuro” ammiccò lui, prendendomi in braccio con naturalezza. “Oh, bene...un bonus l'ho appena scoperto.”

“Sei più forte?” ironizzai, avvolgendo le braccia attorno al suo collo.

“Tra le altre cose” sorrise sornione, conducendomi verso la camera da letto.

Dopo avermi depositato tra le coltri profumate, si allungò verso il comodino e, dopo avermi passato una busta, mi disse: “Direi che è arrivato il momento di scoprire cosa ti ha lasciato nonnina in eredità.”

Soppesai tra le mani la lettera, indecisa se attendere ancora o accettare quest’ultima sfida.

Nel notare lo sguardo limpido e tranquillo di Rey, però, non ebbi più alcuna esitazione.

Infilai un dito tra le falde della busta, e sfilai il foglio singolo vergato a mano che si trovava all’interno.

La scrittura era leggermente tremante, ma sicura.

Sospirai, e lessi a voce alta anche per Rey.

 
Litha cara, quando leggerai questa mia, vorrà dire che ho raggiunto
la Madre, e ogni cosa è andata come doveva andare. Ama e lasciati
amare, cara, poiché meriti di vivere la vita pienamente, con gioia e forza.
Lascia che sia il tuo cuore, e non la tua spada, a guidarti, e fidati di Rey
come hai fatto finora. Prenditi cura di lui, perché potrà avere anche lui
bisogno di te e del tuo appoggio. I maschi, difficilmente lo comprendono
da soli. Ma, più di ogni altra cosa, lascia che i ricordi rimangano tali e
impegnati a crearne di nuovi, così che la tua esistenza sia piena e luminosa.
Sei nata il giorno più lungo dell’anno, e io spero che anche la tua avventura
sia così, lunga e calorosa, scaldata dal cuore del tuo vero amore. Abbandona
la rabbia, e vivi. Vivi, mia cara.                                       Tua  Gwendolin
 
Sorrisi mesta nel depositare il foglio sulle cosce e, nel baciare Rey, mormorai: “Sono sicura che la sua sarà l’anima più luminosa di tutte.”

“Non ho dubbi in merito” assentì Rey, togliendomi la lettera per distendermi sul letto.

Slacciandomi la camicia, cominciò a baciarmi lentamente la pelle e, con un risolino, mi chiesi quanto avremmo potuto andare avanti.

Dopotutto eravamo dèi, no?

Con tutta probabilità, avremmo passato ore, giorni, a studiare i nostri nuovi poteri divini, la nostra resistenza, i nostri limiti.

Anche se dubitavo che il nostro amore potesse avere limiti raggiungibili.

Non vidi l'ora di scoprirlo.








Note: Come avete avuto modo di scoprire, Muath non è così tremenda come può sembrare a volte. Ha un carattere scostante, è spesso egoista ma, messa di fronte al rischio di morte della figlia, non ha esitato a uscire dal mare per salvare Litha dall'annientamento. 
Ora, Rey è come Litha, immortale e dotato di poteri divini come ogni Tuatha. Naturalmente, senza rihall attive, a entrambi è precluso il mare, ma penso che per ora sia sufficiente imparare a convivere con la loro nuova realtà di dèi in terra.
Resta solo da scoprire l'epilogo, poi avrò terminato le avventure dei fratelli mac Lir e dei fomoriani.
Per ora grazie di avermi seguito fino a qui, e alla settimana prossima, con l'ultimo capitolo di questa tetralogia!

 
  
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