XIV Capitolo
Per
i tuoi occhi
Che strano
fenomeno può capitare a volte in un corpo umano!
Un brivido di freddo passa lungo la schiena e contemporaneamente si
sente il
fuoco dentro. Puoi pensare di essere malato, di avere la febbre o puoi
solo
arrenderti all’evidenza di essere innamorato.
L’amore è così, ogni cellula del
corpo sembra avere la febbre, lo stomaco si chiude e nessun cibo
è appetibile.
Solo un pensiero è fisso nella mente.
Quello strano
fenomeno stava capitando anche ad Emma ed ella
non voleva arrendersi ad esso. Come facesse a sentire caldo e freddo
contemporaneamente non lo sapeva. Come potesse voler fuggire ed evitare
l’oggetto di quel fenomeno e volere contemporaneamente
poterlo avere vicino per
il resto della sua vita, non lo sapeva.
***
Killian non era
riuscito a prendere sonno, anche lui turbato
da mille pensieri. Nella calda notte di Giugno era sdraiato nudo sul
suo letto,
sembrava soffocare, ma quello che pensava di dover soffocare era in
realtà un
sentimento che, lui per primo, riteneva illecito. Come era successo che
si fosse
perso dietro una donna che, sposata e madre di un bambino, non poteva
dargli
nulla di ciò che lui avrebbe voluto? La stessa donna che era
stata il centro
dei suoi pensieri per un bel pezzo, dodici anni prima, senza averla
vista in
volto.
Non
sentì la porta adiacente alla sua aprirsi, era troppo
preso a pensare e a rigirarsi nel letto, ma qualcosa gli
scattò dentro, come se
avesse udito un richiamo nella notte, una voce non udibile ad orecchio
umano,
ma udibile solo all’anima. Seppe in quel momento che Emma era
fuori, nel buio
della notte, illuminata da un debole spicchio di luna. Sentì
la sua anima
triste chiamarlo. Era sicuro, era lei … Si infilò
velocemente i pantaloni e la
camicia di lino bianco, non l’abbottonò nemmeno e
uscì scalzo. Non sapeva
perché il suo passo fosse così sicuro e
silenzioso dirigendosi verso la sponda
di poppa, non sapeva perché lo sapeva.
Lei sembrava un
pallido fantasma, poggiata alla ringhiera,
mentre si teneva con la mano alla cima vicina. I suoi meravigliosi
capelli erano
mossi dalla brezza e la tunica bianca, di lino leggero, schiacciata dal
vento
contro il suo corpo, non nascondeva, contro
la luce della luna, la sua forma delicata. Killian
sentì il solito
calore nel petto a cui ormai si era abituato, non solo in sua presenza,
ma
anche al suo solo pensiero. Il suo principale istinto fu quello di
abbracciarla
forte, sostenerla, proteggerla da ogni pena, da ogni male, da ogni
dolore.
Immaginò perché guardasse verso il luogo da dove
si stavano allontanando. Era
la direzione della sua casa, della sua famiglia. Ricordò del
suo dolcissimo
modo per non farlo sentire solo, il suono della chitarra, che per lui
aveva un
significato profondo. Cosa poteva fare ora per lei, per non farla
sentire sola,
lontana dalle persone che amava, suo figlio e … si, suo
marito. Killian doveva
convivere con l’idea che Emma appartenesse ad un altro. Aveva
deciso che doveva
tirarsi da parte, ma non ci riusciva, non ora che Emma aveva ripreso il
posto
nel suo cuore, già il posto che per prima aveva occupato e
che era rimasto da
sempre suo, anche se aveva conosciuto altre donne e una
l’aveva amata
sinceramente.
Entrato nel suo
alloggio, con Emma in braccio, i suoi occhi
andarono dritti verso il suo giaciglio, ma non era una buona idea, lei
sarebbe
fuggita … La sedia vicino alla scrivania, si quella andava
bene … La pose sulla
sedia e lei si rannicchiò su di essa come una bambina. Prese
una coperta e le
coprì le spalle. Eppure non era così freddo,
perché tutti quei brividi anche
quando la teneva in braccio?
Andò
verso il ripiano
dove si trovava la bottiglia di rum e dei bicchieri di cristallo
intagliato, lo
stesso tipo di bicchiere con cui si era tagliato la mano.
Guardò la fasciatura,
sperando di poterla togliere presto. Versò il liquido
profumato in due
bicchieri e ne porse uno ad Emma. Lei lo prese dalla sua mano e ne
aspirò il
profumo, iniziando a berne un piccolo sorso.
- Il rum
è una panacea per qualsiasi cosa per te Capitano?
-
A volte! Comunque
male non fa, Swan!
– Hai
curato così anche le ferite del tuo cuore Killian?
– Il
mio cuore? Cosa vuoi dire Emma?
- Scusami, sono
stata indiscreta, ma ho visto il tuo
tatuaggio e … mentre eri febbricitante, hai detto
più volte il nome che vi è
scritto. Mi sembra evidente che per te sia stata importante.
–
Si lo è stata. – Disse
secco.
– Ti
ha lasciato lei?
– Si,
ma non per sua volontà. – Rispose con lo stesso
tono.
–
Una storia
contrastata dalla sua famiglia?
– No
Emma … me
l’hanno
uccisa.
Questa volta il
suo tono aveva una giusta punta di rabbia.
–
Perdonami, non potevo saperlo, nel delirio le chiedevi di
non lasciarti più, non pensavo che fosse questo il motivo
…
Emma
abbassò la testa e lo sguardo, vergognandosi di avergli
riportato alla mente un ricordo sicuramente doloroso.
Killian
posò il suo bicchiere di rum e, piegando una gamba,
le si inginocchiò davanti. Le sollevò il mento
con l’indice ed il medio, mentre
lo accarezzava con il pollice.
– Non
hai nulla da farti perdonare Emma … Sai durante la
febbre ho avuto l’impressione di averla vicina, le ho chiesto
di abbracciarmi e
baciarmi ancora …
Emma
cercò di distogliere lo sguardo e liberarsi dalle sue
dita, imbarazzata.
– Eri tu Emma! Ora me ne
rendo conto, non era un
sogno. La tua parrucca corvina … anche Milha aveva i capelli
neri … Perché mi
hai assecondato?
– Ne
avevi bisogno Killian, avevo capito che soffri per lei,
in quel momento ti potevo alleviare da quel dolore, mi avevi scambiata
per lei,
quindi … Poi ti sei tranquillizzato e hai dormito
più sereno.
Killian
appoggiò la sua fronte a quella di lei.
–
Ooh! Emma! Emma!
Anche questo hai fatto per me … Sei un Angelo …
Sei veramente come un Angelo.
Le depose un
bacio sulla fronte e si alzò lentamente. Ancora
lentamente si diresse alla finestra, guardando verso lo spicchio di
luna. Era
come se nel buio del cielo rivedesse delle immagini del passato e
iniziò a
raccontare di Milha ad Emma.
– La
conobbi circa dieci anni fa. Non era da molto che avevo
iniziato la mia vita da pirata, in seguito alla perdita di mio fratello
Liam. Con i miei uomini facevamo la spola tra i punti di passaggio dei
mercantili che
venivano dall’America, dirottandoli verso l’Irlanda
e saccheggiandoli per
procurare cibo alla mia gente, e la Scozia, dove spesso sorprendevamo
le navi
della Marina Militare Inglese e le affondavamo.
Nell’insenatura che porta a Glasgow,
presi un attracco
all’isola di Arran.
Lei lavorava nella taverna dove decisi di cenare e raccogliere qualche
informazione interessante. Era una splendida bruna, con gli occhi di un
grigio …
come il cielo in tempesta, ma non mi colpì solo il suo
aspetto. Lessi in lei la
tristezza di un destino che non le apparteneva. Non era una ragazza da
taverna,
era costretta a quel lavoro per provvedere alla madre malata e a suo
fratello,
di allora circa otto anni. Ci siamo capiti, abbiamo forse unito le
nostre
sofferenze. Diventò la mia donna. Mi aspettava tra una
missione e l’altra e
solitamente la trovavo all’attracco quando arrivavo, pur
senza che sapesse che
stavo arrivando. Diceva di sentirmi … adesso solo so cosa
volesse dire, cosa significa
sentire qualcuno con la voce dell’anima … Non mi
ero mai sentito così con lei.
Forse mi amava più di quanto l’amassi io, eppure
so di averla amata tanto … Mi
tenne nascosto per mesi che un tizio che aveva cominciato a frequentare
la
taverna le faceva pesanti avances. Se l’era sempre cavata
bene con quel tipo di
uomini, sapeva metterli al loro posto, non era una che si concedeva. Mi
era
fedele. Il tizio non era un marinaio, seppi dopo che era un nobile e
uno
piuttosto potente. Si era invaghito di lei, la voleva a tutti i costi
come sua
amante, le portava continuamente regali lussuosi e costosi che lei
rifiutava
con sdegno e orgoglio. Lo indispettì con i suoi rifiuti e
lui cominciò a
perseguitarla. Quando iniziò ad esserne terrorizzata me ne
parlò ed io decisi
di portarla via di lì e la portai con me sulla Jolly Roger.
Occupava la tua
stanza, cercai di renderla accogliente per le sue esigenze. Comunque la vita di mare non era
adatta a lei,
viaggiammo per un paio di settimane ma una sera la trovai a piangere
per la
mancanza della sua famiglia. Era preoccupata per la salute della madre,
molto
grave e per il futuro del suo fratellino, senza di lei. Era
responsabile per
loro, volle tornare a casa e tranquillizzata da quel periodo di
distanza dal
suo stalker, riprese a lavorare presso la taverna. Il tizio non si fece
più
vedere e io ripartii per una nuova missione. Le avevo promesso che al
ritorno
l’avrei sposata e saremmo partiti con il fratello e la madre
per l’America,
saremmo stati liberi e avremmo avuto la nostra famiglia. Quando tornai
non la
trovai né al
molo né alla taverna.
Chiesi all’oste, non mi seppe dire nulla, mentiva, aveva
paura del potente nobile.
Milha era stata rapita da lui, lo seppi alla fine indagando tra la
peggiore
feccia del porto. Impiegai un anno e mezzo per trovare il posto dove la
teneva
reclusa. Non era il suo palazzo, che conoscevo e si trovava
sull’isola, era
sulla terra ferma, nascosta da una nobildonna che di nobile aveva solo
il
titolo. Era l’amante del tizio ed una donna subdola,
circolavano strane voci
sui due. Nei bassi fondi si diceva che la donna praticasse la
stregoneria e si
dedicasse con lui a messe nere. Nel loro mondo erano stimati e
apprezzati anche
a corte. Lui era addirittura tra i confidenti di Re Guglielmo III. Ma
il
popolino spesso è quello che ha una maggiore coscienza della
realtà. Con i miei
uomini riuscii ad intrufolarmi nei sotterranei del palazzo, la tenevano
incatenata lì sotto, era in uno stato pietoso. Era stata
ripetutamente stuprata
e seviziata da quell’uomo e forse non solo da lui, non volli
sapere mai i
particolari, per me l’importante era averla ritrovata e
metterla in salvo.
Fuggimmo e ci separammo dai miei uomini per depistare gli inseguitori.
Trovammo
rifugio in un capanno in mezzo alla boscaglia, poco più di
una baracca. Non
stava bene, il suo corpo non sembrava più quello che avevo
conosciuto, i suoi
occhi erano lucidi per la febbre. Respirava male, pensai di ascoltarle
il
battito cardiaco e lei gridò di dolore quando le poggiai la
testa sul seno.
Aveva il seno tremendamente gonfio e scottava, non sapevo che male
fosse,
pensavo fosse dovuto alle sevizie subite. La sua camicia
iniziò a bagnarsi sui seni.
Voleva nascondermi la verità, se ne vergognava troppo. Il
suo seno era pieno di
latte, quel mostro l’aveva resa madre contro la sua
volontà e le aveva
strappato il bambino dopo che lei aveva iniziato ad allattarlo. Stava
morendo
per l’infezione al seno. Cercai di aiutarla, non sapevo come
fare. Lei stessa
mi disse che doveva far uscire il latte, non aveva potuto farlo con le
mani
incatenate alla parete della cella, cercai di aiutarla massaggiandola
delicatamente, tentai di succhiarle via il latte infetto, ma era da
troppo che
non allattava e viveva nella sporcizia di quella cella, il suo seno era
livido
e arrossato, il latte non usciva facilmente e lei gridava e piangeva
per il
dolore. Ci trovarono durante la notte, aiutati anche dal fiuto dei due
grossi
cani che quel “Macellaio” si portava dietro.
Entrò nella baracca con i suoi
compari e i due cani. Sguainai la spada e mi battei contro di loro, ma
con
l’aiuto delle due bestie mi immobilizzarono. Quel mostro mi
gridò che se lui
non poteva averla non l’avrei avuta neppure io e con sguardo
malvagio le
squarciò il petto con un pugnate, mi chiamò
“ladro” e disse che mi avrebbe
punito come tale. Non mi importava nulla di me, cercai di liberarmi per
soccorrere Milha. Con uno strattone mi liberai e mi inginocchiai al suo
fianco,
perdeva tanto sangue, stava morendo, mi chiese di trovare e salvare il
suo
bambino e spirando mi disse un’ultima volta di amarmi. Lui
rideva … maledetto
folletto! I suoi uomini mi riafferrarono, mi immobilizzarono, stesero
il mio
braccio sinistro sul tavolaccio di legno e quel bastardo mi
amputò la mano con
un colpo netto di spada. Mi aveva punito per essermi ripreso Milha, che
considerava una sua proprietà. Disse che mi avrebbe portato
via anche l’ultimo
ricordo di lei e mi lasciò in vita per pura
crudeltà, sapeva che avrei
preferito morire subito.
Persi i sensi a
causa dell’emorragia. Quando mi risvegliai
c’era un frate accanto a me che pregava al mio capezzale.
Spugna e Fox erano ai
piedi del letto. Mi avevano trovato e mi avevano salvato la vita
portandomi nel
monastero in cui ci trovavamo. Erano passate già due
settimane dalla morte
della mia donna e dalla mia amputazione. Spugna e gli altri avevano
provveduto
a darle degna sepoltura. Volli andare sulla sua tomba per un ultimo
saluto. La
sua famiglia doveva sapere, mancava da quasi due anni, non sapevo come
stesse
sua madre ed il fratello. Andai a cercarli. La madre era sul letto di
morte,
ormai era diventata cieca ed il ragazzo era magrissimo ed emaciato,
erano
giorni che non mangiavano. Il piccolo elemosinava quotidianamente un
tozzo di pane e cercava di
farlo mangiare a sua madre, privandosene lui stesso. Non ebbi cuore di
dire la
verità, dissi che Milha era diventata mia moglie, che stava
bene ed ero andato
a prenderli per portarli via con noi. Fu una pietosa bugia che rese
felici gli
ultimi minuti di vita di quella donna. Per il ragazzino fu diverso,
dovetti
dire la verità … iniziò a prendermi a
pugni … disperato … mi incolpava …
senza
sapere tutta la verità. Dovetti calmarlo e dirgli tutto
… Mi odio ancora oggi
per averlo dovuto fare ... Lo portai al monastero dove ero stato
curato, lo
avrebbero nutrito ed educato, insegnandogli un mestiere. Lui voleva
venire con
me, gli dissi di no. Non potevo occuparmi di un ragazzino di dodici
anni su una
nave pirata. Tenevo troppo alla sua incolumità. Lo lasciai
al convento e
ripartii con la ciurma. Non mi accorsi che era fuggito e ci stava
seguendo. Si
buttò in mare per raggiungere a nuoto il mio vascello,
nuotò per quasi un
miglio prima che la vedetta si accorgesse di un uomo in mare. Gli
andammo
incontro e lo issammo a bordo. Quando tirai la corda per farlo alzare
mi
accorsi che era lui, mi fissò con gli occhi grigi della
sorella, solo in quello
erano uguali, non ci avevo fatto caso prima. Era l’ultimo
ricordo che potevo
avere di lei. Il ragazzo restò con me. Aveva avuto il fegato
di inseguire la
nave nonostante le sue scarse forze.
Significava che aveva anche stoffa e determinazione. Poteva farcela
… Promisi
in cuore a Milha che lo avrei protetto e ne avrei fatto un uomo. Il suo nome era Eddy, ancora
è con me.
Killian
finì il suo racconto, non si era accorto che Emma
piangeva silenziosamente.
– Non
dici nulla Swan?
Sentì
un singhiozzo che Emma non era riuscita a trattenere e
si voltò sorpreso verso di lei. Ancora rannicchiata Emma
piangeva da un pezzo
nel sentire quella storia straziante.
–Emma!
Mio Dio! Stai piangendo!
Si
inginocchiò nuovamente davanti a lei, le alzò il
viso.
–
Perché piangi
Tesoro?
Lei
per tutta risposta
gli butto le braccia al collo e lui l’abbracciò
tirandola su dalla sedia. Ora
lei non tratteneva più i singhiozzi e gli stava bagnando il
petto con le sue
lacrime. La scostò delicatamente guardandola in viso, le
carezzò la guancia con
la mano fasciata e
la fascia assorbì le
sue lacrime.
– Ooh
Killian! Non posso sopportare l’idea di quanto tu abbia
sofferto!
–
Tu stai piangendo …
per me?!
–
Avevate il vostro futuro che vi è stato strappato .. il
vostro amore .. reciso … Eddy … sua mamma
… il bambino innocente … il bambino …
Killian … il bambino! Non posso credere che esista tanta
crudeltà .. ma so che
esiste, tu stesso ne sei la vittima e ne sei prova con quello che hanno
fatto
alla tua mano. Mi dispiace … mi dispiace … mi
dispiace tanto …
Lo strinse
ancora avvolgendogli le braccia candide al collo,
singhiozzando, la coperta ormai era caduta dalle sue spalle. Killian
non poteva
credere a quanta sensibilità Emma stava dimostrando. Stava
piangendo per lui,
la sua anima aveva vissuto in quel racconto il suo stesso dolore. Mai
nessuno aveva
pianto per lui e non era commiserazione, era vero dolore. Non poteva
permetterlo, non poteva vedere soffrire Emma, nemmeno per lui,
soprattutto per
lui. Voleva essere fonte solo di gioia per lei, lo aveva deciso
già sul ponte
di poppa quando era triste per la sua famiglia. Come erano finiti a
parlare di
quella sanguinosa e crudele storia che lui stesso voleva dimenticare?
L’aveva
portata nella sua stanza per scaldarla e confortarla, possibile che non
ne
imbroccasse una giusta con lei?
–
Emma … Emma, guardami!
Lei
alzò il viso verso il suo.
–
Non posso permettere
che tu porti il mio fardello. Per me parlarne con te è stato
importante, non lo
avevo mai fatto con nessuno e mi sono sentito più sollevato.
Da allora il mio
cuore è entrato nelle tenebre della vendetta e ha smesso di
battere. Da quando
sei arrivata tu nella mia vita, hai riportato la luce e ora il cuore mi
fa male
a vederti soffrire per me. Se mi fa male è perché
è ancora vivo e in grado di
amare, la tua luce ne è la causa, ora batte di nuovo. Amore,
quando ho visto i
tuoi meravigliosi occhi la prima volta, ho visto un velo di tristezza
in essi,
ho sentito il desiderio di proteggerti, di tenerti lontana dai
pericoli. Questo,
oltre il fatto che ti ho desiderata da subito, mi ha indotto ad
accettare la
tua offerta, non il denaro. Tesoro, questa sera sul ponte di poppa, i
tuoi
occhi avevano la stessa tristezza, sono venuto da te perché
l’ho sentita.
Emma lo guardava
negli occhi, al chiarore dato dalla poca
luna, non poteva credere a ciò che lui stava dichiarando, ma
smise di piangere,
attenta alle sue parole e profondamente commossa.
–
Emma, mio Cigno candido, vorrei lavare via ogni tua
tristezza, non so come, non conosco erbe, medicine … sono
solo un uomo con una
sola mano e non posso neppure accarezzarti come vorrei, ma se tu ti
fidassi di
me potrei trovare il modo per regalarti un po’ di
felicità … Emma, tu lo hai
fatto con me, in tanti modi da quando sei arrivata, non hai fatto altro
in
verità. Io sono vivo quando sei al mio fianco, mi addormento
la sera sapendo
che il giorno dopo sei ancora qui … con me … lo
so che appartieni ad un altro,
lo so che finita questa missione ti perderò .. ma ora io
sono qui .. tu ..sei
qui …
Emma si
staccò da lui, abbassò lo sguardo.
–
Devo andare Killian,
è tardi dobbiamo riposare, domani mattina devo controllare
la tua mano e
cambiare la medicazione .. è meglio che io vada …
Si
voltò e fece un solo passo verso la porta. Killian la
sfiorò lungo il braccio sinistro con il suo uncino, lei non
tremò, non aveva
più freddo. Le sfiorò il braccio destro con la
mano, posandola su di esso e lei
ebbe un tremito. Ora Killian aveva capito, non era per il freddo era
per lui.
In un sospiro, con la sua voce lievemente arrochita dalla forte
emozione, le
disse
–Emma
… resta … resta,
non ci separiamo questa notte … non ancora …
– Devo
andare Killian!
Emma
aveva risposto
con voce quasi strozzata.
–
Perché?
Lei si
voltò di scatto e lo fissò negli occhi
– Non
capisci Killian? Non riesci a capire ancora? Devo …
devo andare perché … perché
è troppo forte il mio desiderio di restare e ho
paura, ho una tremenda paura ..
–
Per questo tremi se
ti sfioro? È questa
la verità … hai
paura di me?!
– No
sciocco pirata … è di
me stessa che ho paura!
Si gettarono
all’unisono l’uno nelle braccia
dell’altra,
avidi della loro carne e dei baci ripetuti che si scambiarono in un
attimo,
divorandosi, famelici d’amore, le labbra, temendo che ogni
volta fosse
l’ultimo. Killian la stringeva, possessivo, con le braccia
intorno alla sua vita,
Emma aveva posto le sue intorno al suo collo e con le mani gli
accarezzava il
bel viso e i capelli ribelli, inserendole poi sotto la camicia,
sfiorandogli le
spalle muscolose e facendogli scivolare via l’indumento di
lino bianco lungo le
braccia.
Killian
portandole le mani sui fianchi, vestiti solo di
quella leggera tunica trasparente, la allontanò da
sé, guardandola con
desiderio e deglutendo, con il fiato corto.
–
Emma, voglio essere
un gentiluomo con te, non voglio averti questa sera.
–
Non ti direi di no
questa sera …
–
Amore lo so .. per me è una fatica che non immagini, dover
resisterti. Sarebbe fin troppo facile adesso, ma io voglio darti di
più. Emma
non sei come le altre per me! Non sposerei nessuna squaw e
nessun’altra, perché
non sei tu e non lo farò mai, perché tu non
potrai essere mia …
Stava dicendo
tutto questo veramente? Stava sognando Emma?
Neppure nel più bello dei suoi sogni avrebbe sentito quanto
stava dicendo il
suo Killian, si, Suo. Sentiva che gli apparteneva e sentiva di
appartenergli,
nonostante la legge la legava ad un altro.
– Ti
chiedo di restare e fidarti di me Emma, voglio solo
lenire la tua tristezza, voglio vedere i tuoi occhi sorridere. Ti fidi
di me,
mi lascerai fare?
–Sei
la persona di cui mi fido di più Killian.
Le
mostrò un sorriso felice ed incredulo. Con la mano le
sfiorò la guancia ed il collo mentre con le labbra si
avvicinò al suo orecchio destro,
le diede un piccolo bacio dietro il lobo e continuò a
sfiorarla con le labbra
sensuali, seguendo la linea del collo, fino alla spalla, avvertendo i
brividi
di piacere di Lei. Rialzò la testa, senza fretta e con
l’indice seguì lo scollo
arrotondato della tunica, sciolse il laccio che la teneva chiusa e
l’arricciatura si allentò, con la mano da una
parte e l’uncino dall’altra, le
fece scivolare lentamente la stoffa lungo le braccia, per farla cadere
ai piedi
nudi di Emma, a far compagnia alla coperta ed alla sua camicia di lino,
che era
atterrata già prima. Emma cercò di coprirsi
pudica.
– Non
ti vergognare Emma … quando Dio ha pensato alla
perfezione ha creato te. Lascia che io ti guardi, tu lo hai
già fatto con me,
il mio corpo non ha segreti per te, mi hai lavato, mi hai accarezzato,
è ora
che io ricambi quelle carezze, non me lo impedire, sarà solo
questo te lo
prometto.
La
guardò ammirato, girandole intorno e quando le fu dietro,
vedendo quella sua bella schiena che si restringeva in un vitino di
vespa per
riaprirsi sugli ampi fianchi rotondi e snelli, non riuscì a
resistere e con la
punta della dita, sposto i lunghi capelli, carezzandole la nuca e
scendendo
lentamente, con tocco soave lungo tutta la spina dorsale, provocandole
un forte
sussulto e un altro brivido di piacere che le fece inarcare il dorso e
mandare
indietro la testa bionda. La prese in braccio nuovamente e questa volta
la meta
fu il suo giaciglio, non sarebbe fuggita via, aveva detto che di lui si
fidava
e Killian non voleva tradire la sua fiducia. La fece allungare sulle
lenzuola e
lui si distese al suo fianco, poggiandosi sul braccio con
l’uncino, che ancora
non aveva tolto. Le fece portare le braccia in alto e incrociandole i
posi, li
bloccò con una leggera pressione del polso uncinato.
–
Killian voglio
toccarti anch’io …
–
Sssh! No, non ora! Non
parlare e ascolta il tuo corpo … ascolta noi due ...
La
accarezzò con la leggerezza dei polpastrelli, dal braccio
sinistro fino all’incavo ascellare, solleticandola,
passò al seno, stuzzicando
la piccola gemma rosea che rispose immediatamente al tocco,
inturgidendosi tra
le sue dita, si impossessò con le labbra
dell’altra, tormentandola di piacere
con la punta della lingua. Emma iniziava a respirare più
velocemente in preda
ad una sensazione molto forte, ed aumentava in lei il desiderio di
ricambiare
quelle carezze, ma Killian continuava ad impedirlo. La sua mano scese
lungo
l’ombelico ed il ventre.
- Non ti rendi
minimamente conto di quanto sei bella Emma …
il tuo corpo sembra quello di una vergine, il tuo seno perfetto, il tuo
ventre
teso .. non si penserebbe che tu sia mai diventata madre o abbia
allattato un
bambino, sei semplicemente perfetta, immacolata, mi sento come se fossi
il
primo a percorrere il tuo corpo …
Killian non si
rendeva conto di quanta verità stava dicendo.
Per Emma era veramente la prima volta in quel modo. Nessuno mai, aveva
avuto
così cura e attenzione delicata nell’accarezzarla,
in effetti Killian era
l’unico, con Neal c’era stato solo un inizio e poi
non c’era stata più
possibilità.
Le dita di
Killian diventarono più esigenti e desiderose di
esplorare più intimamente la donna che stava amando con
tutto il cuore, ritrovò
il bocciolo solitario al centro di lei che aveva sfiorato due settimane
prima,
ora lei gli permetteva di regalargli quella carezza e lo fece,
gioendone lui
stesso per la consistenza liscia, morbida, calda e umida della sua
carne. La
guardò negli occhi, ormai lucidi e desiderosi di andare fino
in fondo, oltre i
confini del lecito e del consentito. La baciò con passione e
le liberò le braccia
che lei strinse intorno al suo torace, cercando il contatto con il suo
petto
nudo. Killian voleva darle di più, la tristezza era andata
via dai suoi occhi,
ora voleva vedervi la gioia dell’amore, scivolò su
di lei baciando la sua pelle
e lasciando una stria umida al suo passaggio, le dischiuse maggiormente
le
gambe, con la mano e l’uncino, che diede un altro brivido di
eccitazione alla
donna e posò le sue labbra al centro di lei, trovando ancora
il bocciolo ad
attenderlo, desideroso di quel contatto. I
suoi movimenti, completamente nuovi per
Emma, le provocarono un piacere intenso che ad ondate si
irradiò dal centro
delle viscere, in tutto il corpo, portando anche la ragione ad
abbandonarsi ad
esso, carezzò la testa di capelli bruni del suo amore,
spronandolo a
continuare, muovendosi lei stessa in modo languido, fino a che lui non
la portò
all’acme del piacere in quel modo intimo, dolcissimo,
adorante. Tornò verso il
suo viso, Emma era completamente abbandonata nel piacere, Killian si
sentì
felice come mai lo era stato, si sentì forte e potente,
determinato nel suo
intento di resisterle per dimostrarle quanto l’amava, per
abbattere i muri del
cuore di Emma, per arrivare a conquistarlo.
-
Perchè sei tu a non
volerlo questa volta Killian?
–
Perché se dovessi provare quello che penso
proverò, non
sarò più capace di stare senza di te, ti
vorrò per il resto della mia vita, non
ti potrei lasciar tornare da tuo marito, ti terrei con me e non voglio
farti
del male, non voglio fare nulla contro la tua volontà. Mi
farò da parte Emma …
preferisco non averti affatto che averti solo una volta e perderti per
sempre.
Si
baciarono ancora,
con passione, adesso erano lì, il mondo fuori poteva sparire, la notte era la
loro, il giorno
poteva anche non arrivare più.
Il sole del
mattino li sorprese addormentati da poco, avevano
cercato di non dormire, abbracciandosi e coccolandosi per prolungare
quella
notte tutta loro, ma esausti si erano in fine appisolati. Emma si
sveglio per
prima. Killian la teneva con le spalle appoggiate al suo petto, la
cingeva con
le braccia, si era tolto in fine l’uncino per non rischiare
di ferirla. La mano
sinistra di Emma era intrecciata con le dita a quelle di lui. Lei si
era
addormentata per prima, sfinita dal piacere intenso che lui le aveva
provocato,
poggiata al calore del suo torace e Killian l’aveva coperta
con il lenzuolo di
lino bianco, poi aveva affondato il viso tra i suoi capelli e le aveva
dato un
ultimo bacio tra di essi, respirando il suo profumo di fiori di campo e
lavanda; inebriato da quel profumo era caduto profondamente
addormentato.
Ancora il suo sonno era profondo, non si accorse che Emma si voltava
tra le sue
braccia, baciandolo sulla chiara cicatrice del suo zigomo destro, non
la sentì
dire sottovoce “Non riesco a non amarti Killian
Jones” e non si accorse che si
era alzata e velocemente si stava rivestendo con la sua tunica leggera.
In
punta di piedi Emma uscì dalla porta, pensando di
sgattaiolare velocemente nella
sua stanza, ma si trovò di fronte un esterrefatto Eddy, che
si avviava sul ponte
con il suo secchio di legno pieno di acqua e lo straccio. La sorpresa
del
giovane, alla sua vista, gli fece cadere di mano il secchio,
rovesciando
completamente il suo contenuto sulle tavole del corridoio. Il ragazzo
si
abbassò velocemente per raccoglierlo, Emma gli fece cenno
con l’indice di
restare in silenzio e in un attimo entrò nella sua stanza.
Killian si
svegliò di soprassalto, un rumore improvviso
l’aveva destato, sentì l’angoscia di non
avere Lei tra le braccia, si alzò in
un balzo e aprì la porta con violenza … Eddy
costernato stava raccogliendo con
lo straccio l’acqua caduta e lo strizzava nel secchio,
alzò lo sguardo sul
capitano che scalzo, a dorso nudo, solo con i pantaloni indosso, lo
guardava
accigliato. Si aspettò un suo urlo o un colorito rimbrotto.
Killian non disse
nulla, si voltò verso la porta di Emma, Eddy
seguì il movimento del suo
sguardo. Il Capitano lo guardò negli occhi, “Dio,
adesso me ne dice quattro!”
pensò il ragazzo. L’uomo gli sorrise e come aveva
fatto Emma si portò l’indice
al labbro, poi si richiuse nel suo alloggio.
Cosa aveva
scommesso Jefferson? Ne avevano fatte tante di
puntate i pirati!
Eddy
non aveva
esperienza, non aveva mai avuto una donna, lo prendevano in giro spesso
per
questo, gli dicevano che era ora di smettere di fare la
“mammoletta”. Lui si
infuriava e di solito Killian lo consolava dicendogli che il suo
momento
sarebbe arrivato e che avrebbe trovato la ragazza giusta per lui da
qualche
parte. L’aveva trovata la ragazza giusta per lui e non vedeva
l’ora di tornare al
porto di Storybrook per poterla rivedere. Era la ragazza più
bella che avesse
mai visto, a parte Lady Emma che era una donna adulta. Anche lei lo
aveva
notato quella sera alla taverna, le aveva servito personalmente da
mangiare,
era splendida! Si era soffermata più volte a guardarlo, gli
aveva chiesto anche
come si chiamasse, era riuscito a risponderle appena in tempo,
perché suo padre
Angus si era accorto della confidenza che si stava creando e aveva
richiamato
sua figlia Anny, spedendola al piano di sopra immediatamente. Quando
erano
andati via si era soffermato a guardare verso le finestre,
l’aveva vista dietro
il vetro della sua camera, le aveva accennato un saluto con la mano,
senza la
speranza di una risposta, invece Anny aveva alzato la sua mano e aveva
ricambiato il saluto. Aveva sentito il cuore martellargli forte nel
petto. Si
chiese se a Killian succedesse lo stesso per Lady Emma.
Immaginò di si, certe
volte lo vedeva guardarla con uno sguardo che non gli aveva mai visto,
soprattutto quando lei non lo stava guardando e, quando le era vicino,
faceva
in modo e maniera di potersi avvicinare di più e sfiorarla
in qualche modo. L’aveva
visto baciarla per punizione, arrabbiarsi con lei e poi comportarsi
come un
cucciolo e baciarla di nuovo. Eddy non sapeva ancora di preciso cosa
significasse essere innamorato, ma non faceva che pensare a Anny da
quando l’aveva
conosciuta e si era accorto che Killian quando Emma non era sotto i
suoi occhi
o se la vedeva parlare con lui o dare confidenza a uno qualsiasi di
loro,
diventava irrequieto e se la prendeva quasi subito con chi stava
ricevendo le
attenzioni della Principessa. Per poco non si era fatto ammazzare da
Jefferson,
durante l’allenamento di scherma, solo perché si
era distratto a guardare Lady
Emma che stava controllando i suoi occhi. In più, da allora,
sembrava
rimproverarlo ancora più spesso. Eddy non sapeva dare un
nome a quel
sentimento, ma lo aveva provato anche lui, quando Anny aveva sorriso ad
altri
clienti, specie a quel bellimbusto di Jefferson.
Killian aveva
sofferto tanto, aveva perso Milha, la sua
adorata sorella. Per salvarla la sua vita era cambiata per sempre,
oltre alla
donna che amava aveva perso anche la mano. Quando l’aveva
conosciuto la ferita al
braccio ancora gli faceva tremendamente male e gli ci volle molto a
poter
utilizzare l’uncino che ora indossava, quante volte lo aveva
sentito imprecare
e stringere i denti per il dolore! Era, per Eddy, la persona
più vicina ad un
padre.
Anche
Lady Emma aveva
un forte sentimento per Killian, lo aveva capito quando lui stava con
la
febbre, l’aveva sentita pregare Dio di non portarglielo via,
non si era
staccata da lui che per i pochi momenti necessari per preparargli una
tazza di
cioccolato o per darsi una rinfrescata. Era una donna eccezionale, come
Killian
era un uomo eccezionale. Erano fatti l’uno per
l’altra. Eddy non sapeva cosa
era successo quella notte, ma qualsiasi cosa fosse stata, lui avrebbe
protetto
il loro piccolo segreto. Quel giorno non ci sarebbero stati ne vinti ne
vincitori con le scommesse di Jefferson o forse si, lui si sarebbe
preso una
muta rivincita su quel donnaiolo di Fox.
Angolo
dell’autrice
Vi
è piaciuto il capitolo?
Mi avete potuto perdonare la brusca interruzione?
Spero
di poter
rispondere a numerose recensioni. Il parere di chi segue è
sempre gradito ed
interessante. Ringrazio sempre tutti coloro che leggono e un saluto
particolare
ai miei recensori abituali.
Un
abbraccio a tutti.
Vostra, Lady Lara