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Autore: _paleface_    09/01/2016    1 recensioni
Era come se tutti volessero sbarazzarsi di me. Avevo nove anni.
Avevamo poco, ma io e lui ci bastavamo. Avevo diciassette anni.
Ero arrabbiata, avevamo litigato e lui era morto. Avevo ventitre anni.
Se per tutti la tristezza e la disperazione non possono altro che essere seguite da felicità e gioia, io non facevo parte del "tutti".
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ed Sheeran
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi stavo cagando addosso. Mi stavo letteralmente, fisicamente e indiscutibilmente, cagando addosso. Non avevo mai preso un aereo prima di quel momento.
Mi trovavo in fila per l'imbarco del volo Milano-Londra, mancava poco, talmente poco... Una parte di me, sperava di vedere spuntare una testa rossa tra la folla, chiamare il mio nome per dirmi quanto in realtà mi amava e che senza di me non avrebbe potuto vivere, ma la parte più ragionevole, voleva solo salire su quell'aereo e dimenticare tutto. 

"Signorina?" Una voce sforzata alla gentilezza, mi richiamò dai miei pensieri e solo allora mi accorsi che era il mio turno. Mi guardai alle spalle ancora una volta, ma nessuno stava correndo a dichiarmi il suo amore, nessuno. La ragazza di poco prima mi controllò il biglietto e mi indicò la strada. 
Una volta trovato il sedile, mi accomodai vicino al finestrino e chiusi gli occhi, non avevo la forza necessaria per tenerli aperti ancora per molto. 
Immaginai Ed entrare di corsa nell'aereo, affannato, mentre mi cercava tra la gente e mi ripromisi, che quella sarwbbe stata l'ultima volta che lo sognavo. 

ED'S POV 

Mi sveglia sul pavimento della camera di Ania, circondato da varie bottiglie di birra vuote sparse in giro sul parquet. Avevo dormito sì e no una ventina di minuti quella notte, pensavo solo a lei, al male che le avevo fatto. Raccolsi da terra un laccio per capelli che aveva dimenticato, era l'unica prova che lei fosse stata lì in quella stanza. Quando ero arrivato a casa la sera prima, avevo subito capito che c'era qualcosa che non andava. Sembrava tutto troppo vuoto. Sono amdato subito in camera di Ania, e ho trovato l'armadio che aveva comprato, aperto, senza nessun vestito all'interno. Era andta via. Via davvero. 
Era quello che volevo, no? Volevo che si allontanasse perché non ero quello giusto per lei, non potevo aiutarla, ma perché mi sentivo così distrutto allora? L'unica cosa che mi venne in mente poi, fu ubriacarmi e scrivere canzoni su quell'elastico che era rimasto sul pavimento. 
A quanto pare, avevamo chiuso, ma solo lei sapeva che non era vero. Non esisteva più un "noi", ma d'altronde, quando mak era esistito? Mai.

Mai. 

Avrei voluto rincorrerla quella sera, ma Lisa aveva ragione: dovevo lasciarla andare. E così feci. Mi chiusi in casa e repressi ogni istinto che avevo di andare a cercarla. 
Mi spostai nel salotto, dopo aver faticato non poco per alzarmi, e osservai con malinconia le pareti arancioni. Ripensai a quel pimeriggio, alla paura che avevo visto nei suoi occhi quando avevo fatto l'errore di sbottonarle la camicetta, a quando mi raccontò della sua famiglia. Sentii gli occhi inumidirsi, ma niente usciva fuori. 
L'avevo fatta soffrore così tante volte, ma mai intenzionalmente. 
"Mi dispiace." Sussurrai, con la speranza che lei avesse potuto sentire la mia sofferenza anche a chilometri di distanza. 

Sapevo che non l'avrei più vista, non avevo idea di dove si trovasse in quel momento ed ero consapevole che non avrei mai più sfiorato quel corpicino e quel viso pallido. 

ANIA'S POV 

L'aereo atterrò dopo quasi un paio d'ore di viaggio. Dormii per quasi tutto il tragitto, quindi non ebbi poi così tanto paura come avevo immaginato. 

Era il 12 dicembre del 2009, la data che avrei ricordato per tutta la vita, la data dove dicisi di vivere e smettere di sopravvivere.

L'aeroporto era immenso e quasi non mi perdevo, ma riuscii ad uscirne e a trovare un taxi. 

"Dovrei andare qui." Mostrai l'indirizzo della pensione dove avevo prenotato che avevo scritto su un foglietto, all'autista e dopo un suo cenno affermativo della testa, mi rilassai sui sedili posteriori dell'auto. 

Ci vollero più o meno venti minuti per arrivare sul posto che avevo indicato al tassista. Da fuori aveva un'aspetto antico e abbastanza rovinato. 
C'eranp delle crepe evidenti sulle mura e avevo paura che, da un momento all'altro, sarebbe potuto crollarmi tutto addoso, ma infondo, mi era già crollato tutto addosso. 

"Basta Ania! Smettila di pensarci!" Rimproverai me stessa, ma ssapevo benissimo che avrei continuatl a rimuginarci sopra ancora per molto tempo. Sapevo però che, una volta fattami nuovi amici, conosciutp il posto e ricominciato a fidarmi davvero di qualcuno, sarebbe tutto passato. 
Anche solo pensare di potermi di nuovo fidare di un'altra persona, mi urtava il sistema nervoso e mi veniva voglia di prendere tutto a pugni perché, ogni volta che lo avevo fatto, era sempre finita male. Finiva con me distrutta, a terra, ferita come un lupo senza zanne. 

Ero un lupo senza zanne.

Presi le mie valige e, una volta pagato l'uomo, mi diressi all'interno dell'edificio. Se l'esterno sembrava messo male, l'interno era anche peggio: le pareti avevo la vernice quasi del tutto scrostata e la polvere sui mobili era visibile ad occhio nudo anche a due metri di distanza. 
Mi avvicinai alla reception, dove una donna sui sessant'anni, stava masticando rumorosamente una cicca. La osservai qualche secondo, storce do il naso notando il rossetto rosso sbavato persino sui denti. 
Mi schiarii la voce per renderle nota la mia presenza, riuscendoci egregiamente. Sollevò leggermente lo sguardo, guardandomi attraverso gli occhialini posizionati sulla punta del naso. Inarcò un sopracciglio, e lo presi come un invito a parlare. 

"Ehm..Salve." Sforzai un sorriso, senza riceverne uno in risposta. La signora continuò semplicemente ad osservarmi, senza dire una parola. "Ho prenotato una st-" Le parole mi morirono in gola quando, alzando lo sguardo, incontrai due occhi che mi erano mancati tremendamente. 

   
 
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